MINI, Paolo
MINI, Paolo. – Nacque a Firenze il 4 giugno 1526, da Giovanni di ser Andrea e da Lucrezia di Raffaello de’ Rovai.
Della sua giovinezza è noto solamente che ebbe per maestro di greco il concittadino Andrea Dazzi. Le loro lezioni si svolsero probabilmente in una villa presso Fiesole, nella quale Dazzi, dopo aver lasciato l’insegnamento universitario a causa della cecità e di una salute malferma, aveva deciso di ritirarsi per godere in tranquillità l’affetto dei suoi discepoli più cari, tra i quali si annoveravano anche B. Cavalcanti e P. Vettori.
Altrettanto scarse sono le notizie relative alla sua attività di medico, nonostante il fatto che alcuni testi lo indichino come uno dei più stimati dottori fiorentini del tempo. Una lettera di I. Dalecampio a P. Vettori (cit. in Tiraboschi, VII, 2, p. 689), consente comunque di ipotizzare che egli possa avere esercitato per un certo periodo la professione medica a Lione. Ma al di là dei trascorsi professionali, la fama del M. è legata alla sua opera letteraria, il cui nucleo principale è rappresentato da alcuni trattati di storia patria. Tra questi innanzitutto la Difesa della città di Firenze, et de i Fiorentini contra le calunnie et maldicentie de maligni (chiamata anche, come indica un secondo frontespizio, Apologia ò vero Difesa della serenissima città di Firenze, et de i Fiorentini) che fu pubblicata nel 1577 a Lione (F. Tinghi), durante la tumultuosa reggenza di Caterina de’ Medici.
La regina, oltre a essere particolarmente invisa agli ugonotti, vittime cinque anni prima della strage di S. Bartolomeo, fu accusata di dare al delfino una educazione «al Machiavello», ritenuto un laico propugnatore dell’intolleranza e un istigatore all’oppressione della libertà. In questo clima che portò al fiorire di una letteratura francese antimachiavellica e antitaliana si inserì l’opera del M. (dedicata al console fiorentino a Lione F. Spina, con un’epistola sottoscritta da questa stessa città che attesta l’effettiva presenza del M. Oltralpe) volta a smontare l’accusa di ateismo ricaduta sulla nazione fiorentina: «Havendo il Magnifico Niccolò Machiavegli Gentiluomo Fiorentino, scritto tra molti altri un libro, il cui titolo è il Principe, uno di essi havendo stiza con i Fiorentini, fondatosi su certe conchiusioni, et interpetratele à su fantasia […] a concluso […] che i fiorentini sono ateisti, perchè son machiavellici» (Difesa della città di Firenze …, p. 149). Oltre a questo testo, l’edizione contiene, dello stesso M., anche una Aggiunta alla Apologia, overo Difesa de i fiorentini e un sonetto dedicato Alla serenissima città di Firenze, nonché un’epistola del letterato Francesco Giuntini A’ gentil’huomini fiorentini, in cui si loda il M. per aver mostrato l’antica nobiltà di Firenze e l’ingegno dei suoi figli più degni.
Nel loro insieme la Difesa della città … e l’Aggiunta … rappresentano un’anticipazione di un altro trattato dato alle stampe a Firenze nel 1593 (D. Manzani): il Discorso della nobiltà di Firenze, e de Fiorentini.
Anche questo testo mira a celebrare la storia della città, riuscendo, tra l’altro, a offrire una copiosa messe di notizie erudite e singolari, raccolte anche grazie all’aiuto del concittadino Giovanni di Poggio Baldovinetti.
Il M., forse per ovviare a qualche omissione, decise di dare un seguito all’opera, pubblicando l’anno successivo gli Avvertimenti e digressioni sopra ’l discorso della nobiltà di Firenze, e de Fiorentini (Firenze, D. Manzani).
Nel 1614, a Firenze, con i torchi del tedesco V. Timan, il Discorso della nobiltà, venne, come recita il frontespizio, «ristampato con nuove aggiunte», anche se queste, fatta eccezione per il poco significativo Breve raccolto delle casate nobilissime fiorentine nominate nel precedente Discorso posto in appendice, a un raffronto con l’edizione di Manzani non risultano esserci. Nello stesso anno, però, queste supposte aggiunte di Timan – l’Aggiunta al Discorso della nobiltà di Firenze e de’ Fiorentini d’un capitolo di M. Antonio Pucci nel quale si fa menzione del sito, governo, e arti della città di Firenze, e sue famiglie grandi e popolane dell’anno MCCCLXXIII e gli Aggiunti da m. Paol Mini – furono comunque pubblicate in un altro volume, un esemplare del quale si conserva nella Biblioteca delle oblate di Firenze (33 D 28/03), curiosamente rilegato in appendice al Discorso della nobiltà … edito da Manzani nel 1593.
Sull’opera storiografica del M. si ha notizia indiretta dei seguenti manoscritti: il Discorso sopra le discordie civili fiorentine e loro effetti, il Sommario dei governi della città di Firenze e il Discorso sopra le guerre fatte dai Fiorentini con i Pisani dal 1222 al 1406 (entrambi conservati, fino al XIX secolo, presso la biblioteca del convento camaldolese di S. Maria degli Angeli a Firenze, oggi dispersa). Il M. scrisse inoltre due componimenti, uno elegiaco – anche questo si trovava in S. Maria degli Angeli –, Discorso consolatorio istorico nella morte di don Filippo unigenito di Francesco Medici (1582) e uno poetico in versi sciolti e a carattere burlesco: la Favola di Aragne, scritto nel 1549 e dedicato a Francesco de’ Medici, futuro granduca.
