BRANDA, Paolo Onofrio
Nacque in Milano l'11 ott. 1710. Studiò grammatica e umanità nelle scuole di S. Alessandro dirette dai barnabiti, nel cui Ordine entrò, dopo un breve noviziato a Monza, facendo la sua solenne professione il 12 ott. 1727. Seguitò i suoi studi di retorica, filosofia e teologia a Milano e a Pavia. Dal 1735 al 1741 insegnò retorica a Livorno e quindi fu richiamato a Milano, dove insegnò la stessa disciplina nelle scuole di S. Alessandro, fino al termine della sua vita. Tra i molti suoi scolari ebbe anche il Parini, che però gli fu poco benevolo. I suoi confratelli l'ebbero in grande considerazione e lo lodarono per l'austerità dei costumi, per la devozione e per l'assoluta dedizione al suo ministero e ai suoi doveri di maestro.
Nei primi anni del suo insegnamento a Milano provvide a integrare le Poëticae Institutiones di D. Suspensi, a cui aggiunse anche un'antologia poetica (Semita Parnassi, Mediolani 1746). Due anni dopo pubblicò la Vita B. Alexandri Saulii Aleriensis, scritta da G. A. Gabuzio, con prefazione, aggiunte e note in elegantissimo latino. A lungo si dedicò a un trattato in due parti in cui si espongono i precetti dell'oratore, Eloquentiae praeludia, che uscirono nel 1756. Due anni dopo seguì un altro trattato, questa volta scritto in italiano, Metodo antico per apprendere la lingua latina. Nel 1767 furono pubblicate sette lettere di edificazione inviate dal B. a due novizi e al 1775, un anno prima della morte, risale la traduzione che egli fece di L'esprit de st. Paul, la raccolta di pensieri dell'apostolo compilata dal padre domenicano Remigio Montmeslier. A queste opere sono da aggiungere traduzioni, lettere, poesie rese pubbliche in varie circostanze di cui dà un elenco esauriente il Boffito.
Il suo nome tuttavia acquistò vasta notorietà in seguito ad alcune polemiche, delle quali almeno tre, pur indulgendo a certi costumi del tempo, ebbero rilevante importanza per gli echi che suscitarono anche fuori Milano e perché documenti schietti di certa mentalità e di certe tendenze della cultura italiana negli ultimi decenni del sec. XVIII. Ebbe la prima di queste polemiche (1755) con, Baldassarre Oltrocchi dottore in teologia e proprefetto, poi prefetto, dell'Ambrosiana. Questi pubblicò e illustrò la vita di s. Carlo Borromeo scritta da G. P. Giussani e tradotta in latino da B. Rossi, preferendola a quella del barnabita Carlo Bascapè, assai più autorevole e ch'era stata direttamente scritta in latino. Il B. difese l'opera del confratello con una Confutazione de' ragionamenti apologetici e dell'appendice a' medesimi pubblicati dal signor dottore Baldassarre Oltrocchi (1755) e con scritti minori. Nonostante le apparenze, non si trattò di una bega personale, bensì di un contrasto fra due Ordini religiosi, quello dei barnabiti e quello degli oblati. I primi erano interessati a rivendicare la priorità e la maggiore autorità dell'opera del loro confratello e questo incarico fu affidato al B. per la sua dottrina e per il suo attaccamento all'Ordine. L'avversario della seconda polemica (1756-1757) fu il canonico Giovanni Andrea Irico, che faceva parte dell'Accademia dei Trasformati ed era amico quindi del Parini. La polemica nacque quando il B. preparò un'iscrizione latina per mons. Alberico Archinto, ch'era stato promosso alla porpora. L'Irico si permise di mutare in tre punti tale iscrizione, sostituendo "Nicaeno" a "Nicaeensi", "Urbi praefecto" ad "Urbis praefecto" e "Comites Archinti" ad "Archinti Comites". Il B. si sentì ferito nella sua dignità di maestro di retorica e si scagionò dapprima con una Lettera in difesa di una breve iscrizione (s.n.t.) di 40 pagine e poi, avendo l'Irico replicato con una Risposta (s.n.t.) di 382 pagine, con altre cinque lettere che complessivamente riempivano 473 pagine. Il Mazzuchelli, amico dell'Irico, concludeva questa polemica affermando: "Ciò che a noi sembra di ricavare da una tale controversia trattata veramente da ambedue le parti con tutta quella erudizione che può in tal materia desiderarsi, è che possa scriversi "Nicaeensis" e "Nicaenus", "praefectus Urbi" e "praefectus Urbis", "Archinti comites" e "Comites Archinti "".
