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DE ANDREIS, Paolo

di Silvano Cavazza - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 33 (1987)
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DE ANDREIS, Paolo

Silvano Cavazza

Nacque a Traù in Dalmazia probabilmente agli inizi del 1609, da Domenico e Caterina Vitturi, sposati il 4 febbr. 1608.

Nella seconda metà del sec. XVI la famiglia De Andreis aveva interrotto i tradizionali rapporti con le monarchie dell'Europa centrorientale, per assumere posizioni nettamente filoveneziane, guardando all'Italia anche dal punto di vista culturale. Nell'agosto 1583 Giovanni Nicolò, figlio di Domenico e di Laura Vitturi, dottore in filosofia, venne eletto rettore degli artisti all'università di Padova e cercò di dare nuovo impulso alla vita accademica. Si preoccupò infetti della costruzione di un teatro anatomico e saprattutto, avvalendosi di un'antica prerogativa dei rettori da tempo in disuso, il 7 nov. 1583 iniziò un corso sul primo libro dei Metereologira di Aristotele, con grande affluenza di pubblico e generale consenso. Il 19 genn. 1584 l'università degli artisti ottenne per lui dai Riformatori delio Studio la retribuzione di so ducati e la notizia delle sue lezioni fu inserita negli Acta Universitatis artistarum. Definito dai contemporanei "iuvenis altissima mente praeditus et doctissimus", dovette tuttavia lasciare la carica prima della scadenza del mandato e prendere la via dell'esilio, perché incolpato dell'uccisione di uno studente romano.

Altri membri della famiglia ebbero una più fortunata carriera ecclesiastica in varie diocesi dalmate. Due nipoti figli del fratello Giovanni Nicolò, Francesco (1602-1667) e Girolamo (1612-1673), furono rispettivamente vescovo di Nona e vescovo di Curzola. GiovanniDe Andreis (1611-1681), imparentato con entrambi, fu invece dal 1667 a capo della diocesi di Lesina e dal 1676 di quella tragurina; nel 1667 pubblicò a Venezia il Cibus animae, un trattato ascetico che si rifà al De imitatione Christi attribuito a Thomas a Kempis.

Il D. appartenne al medesimo ramo della famiglia: l'antico rettore di Padova era infatti zio dei padre. Il D. tuttavia non seguì regolari corsi di studio: se frequentò per qualche tempo l'università di Padova, come asseriscono i biografi, sicuramente non vi conseguì alcun titolo dottorale. Del resto si sposò giovanissimo, il 22 febbr. 1626, con Maddalena Grisogono, dalla quale ebbe tre figli.

Egli dovette essenzialmente la propria formazione culturale al padre Domenico (1586-1658), autore di vari testi letterari italiani e latini, antiquario e ttudioso delle tradizioni patáe: accanto a lui, probabilmente, il D. fece anche il suo ingresso nella vita pubblica cittadina, partecipando nel 1639alla commissione che fissò i confini tra il territorio di Traù e i vicini possedimenti turchi. In quell'occasione Domenico compose un Discorso dei successi più notabili nell'acquisto e conservatione delli confini di Traù, cavato da pubbliche scritture, pubblicato solo nel 1978.

La carriera politica del D. fu quella consueta dei maggiorenti delle piccole comunità dalmate soggette a Venezia: nel febbraio 1643 fu designato sopracomito della galera fornita dalla città natale, rimanendo in carica per cinque anni, nei quali peraltro non vi fu necessità d'effettivo armamento. Ripetutamente, dal 1646. al 1653, fu mandato in missione a Zara presso il provveditore generale per la Dalmazia, per illustrare le necessità di Traù in materia difensiva, ed ebbe l'occasione di richiedere il restauro delle fortificazioni e la presenza di un adeguato presidio militare. Nel febbraio 1652 ebbe. l'incarico di recare le solenni felicitazioni dei concittadini al provveditore Leonardo Foscarini per la recente vittoria sui Turchi.

