PALLAVICINO, Paolo Gerolamo
PALLAVICINO (Pallavicini), Paolo Gerolamo. – Nacque a Genova il 9 febbraio 1602, primogenito di Giovanni Francesco I di Gerolamo e di Livia Balbi di Pantaleo.
Ebbe nove fratelli: Luca (gesuita), Pietro Antonio (carmelitano scalzo), Maria Giovanna e Maria Costanza (monache in S. Marta a Genova), Giuseppe I, Francesca (sposa di Francesco Lomellini di Pietro), Angelo e Giovanni Battista e Gerolamo, illegittimi. Fu Angelo (1607-98), sposato con Anna Maria Raggi di Giovanni Antonio e successivamente con Anna Maria Spinola di Simone, il fratello con cui intrattenne un rapporto privilegiato che si tradusse in un lungo sodalizio professionale e in un forte legame che continuò anche dopo il loro ritiro a vita privata.
Per quanto concerne l’attività politica, i Pallavicino vi si dedicarono sempre con poco interesse e coinvolgimento, in quanto vissuta come una distrazione dai propri affari. Al contrario, fin dal XV secolo, privilegiarono il commercio su scala anche internazionale e successivamente, nel XVII secolo, si dedicarono prevalentemente all’attività bancaria. L’ingente patrimonio della famiglia è documentato nella lista dei contribuenti della Repubblica di Genova del 1636 in cui l’eredità di Giovanni Francesco I risulta essere nelle prime posizioni con un imponibile di 1.244.444 lire genovesi. L’attività più spiccatamente finanziaria, iniziata da Giovanni Francesco I e dal fratello Giovanni Luca, fu rivolta principalmente all’investimento negli asientos spagnoli, prestiti a medio termine concessi alla corona castigliana. Queste complesse operazioni finanziarie introdussero la famiglia nel gotha della finanza internazionale a cui già appartenevano altri potenti esponenti dell’oligarchia della Superba. Figura centrale nella vita professionale di Pallavicino, lo zio Giovanni Luca arrivò a ricoprire la carica di factor general – una sorta di consigliere privato della corona in materia di finanza – col preciso compito di gestire importanti operazioni di credito a favore della Corona degli Asburgo spagnoli. Le vicende legate ai due rami Pallavicino, quello genovese e quello spagnolo, sono ampiamente documentate anche in un memoriale a stampa che Giovanni Luca commissionò a Madrid nel 1649 al cronista regio, il letterato portoghese don Rodrigo Méndez Silva. Nel 1618, inoltre, Giovanni Francesco I acquistò la baronia di Frignano Piccolo, vicino ad Aversa, nel Regno di Napoli, mentre il titolo di marchese fu conferito a Pallavicino nel 1630 dall’imperatore Ferdinando II.
Non resta testimonianza del percorso educativo di Pallavicino, ma è possibile supporre che, come la quasi totaltà dei figli delle più influenti famiglie dell’oligarchia della Repubblica, anch’egli fosse affidato a maestri privati che gli diedero solide basi umanistiche. L’apprendistato del giovane, indispensabile per acquisire tutte le conoscenze e le accortezze della professione di operatore commerciale e finanziario, si svolse presso la corte madrilena di Filippo IV, dove lo zio godeva di ottima reputazione. È in questo ambito di relazioni professionali e personali che Pallavicino si trovò a operare a tutela degli interessi della famiglia, e ciò gli permise di diventare uno dei più importanti operatori finanziari della Repubblica di Genova.
