CANTELLI CENTURIONE, Paolo
Figlio naturale di Raffaele Centurione, nobile genovese, venne da questo con atto notarile dichiarato maggiorenne il 30 ag. 1503: si può quindi ritenere che egli sia nato a Genova intorno al 1480.
Dedicatosi al commercio delle spezie, il C. soggiornò per molti anni in Egitto e in Siria e visitò anche i paesi rivieraschi del Mar Nero. Ebbe così modo di constatare di persona le cause della crisi che stavano attraversando le città italiane per la presenza turca nel Mediterraneo e per il sorgere di nuove potenze commerciali, come il Portogallo, i cui scambi con l'India avvenivano attraverso la rotta di circumnavigazione dell'Africa. Degli studi del C. i biografi (anche i più antichi come Agostino Giustiniani) non parlano espressamente, ma gli riconoscono tutti una buona dose di intelligenza ed una valida preparazione geografica che gli permise di elaborare un piano secondo il quale i commerci tra l'Europa e l'India avrebbero potuto svolgersi in modo più proficuo sfruttando tutta una serie di vie fluviali: dall'Indo al Mar Caspio, di qui, risalendo il Volga e i suoi affluenti, a Mosca e poi a Riga per giungere definitivamente nei porti dell'Europa settentrionale attraverso il Mar Baltico. Per mettere a punto il suo progetto decise di andare di persona a Mosca e alla fine del 1518 riuscì ad ottenere da papa Leone X "lettere" per il principe di Moscovia Basilio III e per Alberto di Brandeburgo, sulla natura delle quali si è discusso a lungo. Sembra, tuttavia, certo (come sostiene il Pierling) che non si trattò di un riconoscimento ufficiale della sua missione, né tanto meno di incarichi paradiplomatici voluti o approvati dal Vaticano, come affermano molti biografi (Foglietta, Spotorno), ma di semplici lettere di raccomandazione.
Arrivato a Königsberg nel 1519 il C. decise in un primo momento di unirsi al frate domenicano Nicola Schoemberg che era in procinto di partire per Mosca su incarico del papa per predicarvi la crociata. Costretto ben presto a rinunciare alla sua missione per il riaccendersi delle ostilità tra Sigismondo di Polonia e Basilio, il C. partì da solo alla volta di Mosca dove giunse nella primavera del 1520. Nella Cronaca Nikonovskaja si legge infatti: "Nello stesso anno giunse a Mosca dal Granprincipe da parte del papa un suo uomo chiamato Paolo con un messaggio".
È certo che Basilio III non accolse favorevolmente il piano proposto dal C., ma quanto ai motivi che stanno alla base di questo rifiuto si possono solo avanzare delle ipotesi. A cominciare da Paolo Giovio, che ne parla nella Moscovia, si è sempre insistito sul "sospetto" dei Russi e sulla loro più che giustificata riluttanza a far visitare il paese a mercanti stranieri. Pur non escludendo simili ipotesi c'è da dire forse che il rifiuto di Basilio nasceva da una attenta valutazione delle difficoltà naturali e delle contingenze storiche (brigantaggio, presenza sui confini orientali del Khanato di Kazan´) che si frapponevano alla realizzazione del progetto. A testimonianza, tuttavia, della buona accoglienza ricevuta a Mosca dal C. resta il fatto che egli ottenne da Basilio privilegi per il commercio con la Russia e proprio per questo l'intraprendente genovese cercò l'appoggio economico, che del resto non gli venne negato, del re Cristiano II di Danimarca con il quale intendeva fondare una compagnia con capitale genovese e danese per intrattenere rapporti commerciali con la Russia.
Durante questo suo primo soggiorno moscovita, inoltre, il C. entrò in contatto con il circolo di intellettuali formatosi intorno al medico e astrologo di corte Nicola Boulev da Lubecca (in altri documenti è citato col nome di Ljuev) che era, già dal tempo della sua permanenza a Novgorod a servizio dell'arcivescovo Gennadij, un instancabile predicatore dell'unione della Chiesa russa con quella di Roma. Il C. si convinse che esistevano delle prospettive favorevoli. A Leone X chiese di mandare quanto prima ambasciatori qualificati a trattare di questo importante problema e a Cristiano II di Danimarca di appoggiare i suoi progetti presso il papa. Egli stesso ritornò in Italia, ma giunse a Roma solo dopo la morte di Leone X. Durante il breve pontificato di Adriano VI rinnovò i suoi sforzi che sembrano essere stati coronati da successo grazie anche all'interesse per la Moscovia che mostravano in questi anni persone molto vicine al pontefice come il suo antico discepolo di Lovanio Alberto Pighi (Campense) e l'arcivescovo di Drontheim (Trondheim), Erich Walchendroff. L'improvvisa morte di Adriano VI, avvenuta il 14 sett. 1523, costrinse tuttavia il C. a rimandare la partenza.
