CALORI (de Caloriis, Calora, De Karoriis), Paolo (Paolo, o Polo da Modena)
Nacque a Modena verso la metà del secolo XIV da Boniacopo, di illustre famiglia modenese. Addottoratosi in arti e medicina, il C. si stabilì poi a Bologna dove sposò Tomasia, figlia di Pietro Aristoteli e sorella di Francesco, che erano ambedue illustri professori di medicina in quello Studio. Fu probabilmente in seguito alla parentela con gli Aristoteli che il C. divenne cittadino di Bologna, iniziando colà la propria carriera universitaria. Il Ferrari lo cita tra gli insegnanti nel 1384, quando forse era ancora studente; comunque nel 1386, "per universitatem scolarium", fu eletto alla lettura di astrologia, e contemporaneamente, con un contratto per tre anni, a quella di filosofia naturale.
Mancano notizie del C. dopo il termine del contratto bolognese, ma agli anni 1389-92 è da attribuire la sua prima opera, una lunga ricerca, indirizzata a Bonifacio IX da "Paulus de Karoriis de Mutina artium et medicine doctor", sulle possibilità di prolungare la vita per mezzo delle scienze mediche. L'opera, attualmente a Bergamo in una miscellanea del sec. XV (Bibl. civica A. Mai, cod. Lambda I 17, ff. 11-28v), fu trascritta da un copista anonimo più di un secolo dopo la morte del Calori. La mancanza di ogni accenno a contatti diretti con il papa, lo stile, gli argomenti e le fonti indicano che si tratta di un'opera giovanile, da collegarsi con gli studi di astrologia e di filosofia naturale che il C. aveva compiuto a Bologna: rivolgendosi al papa con questo sfoggio di erudizione, il giovane lettore certamente sperava di ottenere un nuovo impiego con un migliore stipendio.
Una nuova carica la ebbe, ma a Ferrara prima che a Roma: nel suo secondo trattato, la Quaestio de morbis renum et urinae viarum, terminata dopo la morte di Alberto d'Este, il C. stesso ricorda d'esser stato tra i medici che avevano curato il marchese afflitto da quei mali; inoltre un documento citato dal Tiraboschi mostra il C. già stabilito a Ferrara nell'agosto 1392.
Anche il manoscritto della Quaestio (adesso nella Biblioteca nazionale di Torino, cod. H II 16, cc. 71-76) è copia postuma, eseguita una quarantina d'anni dopo la morte del C. da un copista anonimo, il quale terminò la trascrizione il 26 apr. 1449. Il confronto, della Quaestio con il trattato precedente bene illustra le mutate condizioni del C. da giovane insegnante a medico di corte esperto tanto in pratica che in teoria. Il valore della prima opera, sulle possibilità di prolungare la vita, era tutto nel minuzioso elenco delle fonti citate, classiche, arabe (più numerose che nel De morbis renum), salernitane e del Due e Trecento, enumerate con cura, in stile scolastico, che rimangono preziosa indicazione delle opere di filosofia naturale e di astrologia studiate alla fine del Trecento a Bologna. Comunque ciò che più colpisce e più interessa nel primo trattato del C. è la ricchezza dei riferimenti ai "moderni", cioè alle generazioni che - lo avevano immediatamente preceduto, fra i quali: Rugero (Bacone), Viteluno da Silesia, Teodorico (ossia Dietrich da Freiburg), Tomaso del Garbo, Giovanni Eschenden (da Ashendon), Guidone (de Chauliac).
Nel De morbis renum, trattato inteso a uno specifico fine curativo, sono scarse le citazioni astrologiche, numerosissime nello scritto precedente, e abbondano invece, accanto alle autorità degli antichi e dei moderni, pratiche indicazioni terapeutiche: il C. che, seguendo le norme di Galeno, curava i calcoli dei reni e della vescica senza intervento chirurgico, da buon emiliano ricorda tra le cure l'acqua diuretica dei medici bolognesi, il vino di Recanati, la carne di uccellini chiamati in dialetto "coda tremula" che, pestata, gli forniva uno dei suoi medicamenti preferiti.
