FOGLIETTA, Paolo
Nacque a Genova poco dopo il 1520, da famiglia genovese di recente nobiltà. Figlio minore di un notaio, Giambattista, e nipote di Agostino - l'influente prelato morto nel 1527 -, evidentemente il F. respirò già in famiglia l'interesse per la vita politica, che per suo fratello maggiore Oberto divenne allo stesso tempo professione e ragione di vita. Si distinse nella poesia, specialmente nei canti carnascialeschi e nei sonetti in lingua genovese, nella pittura e nella drammaturgia. Alla morte del fratello il F. si occupò di integrare e fare pubblicare a Genova, presso G. Bartoli (1585), i tredici libri della Historia Genuensium di Oberto. In seguito il F. ne affidò la traduzione italiana al fiorentino F. Serdonati. Morì a Genova nel 1596, senza vedere pubblicata la nuova versione dell'opera, stampata l'anno dopo dagli eredi del Bartoli grazie all'interessamento di Giambattista, suo figlio.
Personaggio eclettico, poeta, drammaturgo, traduttore, pittore e amico di pittori della statura di Luca Cambiaso, polemicamente attento alle vicende politiche della sua città, il F. è il tipico rappresentante dei "nobili nuovi" genovesi della seconda metà del Cinquecento. Per comprendere la sua vena polemica, quasi ossessivamente monotematica, bisogna affrontare il variegato quadro storico-sociale della Genova cinquecentesca, nel quale il fratello Oberto risulta avere, come teorico, un ruolo fondamentale. A Genova era manifesta la contrapposizione tra "vecchi" e "nuovi" nobili. I contrasti tra le due fazioni vertevano intorno al fatto che i "vecchi", arricchitisi grazie ai cambi, difendevano una politica oligarchica tradizionalista, mentre i "nuovi" - tra i quali militavano entrambi i fratelli Foglietta - volevano riaffermare la forza navale genovese sul modello veneziano, per incrementare gli scambi marittimi. Nel 1559, l'anno del dialogo di Oberto Foglietta Della Repubblica di Genova (Roma, A. Blado), fu istituito il Magistrato delle Galee, incaricato di mantenere in efficienza una squadra per la difesa delle coste e dei mari della Repubblica. Era indubbiamente una vittoria dei "nuovi". Ma le decine di galee di cui alcuni favoleggiavano restarono sulla carta. I piani dei navalisti implicavano uno sforzo finanziario ed una autonomia diplomatica totalmente al di fuori delle possibilità della Repubblica. Il Magistrato delle Galee non ebbe più di quattro o sei unità al suo servizio, e il monopolio dei privati in questo settore fu soltanto scalfito. Alla luce di queste travagliate vicende storiche può allora essere giustificato l'ardore politico del F., onnipresente nei suoi scritti letterari, come nelle Rime per armar galee, pubblicate nelle Rime diverse in lingua genovese, stampate presso G. Bartoli a Pavia nel 1588, e nella commedia Il Barro, la cui datazione è ancora incerta e discussa. "Un tema ricorrente nelle Rime per armar galee ... è la contrapposizione dei valore e dell'intraprendenza degli antichi genovesi, che aveva fruttato loro un ruolo di predominio nel Mediterraneo, e la dappocaggine dei moderni, incapaci non solo di conservare quel ruolo, ma addirittura di difendere i territori di terraferma dagli attacchi corsari". L'eroico passato evocato dal F. "era un'immagine di maniera e quelle figure d'altri tempi - Paganino Doria, Biagio Assereto - erano simboli buoni per qualsiasi uso. La letteratura encomiastica contemporanea li utilizzava per esaltare in Andrea Doria e magari in Gian Andrea il continuatore di una tradizione gloriosa". Nel F., che di A. Doria "almeno nelle Rime non faceva parola, con ciò stesso escludendone la gloria mercenaria dal comune patrimonio storico dei genovesi, diventavano strumenti polemici contro i presunti responsabili della decadenza attuale, secondo un modello che si ripeté pressoché immutato nella pubblicistica secentesca; diventavano soprattutto paradigmi di una virtù repubblicana, di cui nell'ambiente dei Nuovi... si andava cercando una ridefinizione ... Il confronto istituito da Paolo tra il passato e il presente rifletteva il senso diffuso tra i contemporanei d'una svolta recente nella storia di Genova, addirittura repentina, ma dagli esiti ancora incerti". "Cambi-cambiamenti: il facile gioco di parole, che si ripete in Paolo Foglietta con insistenza persino fastidiosa, è la chiave della sua polemica che - è evidente - era diretta