LORENZANI, Paolo
Nacque a Roma il 5 genn. 1640 da una famiglia di artisti (ottonai e medagliari). Il padre, Giovanni Antonio, era nativo di San Terenzo (Sarzana); la madre, Lorenza Baratta, apparteneva a una famiglia di scultori e pittori proveniente dalla vicina Monte Marcello. Mentre i fratelli Giovanni Andrea, Pietro e Giuliano proseguirono l'arte di ottonai nella bottega attiva in via dei Coronari, il L. si dedicò alla musica. Forse l'impulso venne da Pier Matteo Petrucci, che abitava nei pressi della loro casa ed era un apprezzato virtuoso di canto al servizio del duca di Bracciano Paolo Giordano Orsini. All'età di undici anni il L. fu assunto come puer cantus nella Cappella Giulia di S. Pietro in Vaticano, dove ebbe come maestro Orazio Benevoli (maggio 1651 - luglio 1655). L'amicizia del L. con Petrucci, rinsaldata dalle nozze del fratello maggiore Giovanni Andrea con Giovanna Petrucci (1659), mise in contatto i Lorenzani con gli Orsini (la bottega di famiglia fornì casa Orsini dal 1660 al 1668; cfr. i documenti citati in Bignami Odier), cioè con Flavio, nuovo duca dal 1660, e con Lelio Orsini, entrambi appassionati di musica e poesia.
L'attività musicale del L. è documentata con continuità dal 1669. Dalla Congregazione dei musici di Roma, cui era ascritto, fu designato a comporre litanie, vespri e messe per varie chiese della città; dall'Arciconfraternita del Ss. Crocifisso fu incaricato di comporre un oratorio latino, eseguito in quella celebre sala il 27 febbr. 1671. Fino alla sua partenza da Roma abitò in via dei Coronari con i fratelli e nello Status animarum del 1670 è qualificato "musico". Nel 1672, succedendo a Vincenzo de Grandis, fu nominato maestro di cappella del Gesù e del Seminario romano; in quella veste compose intermedi per gli spettacoli del Seminario (resta il libretto di un intermedio, scritto da Mario Cevoli, letterato legato agli Orsini) e musiche a più cori per le feste religiose celebrate nel Gesù e nell'altra chiesa dei gesuiti, S. Ignazio. A quegli anni risale anche l'oratorio L'angelo custode, su poesia di Giovanni Filippo Apolloni. La sua affermazione è attestata dall'inserimento di suoi mottetti in importanti antologie pubblicate nel 1675 a Roma e a Bologna.
L'anno giubilare segnò una svolta nella sua vita: dopo mesi di intensa attività a Roma, con "musiche straordinarie" eseguite al Gesù (1° gennaio e 31 luglio) e a S. Ignazio (21 giugno e 4 agosto) e un oratorio latino sul Giudizio universale per il Ss. Crocifisso (15 marzo), partì in autunno per la Sicilia, dove era stato chiamato a dirigere la cappella della cattedrale di Messina da Louis-Victor de Rochechouart, duca di Vivonne, comandante delle milizie francesi che occupavano Messina per sostenerne la rivolta contro il dominio spagnolo.
Il rapporto con il duca di Vivonne era stato favorito dal suo patrono Flavio Orsini; questi aveva sposato nel febbraio 1675 Marie-Anne de La Trémoille dei marchesi di Noirmoutier, legandosi strettamente alla politica di Luigi XIV, che l'aveva nominato cavaliere dello Spirito Santo. Il duca di Vivonne, cui il L. rimarrà legato per anni, era fratello della celebre duchessa di Montespan Françoise-Athenaïs de Rochechouart, cui doveva, dopo una brillante carriera militare, la nomina regia a maresciallo di Francia. Intanto il duca teneva corte sontuosa a Messina, cosicché il L., oltre a messe e vespri per la cattedrale, compose intermedi, balletti, comédies-ballets e un'opera italiana (Il Coloandro), nonché solenni Te Deum quando gli avvenimenti militari erano fausti. Ma la reazione spagnola fu robusta e Vivonne fu richiamato in patria da Luigi XIV (1678), che inviò a Messina il generale F. d'Aubusson de La Feuillade per evacuare i Francesi dalla città. Anche il L. fu imbarcato e giunse a Tolone il 7 aprile di quell'anno. Nonostante il fallimento dell'impresa siciliana, Vivonne rimase a corte in stato di grazia e fu nominato primo gentiluomo di camera del re.
