MASCAGNI, Paolo (Giovanni Paolo). – Primogenito di Aurelio, possidente terriero del Castelletto (oggi Castelletto Mascagni, una piccola frazione del Comune di Chiusdino, presso Siena), e di Elisabetta Burroni, nacque a Pomarance, nel Pisano, il 25 genn. 1755 (questa è la data più probabile; ma alcuni pongono la sua nascita al 28 gennaio o al 5 febbraio)
Nel 1772 si iscrisse alla facoltà medica dell’Università di Siena; la frequenza volontaria degli insegnamenti di dialettica, geometria e chimica, non inseriti nel piano di studi per la laurea in medicina, gli consentì di pervenire a una solida formazione medico-biologica e naturalistica. Nello Studio senese fu allievo dell’anatomista P. Tabarrani che ne favorì l’orientamento ad approfondire gli studi di anatomia. Conseguita il 9 maggio 1778 la laurea in filosofia e medicina e nominato il successivo 9 luglio assistente del maestro, dopo la morte di questo il M. fu incaricato, con motu proprio del granduca Pietro Leopoldo del 4 apr. 1780, della lettura ordinaria di anatomia dell’Università di Siena. In questo periodo, tra il 1777 e il 1781, su suggerimento di Tabarrani, riuscì a portare a termine una complessa ricerca sul sistema dei vasi linfatici.
Con una serie di osservazioni macro e microscopiche condotte su soggetti deceduti in stato di anasarca – nei cui vasi linfatici (facilmente individuabili perché dilatati in conseguenza delle peculiari anomalie fisiopatologiche della condizione morbosa) mediante sottilissime cannule iniettava il mercurio, dimostratosi tra le varie sostanze disponibili la più idonea a evidenziarli –, il M. poté mettere in evidenza l’intera distribuzione della rete linfatica, fino alle più esili diramazioni, in tutte le regioni del corpo umano, a eccezione dell’encefalo. Le descrizioni che ne fornì furono di fondamentale importanza e costituirono la base delle successive ricerche di altri studiosi: per primo osservò il fenomeno della diapedesi nell’infiammazione, dimostrò l’esistenza di comunicazioni dirette tra sierose e linfatici e, contrariamente a quanto sino ad allora ritenuto per certo, la mancanza di vie linfatiche di comunicazione tra arterie e vene, e accertò che tutti i vasi linfatici attraversano sempre nel loro decorso uno o più gangli linfatici. In breve, giunse a considerare il complesso dei vasi linfatici l’unità strutturale fondamentale dell’intero organismo animale costituente in tutti gli organi il fine sistema retiforme individuabile all’osservazione microscopica. Le sue ricerche furono, in conclusione, di fondamentale importanza anche se una recente dimostrazione sperimentale ha accertato che buona parte di queste microstrutture descritte dal M., lungi dall’avere un reale significato morfo-funzionale, altro non erano che particolari fenomeni ottici determinati dal microscopio da lui impiegato (La scienza illuminata…, pp. 59-63).
Il M. cominciò a lavorare alla riproduzione delle preparazioni anatomiche che andava eseguendo: con la collaborazione del pittore e scultore C. Santi predispose disegni in folio che furono successivamente incisi su tavole di rame, sei delle quali nel 1782 – per interessamento di Gasparo Felice Fontana, direttore del Reale Museo di fisica e storia naturale di Firenze – furono presentate al granduca. Pietro Leopoldo apprezzò molto l’opera del M. e gli affidò l’incarico di approntare alcune preparazioni anatomiche per il R. Gabinetto fiorentino di storia naturale. Nel 1784 il M. inviò all’Académie des sciences di Parigi, che aveva bandito un concorso per la dimostrazione del sistema dei vasi linfatici, una memoria sui risultati delle sue osservazioni divisa in due parti contenenti la descrizione delle esperienze compiute e delle metodiche adottate e un complesso illustrativo in dodici tavole e otto disegni. In seguito alla decisione dell’Académie, motivata dalla mancata ricezione di un numero sufficiente di lavori, di ritirare il bando rimandandone una nuova proposizione al 1789, egli, per assicurarsi la priorità della sua scoperta, pubblicò nel 1784 a Siena il volume Prodrome d’un ouvrage sur le système des vaisseaux lymphatiques.
