SAROTTI, Paolo
– Nacque a Venezia, probabilmente alla fine del secondo decennio del XVII secolo, da Giovanni Ambrogio, facente parte della Cancelleria ducale. Qualche anno dopo il nonno omonimo, Paolo, iniziava la costruzione di un palazzo sul rio di S. Canziano, che sarebbe stato in parte affittato e poi acquistato dai Widmann. Pertanto Sarotti non ebbe modo di abitarvi e rimase nella vecchia residenza di famiglia, nella parrocchia di S. Felice.
Appena raggiunto il requisito dell’età, nel 1644 Sarotti entrò a sua volta a far parte della Cancelleria ducale e nel 1645 fu al seguito dei quattro ambasciatori inviati a Roma per l’elevazione al soglio pontificio di Innocenzo X; quindi divenne segretario dell’ambasciatore in Germania Nicolò Sagredo, che lo inviò a Graz a fine maggio 1649, per concordare il passaggio in Friuli delle truppe reclutate dalla Serenissima nella guerra contro i turchi. Al termine dell’ambasceria austriaca, nel dicembre 1651 Sagredo assunse direttamente quella presso la S. Sede; con lui fu ancora, in qualità di segretario, Sarotti, che a Roma si trattenne sino al gennaio 1656. Poi finalmente riuscì a tornare a Venezia, ma solo per pochi mesi; in riconoscimento del lungo servizio prestato, fu infatti promosso al rango di residente e come tale inviato in Svizzera.
Spedì il suo primo dispaccio da Zurigo il 14 ottobre 1656. Si era appena concluso il conflitto fra i cantoni cattolici e protestanti e la pace aveva sancito l’autonomia religiosa di ciascun cantone. Compito primario di Sarotti fu di reclutare soldati da impiegare in Dalmazia nel lungo conflitto contro i turchi, e questo spiega i suoi frequenti spostamenti tra Lucerna e Zurigo, donde spedì il suo ultimo dispaccio il 24 aprile 1663.
Neppure gli fu concesso, pur dopo tanti anni di permanenza all’estero, di tornare a Venezia, perché tre settimane dopo, il 15 maggio, inviava da Pavia il primo dispaccio in qualità di residente a Napoli, la nuova sede cui era stato nominato.
Vi sarebbe rimasto altri sei anni, in un ambiente condizionato dalla crisi economica e sociale successiva alla fallita rivolta del 1647 e alla peste del 1656, ma che allo stesso tempo conosceva una rinascita intellettuale aperta alle suggestioni delle correnti culturali più avanzate del pensiero europeo. In particolare, a partire dal 1663, l’Accademia degli Investiganti pose in discussione la tradizionale autorità aristotelica, alla luce dei più recenti sviluppi della filosofia e delle scienze contemporanee. È probabile dunque che, proprio nel corso del soggiorno partenopeo, Sarotti abbia iniziato un percorso culturale che sarebbe poi giunto a maturazione qualche anno dopo, durante la sua permanenza inglese.
Quanto all’impegno pubblico, solo nello scorcio della legazione, nel 1669, riuscì a ottenere dal viceré un cospicuo rifornimento di munizioni da inviare a Candia assediata, peraltro ormai in procinto di cadere. Spedì l’ultimo dispaccio da Napoli il 4 luglio 1669, ma neppure stavolta gli fu concesso il rimpatrio, in quanto dovette recarsi come residente a Milano.
Inviò il suo primo dispaccio da Pavia il 30 luglio, l’ultimo da Milano il 10 ottobre 1674; la Lombardia spagnola riproponeva in parte la Napoli che aveva lasciato, ma era priva di quei fermenti culturali che avevano destato il suo interesse; un indiretto riflesso della sua insofferenza verso gli ambienti del governo spagnolo può essere fornito dalle tiepide accoglienze che gli furono riservate nel febbraio 1671, quando si recò a visitare il conte di Melgar (Juan Tomás Enríquez de Cabrera), giunto dalla Spagna per assumere il comando del tercio di stanza in Lombardia.
Pertanto accolse probabilmente con sollievo l’assegnazione della sede londinese per una nuova legazione e già all’inizio del 1675 si poneva in viaggio: un itinerario via terra, lungo e disagevole, passando per Innsbruck, Francoforte, Rotterdam, che tuttavia fu reso più sopportabile dalla presenza del figlio Giovanni Ambrogio, che volle accompagnare il padre. La legazione non si presentava particolarmente impegnativa: oltre alla scontata esortazione a difendere l’onore della religione cattolica, gli si raccomandava di tutelare gli interessi dei mercanti veneziani.
