RACCHIA, Paolo Romualdo
RACCHIA, Paolo Romualdo. – Nacque il 7 febbraio 1792 a Bene (oggi Bene Vagienna), nel Cuneese, da Claudio Giovenale e da Cristina Ellena.
Nel 1804 era allievo del Liceo di Torino. Si arruolò pochi anni più tardi in Marina con l’intenzione di partecipare alla spedizione che avrebbe dovuto soccorrere l’isola di Giava minacciata dagli inglesi, tuttavia in seguito al successivo annullamento dell’impresa fu incorporato nelle truppe di terra. Grazie ai suoi studi venne ammesso all’École polytechnique di Parigi, da cui uscì alla fine del 1811 con il grado di luogotenente in seconda; fu destinato al Genio marittimo (costruzioni navali). Nel 1813 apparteneva allo stato maggiore della piazza di Anversa, quando la città belga venne assediata dagli alleati antinapoleonici.
Crollato nel 1814 l’Impero francese, Racchia entrò nell’esercito piemontese quale luogotenente in seconda, tuttavia nel 1816 ottenne la promozione a luogotenente di prima classe e venne trasferito nel Genio, un corpo che non avrebbe più abbandonato. Nel 1819 superò due ulteriori tappe della sua carriera: divenne prima luogotenente anziano e in seguito capitano di seconda classe. Non partecipò ai moti costituzionali del 1821, e anzi in quell’anno fu promosso capitano di prima classe. Divenuto maggiore nel 1826, venne cooptato ai vertici del corpo reale del Genio militare.
Nominato cavaliere dell’ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro nel 1829, l’anno seguente fu promosso luogotenente colonnello. Nel 1832 Racchia pubblicò a Torino, presso la stamperia di Chirio e Mina, un Précis analytique de l’art de la guerre, che fu assai apprezzato dai vertici militari piemontesi (certamente la pubblicazione favorì, l’anno successivo, la sua promozione a colonnello), mentre sollevò reazioni contrastanti al di fuori del perimetro istituzionale sabaudo.
Dedicato al re Carlo Alberto, il Précis analytique era, stando al suo autore, «redigé sur des matériaux choisis dans les ouvrages militaires plus accredités» (Avant-propos, pp. nn.). L’opera tradiva la persistente influenza della cultura sensista settecentesca anche in piena età di Restaurazione: secondo il tenente colonnello del Genio «la force et le mouvement, ces deux agens de l’économie générale de la nature, constituent toutes les combinations de la guerre» (Introduction, p. 5). Nello stesso tempo Racchia condivideva, alquanto contradditoriamente, la concezione romantica dell’arte della guerra, vale a dire la centralità della «force morale» (p. 11) nell’economia bellica. L’opera era divisa in due parti, la prima dedicata all’organizzazione generale e l’altra all’esecuzione generale della guerra. I capitoli della prima parte riguardavano De la force publique armée des états, ou des armées en général; De la force militaire matérielle des théâtres de guerre, ou des places fortes en général; De l’état-major-général d’armée; Des plans généraux de guerre, et des plans primitifs de campagne. Quelli della seconda: Des petites operations de la guerre, ou du service des troupes légères en campagne; Des opérations secondaires de la guerre, ou de la guerre de détachemens; Des grandes operations stratégiques des armées actives en campagne, ou de la stratégie; Des grandes opérations tactiques des armées actives en campagne, ou de l’art des batailles, des combats et des sièges, constituant la grande tactique. Un’impostazione, in sintesi, alquanto tradizionale e ispirata, in particolare, al taglio precettistico adottato da Antoine Henri de Jomini.
Nel suo Dizionario geografico storico-statistico-commerciale degli Stati di S. M. il Re di Sardegna (II, Torino 1834) Goffredo Casalis lo ricordò tra i personaggi, che «illustra[va]no di presente» la cittadina di Bene e menzionò il suo Précis analytique, un «libro tenuto in pregio da dotti militari nazionali, e stranieri» (p. 234). In effetti tanto i «dotti militari nazionali» quanto quelli stranieri si divisero in sede di valutazione dell’opera. Mentre Antonio Lissoni celebrò le lodi della «scuola politecnica» di Parigi, da cui erano usciti «i begli ingegni di quattro maggiori generali» (Compendio della storia militare italiana dal 1792 al 1815, Torino 1844, p. 211), tra i quali Racchia, l’«autore di una bell’opera sull’arte militare», invece Ercole Ricotti (1886) giudicò il Précis analytique «una compilazione nulla» (p. 100).
Altrettanto divaricati i giudizi dei «dotti militari» stranieri. Il generale Frédéric-François Guillaume de Vaudoncourt dedicò all’opera di Racchia un’entusiastica recensione nel Journal des sciences militaires: il libro conteneva «une série de préceptes applicables à toutes les branches de l’art de la guerre, et exprimés avec clarté et avec concision» (s. 2, V, janvier 1834, p. 134). Al contrario Le spectateur militaire lo criticò per aver «emprunté beaucoup d’idées et de définitions à l’introduction du traité des grandes opérations publiée récemment par le général Jomini» (XV, 15 avril-15 octobre 1833, p. 233) e per aver riassunto in un capitolo della sua opera i Beiträge zum praktischen unterricht im felde di Leonhard von Rothkirch und Panthen, concludendo che «cet ouvrage jette peu de lumières sur l’art militaire et ne peut servir de guide à celui qui veut l’étudier», mentre poteva essere «plus utile à ceux qui le possèdent déjà» (p. 235).
