PETRIBONI, Paolo di Matteo
PETRIBONI, Paolo (Pagolo) di Matteo. – Nacque a Firenze da Matteo di Piero di Fastello (Fastelli) Petriboni e da Caterina di Filippo Lorini (Bonaiuti) presumibilmente nel 1394, se fa fede l’età di 33 anni da lui dichiarata nella portata catastale del 1427.
Il padre aveva contratto matrimonio con Caterina il 20 novembre 1391 e dalla loro unione erano nati Aldobrandino, Paolo, Marco, Piero, Nenta, Cilia, Niccolosa e Fastello. Il loro cognome derivava da Pietrabuona, castello a nord di Pescia in Val di Nievole.
La famiglia, inurbatasi nel corso del XIII secolo, ben presto fece parte del ceto dirigente della città, tanto che già nel 1278 risultarono essere nei Consigli per il sesto di Borgo Ss. Apostoli, e successivamente un loro membro fu presente alla pace stipulata il 18 febbraio 1280 tra guelfi e ghibellini. Erano tra le settantadue famiglie considerate magnatizie nell’elenco promulgato durante il priorato di Giano della Bella. Nel corso del XIV secolo vari esponenti dei Petriboni si avvicendarono in incarichi pubblici e ricoprirono il priorato: Tinaccio di Tuccio nel 1321; Ubaldino di Fastello negli anni 1343, 1355, 1358, 1361, 1365, 1370, Piero di Fastello nel 1367 e 1373. Le loro attività mercantili erano principalmente legate all’esercizio di ‘banco’, come attestano le immatricolazioni all’Arte del cambio fin dal 1341 (Piero di Fastello) e successivamente all’Arte della seta come ritagliatori dal 1374. La famiglia possedeva un palazzo in piazza Santa Trinita, case nel popolo di S. Michele Visdomini, botteghe situate in Porta Rossa, diversi possedimenti in contado e aveva il patronato di S. Lucia a Massapagana e di S. Maria a Soffiano, nonché una cappella in Santa Trinita (l’attuale cappella Sassetti). La fortuna economico-sociale dei Petriboni, tuttavia, iniziò il suo declino tra la fine del Trecento e la prima metà del Quattrocento. Anche la famiglia materna di Paolo, che risiedeva nel popolo di Santa Reparata, aveva fatto parte del governo cittadino fin dal 1327 con Lorino Bonaiuti e suo figlio Filippo, che svolse attività di lanaiolo e banchiere.
Paolo di Matteo proveniva dunque da un ambiente socio-culturale-economico di cambiatori e tavolieri ed ebbe una formazione di studi da matematico d’abaco, computista e ragioniere. Fu immatricolato secondo la tradizione familiare all’Arte della seta nel 1417 e all’Arte del cambio nel 1418. Non partecipò alla vita politica cittadina. Si sposò con Silvestra di ser Giovanni e dalla loro unione nacque il figlio Iacopo. Molto probabilmente gestì assieme al fratello Aldobrandino, morto nel 1423, l’attività di cambiavalute ereditata dal padre, unitamente a prestazioni occasionali in aziende altrui, sia private sia pubbliche, come revisore di conti. In tale veste redasse un minuzioso e preciso rapporto per l’Opera di Santa Maria del Fiore, subentrata nel 1424 per volere della Signoria ai Sei d’Arezzo nel compito di seguire il completamento delle mura e delle porte del castello di Lastra. L’Opera lo aveva ingaggiato per rivedere le ‘ragioni’ delle maestranze impiegate nella fortificazione fino da tempi precedenti alla sua gestione. Il rapporto stilato di sua mano tra il 6 e il 14 novembre 1426 gli fu retribuito con due fiorini. Esso ci fornisce una dettagliatissima descrizione dei lavori eseguiti, dalle giornate ai materiali, ai costi, compreso l’ammontare definitivo della spesa sostenuta dal Comune per tale opera. Per un certo periodo fece compagnia con il rimatore Michele di Nofri Del Giogante, anch’egli ragioniere nonché esperto in arte della memoria. In seguito alla suddivisione dei beni tra i fratelli e la madre il 10 luglio 1427 rimase in possesso di poderi e terreni situati nel contado fiorentino a Mangona, Terenzana e Carpineta e abitò nel popolo di S. Piero Scheraggio in case prese in affitto.
Fino al 1430 visse abbastanza stabilmente in Firenze, come si deduce dalla sua presenza in vari atti notarili, nei quali funse da procuratore o da testimone, ma già nel 1431 si era trasferito a Roma alle dipendenze di papa Eugenio IV con incarichi di ragioniere registrati nei libri di Introitus et Exitus della Camera apostolica. Il suo ruolo venne definito il 6 luglio 1434: «computa introitus et exitus ordinariorum et extraordinariorum Camere Apostolice tam in Romanam Curiam quam alibi revisori et calculatori» e in detto contratto fu citato come «devotus affectus» con riferimento alle sue qualità: «constans fidelitas», e «immensa solertia ac diligentia aliarumque vertutum multiplicium». Quando il papa fu costretto ad abbandonare la città per trovare rifugio a Firenze (1434), Petriboni era presente alla sua precipitosa fuga, raccontata dettagliatamente nel suo Priorista, e lo accompagnò a Firenze, rimanendo al suo servizio fino alla morte. Nel periodo in cui Eugenio alloggiava in S. Maria Novella anche Petriboni, in virtù del suo incarico di revisore dei conti della Camera apostolica, visse all’interno della residenza papale: nella portata al catasto del 1442 dichiarò infatti «la mia abitazione è stare chon altrui». Morì probabilmente nei primi mesi del 1444, poiché in febbraio venne registrato il suo ultimo pagamento e il 28 novembre in un compromesso con lo zio Fastello il figlio Iacopo fu definito «Iacobus olim Pauli Mattei Pieri Fastelli».
