DELLA VALLE, Paolo
Nacque a Napoli l'11 genn. 1886 da Antonio e da Giuseppa Matronola; la sua formazione culturale risentì della personalità e dell'ambiente scientifico del padre, professore di anatomia comparata.
Nel 1908 si laureò in medicina a Napoli e nel 1911 in scienze naturali, per iniziare subito la carriera universitaria. Ma questa fu di breve durata perché, quando nel maggìo 1915 vi fu la mobilitazione generale per la prima guerra mondiale, il D. si presentò volontario nel servizio sanitario e partì nel corpo degli alpini. Fu sul Carso, sul monte Sei Busi, a Doberdò e fu insignito della medaglia al valor militare. Seguì poi il suo reggimento in Albania con la brigata Savona; successivamente diresse il servizio medico del 221 Cavalleggeri di Catania, seguendo nel 1918 le azioni sulla Vojussa e l'avanzata fino a Sarmeni. Qui si ammalò gravemente di broncopolmonite e morì a Valona nel 1918.
Il D. poté dedicarsi alla ricerca scientifica soltanto negli anni tra il 1908 e il 1915; iniziò con lavori di morfologia cellulare ed in particolare nucleare, legati pertanto alla genetica, una scienza che faceva in quegli anni le prime importanti conquiste.
L'opera di E. B. Wilson, The cell in development and heredity, nelle edizioni del 1896 e 1900 (la terza sarà del 1925) illustrava lo stato delle conoscenze e delle teorizzazioni correnti sui cromosomi a quell'epoca. W. Sutton e T. Boveri avevano stabilito la diversità qualitativa oltreché quantitativa tra le coppie dei cromosomi, come pure la costanza del loro numero in ciascuna specie. Il D., che pur conosceva molto bene la letteratura in proposito, non ritenne che in essa si trovassero risultati sufficientemente significativi e tra loro concordanti a provare quegli asserti. Dalle sue personali ricerche sperimentali fu indotto a credere che il numero dei cromosomi variasse entro certi valori, essendo soggetto alle leggi della variabilità fluttuante ed esprimesse semplicemente il rapporto tra una quantità costante di cromatina presente nel nucleo alla profase e la grandezza media, anch'essa costante, dei cromosomi. Tale asserzione rimetteva in discussione il concetto, oramai quasi universalmente accettato, della individualità dei cromosomi, come fondamento dei processi ereditari. Ma l'ipotesi dell'ereditarietà attraverso i cromosomi era un'ipotesi di tipo "biologico" secondo il D., e pertanto permeata di considerazioni finalistiche, dunque assolutamente inaccettabile.
Il D. infatti guardava i fenomeni vitali da una posizione nettamente meccanicista e ne cercava le cause, così come facevano quei suoi contemporanei cui egli spesso si riferiva, A. Gallardo, O. Butschli, E. R. Liesegang, nell'ambito della chimica fisica ed in particolare della fisica dei colloidi. Le strutture cellulari, gli orgamili, il nucleo e i cromosomi, non avrebbero dignità morfologica propria, ma sarebbero espressione di processi di capillarità, di solubilità, di cristallizzazione e di clivaggio dei cristalli, di forze molecolari.
Si era manifestata all'inizio del secolo la tendenza in alcuni morfologi a cercare i principi morfogenetici comuni al mondo inorganico e a quello degli organismi viventi. Le ricerche su soluzioni colloidali con aggiunta di sali di calcio (S. Leduc, 1910) e di gocce di inchiostro (W. D'Arcy Thompson, 1917) appartengono a questo programma di studi sui determinanti delle forme.
Nel primo lavoro del 1907 il D. sostenne la presenza delle tetradi anche nelle divisioni di cellule somatiche, come, ma non necessariamente sempre, in quelle germinali; e le interpretò quali espressioni di patologia cellulare. Negli anni successivi presentò delle note sull'organizzazione della cromatina, sul valore morfologico dei cromosomi, sulle analogie di questi con i processi risultanti da reazioni chimiche e fisiche, che si compendiarono nella memoria La morfologia della cromatina dal punto di vista fisico, in Arch. zool. ital., VI(1912), pp. 37-325, in cui analizzava sistematicamente tutti gli aspetti della cromatina, dandone la descrizione in termini fisici, e cercando sempre di verificare se certe somiglianze fossero semplici coincidenze oppure regola in un mondo - quello biologico - tanto complesso.
