MANARESI, Paolo
Nacque a Bologna il 23 sett. 1908 da Pompeo e da Maria Giordani. Appena adolescente, mentre frequentava il liceo artistico che lo avrebbe portato a iscriversi al corso di decorazione presso l'Accademia di belle arti, realizzò alcuni quadretti, tra i quali Natura morta di frutta (1923: collezione privata), dipinto che mostra innegabili legami con lo stile del suo maestro G. Romagnoli.
Nell'opera già si intravedono elementi che denotano una autonoma personalità: forte propensione per la definizione plastica dei soggetti, distacco nei confronti di certe atmosfere impressioniste e accostamento ai temi di paesaggio - perlopiù delineati su cartoni, forse in omaggio alla tradizione dei macchiaioli - ottenuti sempre mediante un'espressione solida, ma morbida, del colore.
Lo studio della figura umana si rivela esemplare nell'Autoritratto giovanile (1927: collezione privata), in cui il M. si volge allo spettatore dando la schiena alla fonte di luce; poche pennellate bastano a definire la corporatura, l'atteggiamento "ispirato" e i rapporti chiaroscurali. Nel 1928 il M. vinse il premio Curlandese di prospettiva organizzato dal Comune di Bologna e l'anno successivo, mentre si diplomava, si aggiudicò il pensionato intitolato a T. Moy per la pittura di paesaggio. In seguito si trasferì a Frassignoni, in Toscana, e ne ritrasse gli uliveti e i castagneti rivolgendosi allo studio della tecnica "a macchia"; ne fa prova, per esempio, la Natura morta con figura del 1929 (collezione privata), in cui il tratto diviene velocissimo a sfavore del modellato mentre gli elementi iconografici rimandano a P. Cézanne. A partire dal 1934 il M. insegnò alla scuola d'arte di Varallo Sesia.
Di questo periodo sono pervenute alcune opere, tra cui Ritratto in azzurro (1934: collezione privata), che servì al M. per riproporre giochi di luce e ombra all'interno di un tipico ritratto borghese, e l'onirico Nudo con cappello di paglia del medesimo anno, pieno di suggestioni rinascimentali (Tiziano) e contemporanee (P. Gauguin), sia nell'uso del tralice sia nella composizione delle forme attraverso il colore.
Nello stesso periodo il M. intraprese l'attività di scultore, ma le sue realizzazioni sono andate perdute durante la guerra (ne resta una parziale documentazione fotografica); nel 1939 fu tra i vincitori del "Concorso opere di soggetto fascista", nella sezione bassorilievi, per un'opera realizzata nel padiglione Italia alla Biennale veneziana. Nel 1945 fu richiamato a Bologna in qualità di docente presso il liceo artistico.
Nel frattempo il suo stile maturava secondo una direzione certo non aliena dalle distruzioni della guerra: soprattutto nelle scene di esterni (Periferia bolognese e Circo alla Montagnola del 1945 e Strada di Ferrara del 1946, opere in collezione privata) il ductus della pennellata rivela un uso abbondante del colore e una velocità d'esecuzione che lascia poco spazio ai particolari, conferendo ai soggetti un movimento che è soprattutto precarietà, come a voler documentare le emergenze architettoniche prima di un possibile crollo. Vi si respira, insomma, un senso di straniamento che ritorna in Frate pittore (1946: Bologna, Galleria comunale d'arte moderna) con cui il M. partecipò alla XXIV Biennale di Venezia. Più che un ironico stralcio autobiografico - il M. aveva ereditato lo studio di uno dei suoi maestri di gioventù, A. Casanova, e tra gli oggetti aveva rinvenuto anche un saio francescano - emerge in questa tela una sorta di allusione al tema della morte incappucciata, suggerita dal religioso di spalle che si accinge a dipingere, in un contesto assolutamente vuoto ottenuto con un potente chiaroscuro e una materia pittorica levigata.
Le località visitate nelle valli del Cadore (due viaggi: 1946 e 1948), Pisa, Siena e la sua Bologna affollano le opere di questi anni. Al 1946 risalgono anche alcune bellissime still life tematicamente vicine alla maniera di G. Morandi.
In Natura morta (1946: collezione privata), la testa di bambola poggiata in bilico e raffigurata "a volo d'uccello" insieme con gli altri oggetti fa scaturire un senso di inquietudine legato ai soggetti di G. De Chirico. È forse il caso di parlare di una fase fauve, avvertibile soprattutto nel Ritratto di Carlo Leoni del 1947 (Bologna, Galleria comunale d'arte moderna) e in alcuni soggetti sacri, ove affiora un "espressionismo [(] in parallelo con gli esiti più intensi della Scuola Romana dell'immediato dopoguerra" (Roli, p. 33).
A partire dal 1949 e su incoraggiamento diretto di Morandi - che gli preparò personalmente le lastre - il M. si dedicò all'attività incisoria, che gli avrebbe fatto guadagnare grande notorietà.