Che, in ogni caso, nell’asfittico quadro della coeva letteratura militare italiana l’opera di Racchia avesse qualche pregio, lo testimoniava il fatto che fosse tradotta in italiano a Napoli nel 1837 a cura di due ufficiali, Giuseppe Ruiz de Ballestreros e Antonio di Torrebruna, quale Compendio analitico dell’arte della guerra. Ma va anche ricordato che la traduzione indusse il capitano Francesco Sponzilli a redigere sul tamburo un Cenno critico sull’opera del signor tenente colonnello P. R. intitolata sunto analitico dell’arte della guerra (Napoli 1837). Come avrebbe riassunto Giuseppe Sticca, anche Sponzilli giudicò il libro di Racchia «troppo prolisso pe’ profani e scarso pe’ dotti» (Gli scrittori militari italiani, Torino 1912, p. 215).
Nelle poche righe dedicategli da Telesforo Sarti, Racchia fu presentato quale «concittadino e congiunto del precedente» biografato (Il parlamento subalpino e nazionale, Roma 1896, p. 788), vale a dire il figlio – avuto con la moglie Anna Berune – Carlo Alberto Racchia (1833-1896), un viceammiraglio che fu anche deputato, senatore e ministro della Marina.
Nel 1836 Racchia divenne membro del consiglio del Genio militare e ne fu nominato presidente nel 1838. L’anno seguente fu promosso maggiore generale. Nel settembre del 1840 prese parte a Torino alla seconda riunione degli scienziati italiani, presentando «una memoria sulla possibilità di stabilire una nuova linea di comunicazione tra la Francia e l’Italia, la qual linea passerebbe con una galleria di pochi chilometri attraverso le Alpi Cozie» (Atti della seconda riunione degli scienziati italiani tenuta in Torino nel settembre del 1840, Torino 1841, p. 105), la galleria che sarebbe diventata il traforo ferroviario del Fréjus. L’interesse suscitato dalla memoria indusse il generale a impegnarsi in un’opera più ambiziosa, che pubblicò a Torino nel 1846 presso Gianini e Fiore, i Brevi cenni sulla rete fondamentale delle strade ferrate italiane, sui porti di mare, sulla marina d’Italia, nonché su diversi altri intellettuali e materiali suoi interessi.
Come scriveva nella dedica Agli Italiani, «contemplando i prodigi dell’odierno progresso, per cui illustransi e prosperano molte europee nazioni», si era proposto «di accennare i mezzi i più propri a far conseguire agli Italiani una pari condizione» (p. 9). Invitava pertanto i governi della penisola ad «agire in questa grande impresa col sentito bisogno di formare dell’Italia tutta una medesima famiglia, una medesima comunità» (p. 15).
Racchia fu quindi assai pronto ad allinearsi alla conversione di Carlo Alberto a una politica insieme costituzionale e nazionale. Pertanto, se nel 1845 era stato inviato in Svizzera per appoggiare i cantoni conservatori nella loro lotta contro i cantoni progressisti, nel marzo del 1848 fu invece designato quale incaricato a Berna allo scopo di convincere la Confederazione ad appoggiare la rivoluzione italiana. Racchia propose, forzando la mano al suo governo, un’alleanza offensiva e difensiva. Ma la Confederazione ribadì la propria neutralità. Alla fine di aprile 1848, quando furono tenute le prime elezioni per il Parlamento subalpino, divenne deputato di Alba. Intervenne in luglio alla Camera a favore di un stanziamento di 20.000 lire per l’esecuzione di studi e lavori atti a facilitare la navigazione del Po. Sul finire di quel mese fu inviato a Piacenza quale direttore del Genio. In settembre divenne vicepresidente della Società nazionale per la confederazione italiana fondata da Vincenzo Gioberti. A cavallo tra il 1848 e il 1849 mise a punto un ‘disegno di guerra’ contro gli austriaci. Morì a Torino il 15 febbraio 1849 «rimpianto da tutti perché italianissimo» (D’Ayala, 1854, p. 53) prima che le ostilità fossero riprese.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Torino, Ministero della Guerra, Ruoli matricolari, 2662, c. 15.
C. Solaro della Margarita, Memorandum storico politico, Torino 1852, p. 240; M. D’Ayala, Bibliografia militare italiana antica e moderna, Torino 1854, p. 53; E. Ricotti, Ricordi, Torino 1886, pp. 100, 173; R. Mosca, Il negoziato per l’alleanza sardo-elvetica dell’aprile 1848, Il Risorgimento, III (1951), 1, pp. 17-41; Le legazioni sarde a Parigi, Berna, L’Aja, Lisbona e Madrid, a cura di F. Bacino, Roma 1951, p. 12; E.R. Papa, 1848. Torino, Berna, Lugano. La missione del generale P. R. in Svizzera per una proposta di ‘alleanza offensiva e difensiva’, in Quaderni grigionitaliani, 1999, vol. 68, pp. 109-125; Camera dei Deputati, Portale storico, http://storia.camera. it/deputato/paolo-racchia-1789#nav (24 febbraio 2016); Archivio storico del Senato, Banca dati multimediale I senatori d’Italia, II, Senatori dell’Italia liberale, dalla pagina http://notes9.senato.it/ (9 giugno 2016).