Con il suo appoggio, il L. fu introdotto alla presenza di Luigi XIV, che in agosto ebbe modo di apprezzare un suo mottetto tanto da farselo eseguire cinque volte e da donargli una cospicua somma di denaro (in Mercure galant: cfr. Nestola, p. 118). Il L. poté così acquistare per 9000 livres da J.-B. de Boësset la carica di "maître de musique de la reine" (contratto dell'8 giugno 1679) ed entrare al servizio della regina Maria Teresa d'Austria. Per i gusti della corte francese la presenza del L. era in aperta controtendenza rispetto alla linea imposta da G.-B. Lully fin dal 1666, quando, con l'appoggio di J.-B. Colbert, aveva persuaso Luigi XIV a bandire lo stile musicale italiano: il L. rappresentò l'ultimo serio ostacolo al trionfo del progetto lulliano. Sta di fatto che a Versailles ci fu un risveglio d'interesse per la musica italiana, testimoniato in modo eloquente dall'ampia presentazione della vita e delle qualità del L. ("grand musicien") che il Mercure galant di Jean Donneau de Visé rese note in un articolo del maggio 1679. In esso si parla di musiche composte dal L. in quei mesi: una "quantité d'airs qui ont extremement plu" e un "beau menuet" che fu danzato alla corte "pendant tout l'hyver" (in Nestola, p. 127). In giugno Luigi XIV inviò il L. in Italia per ingaggiare "les meilleurs musiciens qu'il pourra trouver", per la specifica ragione che "la langue italienne a une je ne sçay quelle délicatesse qui s'accommode admirablement à la musique" (ibid., p. 128). Il L. assunse cinque castrati, voci del tutto assenti nella musica francese.
Il Mercure galant parla pure delle onorevoli accoglienze fatte dappertutto al L. durante il suo viaggio di ritorno, soprattutto a Torino, dove la reggente Maria Giovanna Battista di Savoia-Nemours gli donò un diamante. Il resoconto del periodico suggerisce che il L. sia andato a Roma, dove certo conosceva molti virtuosi. Appare perciò probabile che abbia condotto con sé una gentildonna amante di poesia, rinomata cantante, la baronessa Anna Rosalia Carusi, ben affermata a Roma con il patrocinio del connestabile Lorenzo Onofrio Colonna e del duca Giovan Pietro Caffarelli (che come "guardiano" dell'Arciconfraternita del Ss. Crocifisso aveva forse favorito l'attività del L. in quella sala fino al 1675). Il nome della Carusi apparirà più volte nelle stesse cronache del Mercure galant in cui si parla del Lorenzani. Il soggiorno a Torino deve essere durato almeno un mese, giacché il periodico parla di musiche sacre e da camera del L. eseguite con successo in quella città.
In dicembre egli giunse a Versailles, per prendere ufficialmente possesso del suo incarico di "surintendant de la musique de chambre" al servizio della regina (1° genn. 1680). Gli anni 1679-82 segnano la fase più fortunata dell'attività del L. in Francia, favorita dal re, dalla regina, dalla "delfina" (Maria Anna Cristina di Baviera), dalla Montespan e da Vivonne. Anche Colbert volle avvalersi del L., che nell'agosto 1680 compose la musica per la cerimonia in cui il figlio del ministro fu consacrato vescovo. Altro suo sostenitore fu Filippo Giuliano Mancini duca di Nevers, nipote del cardinale Mazzarino e genero di madame de Thianges (altra sorella di Vivonne). Il duca scrisse in versi italiani una pastorale (Nicandro e Fileno) che fu posta in musica dal L. e rappresentata a Fontainebleau nel settembre 1681.