Le sue tesi, come si vede, erano erronee, e non ebbero seguito e tuttavia non furono una sfida incauta o ingenua all'opinione corrente, quanto un tentativo di ridiscutere ed accertare i fondamenti su cui si andava costruendo la scienza dell'ereditarietà.
L'interesse del D. era comunque tutto sulla morfologia causale o sperimentale, giunta in quegli anni ad una completa fioritura. Dal 1913 iniziò una serie di lavori sui rapporti tra rigenerazione e differenziazione e sull'embriologia degli Anfibi che praticamente conclusero la sua attività scientifica.
Tale passaggio dagli studi sul nucleo a quelli sullo sviluppo ontogenetico e sulla rigenerazione non è uno spostamento dalla genetica all'embriologia ma un proseguimento delle indagini sull'origine delle forme. Per indagarne il determinismo scelse il metodo di interrompere la continuità delle parti dell'organismo, o con amputazioni complete o parziali, o con fratture eseguite secondo modalità e in ambienti diversi così da ricalcare o modificare i modelli naturali. La superficie di amputazione di una zampa di tritone, per esempio, lasciata terminale, rigenera normalmente la zampa completa; con artifizi tecnici il D. riusciva a mantenere distanti, ma ancora unite da un esile lembo di tessuto, le due parti dell'arto: otteneva da ogni superficie un arto uguale a quello primitivo e i due nuovi erano simmetrici tra loro. Quali le cause per cui sono possibili destini tanto diversi di una stessa'massa cellulare allorché sia sottoposta a condizioni diverse? Rispondere a questo interrogativo significava penetrare nel problema della differenziazione degli organi durante lo sviluppo individuale.
Già F. Cavolini aveva scoperto (cfr. Memorie per servire alla storia dei polipi marini, Napoli 1785) che un tronco dì pinnaria può rigenerare talora radici, talora idranti secondo che sia posto a contatto con acqua di mare o con la superficie dura di una pietra; e la moderna tecnica delle culture in vitro per la quale le cellule, che all'interno dell'organismo seguirebbero il loro specifico differenziamento, si mantengono indefinitamente indifferenziate, dimostra l'importanza delle influenze ambientali. Il D. volle provare l'efficacia delle correlazioni endorganiche con le esperienze sullo sviluppo di segmenti di stolone di Clavelina. Questo Tunicato fu reso celebre nella morfologia causale dai lavori di H. Driesch, che ne trasse le basi per considerare l'organismo un sistema armonico equipotenziale, capace in ogni sua parte di regolazione secondo le circostanze in cui si trova, e a prova dell'autonomia dei sistemi viventi.
Il D. isolò, da stoloni di Clavelina, segmenti di uguale calibro e diversa lunghezza, dunque parti organiche qualitativamente simili, quantitativamente diverse, e ne attese la rigenerazione, un esperimento, questo, che si poneva sulla linea di quelli sullo sviluppo individuale a partire o da uova, o da singoli blastomeri, oppure da uova fuse tra loro, ma che escludeva il processo sessuale (e fra l'altro, dunque, poteva servire anche a chiarire le cause della riproduzione agamica). I risultati mostrarono che la differente lunghezza dei segmenti stoloniali non ha effetto, al di sopra di un minimo necessario ad una rigenerazione perfetta, sulle dimensioni degli individui rigenerati e che le correlazioni endorganiche sono tanto meno potenti quanto più il segmento è lontano dalla base dell'ascidiozoite.
Anche le esperienze sulla restituzione di cespugli ramificati di Calvelina con conseguenti fenomeni di rigenerazione, morfallassi, inversione di polarità, fecero concludere al D. che l'organismo è sì un sistema armonico equipotenziale come voleva H. Driesch, ma in quanto sistema chimico complesso in equilibrio dinamico. Quando l'equilibrio è rotto per variazioni quantitative - diminuzione o scomparsa - di un suo componente, il sistema reagisce ricostituendosi con un processo generale lè cui apparenze accidentali si manifestano con i fenomeni "biologici" della rigenerazione, della gemmazione, del ringiovanimento, dell'eredità.
