GORINI, Paolo
Nacque a Pavia il 28 genn. 1813 da Giovanni, professore di matematica, e da Martina Pelloli. Compì gli studi nella città natale, prima presso il ginnasio del collegio di S. Salvatore, poi presso le scuole pubbliche di Canepanova, infine, dopo due anni trascorsi a Brescia, presso il collegio Ghislieri, che fu in quegli anni il luogo di raccolta dell'intellettualità pavese di sentimenti nazionali. Laureatosi in matematica nel 1832, due anni dopo ottenne la cattedra di fisica presso il liceo comunale di Lodi, città nella quale si stabilì e dove visse sino alla morte.
Fin da giovanissimo fu educato ai valori della libertà e del patriottismo: ebbe fra l'altro come ripetitore privato quell'A. Scannini, che nel 1853 fu condannato a morte dal tribunale austriaco in quanto implicato nella sollevazione operaia mazziniana del 6 febbraio; e quando, nel 1825, suo padre morì, l'aiuto indispensabile per la prosecuzione degli studi gli venne da Carlo Cairoli, il patriota dal cui matrimonio con Adelaide Bono nacquero i famosi fratelli.
Assiduo lettore del Politecnico fin dalla sua apparizione nel 1839, il G. ne divenne più tardi collaboratore: per questa via strinse un rapporto di stima e di amicizia con C. Cattaneo dal quale mutuò anche un'accezione peculiare del concetto di sperimentalismo, che applicò poi sia nell'opera scientifica sia nell'attività pubblica e nel suo pensiero politico in senso lato. "Sperimentale" per il G. era tutto quanto si contrapponeva alla metafisica; stava a significare la volontà costante di trovare risposte scientifiche e razionali ai problemi dell'esistenza, senza cercare vacue giustificazioni di carattere filosofico o trascendente. A queste convinzioni, nelle quali si mescolavano positivismo, evoluzionismo e una fiducia incrollabile nell'idea di progresso, il G. sarebbe rimasto fedele per tutta la vita, facendo della battaglia contro l'ignoranza e la superstizione il cardine intorno al quale ruotò il suo impegno di scienziato e di politico.
Nel 1848, quando giunsero le prime notizie dell'insurrezione milanese, il G., pur non partecipando ai combattimenti per motivi di salute, fece parte del comitato segreto che si costituì a Lodi, al momento ancora sotto il controllo austriaco. Verso la fine del luglio 1848, mentre il nemico, dopo la vittoria di Custoza, puntava nuovamente su Milano, il G. sottopose al comitato di difesa della città un progetto per resistere all'assedio degli Austriaci, che prevedeva, fra le altre cose, l'utilizzo di un espediente tecnico di sua invenzione. La sua proposta, che rimase però senza attuazione, consisteva nel disporre, sotto tutte le vie di accesso alla città e sotto il castello, mine comandate a distanza col filo elettrico che gli insorti avrebbero fatto esplodere non appena il nemico avesse occupato tali posizioni. La missiva con cui il G. accompagnò tale progetto contiene espressioni che confermano in modo eloquente il suo patriottismo e le sue simpatie per la componente democratica dello schieramento insurrezionale: ciò gli derivava dai contatti precedentemente instaurati con il Cattaneo e con altri esponenti del mondo radicale, ma anche dal rapporto diretto con G. Mazzini, da lui conosciuto nell'occasione.
Al Mazzini il G. rimase poi profondamente legato, lo incontrò di nuovo a Londra durante l'esilio cui fu costretto dopo i fatti del '48, e restò poi con lui in corrispondenza. Intorno al 1848 dimostrò di condividerne i convincimenti repubblicani, ma subito dopo, prima ancora che il fallimento dei moti democratici dei primi anni Cinquanta acuisse il ripensamento critico verso le posizioni mazziniane, modificò il proprio pensiero politico attestandosi su una linea più moderata: di qui il suo rifiuto delle proposte cospirative di T. Speri, fattegli pervenire dai mazziniani lodigiani, e il successivo avvicinamento alle posizioni della Società nazionale con cui accoglieva il pragmatismo della linea garibaldina e non poneva più in discussione la legittimità della monarchia sabauda. Del Mazzini, tuttavia, conservò sempre la ferma istanza unitaria, in dissenso con le ipotesi federaliste dell'amico Cattaneo.
