CELESIA, Paolo
Nacque a Genova il 3 apr. 1872, pronipote di Candida Lena Perpenti, nata nel 1764, naturalista e botanica, autrice di studi originali e promotrice della vaccinazione antivaiolosa tra gli abitanti di Pianello Lario in provincia di Como.
Terminato il liceo, il C. iniziò il corso di scienze naturali a Genova e divenne assistente di G. Cattaneo nel laboratorio di anatomia comparata; già nel 1893 pubblicò un lavoro originale: Della Suberites domuncola e della sua simbiosi con i paguri (in Studi biologici, I, pp. 5-73), in cui a un nucleo prettamente sperimentale accostava osservazioni e rilievi di carattere teorico, che rivelavano una conoscenza della letteratura biologica non comune in così giovane età. La ricerca morfologica, condotta anche con metodo comparativo, si apriva ad una indagine sul significato biologico della simbiosi, sulle origini e sulle leggi che mantengono questa forma associativa.
Dopo la laurea, nel giugno del '95, con una tesi su Ricerche sperimentali sulla eredità progressiva (ibid., pp. 401-423), il C. approfondiva i suoi studi anche in campo fisiologico, eseguendo alcune esperienze sulle proprietà inibitrici dei centri nervosi, e si impadroniva delle tecniche di ricerca frequentando i laboratori di H. Kronecker a Berna, di E. Hering a Lipsia, di W. Biedermann a Jena; nel 1898 tornò in Italia e costruì un suo laboratorio a Grumello, in riva al lago di Como. Poco dopo, nel '99, fondò la Rivista di scienze biologiche, cui collaborarono i nomi più prestigiosi di quegli anni: il suo scopo era di portare ogni contributo della ricerca sperimentale su di un livello di riflessione e di più profonda consapevolezza, al di là di ogni tecnicismo ed empirismo, verso lo studio sintetico dei fenomeni della vita. Direzione, redazione, traduzione dei testi stranieri, recensioni e perfino onere economico furono assunti tutti dal C. che, per essi, trascurò il lavoro sperimentale cui avrebbe voluto dedicarsi.
Turbato profondamente dalla morte del padre avvenuta nel 1905 e da altre circostanze dolorose, abbandonò praticamente le ricerche biologiche e poco dopo anche la pubblicazione della rivista (che dal 1901 aveva cambiato il titolo in Rivista di biologia generale); sidedicò, a studi religiosi e filosofici, e verso i trent'anni si convertì completamente alla fede cattolica.
Morì a Roma il 12 giugno 1916 e fu sepolto alle falde del monte Olimpino presso il lago di Como.
Una disponibilità ed attenzione a interessi molteplici, sia pure logicamente coordinati, una volontà di operare più forte delle possibilità fisiche caratterizzano la personalità del C. e ne costituiscono l'originalità ma anche il limite.
I lavori sperimentali non furono molti, ma appaiono corretti e rigorosi nel metodo, felici nell'impostazione teorica. Oltre alle ricerche su Suberites, si ricordano quelle del 1897 Sul differenziamento delle proprietà inibitorie e delle funzioni coordinatrici nella catena gangliare dei Crostacei Decapodi (Studi biologici, I, pp. 75-165), e quella Sul meccanismo di riflessione della chela nell'Astacus fluviatilis (ibid., pp. 169-180), che attengono entrambe a questioni di neurologia. Vi sono poi alcune memorie originali consistenti in una critica di teorie e ipotesi espresse da altri studiosi. Tra questo sono importanti: Appunti intorno a questioni biologiche e psicologiche. La coscienza secondo la teoria dell'evoluzione (ibid., pp. 181-227), La ibridazione per innesto nel suo significato per la ereditarietà dei caratteri acquisiti (ibid., pp. 229-249), Remarques sur les rapports entre la variabilité des caractères individuels et la diathèse nerveuse dans la famille dégénérée (ibid., pp. 251-290), Impotenza della selezione naturale sopra la lotta dei determinanti (ibid., pp. 311-322).