Le parti dell'organismo sono totipotenti e risentono di una reciproca influenza che è di natura chimica e che si attenua con la distanza fino anche ad annullarsi; da ciò dipende il tipo di risposta che esse daranno se odistaccate parzialmente o totalmente dal tutto cui appartengono. La differenziazione nei vari tessuti ed organi è quella che corrisponde alle condizioni più stabili di equilibrio locale tra il materiale organico e quello dell'ambiente esterno. Come nel campo della morfologia sperimentale dunque, il D. sostenne la sua interpretazione meccanica agganciata ai fenomeni del mondo chimico fisico: le modificazioni della forma sono comuni ai sistemi viventi e non viventi ma in equilibrio, come, per esempio, la fiamma, i vulcani, i fiumi, le masse liquide e gassose in diffusione. E in questo tentativo di universalizzare tutti ì fenomeni della realtà che conosciamo, agli esempi citati ne aggiungeva altri come le strutture sociali, le migrazioni di popoli, l'origine dei popoli e dei sistemi politici.
Altri studi di morfologia, condotti con criteri analitici su base fisico-chimica e con tecnica innovatrice, furono quelli su embrioni di bufo, sulla riduzione delle code nei girini di rana ed altre poche note di embriologia, in cui l'autore esaminava ancora gli effetti delle correlazioni endorganiche. Il D. si cimentò anche nel campo della sistematica con una nota sulla fauna degli Astroni, i Tardigradi, ed una monografia inviata dalla zona di guerra all'Accademia delle scienze di Napoli.
Il programma del D. era ampio e, se finito, avrebbe certamente dato un contributo valido all'analisi causale dei processi morfogenetici; se può essere infatti criticabile un indirizzo di ricerca così fortemente riduzionista, ne restanoi risultati positivi: il D. fu teorico della chimico-fisica citologica, sulla scia di J. Sachs, A. Giardina, L. Rhumbler, espressione di quel momento della ricerca che più tardi si è sviluppata prima nella biochimica e poi ancora nella biologia rnolecolare.
Tra le opere del D. ricordiamo: Osservazioni di tetradi in cellule somatiche, in Atti d. Acc. d. scienze di Napoli, XIII (1907), 2, mem. 13, pp. 1-33; L'organizzazione della cromatina studiata mediante il numero dei cromosomi, in Arch. zool. ital., IV (1909), pp. 1-77; Le analogie fisico-chimiche della formazione e della dissoluzione dei cromosomi, in Monit. zool. ital., XXI (1911), pp. 265-268; La continuità delle forme di divisione nucleare ed il valore morfologico dei cromosomi. Studi sui globuli sanguigni delle larve di salamandra maculosa, in Arch. zool. ital., V (1911), pp. 119 s.; La soluzione del nucleo nel citoplasma degli eritrociti delle larve di salamandra maculosa, in Boll. d. Soc. d. natural. in Napoli, XXV (1911-1912), pp. 1-24; Studi sui rapporti tra differenziazione e rigenerazione. La doppia rigenerazione inversa nelle fratture delle zampe di tritone. Analisi..., ibid., pp. 95-161; Die Morfologie des ZelIkerns und die Physik der Kolloide, in Zeitschr. für Chemie u. Industrie d. Kolloide, XII (1913), pp. 12-16; La differenziazione dell'area cutanea dell'arto anteriore degli Anuri nell'interno della cavità branchiale. Nota preliminare, in Boll. d. Soc. d. natural. in Napoli, XXVI (1913), pp. 1-3; La differenziazione della regione endocavitaria e la determinazione della posizione dello spiracolo nello sviluppo delle larve decapitate di Anuri, ibid., pp. 101 ss.; Studi sui rapporti -fra differenziazione e rigenerazione, 2, L'inibizione della rigenerazione del capo nelle Planarie mediante la cicatrizzazione. Analisi del determinismo..., in Arch. zool. ital., VII (1914), pp. 275-312; Fauna degli Astroni, 7, Tardigrada, in Annuario d. Museo zool. d. R. Univ. di Napoli, II, Suppl., Fauna degli Astroni, pp. 1-36; Studi sui rapporti fra differenziazione e rigenerazione, 3, Lo sviluppo di segmenti di stoloni di Clavelina di lunghezza diversa e di calibro uguale. Analisi..., in Boll. d. Soc. d. natur. in Napoli, XXVII (1914), pp. 195-234; Studi sui rapporti fra differenziazione e rigenerazione, 4, Le restituzioni dei cespugli di ramificazioni stoloniali di Clavelina. Analisi..., ibid., XXVIII (1915), pp. 49-82; L'epoca della riduzione delle code di girini di rana, innestate eterocronicamente in sito anomalo, ibid., p. 3.
Bibl.: Necrol. in Boll d. Soc. d. natural. in Napoli, XXXII (1919), pp. 3-17; T. Terni, L'opera scientifica di P. D., in Rass. delle scienze biologiche, I (1919), pp. 25-30.