All'attività di storico il D. si dedicò soltanto in età avanzata, "cohartato da persone autorevoli", come ebbe a scrivere, certamente dopo l'apparizione dei sei libri De regno Dalmatiae et Croatiae, pubblicati nel 1666 ad Amsterdam dal tragurino Giovanni Lucio (1604-1679).

Questa massiccia ed erudita opera aveva suscitato vivo malumore a Traù, perché era sembrato ai più accesi sostenitori di Venezia che essa mettesse in dubbio i diritti della Repubblica sulla Dalmazia. Il Lucio in effetti, anche per contrasti d'altra natura con le autorità venete, lasciò la città natale per Roma: ma probabilmente è solo una leggenda, divulgata nel Settecento dallo storico ungherese Matthias Bel, che egli fosse in quella circostanza arrestato, tratto in catene a Venezia e processato, proprio su istigazione del De Andreis. A Venezia del resto il Lucio poté pubblicare senza ostacoli nel 1673le Memorie istoriche di Tragurio ora detto Traù, sempre in sei libri e, come l'opera maggiore, concluse con la conquista veneta della Dalmazia nel 1420.

Nella sua Storia della città di Traù il D. intese in ogni modo confutare la tesi del Lucio per cui la città sarebbe stata presa dai Veneziani a forza, dopo un lungo assedio. Egli invece riteneva che Traù fosse passata alla Repubblica con una "volontaria deditione", per liberarsi dall'oppressione ungherese. "Chi considera - scrisse - l'ingegno degli Ongari di quei tempi, crudele, sedizioso, inesorabile, fraudolento e perfido, non avrà molte difficoltà di credere che per sottrarsi da quello al dominio de' Veneti si soggettasselo li Traurini" (p. 139). L'opera si proponeva pertanto di mostrare i benefici effetti per la città dei due secoli e mezzo di governo da parte di "una così generosa repubblica".

La Storia del D. doveva svilupparsi in dieci libri, ma solo i primi cinque, dalle origini al 1643, appaiono portati completamente a termine. Il libro VI, che copre gli anni dal 1646al 1663, è pervenuto frammentario; il VII riguarda la topografia della città e del suo territorio; l'VIII le tradizioni ecclesiastiche. Il IX e ultimo libro (mancando il X) tratta le varie cariche ecclesiastiche e civili, la statistica della popolazione e le rendite dei diversi uffici. Per la parte più antica l'autore seguì, spesso molto da vicino, le Memorie historiche dell'antagonista Lucio; per i libri successivi poté disporre di una ricca documentazione locale e soprattutto di carte di famiglia, che inserì in gran copia nella sua trattazione.

Il D. passò gli ultimi anni della vita a raccogliere materiale per l'opera storica, la cui realizzazione era prqbabilmente superiore alle sue forze. Rimasto vedovo nel 1661, partecipò attivamente anche alla vita religiosa della stia città, mettendosi alla guida della Congregazione intitolata a s. Giovanni Orsini, primo vescovo di Traù. Come giudice più anziano, presiedette il 4 maggio 1681 alle solenni cerimonie per la traslazione delle spoglie del santo, primo in ordine d'importanza tra tutti i concittadini e secondo soltanto al conte-capitano veneto. Delle celebrazioni, "per seguire i comandi di persona autorevole", scrisse un'accurata descrizione, in cui inseri anche un compendio della storia ecclesiastica della diocesi dall'XI secolo ai suoi giorni.

Morì nella città natale il 24 maggio 1686.

Il D. lasciò inediti tutti i suoi scritti, che circolarono in Dalmazia in varie copie manoscritte e furono ampiamente utilizzati dagli storici locali. L'opera maggiore venne stampata solo nel 1908, sulla base di quattro codici: Storia della città di Traù. Opera di Paolo Andreis, nobile della città stessa, a cura di M. Perojevié, Spljet 1908, con una importante prefazione in croato. Cfr. anche la recente traduzione croata, Povijest Grada Trogira, 2Voll., Split 1977-78, a cura di V. Rismondo: il secondo volume contiene un ampio commentario di vari autori, con l'edizione di molti documenti e il testo originale dell'inedito Discorso delli confini di Traù di Domenico De Andreis. La Traslazione di s. Giovanni vescovo di Traùfattali 4 maggio l'anno 1681 fu edita da A. Bacotich nell'Arch. stor. per la Dalmazia, III (1927), pp. 281 s.; IV (1928), pp. 41-52, 150-56, 249-54, 299-306. Vario materiale inedito è conservato in alcuni archivi dalmati, nel Fondo Dalmata della Biblioteca del Senato a Roma e soprattutto nella Naučna Biblioteka di Zara: tra i manoscritti zaratini si può ricordare in particolare il ms. 348, Albero genealogico degli Andreis di Traù.