Tornato all'insegnamento e abbandonata ogni velleità cospirativa, il G. non rinunciò a dare pubblica dimostrazione dei suoi immutati sentimenti patriottici, come accadde, per esempio, nel 1857, quando il liceo di Lodi passò dal rango di scuola comunale a quello di istituto imperiale ed egli, per non prestare servizio alle dirette dipendenze dell'Austria, rassegnò le dimissioni. Ciò comportò la rinuncia a una sicura fonte di reddito, che peraltro fu compensata dallo stanziamento di un assegno in suo favore da parte del Comune.
Altre somme per il proseguimento dei suoi esperimenti scientifici gli furono offerte nel marzo 1862 da Giuseppe Garibaldi, che già nel 1860 lo aveva invitato a visitare i vulcani del Mezzogiorno. Ma egli rifiutò per non sottrarre risorse alla causa del Risorgimento, che considerò conclusa soltanto il 20 sett. 1870, allorché dichiarò "d'aver visto verificato il sogno e il sospiro di tutta la vita" (Sulla purificazione dei morti per mezzo del fuoco, Milano 1876, p. 164). La conquista di Roma sanciva per lui non solo il coronamento del processo di unificazione nazionale ma anche il tramonto del potere temporale dei papi, che il G., fiero avversario dell'organizzazione ecclesiastica e clericale, riteneva un ostacolo lungo la via del progresso e della democrazia.
Peraltro in materia religiosa il G., positivista convinto e in odore di massoneria, non ebbe atteggiamenti atei o troppo provocatoriamente laicisti ma piuttosto una posizione agnostica e poco incline alla ricerca della polemica a ogni costo.
Nell'ultima fase della sua vita furono però le sue ricerche e i suoi esperimenti a condurlo oggettivamente in rotta di collisione con la Chiesa cattolica. A partire dal 1872 e poi, con maggiore determinazione, dal 1875 il G. si dedicò infatti a studiare le tecniche per la cremazione dei cadaveri, riuscendo infine a mettere a punto un modello di forno crematorio che trovò realizzazione nel 1877 a Lodi, a spese del Comune, e più tardi in altre città italiane ed europee. Anche attraverso alcune sue opere, come il già citato Sulla purificazione dei morti, egli divenne uno dei pionieri e dei massimi sostenitori del movimento cremazionista italiano, contro il quale la Chiesa pronunciò severe condanne. Questo spiega anche la netta ostilità con cui la stampa cattolica lodigiana e nazionale guardò sempre alla sua attività scientifica, ostilità che perdurò ben oltre la sua scomparsa, dando luogo per esempio a una campagna denigratoria che riuscì a ritardare fino al 1899 l'inaugurazione a Lodi di un monumento alla sua memoria.
Come uomo di scienza il G. si era praticamente formato da sé. Versatile, intuitivo e dotato di grande spirito di osservazione, dagli iniziali studi di matematica pura passò presto alle scienze naturali; leggendo molto (e anche disordinatamente), arrivò tuttavia a sviluppare proprie teorie - e le relative applicazioni pratiche - nei più vari campi del sapere scientifico, dalla geologia alla fisiologia, dalla chimica alla biologia. Spirito leonardesco, il G.: lo scapigliato C. Dossi ne ha lasciato un ritratto di studioso costantemente immerso nei suoi esperimenti, con una sua vena di idealismo umanitario che ne fece uno dei simboli della Sinistra radicale.
Come geologo, in particolare, il G. cercò di dire la sua sulla formazione dei vulcani e delle montagne, da lui fatta risalire al plutonio, un liquido primordiale "contenente nella sua massa parti gassose" (Samarati, 1963, p. 122) la cui esplosione avrebbe determinato, con la rottura della crosta terrestre, l'orogenesi. Gli ambienti accademici considerarono sempre con sufficienza le tesi goriniane e soprattutto l'ambizione, che era in lui, di trovare nel plutonismo il principio unico capace di spiegare "tanto la vita delle montagne, quanto la vita dei vegetali e degli animali" (Erba, p. 109); alle sue ricerche si interessò molto la media borghesia, emotivamente coinvolta nelle dimostrazioni pubbliche organizzate dallo studioso per riprodurre in laboratorio i grandi fenomeni naturali e affascinata dall'idea che con il metodo Gorini si potessero prevedere i terremoti (al punto che anche il governo valutò l'opportunità, frustrata in ultimo da Q. Sella, di concedergli appositi finanziamenti).
