DORIA, Paolo (Polino)
Nacque a Genova verso il 1260 da Simone, figlio del celebre trovatore Percivalle. Suoi fratelli furono Manfredo (morto prima del 1291) ed Oliviero. Nel 1275, in testamento, Adelasia, nonna del D., nominò suoi eredi per metà il figlio Daniele e per l'altra metà i suoi nipoti, essendo Simone morto nel frattempo.
Il D. appartenne ad un ramo minore della famiglia ed a quella generazione di giovani che, cresciuti negli anni successivi al trattato di Ninfeo, con spirito pionieristico fecero la loro fortuna nel commercio col Mar Nero. Qui la colonia di Caffa garantì a Genova il controllo delle intense correnti di traffico che coinvolsero le numerose ed eterogenee popolazioni affacciantisi sul "Mare maggiore".
Il D. dovette segnalarsi tra i giovani "emergenti" in città per il suo coraggio e le sua intraprendenza, se nel 1282 il potente ammiraglio ed abile uomo d'affari genovese Benedetto Zaccaria lo scelse come genero, dandogli in moglie la figlia Argentina. Il contratto fu sottoscritto il 6 maggio; lo Zaccaria diede in dote alla figlia 600 lire (di cui 300 sarebbero state versate in due rate successive), mentre il D. vi portò come antefatto (secondo la consuetudine genovese) l'esigua somma di 100 lire, segno che le sue fortune erano ancora agli inizi. La dote diventò, in un certo senso, il capitale di partenza, che sarebbe toccato al giovane far fruttare. Legando a sé il D., lo Záccaria ne fece uno dei suoi più stretti collaboratori in quella enorme impresa commerciale che la famiglia dell'ammiraglio costituì tra Genova, il Mar Nero ed il feudo di Focea, dove essa controllava le ricche miniere di allume. Tre giorni dopo la stesura del contratto matrimoniale, il D., insieme con Ansaldo Doria e Tommaso Malocello, combinò sempre con l'ammiraglio le nozze di Velochia., figlia di Manuele Zaccaria, fratello di Benedetto, con Niccolò Doria del fu Daniele, anche lui un giovane intraprendente, destinato a diventare fidato collaboratore degli Zaccaria.
Già l'anno seguente il D. si vide affidata la responsabilità di gestire una societas di ben 11.000 lire di genovini, che fu inviata, investita in merci, ad Alessandria d'Egitto attraverso la collaborazione di molti mercanti. Nell'agosto del 1285 Benedetto e Manuele Zaccaria nominarono il D., Guidetto Di Negro ed il notaio Gianuino "de Curia" loro procuratori per un anno, con l'incarico di curare gli interessi della ditta in città, durante l'assenza dei due fratelli. La procura dava al D. piena facoltà di noleggiare navi, comprare e vendere merci, investire in commende il capitale della ditta, trafficare in Tartaria, Turchia, Siria, Mar Nero e nell'Impero bizantino, contrarre mutui per un importo non superiore a 10.000 iperperi. Nello stesso mese il D. ricevette il saldo delle 500 lire, che costituivano il guadagno dei suoi affari precedenti. Inoltre, insieme con Guidetto Di Negro, ottenne dai due fratelli Zaccaria una commenda di ben 8.635 lire, corrispondenti al valore dell'enorme carico di telerie (panni francesi e "lombardi"), che la galera "Tartaroto" doveva trasportare a Costantinopoli. Nella commenda il D. ed il Di Negro posero 1.100 lire come loro capitale, segno che le fortune del D. crescevano vertiginosamente. Egli ebbe l'incarico di trafficare di persona parte del carico nella capitale bizantina, consegnandone una quota ad alcuni procuratori degli Zaccaria, diretti a Focea, e trattenendo per sé un quarto del guadagno (atto del 23 agosto). Partito per la Romania, probabilmente il D. rivestì la carica di console di Trebisonda nel 1285 o nel 1286; infatti, sappiamo che in tale veste intervenne per ottenere da un corsaro genovese attivo nel Mar Nero l'impegno che non avrebbe attaccato le navi di amici del Comune genovese.
Ritornato nella sua città, nel 1287 (atto del 24 febbraio), insieme con Filippino Di Negro e come proprietario della galera "S. Antonio", ricevette da Montano De Marini una somma da trafficare in Romania; egli si impegnò a consegnare in cambio una quantità d'argento, dopo che la nave avesse toccato la "Gazaria" (come gli atti notarili genovesi chiamano la regione del Mar Nero). Partito per l'Oriente, fu nominato nel 1288 podestà di Caffa. Lo stretto legame con gli Zaccaria spinse il D. ad un intervento diretto nella complessa situazione orientale, in cui Benedetto era coinvolto come signore di Focea. Implicato nelle vicende che portarono alla caduta di Tripoli sotto gli Egiziani (1289), lo Zaccaria tentò di attuare qualche colpo di mano nelle acque dell'Egeo. Il D., come podestà di Caffa, in un primo tempo convinse gli abitanti della colonia ad organizzare una spedizione di tre galere, per collaborare con lo Zaccaria nella difesa di Tripoli; giuntagli la notizia che il suocero era partito per l'Armenia, essendosi la città arresa, il D. si affrettò ad unirsi a lui per un raid verso occidente. Lo Zaccaria riuscì a catturare nelle acque di Adalia una nave egiziana salpata da Alessandria. L'immediata reazione del sultano, che ordinò l'arresto di tutti i mercanti genovesi presenti in Egitto e la confisca dei loro beni, obbligò la Repubblica a sconfessare lo Zaccaria e a risarcire con una somma elevatissima il danno patito dai mercanti' egiziani. Tuttavia il D. ottenne che gli venissero restituite le spese per l'armamento della sua flotta.