Giunto a Londra il 19 aprile 1675, il 23 agosto inviava al Senato un dispaccio che in qualche modo prefigurava le future ribellioni luddiste e, al contempo, testimoniava l’attenzione dei Sarotti, padre e figlio, per le nascenti nuove tecniche dell'industria tessile applicate Oltremanica.
Si trattava, scrive, di «un certo tipo di telaio per realizzare nastri, filetti, guarnizioni e simili con così tanta facilità che una singola persona al giorno tesse più di quanto si possa fare in una settimana con i telai ordinari e comuni […]. Così i poveri che con le loro mogli lavoravano con i telai ordinari […], si unirono e concordarono […] di rompere e bruciare i nuovi telai […]. Le perquisizioni e le violenze sono continuate per un giorno e una notte prima che potessero essere fermate dal sindaco e dagli assessori di Londra» (Archivio di Stato di Venezia, Senato, Dispacci Inghilterra, filza 62, ad diem).
A conferma dell’interesse dei Sarotti per lo sviluppo tecnologico in atto, va registrata la cooptazione, avvenuta il 1° dicembre 1679 su proposta di Robert Boyle, di Giovanni Ambrogio alla Royal Society, oltre all’acquisto da parte sua di macchine pneumatiche, di libri e vari strumenti; soprattutto però, lasciata Londra nel marzo 1681, essi rimpatriarono in compagnia di Denis Papin, da poco rifugiato in Inghilterra in quanto ugonotto. Papin dunque giunse a Venezia sotto la copertura diplomatica di Sarotti, il quale riuscì in tal modo a dar vita a un’aspirazione da tempo coltivata, cioè un’accademia scientifica che ricordasse quella napoletana degli Investiganti, aggiornata però sul modello della Royal Society newtoniana.
Sorse così nel 1681, nella casa a S. Felice, l’Accademia Sarottiana, la cui biblioteca fu aperta al pubblico e dove ogni lunedì pomeriggio si tenevano discussioni scientifiche, con esperimenti idrostatici mediante la pompa di Boyle perfezionata da Papin, la prima a funzionare in Italia. E fu lo stesso Papin a fornire le spiegazioni e a condurre le dimostrazioni fino al 1684, quando ritornò a Londra. Accanto a lui, l’Accademia poté contare sull’attiva presenza del medico campano Lucantonio Porzio, che Sarotti aveva conosciuto vent’anni prima a Napoli, e ancora dei veronesi Anton Francesco Caramelli e Francesco Spoleti.
L’Accademia fu chiusa all’inizio del 1686, forse anche in seguito a uno scandalo di spionaggio, e nello stesso anno Sarotti fu nuovamente nominato residente in Inghilterra. A Londra egli giunse il 7 giugno, subentrando due mesi dopo al residente Girolamo Vignola. Sotto l’aspetto politico, il problema fondamentale era costituito dai tentativi del re Giacomo II, volti a porre il cattolicesimo quantomeno su un piano di uguaglianza con la religione protestante.
Così egli scriveva al Senato il 15 novembre 1686: «Dice spesso il re apertamente esser di sua intentione che ogn’uno goda libertà di conscienza, mentre con ciò non crede di far torto a nessuno e che, attrovandosi tra’ suoi sudditi un buon numero di cattolici habili al servitio della Corona e della Natione, vuole che habbino essi ancora a godere una portione di quei molti impieghi ch’egli ha di tempo in tempo da conferire, non essendo il dovere che per cagione della loro fede siano esclusi li soggetti capaci a ben servire» (cit. in Cont, 2019, p. XI).
Tuttavia, dopo l’iniziale fiducia nell’azione del sovrano, Sarotti dovette constatare che una politica di apertura alla componente cattolica si sarebbe arenata di fronte alla contrarietà della nazione, tanto più che l’imprevista nascita di un erede aveva ulteriormente indebolito il prestigio del re. L’avvento del protestante Guglielmo III, poi, avrebbe indotto la Repubblica ad assumere un atteggiamento prudente e così, dopo aver assistito all’incoronazione della coppia reale a Westminster (29 aprile 1689), Sarotti fu richiamato in patria. Adducendo gravi motivi di salute, che effettivamente era andata sempre più peggiorando, il residente si congedò dal re e il 17 maggio 1689, sulla via del rimpatrio, inviò da Calais il dispaccio conclusivo della legazione.
Questa è l’ultima notizia che abbiamo su di lui; oltre a Giovanni Ambrogio, dalla moglie Caterina Mayer aveva avuto una figlia, Anna Barbara.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Venezia, Misc. codd., St. veneta, Cittadinanze Tassini, b. 15, p. 1909; Senato, Dispacci Germania, filza 96, nn. 266, 268, 270a, 270b (Graz); Senato, