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BRAMÈ, Paolo

di Antonino Ragona - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 13 (1971)
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BRAMÈ (Bramero), Paolo

Antonino Ragona

Nato da Giovan Benedetto e da Giacoma Napoli (che ebbero altri figli fra cui Girolamo), fu battezzato col nome di Giovan Paolo in S. Giacomo La Marina in Palermo il 31 ag. 1560. Perduto il padre all'età di dieci anni, l'avita bottega d'arte, ove egli aveva trovato i primi incitamenti a dipingere, passò allo zio Giovan Battista, dedito particolarmente alla produzione e al commercio di damaschi neri e dorati di fabbrica palermitana. Le spiccate tendenze artistiche del B. furono incoraggiate dal protomedico del Regno e poeta Francesco Bisso, amico di famiglia, che l'aveva tenuto a battesimo. Tramite il Bisso, intimo del vicerè: don Ferdinando Ávalos de Aquino e poi di Marco Antonio Colonna, conobbe i pittori G. P. Fondolo, cremonese, e F. Potenzano, palermitano, favoriti rispettivamente dai predetti viceré.

Dotato di mezzi e di entusiasmo giovanile, attratto dalla maniera michelangiolesca che aveva fatto conoscere in Palermo il Potenzano, ilB. volle recarsi a Roma ad attingere direttamente a quella scuola, dove occupava un posto di rilievo il palermitano T. Laureti. Il viaggio deve datarsi a dopo il 16 apr. 1584, poiché in detta data agli Atti del Senato palermitano è una sua denunzia di possesso di arma da fuoco. Nel 1589 era di ritorno a Palermo, dove, con atto "in not. L. Grecco" (Arch. di Stato di Palermo, vol. 12.322) del 22 giugno di quello stesso anno, si obbligava a dipingere la tavola della Presentazione al Tempio, con sopra un quadretto raffigurante Cristo risorto fra i simboli evangelici e con i Quattro Evangelisti in piccoli riquadri agli angoli della cornice. L'opera che, priva della menzionata cornice, ora si trova al Museo Nazionale di Palermo, presenta evidenti influssi della scuola dei michelangioleschi con chiari caratteri eclettici. Tale eclettismo si nota meglio in un piccolo olio su rame (S. Placido coi fratelli Vittorino,Eutichio e Flavia)del Museo diocesano di Palermo.

Nel 1592 il B., insieme a Giovan Paolo Fondolo, Giuseppe Albina, Mariano Smiriglio, Giacomo Gagini ed altri valenti maestri, è chiamato da Bartolo Sirillo, illustre letterato e segretario del Senato palermitano, a decorare l'arco trionfale per la venuta del viceré Enrico di Guzmán conte d'Olivares; oltre all'allegoria dei promontori della Sicilia, egli vi dipinse, in bicromia bronzea lumeggiata d'oro, due grandi storie riguardanti fatti d'arme degli antenati del viceré, opere che il D'Ariano (1592), elogiò molto, scrivendo fra l'altro che il B., ritornato da Roma, "mostra con l'esperienza di quanto giovamento gli sia stata la pratica da lui tenuta in quella città maestra e sovrana di tutte le buone discipline coi maggiori uomini della sua nobil professione". Le eccellenti amicizie strette a Roma convinsero ben presto l'artista a ritornarvi, dedicandosi soprattutto alla miniatura, attività che egli aveva già professato a Palermo sulla scorta del Potenzano, abilenelle stampe colorate, e principalmente sull'esempio tramandatogli dal nonno, che si era dedicato alla pittura minuta d'arredamento e su ceramica. Di questo nuovo periodo romano sono noti, attraverso alcune incisioni, l'Ecce Homo, le Sante Cristina,Margherita,Marta ed Apollonia (queste ultime furono incise dall'olandese Jacob Matham in Roma nel 1598, cfr. K. H. Heinecken, Dictionnaire des artistes..., III, Leipzig 1789, p. 301). Qualche anno dopo, nella petizione di grazia presentata a Clemente VIII dai miniatori dimoranti in Roma in favore del collega perugino Cesare Franchi condannato a morte, il B. risulta il secondo degli undici firmatari (Arch. di Stato di Roma, Tribunale del Governatore, Miscell. criminale, doc. 504; pubbl. in Bertolotti, ma cfr. Ragona, tav. I).

