CIERA, Paolo
Nato nel 1575 a Venezia, discende probabilmente da una famiglia che ebbe, nel sec. XV, un certo peso (ne furono membri i banchieri Bernardo e Agostino).
Entrato nell'Ordine degli eremitani di S. Agostino, il C. studiò nel convento veneziano di S. Stefano eá ancora adolescente, esordì come abile verseggiatore d'occasione con una canzone in onored'un suo superiore, Angelo Rocca da Camerino, promosso sagrista di Clemente VIII.
Irreperibile, invece, la produzione posteriore cui accenna l'agostiniano bergamasco Giacomo Alberici in un suo rapido repertorio, del 1605, d'autori veneziani. "Poeta et astrologo raro - dice questi dei C. - ha scritto un trattato molto vago e curioso d'astrologia intitolato Secretacoelestia et molti versi latini et volgari in lode di diversi", specie dei padre generale dell'Ordine Ippolito da Ravenna; in sostanza, tale l'opinione dell'Alberici, "virtuosamente s'affatica".
Scoppiata la contesa dell'interdetto, il C. abbandonò Venezia, ribelle al papa, riparò a Bologna e vi pubblicò, nel 1606, una Dialogia alli signori della Republica e Senato di Venetia, camuffando parzialmente la propria paternità, ché omise il cognome e, nel contempo, suggerendola, ché l'autor e figurava come "fra Paolo venetiano dell'ordine di santo Agostino".
Così da un lato si riserbava la possibilità di rinnegarla quando ciò sarebbe tomato utile, dall'altro sciorinava egualmente la sua oltranzistica adesione alle ragioni di Paolo V proponendosi, non senza ridicola presunzione, quale suo campione; se i senatori veneziani, giustamente "scommunicati" per le "leggi contro gli ecclesiastici" a pregiudizio delle "loro" intangibili "leggi" se lo Stato veneto stesso, di "ragione ... interdetto", hanno nel fra' Paolo servita il loro protervo fautore, anche Roma ha il suo "fra' Paolo", cui la nascita a Venezia non ha a tal punto obnubilato la coscienza da fargli dimenticare che, come il "corpo" non è "superiore" allo "spirito", del pari "non è superiore il politico all'ecclesiastico". L'obbedienza al papa può essere, talvolta, "giogo aspro e grave"; ciò non toglie sia. sempre e comunque, doverosa.
Convinto che l'argomento, svolto con accenti grati alle sensibilissime orecchie di Paolo V, meriti d'essere ripreso su di un più distaccato piano teorico, suscettibile, nel contempo, di puntuali applicazioni contingenti, il C. non lo lascia cadere; e stampa.un diligente e riassuntivo Tractatus de iure principum (Bononiae 1607), questa volta anche col cognome.
Scandita in brevi capitoli, l'operetta consiste in un meccanico sommarsi d'asserzioni categoriche, in un prevedibile succedersi di massime da mandare a mente e, tetragona a tutte le obiezioni "quae, solent adduci ... circa absolutam potestatem quam habet in temporalibus summus pontifex", ruota tutta attorno alla premessa, presentata, comunque, come conclusione, "quod auctoritati ... pontificis subaltemantur et subiectae sunt omnes potestates mundi".
