Taviani, Paolo e Vittorio
Registi e sceneggiatori cinematografici, nati a San Miniato (Pisa) rispettivamente l'8 novembre 1931 e il 20 settembre 1929. Autori di un cinema fertile di implicazioni poetiche e politiche, hanno fondato il loro lavoro su uno stretto nesso tra realismo e messinscena, tensione morale e melodramma, ragione e visione, dispiegando il senso del racconto cinematografico in un serrato e continuo confronto tra cinema, letteratura, cronaca, storia, fabulazione. Hanno ricevuto numerosi riconoscimenti: per Padre padrone (1977), la Palma d'oro al Festival di Cannes e nel 1978 un Nastro d'argento; per La notte di San Lorenzo (1982), il Gran premio della giuria al Festival di Cannes, nel 1982-83 un David di Donatello e nel 1983 due Nastri d'argento (per la regia e per la sceneggiatura, insieme a Tonino Guerra e Giuliani G. De Negri); per Kaos (1984), nel 1984-85 un David di Donatello e nel 1985 un Nastro d'argento (per la sceneggiatura, insieme a Guerra); un Leone d'oro alla carriera nel 1986 alla Mostra internazionale del cinema di Venezia. Di quasi tutti i loro film sono stati soggettisti e sceneggiatori, talvolta in collaborazione con altri.
Figli di un avvocato, mentre frequentavano l'Università di Pisa si legarono a Valentino Orsini, insieme al quale diressero il Circolo del cinema cittadino; con lui avrebbero anche firmato tutti i loro film fino al 1963. Ben presto abbandonarono gli studi per dedicarsi all'attività cinematografica.
Lavorarono inizialmente come aiuto registi, e come registi per diversi anni girarono solo documentari. Esordirono con un cortometraggio di salda incisività, San Miniato, luglio '44 (1954), con commento di Cesare Zavattini, sull'eccidio compiuto dai nazisti nella loro città natale; il film non ottenne il visto della censura per motivi di ordine pubblico, e poté quindi essere proiettato solo nel circuito dei festival. Realizzarono poi diversi altri cortometraggi (tra cui Alberto Moravia, 1959), e nel 1960 collaborarono alla realizzazione di L'Italia non è un paese povero di Joris Ivens, film-inchiesta prodotto dall'ENI sull'estrazione e il commercio del gas e del petrolio nelle varie regioni italiane.
Passarono al cinema a soggetto con Un uomo da bruciare (1962), in cui affidarono a modi di rappresentazione insolitamente rigorosi e originali una severa riflessione politico-sociale ispirata alla figura di Salvatore Carnevale, un sindacalista siciliano ucciso dalla mafia. Meno felice fu il film a episodi I fuorilegge del matrimonio (1963), nato da un'occasione puramente contingente (il sostegno alla proposta di legge sul 'piccolo divorzio' avanzata nel 1956 dal senatore R.L. Sansone). Terminata la collaborazione con Orsini, ritrovarono la loro vena migliore in Sovversivi (1967), un'indagine partecipe ma anche lucida e sottile sul Partito comunista italiano nei giorni dei funerali del suo segretario P. Togliatti (agosto 1964). Nei film che seguirono, i loro modi realistici, pur restando asciutti e concreti, si aprirono ad ampi spazi visionari, alla luce di sempre nuove ricerche stilistiche. Per ottenere, attraverso l'apologo, una visione corale del mito e della storia, in Sotto il segno dello Scorpione (1969); per analizzare i rapporti fra anarchia e repressione con la mediazione di un personaggio emblematico, in San Michele aveva un gallo (girato nel 1973 ma proiettato solo nel 1975), ispirato al racconto Božeskoe i čelovečeskoe (Il divino e l'umano) di L.N. Tolstoj; per ritrovare nel cinema, e con le sue stesse tecniche, gli equivalenti del melodramma, in Allonsanfàn (1974) che, attraverso l'analisi della crisi e delle contraddizioni del protagonista all'interno della lotta rivoluzionaria durante il dominio austriaco nei giorni della restaurazione, segue un filo ideologico già usato nei film precedenti; fino ad approdare con Padre padrone, apprezzato dalla critica italiana e straniera, a un'opera in cui, sommando tutte le precedenti esperienze linguistiche, risulta raggiunto un perfetto equilibrio fra l'immaginario e il reale, senza un solo cedimento, con esemplare dominio di tutti i mezzi espressivi e senza mai rinunciare a un atteggiamento morale e sociale che, pur considerando solo i rapporti primitivi fra padre e figlio (sulla scorta del romanzo autobiografico di G. Ledda), riesce ancora una volta a essere politico, dando eguale spazio al 'pubblico' e al 'privato'. Il prato (1979) è invece la storia delle illusioni di un giovane magistrato che si lascia morire dinanzi all'impossibilità di una vita felice accanto alla donna amata. Servendosi di forme miste, in cui note più lievi si affiancano talvolta a quelle drammatiche, i fratelli T. approfondirono il discorso sul mito, impiegando le strutture tipiche della narrazione di leggende, in La notte di San Lorenzo. Ispirato a una pagina della Seconda guerra mondiale e della Resistenza antifascista, il film evoca l'errare di un gruppo di uomini e donne che in un giorno del 1944 abbandonano le case per congiungersi a soldati venuti da lontano, imparando, sotto la spinta di una profonda ansia di liberazione e di rinascita, a disfarsi delle passioni superflue e delle ideologie ingombranti e a riprendere confidenza con gesti semplici, dimenticati oppure rimossi.