Fonti e Bibl.: M. Bel, Script. rerum Hungar., Dalmaticarum, Croaticarum et Slavonicarum veteres ac genuini, III, Vindobonac 1748, pp. XIIXVII, XXIII; V. Brunelli, Saggio introdúttivo a G. Lucio, Storia del Regno di Dalmazia e di Croazia, Trieste 1983 (ed. originale in Rivista dalmatica, I [1899]), pp. 13-17; M.Perojevié, Predgovor (pref.) a P. Andreis, Storia della città di Traù, Spljet 1908, pp. III-XXVIII; A. Bacotich, Della vita e delle opere di P. Andreis. Appunti storici, in Arch. stor. per la Dalmazia, III (1927), pp. 273-280; I. Babié, Andreis Pavao (Paolo), in Hrvatski Biografski Leksikon, I, Zagreb 1983, p. 123 (con ulteriore bibliografia croata). Sulla famiglia in generale: S. Gliubich, Dizion. biogr. degli uomini illustri della Dalmazia, Vienna 1856, pp. 5 ss.; S.Ferrari Cupilli, Cenni biogr. di alcuni uomini illustri della Dalmazia, Zara 1887, pp. 5 ss.; P. Andreis, Storia della città di Traù, Spliet 1908, pp. 287-90, 357 s.e passim; Hrvatski Biografski Leksikon, cit., I, pp. 113-125. Su Giovanni Nicolò De Andreis: A. Riccoboni, De Gymnasio Patavino, Patavii 1598, c. 79v; I. Facciolati, Fasti Gymnasii Patavini, II,Patavii 1757, pp. 216 s., 325; A. Favaro, I successori di Galileo nello Studio di Padova fino alla caduta della Repubblica, in Nuovo Archivio veneto, n. s., XVII (1917), I, pp. 148 s.; M. Grmek, Hrvati i sveuzilifte u Padovi (I Croati e l'università di Padova), in Jugosl. Akademija Znanosti i Umjetnosti. Ljetopis, LXVII (1957), pp. 343 s. e 358 s

Vedi anche
Latino Pacato Drepànio Pacato Drepànio, Latino (lat. Latinius Pacatus Drepanius). - Retore gallo (sec. 4º d. C.), amico di Ausonio e di Simmaco; capo di una legazione a Roma (389), pronunciò un panegirico di Teodosio, a noi giunto, interessante come documento storico. principato Il governo esercitato da un principe; il territorio soggetto alla giurisdizione di un principe o di un sovrano assoluto. 1. Il principato dell’antica Roma Con riferimento all’esperienza giuridico-politica di Roma antica, il termine principato indica la prima fase dell’età imperiale, sorta dal compromesso ... Simone Episcòpio Episcòpio, Simone. - Nome italianizzato (lat. Episcopius) di Simon Bishop o Biscop (Amsterdam 1583 - ivi 1643). Figura dominante dell'arminianesimo. Magister artium a Leida (1606), vi studiò anche teologia con F. Gomar e J. Arminius, del quale ultimo divenne presto seguace. Dopo la morte del maestro ... vescovo Nel cristianesimo primitivo e in molte Chiese cristiane non cattoliche, il capo di una comunità di fedeli, in posizione più elevata rispetto agli altri ordini del ministero ecclesiastico. Nella Chiesa cattolica, prelato che, sotto l’autorità del romano pontefice, ha il governo ordinario di una diocesi, ...
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