Lo spettacolo, organizzato a spese e per cura di Nevers e Vivonne, fu da loro offerto al re nella Galerie des Cerfs allestita a sala teatrale. Era la prima opera italiana rappresentata in Francia dal tempo dell'Ercole amante di F. Cavalli (P.F. Caletti; 1662); il successo fu dovuto soprattutto alla musica "qui fut admirée de toute la cour, aussi-bien que la symphonie" (Nestola, p. 136). Nuovi successi del L. furono composizioni sacre e da camera: nell'aprile 1682 un suo salmo fu cantato nella cappella reale, accolto con ammirazione da Luigi XIV e da "toute la cour" (ibid., p. 137); nello stesso periodo arie del L. furono cantate dalla baronessa Carusi nelle camere della delfina in presenza del re. In estate ebbero luogo nuovi concerti su musiche scritte dal L. con parti obbligate per la lira suonata dalla Carusi: i due artisti italiani furono applauditi dalla famiglia reale e dalla corte. In autunno il L. compose quattro mottetti, uno dei quali piacque molto a Luigi XIV, e una Sérénade en forme d'opéra, su testo di Charles-Claude Genest (autore legato alla Thianges e al duca di Nevers, del quale aveva amministrato i beni a Roma). La Sérénade era un componimento misto di parti in francese, poste in musica da Michel-Richard de Lalande, e in italiano, composte dal Lorenzani. La rappresentazione si tenne in novembre a Fontainebleau. Il Mercure galant scrisse che il compositore romano non aveva più bisogno di lodi "puisqu'il n'y a que les envieux du vrai mérite qui puissent se déclarer contre luy": accenno non troppo velato all'invidia di altri musicisti, in primis di Lully (ibid., p. 139).
Per azione di quest'ultimo, ebbe allora inizio per il L. un periodo difficile. All'inizio del 1683 fu bandito un concorso per i quattro posti di "sous-maître" della cappella reale, ma il L. fu eliminato, giacché la procedura non privilegiava il merito bensì il prestigio dei patroni che sostenevano i candidati. I patroni del L. non avevano più il potere del passato: il re, che da tempo aveva allentato i rapporti con la Montespan, subiva ora il fascino della marchesa di Maintenon, Françoise de Aubigné, educatrice dei suoi figli. Il risultato del concorso, reso pubblico nel maggio 1683, suscitò uno scandalo, riecheggiato nel Mercure galant con accuse a Lully di aver voluto escludere dalla corte ogni rivale pericoloso, in particolare il Lorenzani, che volle allora, con una serenata offerta a madame de Thianges (Quanto è dolce il languire) ribadire il suo impegno per l'affermazione dello stile italiano. La serenata, su testo poetico della baronessa Carusi, fu eseguita il 9 luglio, ma intanto la regina si era ammalata. Con la sua morte (30 luglio) venne meno il posto che il L. occupava. Luigi XIV gli concesse di mantenere titolo e compenso, ma la vita del L. a corte era finita. Il breve tentativo di rilanciare l'opera e la vocalità italiane trovava oppositori sempre più decisi: in febbraio era apparso nel Mercure galant il famoso Discours di Ch. de Saint-Evremond. Sul declino del L. e del gusto italiano alla corte influì forse anche la situazione politica: la tensione tra Luigi XIV e Roma toccò il punto più acuto dopo la Déclaration del clero francese del 1682, manifesto di gallicanesimo voluto dal re e condannato da Innocenzo XI, che minacciava la scomunica al sovrano. Questo rapido peggioramento delle prospettive indusse la baronessa Carusi a lasciare la Francia: giunse a Roma "delusa delle sue speranze" (Avviso Marescotti, 27 nov. 1683; cit. in Staffieri); il L. invece rimase, ma svolse la sua attività a Parigi e non più a Versailles: a corte la Montespan aveva perso ogni influsso sul re, che nel 1684 sposò in segreto la Maintenon.