In seguito all'ondata di violente repressioni verificatesi nello Stato pontificio fra il 1599 e il 1600, il B. decise di tornare in patria. Fra il 1605 ed il 1608 risulta attivo in Palermo al servizio del colto e potente inquisitore Ludovico Rincon de Paramo, che inviò a Paolo V un suo dipinto, molto elogiato dal pontefice (cfr. Ragona, p. 150). A questo periodo dell'attività palermitana del B. deve ascriversi la pregevole miniatura (firmata, in coll. privata: cfr. Daneu Lattanzi) raffigurante, entro ricco riquadro con decorazione a candelabre, la Decollazione di s. Giovanni Battista. Certamente posteriore al 1609, anno del passaggio della Compagnia di S. Francesco nella chiesa di S. Lorenzo, è l'altra miniatura palermitana pure firmata, raffigurante S.Francesco e s. Lorenzo, staccata dal libro dei capitoli della stessa Compagnia, vista dal Di Marzo (1899) in casa del duca della Verdura, e oggi perduta. Mancando altre notizie riguardanti il B., si suppone che sia morto intorno al 1609-10.

Il Meli gli attribuisce una Santa Prassede nel Museo Naz. di Palermo; riteniamo più vicina al B. la grandiosa Circoncisione per l'altar maggiore della chiesa del Gesù di Caltagirone, eseguita a Palermo nel 1604 (cfr. Archivio di Stato di Caltagirone, Archivio Comunale, Discarichi, V, f. 35v).

Fonti eBibl.: Palermo, Arch. parr. di S. Giacomo La Marina, Libri dei battezzati,sposati e morti, vol. 1559-1560, ad diem;Arch. di Stato di Palermo, Atto in not. A. Sinaldi di Palermo, dell'11 sett. 1592, vol. 9405, f. 427; G. D'Ariano, Arco trionfale fatto in Palermo nell'a. MDXCII..., Palermo 1592, pp. 64 ss., 72 s.; F. Baronio Manfredi, De maiestate panormitana, Panormi 1630, III, pp. 102, 104; Palermo, Bibl. Comun., Qq. C. 63: A. Mongitore, Memorie de' pittori,scultori,architetti ed artefici in cera siciliani, ms. [sec. XVIII], pp. 198 s.; G. Di Marzo, Delle belle arti in Sicilia, III, Palermo 1870, pp. 321 s.;A. Bertolotti, Miscellanea artistica, in Giorn. di erud. art., VI (1877), p. 32; G. Meli, La pittura in Sicilia, in Archivio storico siciliano, n.s., IX (1884), p. 484; G. Filangieri, Indice degli artefici... napoletani, I, Napoli 1891, p. 65; G. Di Marzo, La pittura in Palermo nel Rinascimento, Palermo 1899, p. 325; P. D'Ancona-E. Aeschlimann, Dictionnaire des miniaturistes, Milano 1949, p. 38; A. Daneu Lattanzi, Lineamenti di storia della miniatura sicil., Firenze 1965, p. 93; A. Ragona, Di due miniatori del tardo secolo XVI,P. B... e Cesare Franchi, in Arch. stor. per la Sicilia orientale, LXVI (1970), 1-2, pp. 145-55; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, IV, p. 522.

Vedi anche
artista Il termine, che definisce chiunque eserciti un’arte, ricorre nella letteratura artistica, dal 14° al 18° sec., parallelamente a quello di artefice (artifex). La definizione di artefice, di origine più antica, comprende il senso della perizia tecnica del mestiere, altrettanto importante dell’idea nella ... letteratura In origine, l'arte di leggere e scrivere; poi, la conoscenza di ciò che è stato affidato alla scrittura, quindi in genere cultura, dottrina. Oggi s'intende comunemente per letteratura l'insieme delle opere affidate alla scrittura, che si propongano fini estetici, o, pur non proponendoseli, li raggiungano ... santo Secondo l’accezione originaria, ciò che è inviolabile in quanto protetto da una sanzione: gli ambasciatori, i tribuni della plebe, le mura, le porte; quindi, in genere, tutto ciò che, consacrato da una legge morale o religiosa, è per ciò stesso inviolabile, o ciò che, per comune consenso degli uomini, ... scultura Arte e tecnica dello scolpire, cioè di raffigurare il mondo esterno, o meglio di esprimere l’intuizione artistica per mezzo di materiale opportunamente modellato; con valore concreto, l’opera stessa. Nella denominazione di scultura si comprende ogni opera plastica (statue, gruppi, rilievi), sia essa ...
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  • BIOGRAFIE in Arti visive
Vocabolario
bramire
bramire v. intr. [dal fr. ant. bramir, affine a bramare] (io bramisco, tu bramisci, ecc.; aus. avere), letter. – Urlare, detto di bestie selvatiche, specialmente del cervo: e udii b. il cervo! L’udii bramir di furia e di dolore (D’Annunzio)....
bramito
bramito (o bràmito) s. m. [der. di bramire], letter. – Urlo di bestia, spec. del cervo: i bràmiti delle belve disturbate dai covili (Carducci).
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