Nei primi mesi del 1635 fu sollecitato dallo zio a partecipare a un asiento di 725.000 scudi d’oro siglato dal genovese Carlo Strata, uno dei più influenti asentistas di Filippo IV. Pertanto, per soddisfare le richieste di Strata, che si era impegnato a pagare le truppe spagnole nelle Fiandre, Pallavicino si incaricò di reperire un quinto del denaro necessario. Dopo aver stabilito la somma necessaria a soddisfare il pagamento sulle varie piazze commerciali europee, avviò un meccanismo che vedeva protagonista il suo procuratore a Novi, Giovanni Tommaso Romairone. Su suggerimento di Romairone, attento interprete in fiera delle indicazioni del mercato del credito, Pallavicino dette ordine di comprare o di vendere in fiera una notevole quantità di lettere di cambio emesse sulle diverse località di suo interesse che, nel caso dell’asiento, coincidevano spesso con località vicine agli scenari di guerra dove erano impegnate le truppe spagnole. Pertanto, al fine di rispettare l’accordo preso con Strata di assicurarsi il flusso costante di denaro, si incaricò di seguire personalmente ogni fase delle spedizioni dai porti della penisola iberica, da cui le casse d’argento venivano spedite almeno due volte all’anno. I preziosi lingotti imbarcati a Cadice, Cartagena, Denia, Alicante, Valencia e soprattutto a Barcellona, una volta raggiunto il porto di Genova, venivano rispediti a Livorno, dove erano presi in carico da due compagnie commerciali fiorentine (Fabio e Francesco Orlandini e Nicolò e Raffaele Castelli) che godevano della massima stima e fiducia da parte di Pallavicino. Le casse d’argento attraversavano l’Appennino tosco-emiliano e raggiungevano Venezia dove risiedevano i compratori maggiormente interessati, tra i quali la ditta di Cosimo Oste e di Gerolamo Flangini, tra i più stimati professionisti della città. Tradizionalmente, il mercato della città lagunare ricercava ingenti quantità di argento da spedire nel Levante, soprattutto in Turchia. Per rispettare la regolarità del calendario dei pagamenti concordati da Strata con la Hacienda Real madrilena, Pallavicino si affidò anche ai servizi finanziari sia della ditta Pestalozzi di Vienna – casa commerciale attiva soprattutto sul mercato veneziano – sia dei suoi fidati corrispondenti di Anversa, Gian Paolo Dorchi e Ansaldo Imperiale Lercari. Al fine di rispettare gli accordi relativi agli invii di denaro alle casse militari spagnole di Anversa e Bruxelles, egli ebbe l’esigenza di disporre con regolarità di credito sulle fiere di cambio e il denaro necessario gli venne garantito in parte dalle rimesse dei banchieri genovesi residenti nella capitale spagnola e in parte dalle spedizioni di argento sudamericano. Per meglio comprendere il sistema dei pagamenti delle fiere di cambio, giova ricordare che dal 1621 un ristretto gruppo di banchieri si riuniva a Novi, vicino ad Alessandria, a scadenze periodiche (quattro volte l’anno), per regolare l’insieme degli ordini di pagare che affluivano alla fiera (tratte) e la massa degli ordini di riscuotere che da essa defluivano (rimesse). Nella fiera di Pasqua del 1643, tenutasi a Rapallo, Pallavicino ricoprì l’incarico di console del Magistrato di fiera, figura cardine nella gestione dell’incontro fieristico. In definitiva egli, unendo le disponibilità economiche familiari alla sua innata capacità di analisi, si rivelò un operatore finanziario così abile nel manovrare il mercato del credito da risultare uno dei leaders del mondo finanziario genovese del XVII secolo.
L’impegno nei confronti della corona non si limitò ai prestiti all’erario pubblico: nella seconda metà degli anni Trenta del XVII secolo, Pallavicino fu nominato tesoriere della Hacienda Real in Italia, su interessamento di Francisco de Melo, ambasciatore spagnolo a Genova, personaggio chiave delle amicizie personali da lui coltivate. Per incrementare ulteriormente il patrimonio immobiliare della famiglia sfruttò anche l’influenza di un altro membro del clan Pallavicino – Camillo, finanziere legato al fisco del viceregno siciliano – acquistando nel 1648 le isole Egadi (Favignana, Levanzo e Marettimo, privilegio del 22 marzo 1650) in società col fratello Angelo.
In Sicilia Pallavicino trascorse oltre dieci anni in compagnia del fratello (1646-56), svolgendo anche l’incarico di console genovese a Palermo (1650-54). In questi anni fu anche investito del titolo di conte di Favignana (7 novembre 1650), mentre i suoi sforzi imprenditoriali si rivolsero principalmente alla gestione delle tonnare siciliane.
Negli ultimi anni di vita rientrò in patria, dove venne sorteggiato come senatore per due bienni – nel 1664-65 e nel 1676-78 – e come procuratore nel 1670-71. Alla fine degli anni Sessanta si impegnò nuovamente nel finanziamento delle truppe spagnole che combattevano nelle Fiandre contro Luigi XIV durante la guerra di devoluzione (1667-1668).
La famiglia Pallavicino dimostrò di apprezzare le arti, in particolare la pittura e la scultura; proprio Paolo Gerolamo fece costruire nel palazzo di Via Luccoli la ‘galleria’ per esporvi la sua collezione di quadri, in parte ereditati e in parte acquistati. Ma fu la casa di Rivarolo, acquistata dall’avo Damiano, la residenza preferita da tutta la famiglia. Era la casa in cui Pallavicino nacque e il luogo a cui fu così legato da acquistare terreni e case confinanti in modo da completare la propria villa e dove i Pallavicino trascorrevano le villeggiature, si ritiravano da anziani e tornavano a farsi seppellire.
Pallavicino fece redigere diversi testamenti. L’ultimo risale a pochi giorni prima della sua morte, che avvenne il 30 gennaio 1682 nella villa di Rivarolo.