Il nome del G. resta comunque legato all'operazione di imbalsamazione del cadavere del Mazzini, della quale fu incaricato, il giorno stesso della morte dell'esule genovese (10 marzo 1872), da A. Bertani, A. Lemmi e F. Campanella. L'intervento si protrasse per circa un anno e procurò al G. notevole fama, ma anche le vibrate proteste di quanti ritennero in questo modo violata la volontà inumatoria del defunto. Dimenticato da A. Depretis, quando la sua candidatura veniva data invece per sicura, nella grande "infornata" di senatori che si ebbe nel novembre 1876, dopo l'avvento al potere della Sinistra, il G., che in questi anni si identificò nelle posizioni dell'Estrema democratico-radicale guidata in Parlamento dal suo amico Bertani, morì a Lodi il 2 febbr. 1881.
Ebbe funerali civili e fu cremato nel locale cimitero di Riolo. Anche il giornale La Plebe lo salutò con espressioni accorate, pur riconoscendo che egli non aveva mai condiviso apertamente gli ideali del movimento socialista. Da liberale evoluzionista, convinto che la trasformazione della società potesse avvenire soltanto attraverso un'accorta opera di riforme promosse dalle classi dirigenti e non attraverso sussulti rivoluzionari, egli aveva infatti affermato in uno dei suoi studi: "Le ineguaglianze fra gli uomini sono necessarie e provvidenziali, ed è un bene che vi siano i ricchi ed i poveri; ma è un male gravissimo e insopportabile l'esistenza di uno stato di miseria che non si possa scongiurare senza far getto della propria dignità od offendere il senso morale" (Sull'origine dei vulcani, Lodi 1871, II, pp. 624 s.).
Altri scritti: La conservazione della salma di G. Mazzini. Notizie fornite da P. Gorini, Genova 1873; Autobiografia, Roma 1881.
Nel 1981, in occasione del centenario della morte, è stato inaugurato presso l'ospedale Maggiore di Lodi un Museo Gorini dove si conservano alcuni dei suoi preparati e reperti anatomici.
Fonti e Bibl.: E. Corti, Su P. G. e sul monumento a Garibaldi, Pavia 1883; S. Cremonesi, Studio su G., sue opere, suoi lavori, Lodi 1890; Per P. G. Discorsi commemorativi per l'inaugurazione del monumento eretto in Lodi, 30 apr. 1899, Lodi 1899; C. Dossi, Note azzurre, a cura di D. Isella, I-II, Milano 1964, ad ind.; P. Andreoli, Cenni biografici ed attività scientifica di P. G., Lodi 1931; P.M. Erba, L'opera scientifica di P. G., in Arch. stor. lodigiano, s. 2, XI (1963), pp. 95-110; L. Samarati, P. G.: l'uomo e i tempi, ibid., pp. 111-149; V. Beonio Brocchieri, Mio zio pietrificò Mazzini, Milano 1965, pp. 227-259; L. Samarati, P. G., in A. Bassi - L. Samarati, Lodigiani protagonisti, Lodi 1980, pp. 101-109; Statuto della Società lodigiana di cremazione, con note storiche su P. G., a cura di E. Ongaro, Lodi 1981, pp. 3-12; A. Allegri, Conservazione e dissolvimento della sostanza organica nell'opera goriniana, in Arch. stor. lodigiano, 1981 (fascicolo del centenario), pp. 77-94; C. Pighetti, P. G. intellettuale scientifico, ibid., pp. 169-188; G. Tramarollo, G. politico: un irregolare del mazzinianesimo, ibid., pp. 189-196; A. Allegri, Lettere inedite di P. G. a Gaetano Pini, ibid., CV (1986), pp. 113-139; Id., Il Museo P. Gorini, Lodi 1990; F. Conti - A.M. Isastia - F. Tarozzi, La morte laica. Storia della cremazione in Italia (1880-1920), Torino 1998, passim; P. G. scienziato a Lodi nell'800, Cd-rom a cura della Provincia di Lodi, Lodi 1999; S. Luzzatto, La mummia della Repubblica. Storia di Mazzini imbalsamato, 1872-1946, Milano 2001, ad indicem.