I due lavori del '97, usciti dalla Stazione zoologica di Napoli, si inseriscono nella grande fioritura di studi volti a identificare i centri e le vie nervose dell'inibizione dopo che, nel lontano 1845, i fratelli E. H. e W. Weber avevano illustrato a Napoli, al VII congresso degli scienziati italiani, l'influenza del vago sull'arresto dei movimenti cardiaci. Per i Vertebrati, Mammiferi in particolare, G. Fano e R. Oddi avevano indicato nella zona dei lobi prefrontali della corteccia cerebrale i centri inibitori, ma poco era noto sul sistema nervoso dei non vertebrati.
In una precedente nota del '96, Sul differenziamento delle proprietà inibitorie della catena gangliare in Palinurus vulgaris (in Riv. di patol. ment. e nerv. ..., I [1896], 4, pp. 129-133), il C. aveva messo in relazione i risultati ottenuti con la dottrina morfologica della metameria. Se il sistema nervoso gangliare dei Decapodi era originariamente costituito da gangli simili, con divisione del lavoro, per acquisire solo in seguito una forma gerarchizzata, è verosimile che il ganglio, sopraesofageo, derivato dal progressivo accentramento, abbia acquisito un potere inibitorio sugli altri gangli. In questi altri due lavori, in ogni modo, i risultati sperimentali confermarono che la stimolazione del ganglio sopraesofageo modifica i movimenti dell'addome nei Crostacei Decapodi, per una sua azione inibitrice sul secondo ganglio addominale e, sui centri a esso soggetti. Oggi è noto, tra l'altro, che in assenza del ganglio sopraesofageo manca ogni controllo e ciascun segmento funziona autonomamente.
Applicando questi concetti a tutta la scala zoologica, il C. indicava, quale tappa fondamentale nel passaggio delle forme viventi da uno stato quasi coloniale di organi e tessuti a quello gerarchico e centralizzato - attraverso la metameria - la funzione inibitrice, che permetterebbe il costituirsi di correlazioni, una dopo l'altra, nel tempo. La stessa convinzione è espressa nella nota Significato della forma metamerica in relazione alla perfettibilità evolutiva (in Nuovi studi biologici, IV,pt. II, pp. 37-40).
Una progressiva trasformazione delle specie è accettata senz'altro dal C., che si dichiara evoluzionista convinto; ma mentre nel periodo del suo positivismo vede il cammino dell'evoluzione come un effetto meccanico derivato da cause molteplici, dopo la conversione, anche religiosa, egli parla di un evoluzionismo "spiritualistico", intendendo con questo una interpretazione dei fenomeni naturali sostenuta in larga parte da convinzioni filosofiche e religiose. Praticamente ogni nota e memoria degli anni seguenti contiene il tentativo di una dimostrazione teleologica di forme e funzioni organiche.
Variabilità e adattamento, istinto, sessualità, polimorfismo, parassitismo, mimetismo, unità di piano sono temi e titoli di una serie di lavori che il C. illustra con esempi scelti allo scopo di dimostrare la presenza di un disegno finalistico, in cui ogni esistenza rimanda a un'altra, fino all'uomo che possiede la coscienza. In La coscienza secondo la teoria dell'evoluzione, (in Studi biologici, I, pp. 181-227) egli cerca di collegare in un quadro unitario questioni di biologia e psicologia, sociologia e psicopatologia.
Il C. appare intento a una costruzione metascientifica di carattere cosmologico, affine a taluni orientamenti della "filosofia della natura", fiorita in Germania nei primi decenni del secolo XIX. Come questi la cosmologia del C. è dichiaratamente finalistica: essa concepisce il cosmo orientato all'origine dell'uomo attraverso la storia della Terra - che potrebbe essersi prodotta anche in altra "porzione del cosmo" - e attraverso la filogenesi.
Sono frequenti, sulle pagine del C., i richiami alla disciplina e alla razionalità del pensiero: malgrado questo, la libertà immaginativa si fa valere ovunque e la scienza naturale è vista più come risultato che come metodo. La causa finale, secondo il C., non è la finalità interna, strutturale, di esseri organici e viventi, ma il rapporto dell'ente ad altro ente, successivo, e in funzione del quale il primo deve considerarsi originato.