Dalla moglie Maria Maddalena Spinola di Opizio, che aveva sposato verso il 1630 (e che morì il 4 ottobre 1663), ebbe sei figli: Giovanni Francesco II (1631-1698), il primogenito a cui fu riconosciuto il ruolo guida negli affari di famiglia e al quale il padre non mancò mai di dare discreti consigli sulle attività finanziarie e politiche della famiglia; Opizio Maria (1632-1700), che seguì la carriera ecclesiastica divenendo arcivescovo di Efeso, nunzio apostolico in Polonia a soli trentasei anni e cardinale a Roma nel 1686; Pietro Antonio (nato nel 1634), gesuita; Giuseppe II (1632-1695), senatore della Repubblica di Genova nel 1690; Maria Giovanna e Francesca.
Fonti e Bibl.: Genova, Archivio Durazzo Giustiniani, Archivio Pallavicini, ramo primogenito, bb. non originali, b. 24, fasc. 3, copia del testamento di Paolo Gerolamo I Pallavicino rogato dal notaio madrileno López Ortiz (Madrid, 30 agosto 1627); b. 18; regg. 305, copialettere di P.G. P. (10 maggio 1635 - 12 luglio 1636); 306 (3 aprile 1636 - 6 giugno 1637); Ibid., Archivio storico del Comune, Albergo dei Poveri, regg. 661, 662, 663 e 664; Manoscritti Brignole Sale, 105.E.3, Genealogiae Genuensies, c. 418; Arch. di Stato di Bologna, Pallavicini, serie II, reg. 69, copialettere di P.G. P. “tesoriere generale di Sua Maestà il re di Spagna” (22 gennaio 1638 - 8 ottobre 1640); R. Méndez Silva, Memorial de la Ilustre y Antigua Familia Palavicina, de quien procede don Juan Palavicino, cavallero del Orden de Alcántara, con los servicios de su Casa ofrecido a la Sacra, Augusta y Católica Magestad del Rey nuestro señor don Felipe IV, Madrid 1649; A.M. Buonarroti, Alberi genealogici di diverse famiglie nobili, compilati e accresciuti con loro prove ..., Genova 1750, c. 18; V. Spreti, Pallavicini, in Enciclopedia storico-nobiliare, V, Milano 1932; I.-S. Révah, Le procès inquisitorial contre Rodrigo Méndez Silva, historiographe du roi Philippe IV, in Bulletin Hispanique, LXVII (1965), 2-3, pp. 225-252; C. Trasselli, Finanza genovese e pagamenti esteri (1629-1643), in Rivista storica italiana, LXXXIV (1972), pp. 978-987; A. Dominguez Ortíz, Política y hacienda de Felipe IV, Madrid 1983, p. 98; E. Neri, Uomini d’affari e di governo tra Genova e Madrid (secoli XVI e XVII), Milano 1989, pp. 118-125; C. Bitossi, Il governo dei Magnifici. Patriziato e politica a Genova fra Cinque e Seicento, Genova 1990, pp. 217-233; F. Ruiz Martín, Las finanzas de la monarquía hispánica en tiempos de Felipe IV (1621-1665), Madrid 1990, ad ind.; Gli Archivi Pallavicini di Genova, I, Gli Archivi propri, a cura di M. Bologna, Roma 1994, pp. 18-25, 167-175, 325-327; S. Pamuk, In the Absence of Domestic Currency: Debased European Coinage in the Seventeenth-Century Ottoman Empire, in Journal of Economic History, LVII (1997), pp. 345-366; C. Álvarez Nogal, Los banqueros de Felipe IV y los metales preciosos americanos (1621-1665), Madrid 1997, pp. 63-69; Id., El factor general del Rey y las finanzas de la monarquía hispánica, in Revista de Historia Económica, XVII (1999), pp. 524-529; J.I. Andres Ucedo, Castile’s Tax System in the Seventeenth Century, in Journal of European Economic History, XXX (2001), pp. 597-617; C. Marsilio, Nel XVII secolo dei genovesi. La corrispondenza commerciale di P.G. P. nel triennio 1636-1638, inStoria economica, VIII (2005), 1, pp. 101-119; N. Calleri, Un’impresa mediterranea di pesca, i Pallavicini e le tonnare delle Egadi nei secoli XVII-XIX, Genova 2006, 13-95; Id., Fonti genovesi sulle isole Egadi tra XVII e XIX secolo, in Mediterranea. Ricerche storiche, 2007, n.9, pp. 153-172; L. Piccino, Un’impresa fra terra e mare: Giacomo Filippo Durazzo e soci a Tabarca (1719-1729), Milano 2008, pp. 78-90; C. Marsilio, Dove il denaro fa denaro. Gli operatori finanziari genovesi nelle fiere di cambio del XVII secolo, Novi Ligure 2008, pp. 36, 37, 80, 125, 126, 151-162; Id., “O dinheiro morreu. Paz à sua alma danada”. Gli operatori finanziari del XVII secolo tra investimenti e speculazioni, Palermo 2012, p. 164.