Tutta questo appartiene al costume del tempo, ma di ben altra importanza, perché s'inserisce con qualche rilievo nelle discussioni linguistiche del '700, è l'altra polemica suscitata da due suoi dialoghi sulla lingua toscana, in cui ebbe come avversario il Parini e i due maggiori poeti in dialetto milanese del tempo, il Tanzi e il Balestrieri. Nel primo dialogo inoltre, sia pure con scarsa consapevolezza del problema, del resto non ancora storicamente delineatosi, è il primo spunto di quella che poi sarà la teoria linguistica del Manzoni; d'altra parte, nella tesi che gli avversari contrapposero e specialmente negli scritti del Balestrieri si possono ravvisare i primi timidi accenni di revisione del razionalismo e del sensismo settecentesco e di anticipo di quello che poi sarà l'atteggiamento del Porta e in genere dei primi romantici nei confronti del Giordani.
Il dialogo ha senz'altro intenzioni polemiche. Nell'Accademia dei Trasformati da qualche tempo si recitavano componimenti in dialetto milanese e l'opera del B. (Della lingua Toscana. Dialogo recitato il giorno 27 agosto dell'anno 1759 da alcuni studenti di rettorica nella Università di S. Alessandro de' Chierici Regolari di S. Paolo, in Milano 1759) vuole essere una deplorazione di tale usanza accademica e degli indirizzi culturali in essa impliciti. S'immagina nel dialogo che alcuni giovinetti tornati dalla Toscana, dove si erano recati per lo studio delle umane lettere, s'incontrino con altri compagni rimasti in Milano e abbiano quindi l'occasione di far l'elogio della Toscana e della sua lingua. Nell'elogio si inserisce poi un vero e proprio trattato di retorica, in cui si possono ritrovare concetti e affermazioni riguardanti la naturalezza dello scrivere, gli arcaismi, i latinismi, i detti rari, l'eccesso di diligenza, ecc. Tra questi concetti già diffusi e abbastanza comuni spicca un'affermazione isolata, che poi rimane senz'altro svolgimento. Non tutte le parole registrate nel Vocabolario della Crusca sono ora in uso, si dice, e poi si aggiunge: "... e sapete che l'uso, in ogni lingua, che si parla, e vive e fiorisce, come la Toscana, prevale ad ogni ragione". È, notevole che il B. milanese sia per l'uso vivo della lingua toscana contrapponendosi apertamente al Bembo, ma poi non dà svolgimento alla sua affermazione e tutto si riduce a sostituire ai modelli del Bembo, Petrarca e Boccaccio, due autori, il Casa e il Caro, l'uno fiorentino, l'altro educato a Firenze, che nei loro generi rispettivi di prosa si avvicinarono maggiormente all'uso. Alcune affermazioni polemiche, per non dire ingiuriose, contenute nel dialogo suscitarono moltissime reazioni prima soltanto verbali e poi anche scritte. Ma prima che queste ultime apparissero il B. cercò di difendersi. Il 17 febbr. 1760 vide la luce il Dialogo secondo, che non si può in alcun modo considerare al livello letterario del precedente ma come un intervento di discolpa e di scusa. La polemica che seguì per certi aspetti è più importante dei dialoghi stessi, per lo stesso movimento che suscitò e per certi indirizzi che giustificò e in un certo modo incoraggiò. I testi più importanti di essa sono alcune lettere del Tanzi, una lettera del Parini e due operette in versi milanesi del Balestrieri. Verso la fine di settembre del 1760 la polemica si spense, anzi fu spenta dalle autorità, il cui intervento fu sollecitato forse dai barnabiti, come afferma il Tanzi in una lettera e come è molto probabile, perché gli avversari del B. furono quelli che ne scapitarono, non potendo più pubblicare alcuni scritti che già avevano pronti, tra i quali una commedia in dialetto del Balestrieri.
Il B. morì a Milano l'8 febbr. 1776.
Fonti e Bibl.: G. M. Mazzuchelli, Gli Scritt. d'Italia, II, 4, Brescia 1763, pp. 2000 ss.; A. Manzoni, Una discussione sui dialetti del sec. XVIII, in Opere inedite e rare, V, Milano 1898, pp. 99 ss.; G. Boffito, Scrittori barnabiti, I, Firenze 1933, con ampia informazione e vastissima bibliografia (nell'Appendice all'ultimo volume, uscito nel 1937, furono pubblicati interessanti documenti a proposito del B.); G. B. Salinari, Una polemica linguistica a Milano nel sec. XVIII, in Cultura neolatina, IV-V(1944-1945), pp. 61-92; G. Banoluni, Lapolemica B.-Parini, Lugano 1957.