Analizzando la lunga serie di acqueforti si osserva uno stile che ricorda molto da vicino quello di Rembrandt; a differenza del maestro olandese, però, il segno non si frantuma in minuzie calligrafiche ma è rivolto alla costruzione dei volumi attraverso il tratteggio ripetuto e parallelo, in direzioni sempre diverse (Ritratto della madre e Frate che legge del 1949: collezione privata). Tuttavia l'intensità luminosa delle stampe cambia di volta in volta, a dimostrare che la diversa pressione del bulino sulla matrice calcografica dipende dal soggetto che il M. intende rappresentare; la Crocifissione del 1949, per esempio, è un manifesto di horror vacui e brulica di incisioni a carattere altamente espressivo, mentre le coeve Mercato a Bologna e Lavandaia danno maggiore respiro alla composizione e ripropongono la tecnica "a risparmio" d'origine xilografica. Il ductus risulta più libero e flessuoso.
L'esordio nella grafica si rivelò decisamente positivo: nel 1951 la sua Veduta cittadina (1950) fu scelta come manifesto della rassegna "Art graphique italien contemporain" a Bruxelles ed egli ottenne un alto riconoscimento di merito.
Si tratta di un'opera importante, in cui il M. ripropone su carta il tema dello scorcio urbano a lui così caro e tante volte raffigurato in pittura. Le architetture in salda prospettiva sono definite da un tratto incrociato fittissimo e le zone di luce, affidate al biancore del supporto, quasi si estinguono. Il M. sembra scegliere di riempire con il segno grafico tutto lo spazio concessogli dalla lastra; i chiari tendono a scomparire e anche lo sfondo si trasforma in un sottilissimo velo d'inchiostro.
Nel 1952 partecipò ad alcune rassegne che gli garantirono notorietà: la VI Quadriennale di Roma, la XXVI Biennale veneziana (dove espose la sorprendente Visione notturna del 1951 che sembra anticipare l'Empire des lumières di R. Magritte) alle quali si aggiunse la prima mostra personale di acqueforti presso la galleria Cairola di Milano. Mentre continuava a esporre in Italia e all'estero - Anversa, Lisbona, San Paolo del Brasile, Lugano e Boston, per citare solo alcune città che lo ospitarono - nel 1953 G.C. Petrucci, direttore della Calcografia nazionale di Roma, gli dedicò una rassegna antologica composta da novantatré acqueforti. Il successo proseguì l'anno successivo, quando vinse il gran premio internazionale per l'incisione alla Biennale di Venezia, ex aequo con C. Magnolato. Nel 1956 il M. vinse il concorso per la cattedra di incisione all'Accademia di belle arti di Firenze, dove insegnò fino al 1958, quando tornò a Bologna come successore di Morandi presso la cattedra di tecniche dell'incisione, sempre all'Accademia.
Solamente dagli anni Settanta il M. si cimentò nell'illustrazione di testi letterari, scegliendo dapprima Terre d'Emilia di R. Bacchelli e in un secondo momento Rifiorivano le ginestre di G.G. Balderi. Nel 1978 il Comune di Bologna organizzò una grande retrospettiva dedicata a lui, occasione che segnò anche il termine ultimo delle iniziative celebrative in suo onore. Di temperamento schivo e riservato, ma non antisociale, il M. sembrò volto a chiudersi in una solitudine creativa al riparo dai clamori della notorietà.
Fra i suoi lavori, a titolo di esempio, valgano soprattutto i pastelli, quali Fiori nel vaso (1980: collezione privata) e la Natura morta (1990: collezione privata) in cui il colore, perso ogni rilievo, è impiegato per definire volumi privi di dettagli.
Il M. morì a Bologna il 20 luglio 1991.
Fonti e Bibl.: Comune di Bologna, Servizi demografici, Atti nn. 2753-1, 2835-2b-u; Catalogo della XXVI Biennale di Venezia, Venezia 1952, p. 69; Catalogo della XXVII Esposizione biennale internazionale d'arte, Venezia 1954, p. 80; Catalogo della VIII Quadriennale nazionale d'arte di Roma, Roma 1960, p. 349; L'opera grafica di P. M., presentazione di R. Pallucchini, Reggio Emilia 1969, passim; Mostra antologica di P. M., a cura di R. Roli, Bologna 1978, p. 33 e passim; C. Poppi, P. M., in La scuola bolognese dell'acquaforte. Opere del ventesimo secolo nelle raccolte della Galleria comunale d'arte moderna. Materiali per una mostra itinerante, a cura di F. Solmi, Bologna 1982, pp. 49 s.; La natura morta nell'arte italiana del Novecento, a cura di V. Sgarbi, Bari 1987, p. 136; M. Pasquali, in La pittura in Italia. Il Novecento/2, II, Milano 1993, p. 761; F. Basile, Segno e colore, in Segno e colore: Morandi, M., De Vita. Dipinti e incisioni, San Marino 1997, p. 7; A.M. Comanducci, Dizionario illustrato dei pittori, disegnatori e incisori italiani moderni e contemporanei, III, p. 1068.