Petriboni compose il suo Priorista con la stessa meticolosità e dovizia di informazioni che avevano caratterizzato il proprio impegno di revisore di conti. In esso egli riportò dettagliatamente eventi politici, sociali, economici e finanziari della storia fiorentina, oltre a notizie relative alla sua famiglia, segnalate sempre con una ‘manicula’ in margine, come la morte del fratello Aldobrandino o la sua presenza ai fatti narrati. Il manoscritto, del quale ci sono pervenute tre copie, nessuna delle quali autografa, copre il periodo 1407-59. Esso fu compilato da Petriboni per la parte corrispondente agli anni 1407-42 e venne terminato dopo la sua morte da Matteo di Borgo Rinaldi. Già in epoca coeva ebbe grande divulgazione e fu utilizzato sia da Giovanni Cambi sia da Domenico Buoninsegni per le loro cronache.
Secondo un recente studio di Elisabetta Ulivi, Petriboni sarebbe stato anche l’autore di un Libro d’arismetrica, manoscritto della prima metà del Quattrocento, pubblicato in parte da G. Arrighi, che lo aveva potuto analizzare grazie a R. Piattoli, attualmente in possesso di privati. In esso compaiono alcuni passi che portano ad attribuirne la paternità a Paolo di Matteo, date le sue competenze matematiche, poiché l’autore si rivolgeva al giovane fratello Fastello, affinché potesse imparare da «questa mia hopera e siane buono conservadore ché chi di ciò si diletta arà honore studiandola» e ancora «se alchuna cosa pure bisognassi di questo mio scripto correggiere, ricorri al nostro fratello Piero di Matteo di Piero di Fastello de’ Petriboni».
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Firenze, Arte della seta o di Por Santa Maria, 7; Catasto, 28, cc. 681r-682r, cc. 803r-810r; 50, c. 523; 68, cc. 154v-155r; 619, c. 848r; Manoscritti 542, c. n.n.; Notarile Antecosimiano, 871, c. 136r; 2423, c, n.n.; 10638 cc. 33r-38r, 43v; 10640, II, c. 151r; 13277, cc. 44r-45v; Provvisioni, Registri, 114, cc. 114 sgg.; Archivio dell’Opera di Santa Maria del Fiore di Firenze, II, 2, 1, cc. 45v, 258 sgg.; II, 4, 12, c. 31r; Archivio segreto Vaticano, Regesta Diversarum Cameralium, 19, c. 14r; Giovanni Cambi, Istorie fiorentine, in Delizie degli eruditi toscani, ed. I. Di San Luigi, XX-XXIII, Firenze 1770-89, vol. XX, 1785; Priorista è tràdito da tre manoscritti: Biblioteca nazionale centrale di Firenze, Conventi Soppressi C. 4.895; Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze, Pluteo LXI, 35; Biblioteca Riccardiana di Firenze, Manoscritti, 1856 (cc. 275r-352v: copia non completa, termina con i priorati di luglio-agosto 1452); Pagolo di Matteo Petriboni-Matteo di Borgo Rinaldi, Priorista (1407-1459), ed. J. Gutwirth, texts transcribed by G. Battista - J. Gutwirth, Roma 2001.
S.L. Peruzzi, Storia del commercio e dei banchieri di Firenze, Firenze 1868, p. 48; F.P. Luiso, Da un libro di memorie della prima metà del Quattrocento. Nuova fonte di storia fiorentina, Firenze 1907, pp. 15-35; U. Procacci, Sulla cronologia delle opere di Masaccio e di Masolino tra il 1425 e il 1428, in Rivista d’arte, XXVIII (1953), pp. 3-55, in partic. p. 14 nota 25, p. 40 nota 54; L. Martines, The social world of the Florentine humanists, Princeton 1963, p. 360; A. Molho, Domenico Buoninsegni, in Dizionario biografico degli Italiani, XV, Roma 1972, pp. 251 s.; S. Raveggi - M. Tarassi - D. Medici et al., Ghibellini, Guelfi e popolo grasso. I detentori del potere politico a Firenze nella seconda metà del Dugento, Firenze 1978; G. Arrighi, Il Libro d’arismetrica del Petriboni (prima metà del Quattrocento), in Bollettino storico pisano, XLVIII (1979), pp. 65-88; G. Tampone, Studi e ricerche sul nucleo antico di Lastra a Signa, Firenze 1980 (pp. 69-89 relazione di Pietroboni su Lastra di M. Bietti e G. Agostini); R.C. Trexler, Public life in Renaissance Florence, New York 1980; G. Brucker, Dal Comune alla Signoria. La vita pubblica a Firenze nel primo Rinascimento, Bologna 1981, pp. 480, 529, 554 s., 578; D. Peterson, An episcopal election in Quattrocento Florence, in Popes, teachers and Canon Law in the Middle Ages, ed. J. Ross Sweeney - S. Chodorow, Ithaca 1989, pp. 305-325; E. Ulivi, Antonio di Giovanni Mazzinghi ed il Petriboni, due abacisti del XV secolo, in Bollettino di storia delle scienze matematiche, XXVII (2007), 1, pp. 1-41; L. Boschetto, Società e cultura a Firenze al tempo del concilio. Eugenio IV tra curiali mercanti e umanisti (1434-1443), Roma 2012.