L'intransigenza del transfuga comportò qualche vantaggio ché il C. venne chiamato a Siena quale "sacrae theologiae magister" presso il locale convento agosto. Anche nella nuova sede il C. ritenne opportuno esordire con un ulteriore omaggio aTautorità del pontefice; donde la tempestiva pubblicazione del Tractatus apologeticus pro statu Romanae urbis et curiae (Senis 1608) ove ribadì, senza tema d'apparire monotono, il postudato che il papa, "orbis terrarum praefectus et moderator", di per sé, "dignitatem habet et maiestatem supra onines huius mundi principes excellentiorem". In fin dei conti si trattava d'una convinzione conveniente: il C., dopo essere stato "studiorum moderator" in vari conventi dell'Ordine, fu chiamato, nel 1622, a Roma sempre - informerà l'ambasciatore veneziano Angelo Contarini - come "regente" in quel "convento di sant'Agostino". Certa, tra le "molte regenze" del C., questa finale di Roma; stando, comunque, a quanto egli stesso dichiarò, la precedettero quelle svolte "Genuae, Senis, Arimini, Pisis, Perusiae". A Roma il suo esibito curialismo ricevette il maggior frutto: "conosciuto - scrive ancora il Contarini - padre di non ordinario valore e dottrina, gli fu data la catedra di teologia", vale a dire di sacra scrittura, "nel studio qui della Sapienza". Ed è appunto, essendo, come dichiara nel frontespizio, "destinatione ... Urbani... octavi in almae urbis universitate, publico ac ordinario sacrarum litterarum expositore", il C. dette prova del suo impegno didattico - esplicato dal 1627 al 1642 - inteso a sintetizzare "quae a theologis scholasticis de summa divinitate hucusque tradita sunt et litteris demandata" con le In primum Sententiarum responsiones ad quaesita omnia quae circa materiam de unitate Trinitate et attributis divinis a sapientioribus scholasticae theologiae patribus fieri solent eorundemque clarissimae resolutiones... (Romae 1633).
Una fitta sequenza di domande - del tipo: "an Deus sit cognoscibilis a nobis?"; "an fruitio sit dilectio an vero delectatio?" "an Deum esse sit per se notum?"; "an Pater generet Filium necessitate?"; "an in divinis sit aliqua persona quae proprie dicatur Spiritus Sanctus?"; "an in Deo sit providentia?"; "an Deus velit malum fieri?" - si sdrammatizza di fronte all'immediato "respondeo quod" della tranquillizzante e sbrigativa "resolutio" predisposta, per ognuna, dal Ciera.
Nel novembre del 1640, resasi vacante in Istria la sede vescovile di Cittanova per la morte del titolare Eusebio Caimo, mentre il Senato veneto è propenso ad affidarla al nipote omonimo fratello del giurista Giacomo, il papa decise diversamente e la "nominatione" cadde sul Ciera.
Diffidente il Senato s'affrettò a scrivere, il 7 dicembre, al rappresentante della Serenissima a Roma Angelo Contarini che procurasse d'informarsi su di lui; appurasse soprattutto se la Dialogia - di cui accluse copia - non sia stata scritta dal Ciera. "Se bene non e espresso il nome della famiglia", ritiene, infatti, "per altri incontri, poter esser lui medesimo" l'autore. Il Contarini - il quale pur apprese come il C. nel 1638 fosse stato a Venezia e, "per quello che fondatamente posso sapere, riportò in questa parte scritture di molta consideratione concernenti materia grave" - non rivelò certo doti di segugio. Il C. era non solo un "buon religioso" che "ha sempre dato segni di gran bontà e dottrina" - non per niente, "succeduta la vacanza di Civita Nova, è paruto al papa, per retribuire qualche premio alle virtù di così degno padre conferirgli quella chiesa motu proprio" -, ma era ripieno d'"affetto... svisceratezza, ... devotione verso la Republica suo principe naturale che certo maggiore in chi si sia non si può ritrovare, mentre con parole ha sempre aggrandito al maggior segno il religioso governo della patria et, in cadaun luogo ove s'è ritrovato, honorati et serviti tutti i publici rappresentanti". Quanto alla Dialogia, impossibile l'abbia stesa il C.: nel corso delle "mie indagationi ... mi viene asseverantemente detto", insisteva il Contarini, che il C. era, all'epoca della pubblicazione dell'opuscolo, troppo giovane per affrontare "così grave materia", che in tutte le sue opere figurava il cognome, e che "chi a quel tempo scriveva", stampava "sotto nome mentito" in tutto e per tutto. Prova, a suo avviso, definitiva, dell'estraneità del C., la lettera che il C. stesso gli aveva indirizzato il 9 febbr. 1641: "io ho sempre detto - vi asseriva - ad ogni uno...quel libro ... non è stato da me composto né mandato in luce. E perché ... intendo essersi disseminato ... che io ne sii l'autore, sono ... a significare, con ogni riverenza e candore, ... che non è parto mio... acciò ne possi ... far piena fede al ... principe, al quale sono vissuto e viverò sempre devotissimo, servo e vassallo".