L'attività parigina del L. negli anni 1684-94 è nota solo in parte. Secondo il quadro che ne ha dato Albert La France, nel 1684 il L. compose la canzone Tornami in petto speranza cara per la commedia Arlequin empereur dans la lune, scritta da Nolant de Fatouville e recitata dal famoso attore G.D. Biancolelli (Comédie-Italienne, 5 marzo 1684); l'anno successivo fu nominato direttore della musica del convento parigino dei teatini (20 giugno 1685), per i quali compose i cosiddetti "saluts en musique", accolti con interesse dai devoti e dalla società galante; negli anni 1686-87 compose e fece eseguire messe e mottetti in varie chiese di Parigi; nel 1688 compì il suo ultimo tentativo in campo teatrale, facendo volgere in francese da Michel Le Clerc (già segnalatosi per la traduzione dei primi cinque canti della Gerusalemme liberata) l'Orontea di G.A. Cicognini. Non potendo infatti in quell'occasione (le magnifiche feste date nel castello di Chantilly dal principe di Condé per il delfino) far rappresentare un'opera italiana, presentò la versione francese di uno dei più classici libretti italiani del secolo, ma l'esito della rappresentazione (Oronthée, 23 ag. 1688) fu freddo, come pure quello di un divertissement affrettatamente composto ed eseguito nel corso delle stesse feste. Entrambe le partiture (tranne un frammento dell'Oronthée) sono perdute. Dopo questo insuccesso, il L. si limitò alla musica sacra per i teatini e per altre chiese. Sue musiche venivano eseguite anche a Roma: è datata 1688 la Psalmodiasacra, raccolta manoscritta di otto salmi a sei voci (Roma, Biblioteca del Conservatorio di S. Cecilia, Mss., G.Ms.081), proveniente dal fondo musicale di S. Spirito in Saxia, chiesa dove la Cappella di S. Pietro teneva importanti cerimonie religiose. Intanto in Francia i suoi protettori scomparivano dalla scena: Vivonne era morto nel 1688, la delfina morì nel 1690, la Montespan lasciò la corte nel 1691 dandosi a vita devota. L'ultimo tentativo del L. per tornare in auge fu la stampa, a sue spese, dei suoi mottetti presso l'editore parigino Ballard, con dedica a Luigi XIV (1693). Si era liberato uno dei posti di sous-maître della cappella reale e l'edizione voleva raccomandare il nome del L. come specialista di musica sacra proprio mentre il re si riconciliava con il Papato. Ma il posto fu dato a Lalande (sett. 1693). Allo scacco si aggiunse il disastroso esito delle vendite dei suoi mottetti, sabotate dalla circolazione di copie manoscritte.
A questo punto il L. visse una nuova svolta della sua vita: il 19 luglio 1694 il capitolo della basilica Vaticana lo elesse maestro della Cappella Giulia, posto vacante per la morte di Francesco Berretta. La nomina sorprende, giacché il L. mancava da Roma da oltre vent'anni e non aveva fatto domanda, né avrebbe potuto farla, perché Berretta era appena morto (fu sepolto il 6 luglio).
La circostanza lascia pensare a un intervento dall'alto: il L. era gradito alla Curia papale giacché le sue musiche sacre avevano rappresentato in Francia una linea "cattolico-romana" negli anni del duro contrasto con Luigi XIV; inoltre la sua attività parigina gli doveva aver procurato benemerenze presso il nuovo pontefice Innocenzo XII Pignatelli, molto favorevole ai teatini, ordine in cui militavano due suoi parenti, i monsignori Francesco Pignatelli e Girolamo Ventimiglia. La decisione del capitolo di S. Pietro fu presa probabilmente per impulso del cardinale Carlo Barberini, che presiedeva il capitolo come arciprete della basilica e che a monsignor Ventimiglia era legato tramite sua nipote Felice Ventimiglia Barberini, figura di spicco di quel pontificato.
Tanto si teneva al L. che gli si lasciò tutto il tempo di sistemare i suoi affari in Francia: solo dopo vari mesi egli prese possesso del posto (1° apr. 1695). Anche a Parigi il successo del L. non mancò di fare effetto e l'editore Ballard pubblicò nel 1695 una sua raccolta (Airs italiens de M. Lorenzani). Alcune musiche superstiti documentano il livello del magistero del L. a S. Pietro, dove la sua attività fu piuttosto intensa (alla sua morte donò 180 composizioni alla Cappella Giulia, purtroppo perdute). Il Magnificat a 9 voci fu copiato e studiato un secolo dopo da G. Facondi, G. Jannacconi e F. Santini.