non contro una particolare tecnica mercantile, ma contro il gruppo dei "cambisti" ossia i nobili "Vecchi"". Nel Barro, il F. "svolgeva un'appassionata e dettagliata requisitoria della loro attività, denunciandone gli effetti disgregatori sulla società e la vita politica genovese: instabilità delle fortune, soggette alle ripercussioni delle speculazioni e delle bancarotte, arricchimento dei pochi pagato con l'impoverimento dei più, contrasto tra la potenza finanziaria dei privati e la cronica debolezza della Repubblica, tendenza dei cittadini a servire più i principi stranieri, ai quali li legavano gli interessi finanziari, che la patria" (Costantini, 1978, pp. 6972). Il Barro ruota attorno alle vicende della famiglia del vecchio Demetrio, un commerciante genovese che si è arricchito soprattutto col cambio. L'azione si svolge a Genova. Afranio, figlio del mercante Demetrio, è innamorato di Violantella che Demetrio ha raccolto e rinchiuso nel convento di San Colombano (nelle vicinanze di Genova), avendola promessa in sposa all'amico di vecchi tempi Sicurano d'Arassi. L'altra figlia di Demetrio, Ginevra, è innamorata di Alfonso, un giovane schiavo reso libero da Afranio. Demetrio ha però in mente per entrambi i figli un matrimonio d'interesse con i figli del ricco Urbano. Intanto, Sicurano ha inviato Andreolo, suo uomo di fiducia, per prelevare Violantella e portargliela vicino a Nizza. Barro, un avventuriero girovago al servizio di Afranio, architetta un piano per impedire che Violantella parta con Andreolo e per far sì che nello stesso tempo Afranio possa fuggire con lei. Per far questo, Barro si fingerà Andreolo per ricevere Violantella dalle mani di Demetrio; al vero Andreolo, invece, consegnerà la propria figlia Porzia, inviandola in sposa a Sicurano. Ma l'arrivo inaspettato di quest'ultimo manda a rotoli l'ingegnoso inganno. Barro è costretto allora ad inventare un altro trucco, chiedendo aiuto alla vecchia Orsolina, un tempo prostituta e mezzana e adesso serva nel convento. Ma la donna, a cui si è rivolta per aiuto anche Ginevra, approfitta dell'inganno ordito da Barro per far fuggire la ragazza con Alfonso. Demetrio, accortosi della fuga di Ginevra, mette le mani sui colpevoli e sta per punirli, quando interviene a placarlo il podestà, il quale riconosce in Alfonso e Violantella i propri figli, rapiti dai pirati quand'erano ancor bambini. Scoperta la nobiltà dei natali di Alfonso e Violantella, il matrimonio di Ginevra e Afranio con loro non è più impossibile. Da notare che, a differenza delle sue composizioni poetiche, in questa commedia tutti i personaggi, compresi i servi, parlano in italiano. Privo sia di prologo sia di didascalie, dal punto di vista drammaturgico Il Barro risulta essere essenziale. Per di più la frequenza di lunghi monologhi rallenta talmente l'azione da renderla assai poco "teatrale". Il risultato è quello di trovarsi davanti ad una "commedia politica", come è stato giustamente notato da F. Vazzoler.
Evidentemente all'autore interessava denunciare i problemi che affliggevano Genova con un mezzo che poteva essere compreso da tutti, ed è per questo che ricorse alla composizione di una commedia in lingua italiana. Il Barro è dunque commedia "cittadina innanzitutto per il richiamo alla vita privata e collettiva degli abitanti d'una stessa comunità, per la fiducia nelle ragioni sociali che giustificano il suo moralismo" (Vazzoler, 1970, p. 86).
Opere: Poesie, in Rime diverse in lingua genovese…, a cura di G.P. Crollalanza, G. Bartoli, Pavia 1588; Il Barro, a cura di M. Rosi, in Atti della Società ligure di storia patria, XXV (1892), 2, pp. 219-495.
Bibl.: I. Sanesi, La commedia, Milano 1911, I, pp. 324, 794; L. Valle, Canto carnascialesco di P. F., in Annuario 1923-24 del R. Liceo-Ginnasio C. Colombo Genova, Genova 1925, pp. 34-48; A. Cappellini, Diz. biogr. di genovesi illustri e notabili, Genova 1932, p. 65; A. Mango, La commedia in lingua nel Cinquecento. Bibliografia critica, Roma 1965, p. 275; F. Vazzoler, Una commedia politica del Cinquecento. "Il Barro" di P. F., in Studi di filologia e letteratura dell'Istituto di letteratura dell'Università di Genova, I (1970), pp. 85-115; C. Costantini, La Repubblica di Genova nell'età moderna, in Storia d'Italia (UTET), IX, Torino 1978, ad Indicem; Enciclopedia Italiana, XV, p. 589, s. v.Foglietta, Uberto.