BOSCHETTI, Paolo
Figlio di Giacomo e di Antonia di Gianfrancesco Pallavicini, nacque a Modena, probabilmente nel 1578.
Il padre era stato al servizio dei Farnese, dapprima del cardinale Alessandro, poi del duca Ottavio. Alla corte di quest'ultimo aveva servito in più mansioni di governo e nel dicembre del 1574 era stato inviato in rappresentanza di Ottavio alla corte sabauda, per congratularsi con Emanuele Filiberto della cessione di Pinerolo al ducato di Savoia e nello stesso tempo esprimere le condoglianze del governo di Parma per la morte della duchessa Margherita di Francia. Giacomo morì il 28 nov. del 1585, lasciando al figlio Paolo la protezione dei personaggi influenti con i quali era stato in dimestichezza.
Il B. fu così mandato, ancora adolescente, alla corte di Toscana, in qualità di paggio del granduca Ferdinando I, poi come suo gentiluomo. Da questo ottenne, il 23 ott. 1608, di essere elevato alla dignità di cavaliere dell'Ordine di S. Stefano; nello stesso anno fu designato da Cesare d'Este, sembra su suggerimento del granduca, residente modenese alla corte medicea, ufficio che conservò sino al 1619. Tuttavia lo si trova in questi anni in incarichi scarsamente conciliabili con la sua devozione alla casa granducale: nel 1613 fu infatti incaricato da Luigi d'Este di condurre due pezzi di artiglieria contro i Lucchesi, nella campagna che oppose questi agli Estensi per i confini della Garfagnana. Nell'anno successivo, poi, pare facesse parte, insieme con il fratello Ferrante, del seguito del cardinale Alessandro d'Este, allorché questi si recò alla corte spagnola per informare Filippo III dello stato della contesa tra il granducato e il duca di Modena per la Garfagnana e per protestare contro l'intervento nella questione del governatore di Milano, marchese de la Hinojosa, il quale si era mostrato ostile agli Estensi. Un'altra missione diplomatica il B. ebbe nel 1616, allorché fu inviato alla corte di Francia dal governo modenese: si ignora però quali fossero le sue incombenze.
Ma la carriera politica del B. si interruppe assai presto: durante il lungo soggiorno fiorentino aveva subito fortemente l'influenza morale di Ippolito Galantini, poi beatificato. Decise quindi di dedicarsi alla vita religiosa e nel 1619 prese gli ordini sacri, celebrando in Firenze la prima messa il 22 dicembre di quell'anno.
Già negli anni precedenti, del resto, aveva mostrato il proprio zelo religioso facendosi promotore e finanziatore in Modena di una congregazione laica, detta poi della Madonna e di San Carlo, approvata nel 1612 dal papa Paolo V, e modellata, da una preesistente pia confraternita, sull'esempio della congregazione istituita in Firenze dal Galantini. La principale attività della congregazione modenese fu quella dell'istruzione religiosa dei fanciulli poveri, che comprendeva anche l'insegnamento del leggere e scrivere. Questa congregazione ebbe vita abbastanza difficile, per le discordie sorte tra il B. e i teatini, ai quali in un primo tempo egli aveva affidato la direzione della congregazione: tali contese ebbero ripercussioni anche alla corte di Modena e a quella di Roma e si conclusero con una scissione della congregazione, rimanendo nella parte avversa al B. persino un fratello di lui, Gianfrancesco (1624). La congregazione del B. era amministrata dal banchiere Paolo Brizzi, al quale il B. stesso diede un contributo di 1.200scudi per stabilire a Modena una fabbrica di cappelli di feltro: questa, che non si sa in quali relazioni fosse con la congregazione di San Carlo, prosperò largamente.
Le difficoltà incontrate con la sua congregazione per l'educazione dei fanciulli poveri non scoraggiarono il B. da un'altra più rilevante iniziativa: quella di un collegio per l'educazione dei giovani aristocratici. Questo proposito incontrò subito la più fiera ostilità da parte dei gesuiti, i quali da parecchio tempo accarezzavano un progetto analogo. Furono certamente essi a ispirare contro il B. calunnie e satire, per le quali fu per esempio condannato il 31 luglio del 1626 un certo Orazio Baschiera. Ma il B. poté superare tutti gli ostacoli con il favore di Cesare d'Este e con l'appoggio finanziario del Brizzi e dello stesso Comune di Modena e nel 1626 potè inaugurare il Collegio de' nobili della Madre di Dio e di San Dionigi Areopagita, del quale pubblicò in quel medesimo anno, in Modena, i Motivi e capitoli generali. In essi il B. dichiarava di essersi preso "la briga di riconoscere presentialmente in Italia e fuor d'Italia molte Academie e Collegi, dove si sapesse la nobiltà esser meglio educata, e di cavare un estratto degli ordini loro più fruttuosi" (Campori, p. 39). Sulla base di questa esperienza il B. stabilì che nel collegio si impartissero gli insegnamenti di grammatica latina e greca, di "umanità" e di rettorica, logica, filosofia, matematiche, giurisprudenza e arti cavalleresche. Il collegio si distinse poi particolarmente per la parte riservata alle lettere italiane, in modo speciale alla poesia. Fu posto dal B. sotto la protezione di Alfonso e di Francesco d'Este: ebbe subito una discreta fortuna, ma il B. non poté vedere di essa che gli inizi, poiché morì poco dopo l'inaugurazione, nella notte tra il 26 e il 27 luglio del 1627, in San Cesario.
Fonti e Bibl.: C. Campori, Storia del collegio San Carlo in Modena, Modena 1878, passim; Due lettere inedite del conte P. B. al march. Taddeo Rangoni a Modena, estr. dall'Indicatore Modenese, I (1851), n. 26; G. Tiraboschi, Biblioteca modenese, I, Modena 1781, p. 327;G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 3, Brescia 1763, p. 1820; A. F. Boschetti, San Cesario... dall'anno 752 fino al presente, Modena 1922, passim; Id., La famiglia Boschetti di Modena e i Buschetti di Chieri, Modena 1938, tav. X.