Di questo poemetto, opera prima del M., si conservano almeno quattro manoscritti. Uno di questi, tratto da un codice riccardiano, fu erroneamente attribuito a Ottavio Rinuccini e dato alle stampe da Gaspero Ricci nel 1810 per onorare le nozze di Pier Francesco Rinuccini con Teresa Antinori (La favola di Aragne di Ottavio Rinuccini, Firenze). La paternità del testo fu però restituita al M. dall’abate G.B. Zannoni che, sulla base del ms. Magl., VII. 1392 della Bibl. nazionale di Firenze, sempre nel 1810, lo ripubblicò fornendo, con l’occasione, inedite notizie biografiche sul M. (La favola di Aragne, attribuita già erroneamente a Ottavio Rinuccini in questa seconda edizione restituita al suo autore Paolo Mini …, Firenze). Zannoni aveva infatti avuto modo di vedere, grazie al discendente Ladislao, l’albero genealogico della famiglia Mini dal quale apprese, tra l’altro, notizie sull’origine montevarchina della famiglia e sulle insegne della stessa. Uno degli altri due manoscritti è citato ne I codici manoscritti volgari della libreria Naniana riferiti da don Jacopo Morelli (Venezia 1776, p. 141), mentre l’altro, secondo Zannoni (p. 12), che riporta una notizia ricavata da Antonio Maria Biscioni, fa parte dell’eredità Coletti.
L’opera poetica del M. comprende infine altri due sonetti. Uno di questi, dedicato alla figura di B. Cellini, fu pubblicato insieme ad altre poesie di ugual tema in appendice a due trattati di Cellini (B. Cellini, Due trattati uno interno alle otto arti dell’oreficeria. L’altro in materia dell’arte della scultura dove si veggono infiniti segreti nel lavorar le figure di marmo, et gettarle di bronzo, Fiorenza, V. Panizza - M. Peri, 1568, pp. n.n.), mentre l’altro dedicato al mito della fenice fu pubblicato nell’opera omonima di T.G. Ganzarini, lo Scandianese (La fenice, Vinegia, G. Giolito de’ Ferrari, 1557, p. 84). Di un altro mito, quello della fondazione di Roma, egli ebbe modo di occuparsi quando assieme con altri undici letterati decise di partecipare alla traduzione, in versi toscani sciolti, dell’Eneide, traducendo il XII libro dell’opera (L’opere di Vergilio, cioè la Bucolica, Georgica, et Eneida. Nuovamente da diversi eccellentissimi autori tradotte in versi sciolti et con ogni diligentia raccolti da m. Lodovico Domenichi, Firenze, B. Giunta, 1556, pp. 323-352).
Il suo ultimo testo edito fu probabilmente il Discorso della natura del vino delle sue differenze, e del suo uso retto (Firenze, G. Marescotti, 1596) – dedicato al giovane diplomatico fiorentino Matteo Botti –, in cui il M., lasciati da parte gli appassionati toni adoperati per celebrare la patria, si ripresentò ai lettori affrontando a largo raggio e con il consueto zelo un tema per lui decisamente atipico.
Il M. morì presumibilmente a Firenze nel 1599.
Fonti e Bibl.: Firenze, Archivio dell’Opera di S. Maria del Fiore, Registrazione battesimale maschi 1526, reg. 9, n. 126; F. Cionacci, Storia della beata Umiliana de’ Cerchi, Firenze 1682, p. 315; Notizie letterarie ed istoriche intorno agli uomini illustri dell’Accademia fiorentina, Firenze 1700, pp. 212 s.; G. Negri, Istoria degli scrittori fiorentini, Ferrara 1722, pp. 447 s.; La Toscana illustrata nella sua storia con varj scelti monumenti e documenti per l’avanti o inediti, o molto rari, I, Contenente il prodromo per informazione degli studiosi della medesima, a cura di A.F. Gori, Livorno 1755, pp. VI-IX, XIII s., 79-150, 281-322; G. Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, VII, 2, Firenze 1810, p. 689; XII, 3, Milano 1824, pp. 1358, 1953; D. Moreni, Bibliografia storico-ragionata della Toscana, II, Firenze 1805, p. 83: F. Inghirami, Storia della Toscana, XVI, Fiesole 1843, pp. 48 s.; Notizie sulla storia delle scienze fisiche in Toscana cavate da un manoscritto inedito di Giovanni Targioni Tozzetti, Firenze 1852, pp. 2879 s.; F. Flamini, Il Cinquecento, Milano 1902, p. 464; O. Tommasini, La vita e gli scritti di Niccolò Machiavelli nella loro relazione col machiavellismo: storia ed esame critico, I, Roma 1911, p. 15; C. Vivoli, Dazzi, Andrea, in Dizionario biografico degli Italiani, XXXIII, Roma 1987, pp. 184 s.; C. Donati, L’idea di nobiltà in Italia secoli XIV-XVIII, Roma 1995, p. 219.
F. Luti