Importanti esecuzioni nella basilica Vaticana sono ricordate nelle fonti dell'epoca: da poco giunto in Roma, l'autore diresse i vespri solenni per il Corpus Domini con solisti di canto eccellenti, tra cui il contralto G.F. Grossi detto Siface (2 giugno 1695); durante l'anno santo 1700 diresse musiche solenni per le feste della cattedra di S. Pietro, del Corpus Domini e dei Ss. Pietro e Paolo; due anni dopo compose e diresse la messa in memoria di Innocenzo XI, in occasione dell'inaugurazione del suo monumento funebre nella basilica (12 ag. 1702, committente il principe Livio Odescalchi). Ma anche al di fuori di S. Pietro l'attività del L. fu notevole: per tre volte fu eletto "primo guardiano" della Congregazione dei musici di S. Cecilia (1695-96, 1704 e 1710) e del sodalizio ceciliano fu assiduo membro fino alla morte; dall'Arciconfraternita del Ss. Crocifisso fu scelto per comporre il primo oratorio della stagione quaresimale del 1696, incarico cui rinunziò; almeno dal 1697 al 1700 fu maestro di cappella in S. Lorenzo in Lucina, importante chiesa parrocchiale affidata ai caracciolini, e vi compose musiche per feste, stazioni e cerimonie di Quarantore (probabilmente vi fu presentato dal cardinale Barberini, che lì aveva titolo cardinalizio); dal 1703 al 1707 compose a più riprese musiche per Maria Casimira, ex regina di Polonia: le cronache dell'epoca ricordano una serenata davanti al palazzetto della regina alla Trinità dei Monti (2 sett. 1703), un'altra serenata eseguita da "celebri cantarine" (ibid., 25 sett. 1705; Franchi, p. 30), un Te Deum "con quantità d'istromenti e musici eccellenti" per la liberazione dei figli della regina (Trinità dei Monti; Avviso di Roma, 3 genn. 1707: Biblioteca apostolica Vaticana, Urb. lat., 1655, c. 41).
La presenza alla Congregazione di S. Cecilia del 23 sett. 1710, quando il L. fu incaricato delle messe per le feste di S. Carlo e di S. Cecilia, è l'ultima notizia sulla sua attività.
Il L. morì a Roma il 28 ott. 1713 e fu sepolto il giorno dopo in S. Spirito in Saxia.
Dell'attività compositiva del L. il più è perduto (così tutte le opere teatrali, a eccezione di Nicandro e Fileno, e tutti gli oratori). In vita pubblicò solo due raccolte, i Motets à I, II, III, IV, et V parties avec symphonies et basse-continue (1693) e gli Airs italiens (1695), entrambe edite da Christophe Ballard a Parigi. In antologie dell'epoca erano già apparsi i mottetti Nihil est sub sole quietum (Sacri concerti, a cura di A. Silleari, Bologna 1675) e Caeli chori festinate (Scelta di mottetti sacri, a cura di G.B. Caifabri, Roma 1675); due arie italiane (una dal Nicandro e Fileno) sono contenute nell'antologia Airs italiens composés par les plus célèbres autheurs (Paris 1695); in un'antologia di arie francesi uscì Quand mon destin belle Sylvie (Recueil d'airs sérieux et à boire, ibid. 1696). Tutto il resto (salmi, Magnificat, litanie, mottetti, arie e cantate, più l'opera pastorale Nicandro e Fileno) è manoscritto. Un elenco esaustivo delle opere del L., conservate o perdute, è contenuto nella voce di A. La France nell'ultima edizione del New Grove Dictionary. A essa si rimanda anche per l'indicazione delle biblioteche presso cui sono conservati i manoscritti. Si possono solo aggiungere il graduale Timete Dominum a 5 voci soliste, coro e organo (Roma, Arch. stor. del Vicariato, S. Maria in Trastevere, 639.20) e le composizioni già citate dell'ultimo periodo romano (perdute). La cantata Sovra l'erbose sponde, citata da La France in un manoscritto della Bibliothèque nationale di Parigi, esiste anche in una "versione spirituale" della Biblioteca Vallicelliana di Roma (Mss., P.5: Un'anima che spiritualmente sta scherzando, 1679). Un catalogo generale delle opere del L. a cura di A. La France - L'oeuvre de P. L. (1640-1713): catalogue thématique - è in corso di pubblicazione presso il Centre de musique baroque di Versailles.