MEI, Paolo
MEI (Meo), Paolo. – Nacque a Roma il 18 giugno 1831 da Domenico e da Matilde Farrajoni.
Il cognome nei libri parrocchiali è trascritto quasi sempre come «Meo» (Roma, Archivio storico del Vicariato, S. Agostino, Liber mortuorum, 1894-1922; Ss. Celso e Giuliano, Liber baptizatorum, 1825-30, c. 70, n. 386, e 1831-49, c. 7, nn. 41-43), mentre è «Mei» nelle menzioni della stampa dell’epoca e nelle pubblicazioni successive. Orfano di padre a soli tre anni, perse a diciannove la madre (Ibid., Ss. Celso e Giuliano, Liber mortuorum, 1831-51, cc. 32, n. 12, e 180, n. 28).
Grazie a un carteggio con il suo amico pittore C. Fracassini (Serafini Fracassini), alunno di T. Minardi, è possibile documentare l’attività del M. fra il 1856 e il 1867 (Franco). Secondo Ovidi (p. 172) si formò all’Accademia di S. Luca dove si distinse nel disegno. Amico anche del pittore napoletano B. Celentano (Negro), iniziò a frequentare lo studio di Minardi probabilmente nei primi anni Cinquanta, anche se è attestata con certezza la sua presenza solo dal 1856 (Franco). Fu attivo a Tivoli e a Civitavecchia, dipingendo tele e affreschi (non rintracciati) e, secondo quanto emerge da alcune lettere (ibid.), lavorò nelle stanze di palazzo Raffaelli a Cingoli in provincia di Macerata (opere distrutte), come pittore di storia, di genere e decoratore, traendo i soggetti più importanti da Raffaello, per assicurarsi il plauso del committente. Lavorò anche con G. De Sanctis, al quale regalò nel 1861, come attestazione d’amicizia, lo studio Putti che giocano (Roma, Museo di Roma).
Negli anni Sessanta collaborò con C. Mariani alla decorazione della cappella dell’Angelo Custode, nella chiesa di S. Maria in Aquiro, realizzando le figure allegoriche della Prudenza e della Giustizia nelle lunette sotto la volta (Monti, p. 141 n. 1). Nella stessa cappella è probabile che il M. abbia eseguito anche gli affreschi a monocromo in basso, ai lati dell’altare, quasi interamente perduti (D’Onofrio - Strinati, pp. 62 s.).
Sempre a Roma dovette avere un ruolo significativo nella chiesa di S. Lucia del Gonfalone, dove ideò ed eseguì a fresco (Ruggeri) nella volta della cappella del Crocifisso un Angelo col sudario e la corona di spine e, sulle pareti laterali, S. Giovanni Evangelista e La Madonna Addolorata (Magni, p. 13), mentre i documenti di pagamento e i contratti del 29 dic. 1862 e del 18 genn. 1867 attribuiscono la responsabilità della decorazione a Mariani (Archivio segreto Vaticano, Arciconfraternita del Gonfalone, nn. 875 s.).
In particolare La Madonna Addolorata, attualmente l’unico affresco della cappella in discreto stato di conservazione, permette di apprezzare un linguaggio pittorico plasmato su modelli rinascimentali lontano però dal vigoroso michelangiolismo caratteristico della pittura di Mariani.
Nel 1866 portò a termine lo stendardo con La guarigione di Elisabetta Bouzourò in occasione delle celebrazioni vaticane del centenario del martirio di s. Pietro e la santificazione di venticinque beati (1867), nell’ambito di un apparato decorativo ideato dall’architetto F. Fontana e realizzato dagli allievi di Minardi (Descrizione delle decorazioni …).
A seguito della ristrutturazione della basilica di S. Lorenzo fuori le Mura, voluta da Pio IX, collaborò a un ciclo di affreschi affidato a Fracassini, che prevedeva otto grandi rappresentazioni, alcuni riquadri con i papi benemeriti della Chiesa e la raffigurazione a mezzo busto di santi e martiri nei clipei.
Dopo la morte di Fracassini, il 13 dic. 1868, quando il ciclo venne affidato a Mariani, F. Grandi e L. Cochetti, il M. completò l’affresco di S. Lorenzo che presenta i poveri al proconsole, rimasto incompiuto (De Sanctis, p. 205) e affrescò la scena con La condanna di s. Stefano su cartone dell’amico scomparso (Roma, Accademia di S. Luca); il ciclo pittorico andò quasi interamente distrutto nel bombardamento del 1943 (Matthiae).
Nel 1869 il M. terminò, per S. Maria della Pace, un dipinto iniziato da Fracassini dedicato alla beata Margherita Maria d’Alacoque e commissionato dalla Congregazione del S. Cuore, intitolato S. Margherita Maria Alacoque in visione (in Giornale di Roma, 9 ott. 1869), identificabile probabilmente con la tela, non firmata, ubicata sull’altare della quarta cappella a destra.
Il formato, l’impostazione spaziale e alcune analogie stilistiche rimandano al quadro firmato dal M. La prima comunione di s. Luigi Gonzaga (Ovidi, p. 173; De Sanctis, p. 205) del 1888 circa, donato da Leonardo Amedeo e conservato nella cattedrale di Porto Maurizio (S. Maurizio. Arte e cronaca …). La fattura dei volti e le espressioni dei personaggi sono migliori nel quadro romano, che gode di una più semplice articolazione spaziale. La grande tela conservata in S. Maurizio, infatti, pur rivelando una buona abilità nell’esecuzione dei panneggi e del chiaro-scuro, mostra contemporaneamente alcune incertezze nelle pose un po’ enfatiche di alcuni personaggi e nell’uso improprio della prospettiva, per la presenza di punti di fuga leggermente sfalsati (Lagorio - Ginatta, p. 17).
Una piccola stizza (Bologna, Pinacoteca nazionale), acquistata nel 1867 dal re Vittorio Emanuele II a 800 lire, per la sua villa nel complesso di S. Michele in Bosco a Bologna, è fra le opere più raffinate del M. (Masini).
La tela rappresenta una lite tra due amanti in abiti settecenteschi, influenzata da J.-H. Fragonard e J.-B. Chardin per l’atmosfera, la luminosità e il virtuosismo dei panneggi. Nell’arredamento della stanza in perfetto stile Luigi XV, capillarmente dipinto, il M. ha fermato con immediatezza l’attimo di triste quiete immediatamente successivo a uno scatto d’ira dell’uomo, deducibile solamente da una sedia rovesciata a terra.
Il 2 dic. 1869, in occasione dell’apertura del concilio Vaticano, il M. espose un enorme stendardo, dipinto in forma di arazzo, raffigurante il Concilio di Nicea, circondato «da dorature e da emblemi dipinti» (Acta officialia …, pp. 301 s.). Dopo la morte di Minardi (1871), nella prima campata angolare destra del quadriportico del cimitero del Verano di Roma, sopra al monumento all’artista, nei quattro scomparti sotto le due volte perimetrali, De Sanctis e il M. realizzarono, il primo, La Religione e La Filosofia, il secondo, L’Arte e La Poesia (ora distrutte). Per quest’opera, a cui lavorò gratuitamente, il suo nome fu menzionato spesso dalla stampa dell’epoca (Archivio di Stato di Roma, Fondo Ovidi - Minardi, b. 15, c. 247: Sottoscrizione per il monumento del prof. Minardi).
Nel 1884 presentò due opere all’Esposizione della Società degli amatori e cultori di belle arti (catal., pp. 8, 12): Riunione di scienziati e Una patrizia romana (ubicazione ignota). Il 12 genn. 1893 fu nominato virtuoso di merito dalla Congregazione pontificia de’ Virtuosi al Pantheon, ma, nonostante il prestigioso riconoscimento, non ebbe mai commissioni molto importanti: «per troppa riservatezza, per mancanza di incoraggiamenti e di protezioni», rimase «sempre in una modesta penombra» (De Sanctis, p. 205).
«Professore di belle arti» (Paoletti, p. 51), con studio a passeggiata di Ripetta, n. 21 (Gnisci, p. 914), il M. morì a Roma il 21 marzo 1900 (Roma, Archivio storico del Vicariato, S. Agostino, Liber mortuorum, 1894-1922).
Poco dopo la sua morte Ovidi (p. 173) scrisse che il M. aveva realizzato un ampio numero di «quadretti ad olio […] nel momento della voga de soggetti pompeiani», spesso «accolti con successo nelle varie esposizioni». Ma allo stato attuale sono meno di una ventina le opere del M. individuate sul mercato: oli su tavola o su tela di piccole dimensioni, comparsi soprattutto dalla fine degli anni Ottanta del Novecento a Milano, Londra e Parigi. Quando non cedono a una retorica di rappresentazione, attraverso l’utilizzo di una luce teatrale e di pose un po’ enfatiche, i migliori lavori rivelano una forte influenza della pittura verista italiana e la capacità di cogliere i personaggi in atteggiamenti quotidiani. Si veda L’ingegnere della famiglia Belisario (ripr. in Jandolo), dove il M. si dimostra acquerellista dotato e molto abile nella introspezione psicologica del soggetto.
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio storico Capitolino, Titolo 61, b. 1, c. 4 (A … il sig. principe Doria Pamphili, 3 febbr. 1871); Statuto della insigne artistica Congregazione pontificia de’ Virtuosi al Pantheon, Roma 1861, p. 39; L. Ruggeri, L’Arciconfraternita del Gonfalone, Roma 1866, p. 174; A. Monti, Le pitture di S. Maria in Aquiro, in Il Buonarroti, luglio-agosto 1866, p. 141 n. 1; Descrizione delle decorazioni ideate dall’architetto cav. Fontana, Roma 1867, p. 26; B. Magni, Le pitture del professor Cesare Mariani in S. Lucia del Gonfalone, Roma 1867, p. 13; C. Masini, Del movimento artistico in Bologna dal 1855 al 1867, Bologna 1867, pp. 13 s.; Acta officialia Concilii magni Vaticani …, Torino 1869, pp. 301 s.; G. De Sanctis, Tommaso Minardi e il suo tempo, Roma 1900, pp. 205, 233; E. Ovidi, Minardi e la sua scuola, Roma 1902, pp. 149, 172 s.; F. Paoletti, Il duomo di Porto Maurizio, Porto Maurizio 1912, p. 51; A. Muñoz, La basilica di S. Lorenzo fuori le Mura, Roma 1944, p. 27; A. Jandolo, Studi e modelli di via Margutta, Milano 1953, tav. XLVIII; A. Della Massea, Cesare Fracassini, Roma 1956, p. 38; C. Ceschi, Le chiese di Roma, Rocca San Casciano 1963, pp. 118 s.; G. Matthiae, S. Lorenzo fuori le Mura, Roma 1966, p. 96; M. D’Onofrio - C.M. Strinati, S. Maria in Aquiro, Roma 1972, pp. 62 s., 90 n. 94; L. Lagorio - P. Ginatta, Basilica di S. Maurizio, Savona 1975, p. 17; S. Negro, Seconda Roma. 1850-1870, Milano 1977, p. 458; S. Maurizio. Arte e cronaca del duomo neoclassico di Imperia, in Quaderni del Catalogo dei beni culturali, a cura della Regione Liguria, 1985, n. 2, p. 48; S. Gnisci, in La pittura in Italia. L’Ottocento, II, Milano 1991, pp. 914 s. (con bibl.); A. Gandolfo, La provincia di Imperia: storia, arti, tradizioni, I, Torino 2005, p. 566; F. Franco, P. M. (1831-1900). Notizie inedite fino al 1867, dalle lettere a Cesare Fracassini, in BTA. Bollettino telematico dell’arte, 13 marzo 2008, n. 483, <http://www.bta.it/txt/a0/04/bta00483.html>; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIV, p. 339.