Di fatto, però, il vescovato andò, con piena "sodisfattione" della Repubblica, a Iacopo Filippo Tommasini. Per quanto il nome del C. sparisca dalla corrispondenza del Contarini, è congettura raginevole abbia preferito egli stesso tirarsi indietro, impaurito dall'eventualità del palesarsi - una volta insediato a Cittanova - della sua smaccata menzogna. Meglio un episcopato al di fuori della sovranità veneta, quale quello di Vieste con cui Urbano VIII lo risarcì all'inizio del 1642, creandolo inoltre, nel 1644, suffragmeo di Ostia e Velletri. In quest'ultima il C., che vi consacrò, il 19 nov. 1645, un altare nella chiesa di S. Mutino, volle trasferirsi; quivi morì il 21 marzo 1647 e, per sua espressa disposizione, venne sepolto nella chiesa agostiniana di S. Maria dell'Orto.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Senato. Deliberaz. Roma, regg. 40, cc. 125v, 135v; 41, c. 133v e filza 72, alle date 7 dic. 1640 e 12 genn. 1640 m.v.;Ibid., Senato. Dispacci Roma, filza 116, lett. del 15dic. 1640, 12 genn. e 9 febbr. 1641; Consultori in iure, 50, cc. 334r-337r (Oppositioni alla Dialogia del C.); 51, cc. 130r-133r (Apologia del C. in eui nega di essere l'autore della Dialogia);Venezia, Bibl. naz. Marciana, ms. It., cl. VII, 351 (= 8385): A. Zeno, Appunti..., c. 308r; versi del C. in Le due sorelle di Pallade... canzoni... nella Promotion del... maestro... Rocca... alla sagristia di.... Clemente IIX..., a c. di A. Riccio, Venetia 1595, pp. n.n.; G. Alberici, Catalogo... de... scrittori venetiani..., Bologna 1605, p. 71; A. Allacci, Apes urbanae..., Romae 1633, p. 212; B. Teoli, Teatro hist. di Velletri..., Velletri 1644, pp. 331, 359 s.; Ph. Elssius, Encomiasticon augustinianum..., Bruxellis 1654, p. 549; D. A. Gandolfo, Dissertatio hist. de... augustinianis scriptoribus. Romae 1706, p. 135; F. Ughelli-N.Coleti, Italia sacra..., VII, Venetiis 1721, col. 870; A. Borgia, Istoria... di Velletri..., Nocera 1723, pp. 497, 502; F. Comer, Ecclesiae Venetae..., XII, Venetiis 1749, p. 309; J. F. Ossinger, Bibl. Augustiniana..., Ingolstadii et Augustae Vind. 1776, p. 232; A. Meneghelli, Della veneziana nomosofia, Venezia 1808, p. XXVII n. 23; E. A. Cicogna, Delle Inscr. Venez., IV, Venezia 1834, p. 227; Id., Saggio di bibliogr. veneziana, Venezia 1847 n. 877, L. Ilari, La Bibl. pubblica di Siena..., II, Siena 1845, p. 77; M. Foscarini, Della lett. ven., Venezia 1854, p. 68; F. Scaduto, Stato e Chiesa... durante l'interdetto..., Firenze 1885, p. 203; G. Soranzo, Bibl. ven., Venezia 1885, n. 1248; D. A. Perini, Bibl. augustiniana..., I, Firenze 1931, pp. 231 s.; Cat. gén. ... de la Bibl. nat., XXIX, Paris 1931, col. 340; N. Spano, L'Univers. di Roma, Roma 1935, p. 343 (ove il cognome diventa erroneamente "de Ceria"); T. Bozza, Scittori pol. ital., Roma 1949, pp. 103 s.; British Museum, Gen. catalogue..., XXXVIII, p. 330; Dict. de théol. catholique, II, col. 2513; Dict. d'Hist. et de Géogr. Eccl., XII, col. 829; H. Hurter, Nomenclator literarius... theologiae catholicae, III, p. 935; The Nat. Union Catalog. Pre-1956, CIX, p. 614; G. Mazzatinti, Inv. d. mss. delle Bibl. d'Italia, LXXXI, p. 113; P. Gauchat, Hierarchia cathol. ..., IV, Monasterii 1935, p. 366.