Successivamente in Kaos, ispirato ad alcune delle Novelle per un anno di L. Pirandello, i T. hanno rinunciato a ogni residuo realistico per suggerire una sorta di tempo bloccato, privo di identità storica, in cui i personaggi sembrano provenire, più che da una Sicilia arcaica, dalle primitive regioni dei sentimenti e dei vizi umani, vivendo in uno spazio lontanissimo, dominato da conflitti assoluti e forse irrisolvibili. E se una luce solare accompagna il viaggio dei due fratelli carpentieri che in Good morning Babilonia (1987) dalla Toscana arrivano fino al luogo dove va sorgendo Hollywood, al contrario, fili oscuri e inestricabili legano a un passato operoso a cui ha rinunciato il barone fattosi eremita di Il sole anche di notte (1990), tratto dal racconto Otec Sergij (Padre Sergio) di L.N. Tolstoj. La compattezza narrativa e la suggestione del messaggio costituiscono le qualità più evidenti di Fiorile (1993), convincente e figurativamente felice parabola che ‒ abilmente costruita e giocata fra leggenda e storia ‒ ripercorre le fortune, le drammatiche viltà e le disgrazie di una famiglia italo-francese, e, cogliendone quattro momenti cruciali ambientati fra l'invasione napoleonica e la Resistenza antifascista, traccia una storia di dannazione che, per le suggestive e funzionali modulazioni simboliche e favolistiche, assurge a limpida, mai predicatoria denuncia dell'avidità, della corruzione e della violenza generate nell'uomo dalla sete di denaro e potere. In Le affinità elettive (1996), tratto dal romanzo Die Wahlverwandschaften di W.J. von Goethe, i T. hanno trasferito l'azione dalla Germania alla Toscana e l'hanno spostata cronologicamente in epoca napoleonica, con risultati di grande raffinatezza scenografica, combinando suggestioni rococò, neoclassiche e romantiche. Tu ridi (1998), tratto dai racconti di L. Pirandello Tu ridi e La cattura, è diviso in due episodi (Felice e Sequestri) e costituisce un ritorno al mondo pirandelliano che si arricchisce di risvolti attuali proprio mentre rimanda all'universalità di temi quali la legge morale, la violenza, il sentimento d'amore, il dolore umano. Dopo questo film i due registi hanno diretto per la televisione Resurrezione (2002) da Tolstoj, e Luisa Sanfelice (2004) da A. Dumas. *
G. Aristarco, Sotto il segno dello Scorpione: il cinema dei fratelli Taviani, Firenze 1977.
F. Accialini, L. Coluccelli, Paolo e Vittorio Taviani, Firenze 1979.
P.M. De Santi, I film di Paolo e Vittorio Taviani, Roma 1988.
R. Ferrucci, P. Turini, Paolo e Vittorio Taviani: la poesia del paesaggio, Roma 1995.
G. Pangon, J.A. Gili, Paolo et Vittorio Taviani, Paris 1997.
L. Cuccu, Il cinema di Paolo e Vittorio Taviani, Roma 2001.