Il C. sembra orientato verso il superamento del positivismo scientifico - non a caso alcuni suoi scritti hanno forma di dialogo tra il finalista, cioè lo stesso C., e un oppositore, nel quale si riconosce lo stile di G. Vailati -, ma positivistiche, cioè animate da un'immediata fiducia nell'oggettività del dato empirico o sperimentale, appariscono le sue stesse posizioni.
Tutti i lavori del C., inediti o già pubblicati, sono stati raccolti a partire dall'anno 1923, in una ristampa che comprende 11 volumi. Si danno i titoli di quelli appartenenti alla serie scientifica, essendo gli altri oltre ricordati: Opere di P. Celesia, Serie scientifica, I, Studi biologici, I,a cura di F. Raffaele, Roma 1923; II, Appunti di cosmogonia e astronomia, a cura e con pref. di F. Porro, ibid. 1927; III, Nuovi studi biologici, con prefazione di B. Sacchi, ibid. 1932; Nuovi studi biologici, parte II, ibid. 1933.
Una serie filosofica di sette ponderosi volumi, usciti postumi a cura di N. Turchi, documenta l'assidua, si direbbe ansiosa, meditazione del C. su temi appartenenti alla filosofia della natura e alla cosmologia. Eccone i titoli: La teleologia, concetto e valore (I,Roma 1923); Problemi di biologia alla luce del finalismo (II,ibid. 1924); Saggi di filosofia finalistica. Problemi di cosmologia, calcolo di probabilità, analogia e metafora (III, 1,ibid. 1925); Saggi difilosofia finalistica. Psicologia, metapsichica, etica sociale (III, 2, ibid. 1927); Dalla natura a Dio attraverso il sacrificio (IV, ibid. 1925); Studi kantiani (V,ibid. 1923); Appunti per una storia delle cause finali nella filosofia moderna (VI,ibid. 1926); Libertà e determinismo (VII, ibid. 1930).
L'idea centrale del C. - lo conferma l'attento biografo F. Porro (in La teleologia, cit., p. XLVIII) - è quella teleologica. È un'idea che va oltre il postulato di un orientamento costruttivo, sintetico dei processi naturali, e si sostanzia di altre determinazioni: la causa come ragion d'essere (III, 1, p. 51); l'impossibilità di una genesi fortuita dell'ordine (VI, p. 215); l'esistenza d'una specie la cui conservazione costituisce lo scopo della natura (II, p. 12); la legge del sacrificio: ogni elemento serve al gran tutto (IV, p. 326); il simbolismo dei fatti naturali (II, p. 6); il nesso tra il cosmo ordinato e un ordinatore (I, p. 20); l'evoluzionismo spiritualistico (V, p. 575).
Al vitalismo del contemporaneo H. Driesch il C. obbiettava che non basta parlare d'una irriducibilità delle leggi vitali a quelle fisico-chimiche (VI, p. 371). II finalismo del C. trascendeva l'affermazione vitalistica, per porsi come "ultrafinalismo" (V, p. 563), fondato su "un postulato ardito e suscettivo entro certi limiti di verificazione induttiva": ogni forma di vita è utile a un'altra, oltre che essere strutturata e coerente in se stessa. A Kant obbiettava, invece, la natura empirica, "induttiva", dell'affermazione teleologica (V, p. 574). Propostosi di distinguere la propria teoria dal "finalismo ingenuo, antropomorfico" (I, p. 18), e nonostante i richiami alla gradualità e alla concretezza che gli venivano dall'amico G. Vailati, il C. finì con l'indicare nell'uomo il "fine di natura" (I, p. 208), con lo sminuire l'efficacia di critiche acute e bene impostate che aveva mosso al meccanicismo e all'evoluzionismo darwiniano (in Nuovi studi biologici, III, 1), e con l'affidarsi ad argomentazioni forzate, quando non ossessivamente ripetitive.
Bibl.: O. Polimanti, Biografia di P. C. e prefaz, al vol. Opere di P. Celesia, …, Studi biologici, I,Roma 1923, pp. V-XII; F. Porro, Biografia di P. C. e N. Turchi, prefazione, ibid., La teleologia, concetto e valore, Roma 1923, pp. I-LIX.