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. stor. del Vicariato, Parrocchia dei Ss. Simone e Giuda, Stato delle anime 1670, cc. n.n.; Chierici regolari minori di S. Lorenzo in Lucina, b. 1576, ricevute del 22 marzo e 15 ag. 1697, 10 marzo e 13 ag. 1698; b. 1577, ricevute del 21 marzo e 15 ag. 1700; Arch. di Stato di Roma, Odescalchi, XX.E.5, n. 367; Biblioteca apost. Vaticana, Urb. lat., 13667, c. 176; F. Posterla, Memorie istoriche del presente anno di giubileo MDCC, Roma 1701, p. 134; F. Valesio, Diario di Roma, Milano 1977, II (1702-1703), a cura di G. Scano, pp. 249, 687; G. Baini, Memorie storico-critiche della vita e delle opere di Giovanni Pierluigi da Palestrina, Roma 1828, II, p. 282; J.-B.-Th. Weckerlin, Nouveau Musiciana…, Paris 1890, pp. 43-45; H. Prunières, P. L. à la cour de France, in Revue musicale, III (1921-22), pp. 97-120; A. Tessier, L'"Oronthée" de L. et l'"Orontea" du padre Cesti, ibid., IX (1927-28), pp. 169-186; R. Casimiri, "Disciplina musicae" e "mastri di capella" dopo il Concilio di Trento nei maggiori istituti ecclesiastici di Roma, in Note d'archivio, XV (1938), pp. 102 s.; D. Alaleona, Storia dell'oratorio musicale in Italia, Milano 1945, pp. 417 s.; A. Liess, Materialien zur römischen Musikgeschichte des Seicento. Musiklisten des Oratorio S. Marcello 1664-1725, in Acta musicologica, XXIX (1957), pp. 148, 154; J. Bignami Odier, Christiniana, in Mélanges d'archéologie et d'histoire de l'École française de Rome, LXXX (1968), p. 720; R. Giazotto, Quattro secoli di storia dell'Accademia nazionale di S. Cecilia, Roma 1970, I, pp. 375, 399, 416; J.M. Llorens, Le opere musicali della Cappella Giulia, Città del Vaticano 1971, pp. XII, 118; G. Morelli, G.A. Lorenzani artista e letterato romano del Seicento, in Studi secenteschi, XIII (1972), pp. 198 s.; W. Gürtelschmied, P. L. (1640-1713): seine Tätigkeiten in Paris und Rom, Kassel 1980; A. Morelli, Il "Theatro spirituale" e altre raccolte di testi per oratorio romani del Seicento, in Riv. italiana di musicologia, XXI (1986), p. 93; G. Staffieri, Colligite fragmenta. La vita musicale romana negli "Avvisi Marescotti" (1683-1707), Lucca 1990, p. 56; E. Tamburini, La lira, la poesia, la voce e il teatro musicale del Seicento: note su alcune vicende biografiche e artistiche della baronessa A.R. Carusi, in La musica a Roma attraverso le fonti d'archivio. Atti del Convegno internazionale, Roma… 1992, a cura di B.M. Antolini et al., Lucca 1994, pp. 419-431; La Collection Sébastien de Brossard 1655-1730 (catal.), a cura di Y. de Brossard, Paris 1994, p. 539; S. Franchi, Drammaturgia romana, II (1701-1750), Roma 1997, pp. 16, 30; R. Heyink, I vespri concertati nella Roma del Seicento, Roma 1999, pp. 189, 236; B. Nestola, La musica italiana nel "Mercure galant" (1677-1683), in Recercare, XIV (2002), pp. 101 s., 118, 127 s., 130, 136-138, 151-153; E. Simi Bonini, Catalogo del fondo musicale di S. Maria in Trastevere nell'Archivio stor. del Vicariato di Roma, Roma 2000, p. 99; Répertoire international des sources musicales, s. B/I, 1, Recueils imprimés XVIe-XVIIe siècles, nn. 1675/2, 1675/3; A/I, Einzeldrucke vor 1800, nn. L 2834, L 2835; The New Grove Dict. of music and musicians (ed. 2001), XV, pp. 185-187.