TAVIANI, Paolo e Vittorio
Registi del cinema italiano, nati il primo a San Miniato (Pisa) l'8 novembre 1931, il secondo, egualmente a San Miniato, il 20 settembre 1929. Fratelli, e uniti da ideali comuni, hanno svolto sempre insieme la loro attività cinematografica, avviata nel 1954, in collaborazione anche con V. Orsini, con un documentario sugli eccidi nazisti in Toscana, San Miniato, luglio '44, di salda incisività. Dopo un altro documentario, ma di lungometraggio, in collaborazione questa volta non solo con Orsini ma con J. Ivens, L'Italia non è un paese povero, 1960, realizzano nel 1962 il loro primo lungometraggio a soggetto, Un uomo da bruciare, in cui affidano a modi di rappresentazione insolitamente rigorosi e originali una severa riflessione politico-sociale ispirata alla figura di un sindacalista siciliano (S. Carnevale) ucciso dalla mafia. Meno felici nel secondo film, I fuorilegge del matrimonio, 1963, nato da un'occasione puramente contingente (il sostegno della cosiddetta legge del "piccolo divorzio" del senatore R. Sansone), ritrovano la loro vena migliore, da questo momento non più in collaborazione con Orsini, ne I sovversivi, 1967, un'indagine partecipe ma anche lucida e sottile della crisi della sinistra italiana alla fine degli anni Sessanta. I loro modi realistici, però, pur restando asciutti e concreti, tendono via via, nei film che seguono, ad aprirsi degli spazi visionari alla luce di sempre nuove ricerche stilistiche. Per ottenere, attraverso l'apologo, una visione corale del mito e della storia, in Sotto il segno dello Scorpione, 1969; per analizzare i rapporti fra anarchia e repressione con la mediazione di un personaggio emblematico, in San Michele aveva un gallo, 1971; per ritrovare nel cinema, e con le sue stesse tecniche, gli equivalenti del melodramma, in Allonsanfan, 1974. Fino ad approdare nel 1977, con Padre padrone Palma d'oro al Festival di Cannes e unanimemente apprezzato dalla critica italiana e straniera, a un film in cui, sommando tutte le precedenti esperienze linguistiche, riescono a raggiungere, senza un solo cedimento, il perfetto equilibrio fra l'immaginato e il reale; con esemplare dominio di tutti i mezzi espressivi; senza rinunciare mai, contestualmente, a un atteggiamento morale e sociale che, pur considerando solo dei rapporti primitivi fra padre e figlio, sulla scorta di un libro autobiografico dello scrittore sardo G. Ledda, riesce ancora una volta ad essere politico; dando eguali spazi al "pubblico" e al "privato". L'ultimo loro film è Il prato (1979; ha inaugurato la Biennale di Venezia), storia delle illusioni di un giovane magistrato che si lascia morire dinnanzi all'impossibilità di una vita felice accanto alla donna amata.
Bibl.: J. Delmas, Recherche et continuité: l'oeuvre des Taviani, in Jeune Cinéma, Parigi, n. 71, giugno 1973; L. Micciché, Il cinema italiano degli anni 60, Venezia 1975; G. Aristarco, Sotto il segno dello Scorpione, il cinema dei fratelli Taviani, Firenze 1977, con filmografia.