Anche con l'avvento sul trono pontificio di Clemente VII la Curia romana continuò ad interessarsi della Moscovia: ne fa fede la lettera che lo stesso Pighi indirizzò al papa "intorno alle cose di Moscovia", tradotta in italiano nel 1543 ed inserita nel secondo volume delle Navigazioni del Ramusio. In essa si assicura che, da informazioni avute di prima mano il knjaz russo è un principe cristiano più cristiano di altri principi in comunione con Roma, amante della pace quanto gli altri sono dediti a farsi la guerra l'un l'altro, interessato all'incoronazione e agli onori che gli avrebbe potuto conferire la Curia romana.
Clemente VII si lasciò convincere, ma, come già Leone X, non affidò al "genovese" C., che andò a Mosca per riproporre il suo piano sui rapporti commerciali con l'India, una missione ufficiale, ma gli consegnò una lettera per Basilio datata 25 giugno 1524 dove si auspicava l'unione delle chiese, si promettevano onori e dignità, si invitava il Principe a mandare un suo ambasciatore a Roma per trattare. Con essa il C. iniziò il suo secondo viaggio alla volta della Russia. Königsberg questa volta non gli concesse il permesso di continuare e fu perciò costretto ad attraversare la Polonia. Conobbe personalmente Sigismondo I e ne acquistò la fiducia e la simpatia. Il re polacco, infatti, non solo gli fornì mezzi adeguati per arrivare fino a Mosca, ma, sulla via del ritorno, si preoccupò addirittura di raccomandare il C. alla munificenza del papa. Il suo viaggio in Russia dura questa volta solo pochi mesi. Nel settembre del 1525 è già di ritorno a Roma in compagnia di Dimitrij Gerasimov (Demetrio Erasmo) che porta con sé un messaggio di Basilio per il pontefice.
La scelta del principe moscovita non poteva essere più felice. Gerasimov, infatti, parlava correntemente latino, era un uomo colto e intelligente, si era formato a Novgorod nell'entourage dell'arcivescovo Gennadij ed era il principale collaboratore di Massimo il Greco per la revisione dei testi liturgici. Niente di strano, quindi, che egli si acquistasse la simpatia generale (si vedano per questo gli elogi di Paolo Giovio), anche se il messaggio di Basilio (conservato da P. Giovio) e le istruzioni ricevute non gli concedevano molto margine per le trattative giacché da parte russa si insisté solo sui problemi politici (lotta dei Cristiani contro i Turchi) dimenticando completamente le questioni religiose. Il soggiorno romano di Gerasimov, che va ascritto in buona parte all'attività e al merito del C., ha avuto una grande importanza per la cultura russa. È ormai accertato che proprio Gerasimov compose a Roma, utilizzando anche fonti latine come l'Actus Sylvestri, la Povest' o novgorodskom belom klobuke (Racconto sulla tiara bianca di Novgorod).
Dopo il ritorno a Roma si perde del C. ogni traccia. Naturalmente del progetto del commercio con le Indie attraverso i fiumi della Russia non si parlò più, né l'unione delle Chiese approdò a risultati concreti per le molteplici difficoltà che non è il caso di seguire. Qualcuno dei suoi biografi (Spotorno) afferma, ma senza fornire alcuna prova, che il C. sarebbe passato nel 1525 al servizio del re d'Inghilterra e che qui, mentre si apprestava "a discoprir per quella corona ignote contrade", avrebbe terminato i suoi giorni. Ugualmente non provata è l'affermazione dell'Adelung che il C. avrebbe lasciato alcuni scritti, perché il Ramusio, che egli cita, riporta solo P. Giovio e del manoscritto vaticano "Pro Paolo Centurione Ianuensi ad Moscoviae Ducem misso" sembra essersi perduta ogni traccia.
Fonti e Bibl.: Nell'Archivio di Genova si trovano il testamento del padre e l'atto di emancipazione del C.; ambedue pubbl. da P. Pierling, L'Italie et la Russie au XVIe siècle. Voyages de Paoletto Centurione à Moscou..., Paris 1892, pp. 107-109. Anche le notizie riguardanti il soggiorno a Königsberg, desunte da docum. tratti dagli arch. di quella città, sono stati pubblicati dal Pierling, pp. 110-112. La Cronaca Nikonovskaja è in Polnoe Sobranie Russkich Letopisei, XIII, Moskva 1965, p. 36; P. Giovio, Delle cose della Moscovia, in G. B. Ramusio, Delle Navigationi e viaggi, II, Venezia 1559, cc. 131v-137v; U. Foglietta, Gli eloggi degli huomini chiari della Liguria, Genova 1579, cc. 108v-109v; A. Giustiniani, Annali della Repubblica di Genova, a cura di G. B. Spotorno, I, Genova 1854, p. 692; P. Peragallo, Lettere di A. de Brito e di P. Centurione, Roma 1892; P. Pierling, La Russie et le Saint Siège, Paris 1896, I, pp. 276-296; G. B. Spotorno, P.Centurione, in D. L. Grillo, Elogi di liguri illustri, I, Genova 1846, pp. 366-376; F. v. Adelung, Kritisch-literärische Übersicht der Reisenden in Russland bis 1700, St. Petersburg Leipzig 1846, I, pp. 177-179; M. G. Canale, Storia del commercio dei viaggi,delle scoperte, Genova 1866, pp. 396 s.