Mancano notizie del C. per gli anni immediatamente seguenti alla morte di Alberto d'Este (1393) come anche, per il 1393-95, i rotuli dello Studio bolognese. Però un Memoriale dell'Archivio di Modena indica che nel 1392 egli comprò delle terre da Marco Pio, come poi una casa nel 1404. Nel 1395-96 venne di nuovo eletto "per universitatem" alla lettura serale di medicina pratica (e non di retorica, come affermano l'Alidosi e il Tiraboschi) a Bologna. Prima ancora del termine di quell'anno accademico fu nominato protofisico papale palatino con bolla di Bonifacio IX del 1º giugno 1396. Quello stesso anno, prima di recarsi a Roma, il C. fece testamento, rogato a Modena da Raffaello Bombaci (Modena, Archivio notarile, Mem. not.1396, n. 104).
Fra i lasciti assegnò la somma di 160scudi annui per venti anni al nipote Giangiacomo, figlio del fratello Bartolomeo, e ad altri membri della famiglia che si fossero dedicati allo studio della medicina o del diritto canonico e civile. Un codicillo del settembre 1405, quando dopo la morte del papa (1404) era ormai ritornato in patria - come risulta anche dall'accennato acquisto di una casa da Marco Pio -, si riferisce al sepolcro che il C. desiderava gli fosse costruito nella chiesa di S. Domenico a Modena, simile a quello di un altro medico modenese degli Estensi, Geminiano Cesi, sepolto nella Chiesa di S. Francesco.
Del sepolcro del C. non rimane altro che l'iscrizione, riferita dal Vedriani; la morte avvenne tra il settembre 1405 e il 7 maggio 1406, data di un documento dell'Archivio notarile di Modena (Mem. not.1406, n. 170) in cui il C. appare già defunto.
Fonti e Bibl.: I rotuli dei lettori… dello Studio bolognese dal 1384 al 1799, a cura di U. Dallari, I, Bologna 1888, p. 7; IV, ibid. 1924, pp. 12, 14, 19; P. Zambeccari, Epistolario, a cura di L. Frati, Roma 1929, pp. XXVII, 87 s.; P. G. N. Alidosi, Li dottori forestieri…, Bologna 1623, p. 60; L. Vedriani, Dottori modonesi…, Modena 1665, p. 57; C. Ghirardacci, Della historia di Bologna, II, Bologna 1669, p. 424; G. Tiraboschi, Biblioteca modenese, I, Modena 1781, pp. 365 s. (del C. sono erroneamente creati due personaggi distinti); G. Marini, Degli archiatri pontifici, Roma 1784, I, pp. 110 s.; II, pp. 59-61; S. Mazzetti, Repertorio di tutti i professori… di Bologna, Bologna 1847, p. 77; D. Ferrari, Elenco dei professori all'università di Bologna, Modena 1888, p. 8; G. Bertoni-E. P. Vicini, Medici modenesi del sec. XIV, in Atti e. d. R. Deputaz. di st. patria per le prov. modenesi, s. 5, IV (1906), p. 141; E. P. Vicini, Medici modenesi nei secc. XIII e XIV, in Rassegna per la st. della univ. di Modena, II (1930), pp. 47 ss., 65; C. Menini-P. Di Pietro, Due trattati urologici della fine del XIV sec., in Arti del XVI Congresso nazionale d. Soc. ital. di st. d. medicina, Bologna-Ravenna 1959, pp. 365 ss.; P. DiPietro, Il trattato urologico di P. C. medico modenese del Trecento, in Acta medicae historiae patavina, VI(1960-61), pp. 25-59 (a pp. 36-57 è pubblicata la Quaestio);P. O. Kristeller, Iter Italicum, I, 1963, p. 13.