FABBRI, Paolo
Nacque a Bologna il 31 dic. 1803 da Antonio, avvocato, e da Vincenza Barbieri. Si laureò in legge, seguendo le orme paterne, ed esercitò per alcuni anni l'avvocatura a Bologna, dove partecipò alle rappresentazioni di alcune filodrammatiche cittadine. Secondo la testimonianza del Colomberti, la decisione di abbandonare i codici per le scene maturò all'improvviso: "Nel 1838, trovandosi all'arena del Sole di Bologna la compagnia Nardelli, scritturossi con questa" (Dizionario biografico, p. 148); vi rimase per tre stagioni come generico primario. Nel 1842 passò con R. Mascherpa nel ruolo di tiranno e padre nobile e riuscì ad imporsi all'attenzione del pubblico per la sua recitazione contenuta e incisiva e per la straordinaria cultura.
L. Sossay riporta nella Cronaca di Modena del 27 luglio del 1842 l'episodio che lo renderà famoso (cfr. Tardini, p. 8): "L'attore Paolo Fabbri ieri sera recitò con tutto l'impegno alcuni versi di Dante nel Purgatorio e Inferno e nella declamazione ottenne il suffragio del pubblico", e nella lettura della Divina Commedia si cimentò spesso negli anni successivi, caratterizzandosi come interprete raffinato e particolarmente abile nella dizione poetica.
Nella compagnia Mascherpa, accanto ad Adelaide Ristori, Matilde Chiari, Antonio Colomberti, partecipò all'allestimento di Maria Stuarda di F. Schiller, La calunnia di E. Scribe, Gli innamorati e La finta ammalata di C. Goldoni, Pia de' Tolomei di C. Marenco in numerose città dell'Italia centrale. Nel 1843 si scritturò con L. Domeniconi come generico primario e qui conobbe Luigia Moretti, la figlia del suggeritore, che sposò nello stesso anno e dalla quale ebbe tre figli: Gemma, Pia e Attilio. Nel 1848 entrò a far parte della compagnia del teatro dei Fiorentini di Napoli, condotta prima da Adamo Alberti e Pietro Monti, quindi da Alberti e Colomberti e infine dall'Alberti solo, accanto a Fanny Sadowsky, Luigia Alberti, Laura Pomatelli, Achille Majeroni. Con il ruolo di generico primario si confermò "artista stimabilissimo e utilissimo per le imprese che lo scritturarono" (Colomberti, Notizie storiche..., p. 135), senza mai eccellere.
Negli ultimi anni della sua carriera si specializzò nei ruoli bonariamente burberi dei padri goldoniani e un particolare successo ottenne negli anni '60, interpretando il ruolo di Andreuccio in Pamela nubile di Goldoni. Nel 1874, ritiratosi dalle scene, fu ispettore all'Accademia dei Fidenti di Firenze e quindi, dal 1880, insegnante di scuola secondaria della R. Scuola di recitazione. Negli anni della vecchiaia tenne, come ricorda il Rasi (p. 849), molte conferenze sulla letteratura drammatica delle varie nazioni "che rivelano la chiarezza del suo ingegno", e inoltre scrisse alcune opere drammatiche, nessuna delle quali a stampa. Tra i manoscritti del Fondo Rasi della Biblioteca del Burcardo di Roma è conservato un copione manoscritto attribuibile al F. di un "dramma in tre atti" che si svolge a Parigi nel 1844: I figlidell'invalido.
Più che di un dramma, come indica l'autore sul frontespizio del manoscritto, si tratta di una commedia lacrimosa su modello francese che narra la vicenda di due coppie, Alfredo e Olimpia ed Emilia e Leone, divise da pregiudizi di classe e da questioni patrimoniali e infine riunite grazie alla saggezza e ai buoni principi dell'ufficiale invalido Teodoro Gourville e ad una provvidenziale agnizione. Malgrado la traina non riveli una particolare originalità, l'opera è una conferma dello stile e della cultura dell'autore che riesce a riproporre, attualizzata dalle concessioni sentimentali, la tradizionale commedia illuminista e a confezionare un prodotto di buona tenuta scenica, pensato probabilmente per un saggio di recitazione d'insieme.
Verso il 1885 il F. abbandonò l'insegnamento e si trasferì a Trieste presso il figlio Attilio. Qui morì il 27 marzo 1890.
I figli del F. furono discreti attori. Gemma, nata a Livorno il 6 apr. del 1844, fu attiva con il padre nella compagnia dei Fiorentini come generica primaria. A Napoli sposò Antonio Antuzzi, generico e quindi amministratore di piccole compagnie di giro, e continuò a recitare, sicuramente fino alla morte del padre, come madre nobile e caratterista. Pia, nata a Roma nel 1847 e morta a Cremona nel 1876, fu prima attrice giovane nella compagnia Alberti al Fiorentini di Napoli; interprete di ottime qualità, come testimonia il Rasi, e dalle felici prospettive, fu costretta ad abbandonare troppo presto le scene per una grave malattia. Sposò il brillante Giovanni Seraffini, attivo anch'egli nella compagnia dei Fiorentini. Attilio, nato a Napoli il 20 apr. 1850 e morto a Milano il 25 genn. 1916, fu "ottinio generico e non poco utile nel suo posto" (Colomberti, Notizie storiche..., p. 135); sostenne inoltre in gioventù anche ruoli di generico primario e di primo attor giovane. Attorno al 1883 lasciò le scene per aprire a Trieste un negozio di libraio e qui rimase fino al 1896, quando entrò come caratterista nella compagnia di G. Brignone e C. Montrezza. Passato all'attività di organizzatore teatrale, formò nel 1903 la ditta E. Gramatica - F. Orlandini e fu quindi attivo come caratterista nella Stabile romana tra il 1906 e il 1909.
Fonti e Bibl.: Roma, Bibl. del Burcardo, Fondo Rasi: A. Colomberti, Memorie (ms.; 1872), p. 759; Ibid., Ibid.: Id., Notizie storiche dei più distinti comici e comiche che illustrarono le scene italiane dal 1780 al 1880 (ms.; 1881), p. 135; Ibid., Ibid.: Id., Dizionario biografico dei comici italiani (ms.; s.d.), pp. 148 s.; L. Rasi, I comici italiani, I, Firenze 1897, pp. 848 s.; V. Tardini, La drammatica nel nuovo teatro comunale di Modena, Modena 1898, pp. 6 ss.; N. Leonelli, Attori tragici, attori comici, Milano 1940, p. 349; Enc. d. spett., IV, col. 1751; Enc. Ital., XIV, p. 695.