In questo periodo egli dovette aiutare anche il fratello Oliviero ad entrare in commercio; come comproprietari della nave "Vivalda", nel 1288 i due nominarono Bonsignore Caffaraino (altro fido agente degli Zaccaria) loro procuratore per commerciare tra Caffa e Trebisonda.
Diversi documenti, stesi tra il 1289 ed il 1290, periodo in cui il D. risiedette a Caffa, dimostrano le dimensioni ed il tipo dei traffici da lui controllati: egli collaborava, tramite societates, con altri mercanti genovesi, ma sempre in modo particolare con gli Zaccaria; aveva alle sue dipendenze vari procuratori come il fratel--lo Oliviero, d'accordo con gli Zaccaria, che già monopolizzavano l'allume di Focea, tentò di accaparrarsi l'altro filone produttivo del minerale, quello detto di "Colonna" (l'attuale Korahissan), richiestissimo dalla manifattura tessile occidentale; trafficava le drapperie provenienti dall'Europa settentrionale e dall'Italia, che costituivano l'articolo più richiesto nella "Gazaria"; commerciava il sale ed altri prodotti della Turchia; finanziava mercanti che compivano la spola tra Caffa e le altre località affacciantisi sul Mar Nero. Nel 1291 i cospicui guadagni accumulati col commercio furono oculatamente investiti dai due fratelli nelle Riviere liguri: anche a nome del nipote Percivalle, figlio di Manfredo, defunto, essi comprarono terre per ben 1.550 lire da Nicolò Doria, figlio di Daniele. Sempre nello stesso anno egli noleggiò una sua galera armata ad un gruppo di mercanti, che la spedirono a Tunisi, per caricarvi pelli di pecora e lana; nel viaggio di ritorno, la galera si imbatté in una tarida veneta, su cui era imbarcato un mercante pisano, proprietario di un grosso carico di cera e lana. La tarida fu perciò dirottata ad Alghero e di lì il mercante pisano con il suo carico fu trasportato a Genova e consegnato al Doria. Scoppiò così una lunga lite giudiziaria, in quanto gli uomini d'affari che avevano noleggiato la nave e gli stessi marinai reclamarono la loro parte del bottino.
Nel 1303 il D. risulta col fratello Oliviero interessato al pedaggio di Torriglia. Abbiamo scarse notizie su di lui per gli anni seguenti: quando Caffa fu distrutta nel 1308 (venendo poi ricostruita quattro anni dopo), probabilmente egli trasferì i suoi affari a Genova e nelle Riviere. Nel 1311 assistette nella sua città alla lettura del bando imperiale contro Firenze, pronunciato alla presenza di Enrico VII. Nel 1317 fu testimone all'atto in cui il procuratore di Stefano Visconti ottenne il consenso alle nozze di quest'ultimo con Violante, figlia di Bernabò Doria. Nel 1323 un Paolo Doria fu sorpreso dall'invasione aragonese della Sardegna, mentre si trovava ad Oristano. Non abbiamo altre sue notizie.
Fonti e Bibl.: Genova, Bibl. Franzoniana, Mss. Urbani, 126: F. Federici, Alberi geneal. delle famiglie di Genova (ms. sec. XVII), I, sub voce; Ibid., Biblioteca civica Berio, m.r. III, 4, 7-10: Foliatium notariorum (ms. sec. XVII), II, cc. 156r, 159v, 188r, 278r, 284r; III, 1, cc. 37r, 57r, 79v, 122v, 128r; III, 2, cc. 353v, 367v; Codice diplomatico delle relazioni tra Genova, la Toscana e la Lunigiana ai tempi di Dante, a cura di A. Ferretto, in Atti della Soc. ligure di storia patria, XXXI (1901-1903), ad Indicem; A. Ferretto, Documenti intorno ai trovatori Percivalle e Simone Doria, in Studi medievali, II (1906-1907), pp. 283 s.; Documenti sulle relazioni tra Voghera e Genova (960-1325), a cura di G. Gorrini, in Bibl. della Soc. storica subalp., XLVIII, Pinerolo 1908, ad Indicem; G. I. Bratianu, Actes des notaires génois de Péra et de Caffa de la fin du treizième siècle (1281-1290), Bucarest 1927, ad Indicem; Annali genovesi di Caffaro e dei suoi continuatori, a cura di C. Roccatagliata Ceccardi-G. Monleone, VIII, Genova 1930, ad Indicem; IX, ibid. 1930, ad Indicem; R. Lopez, Genova marinara nel Duecento. Benedetto Zaccaria, Messina-Milano 1933, pp. 37, 45, 47, 49, 113, 152, 154, 206; Id., Storia delle colonie genovesi nel Mediterraneo, Bologna 1938, pp. 236, 250, 283; M. Balard, Gênes et l'Outremer, I, Les actes de Caffa du notaire Lamberto de Sambuceto (1289-90), Paris-La Haye 1973, ad Indicem; G. Caro, Genova e la supremazia sul Mediterraneo (1257-1311), in Atti della Soc. ligure di storia patria, n.s., XIV-XV (1974-75), ad Indicem; R. Lopez, Familiari procuratori e dipendenti di Benedetto Zaccaria, in Su e giù per la storia di Genova, Genova 1975, pp. 333 s., 338, 340, 347 s., 355 s.; M. Balard, La Romanie génoise (XIIe-dèbut du XVe siècle), Roma 1978, ad Indicem; P. Stringa, Genova e la Liguria nel Mediterraneo. Insediamenti e culture urbane, Genova 1982, p. 390.