Qualche anno dopo, completate le sue ricerche, dette alle stampe la vasta opera Vasorum lymphaticorum corporis humani historia et ichnographia… (ibid. 1787), tradotta in latino dal genovese G. Solari: metodica, accurata, ordinata illustrazione di tutte le ricerche compiute, corredata da 27 tavole e 14 controtavole, e contenente anche il Catalogo delle preparazioni eseguite a Firenze per arricchire le collezioni granducali. Due anni dopo la Historia, cui arrise un grandissimo successo e che fece ottenere al M. dall’Académie des sciences di Parigi un premio di 1200 lire, apparve in edizione tedesca a Lipsia nel 1789, illustrata da 12 tavole reincise da S. Capieux.
Contemporaneamente agli studi morfologici, il M. si dedicava a osservazioni di carattere geomineralogico e naturalistico nel Volterrano e nel Senese: nei terreni dove irrompono i soffioni e nei bordi degli stagni scoprì nel minerale noto come «sassolino» la presenza di acido borico allo stato solido (Dei lagoni del Senese e del Volterrano. Commentario, Siena 1779) e individuò nel prodotto di cristallizzazione dei sublimati trasportati dal vapore caldo, che fu poi denominato «mascagnina» o «mascagnite», oltre all’acido borico anche borato e solfato d’ammonio, indicando altresì i modi più idonei per ottimizzare il processo di produzione del borace (Sopra il sal sedativo d’Hombergio o sia acido borico, che si trova nei lagoni del Volterrano e del Senese, e sopra diversi borati che pur ivi si trovano. Commentario I, in Memorie di matematica e fisica della Soc. italiana delle scienze, 1799, t. 8, 1, pp. 487-515). In seguito tentò la costituzione, nel territorio del Castelletto, di praterie artificiali (Commentario sopra le praterie artificiali…, in Continuazione degli Atti della R. Acc. economico-agraria dei Georgofili di Firenze, I [1818], pp. 122-136).
Gli avvenimenti politici che nel biennio 1799-1800 sconvolsero il Granducato determinarono una brusca interruzione dell’attività scientifica e accademica del M. che nell’aprile 1799, con decreto del 21 germinale dell’anno VII e successiva lettera del 23, fu chiamato a far parte della Municipalità democratica di Siena con l’incarico di presiedere gli istituti di istruzione e di pubblica beneficenza. Dopo la sconfitta delle truppe francesi a opera degli Austro-Russi, che segnò la caduta dei governi democratici, la regione, in un clima di completa anarchia, fu in balia di bande armate che, al grido di «Viva Maria», si abbandonarono a ogni sorta di eccessi. Il 28 giugno il M. fu arrestato e rimase in carcere per sette mesi (con alcune brevi interruzioni per motivi di salute). Il 25 novembre gli fu notificato il capo di imputazione, contenente tra le altre le accuse di irreligione e di giacobinismo: il M. le rigettò con una difesa da lui stesso preparata con stretto rigore scientifico, e il processo si concluse il 28 genn. 1800 con il proscioglimento da ogni imputazione e la liberazione. Nuovamente citato presso il tribunale fiscale il successivo 4 febbraio con l’accusa di avere trasgredito ai precetti religiosi, si recò a Firenze, dove era stato trasferito il processo, che fu però rinviato.
Riprese le sue ricerche di mineralogia e di agricoltura, nel Mugello, a Prato, a Pistoia, in Val di Nievole, dove, durante una visita nei terreni dei marchesi Ferroni presso la villa Bellavista nei dintorni di Borgo a Buggiano, scambiato per un ladro, fu arrestato da un picchetto di soldati e trasferito a Firenze. Dopo otto giorni di carcere fu riconosciuto innocente dal tribunale militare, ma, poiché era pendente il precedente processo, fu trattenuto agli arresti ancora per venti giorni. Le sue traversie ebbero finalmente termine alla fine di novembre del 1800, quando Firenze fu occupata nuovamente dalle truppe francesi.
Nominato professore di anatomia nello Studio pisano con decreto del 1° genn. 1801 e impartite le sue lezioni tra aprile e giugno, alcuni elementi conservatori brigarono per farlo tornare, contro la sua volontà, a Siena. Ma Ludovico I di Borbone, creato dal governo francese re d’Etruria, con motu proprio del 22 ott. 1801 lo confermò titolare della cattedra di anatomia pisana, imponendogli tuttavia l’obbligo di tenere le lezioni di anatomia, fisiologia e chimica anche nell’arcispedale di S. Maria Nuova in Firenze, dove era attiva una scuola medico-chirurgica articolata in otto insegnamenti. A Firenze insegnò anche, dopo la reintroduzione della disciplina in seguito alle riforme del 1807, anatomia pittorica nell’Accademia di belle arti.
A Firenze il M., ripresi i suoi studi, si accinse a realizzare un’opera di concezione grandiosa, la Grande anatomia del corpo umano, ambizioso progetto di rappresentazione di tutte le parti del corpo umano a grandezza naturale nelle due vedute, anteriore e posteriore, ognuna suddivisa stratigraficamente dai piani superficiali ai profondi, scheletrici; in particolare le immagini dei visceri si sarebbero dovute eseguire su 15 tavole in varie proiezioni e in differenti stati di preparazione onde renderne chiaramente leggibile ogni dettaglio, mentre 40 disegni avrebbero illustrato le parti non raffigurate nelle tavole. Nei 15 anni del soggiorno fiorentino il M., che aveva affidato ad A. Serantoni il compito di disegnarle, inciderle e colorarle, portò a termine tutte le tavole dell’intera figura tranne quelle del piano scheletrico, molte dei visceri e varie «figure speciali» che non erano state adeguatamente illustrate nella figura intera. Pur attendendo assiduamente al monumentale lavoro, il M. compì alcune importanti osservazioni che furono oggetto di altrettante pubblicazioni: Osservazioni sull’uso del carbonato di potassa nella malattia che affligge le vie orinarie, allorché vi si forma troppa copia di acido litico, dando origine a certe concrezioni animali che son dette renelle e calcoletti originati dalla cristallizzazione dell’acido litico stesso, e della malattia che affligge i polmoni detta peripneumonia, in Memorie di matematica e fisica della Soc. italiana delle scienze, 1804, t. 11, pp. 635-641, introduzione nella pratica terapeutica del borato come sedativo e del carbonato di potassio come alcalinizzante; Istoria di una gravidanza extrauterina, ibid., 1810, t. 15, pp. 248-273; Sopra un feto nato nel Comune di Pelago, ibid., 1815, t. 17, pp. 168-183.
Il 9 dic. 1811 fu nominato socio corrispondente dell’Istituto nazionale delle scienze e delle arti di Parigi (sezione di medicina e chirurgia).
Il M. morì improvvisamente al Castelletto il 19 ott. 1815, senza potere portare a termine la Grande anatomia.
Il M., che aveva sposato la senese Margherita Staccioli, era membro di numerose accademie e società scientifiche, tra cui la prima Società medica di Bologna; dal 1798 aveva rivestito la carica di presidente dell’Accademia dei Fisiocritici di Siena.
Dopo la scomparsa del M., il dissettore di anatomia di Siena G. Grifoni, già suo collaboratore, e Serantoni cercarono di completare l’opera, realizzando le tavole mancanti, le controtavole e le spiegazioni delle figure. Nel 1816 il fratello e il nipote del M. finanziarono la pubblicazione a Firenze di Anatomia per uso degli studiosi di scultura e pittura…, corredata da 15 tavole disegnate e incise da Serantoni per la maggior parte, alcune da A. Costa. Più tardi apparve il Prodromo della grande anatomia… (Firenze 1819), curato da Francesco Antonmarchi. Frattanto, a proposito delle osservazioni e delle scoperte attribuite al M., era scoppiato un dissidio tra Antonmarchi, medico di Napoleone in esilio a Sant’Elena, e l’allievo del M., T. Farnese: questi allora ritenne opportuno pubblicare a Milano, in due volumi, nel 1821 una seconda edizione del Prodromo, mentre Antonmarchi dette alle stampe abusivamente un’edizione incompleta delle tavole mascagnane attribuendosene la paternità (Planches anatomiques du corps humain exécutées d’après les dimensions naturelles, accompagnées d’un texte explicatif par le docteur Antonmarchi, Paris 1823-26). Ne seguì una complessa vicenda che si concluse con la sconfessione di Antonmarchi, lo scioglimento della società che era stata da lui costituita per la pubblicazione delle opere postume del M. e la cessione di tutto il materiale originale a tre professori dello Studio pisano, A. Vacca Berlinghieri, G. Barzellotti e G. Rosini: fu grazie a loro che, tra il 1823 e 1831, vide finalmente la luce, a Pisa, l’edizione completa dell’Anatomia universa XLIV tabulis aeneis iuxta archetypum hominis adulti accuratissime repraesentata… cura ac studio A. Vacca Berlinghieri, J. Barzellotti et J. Rosini.
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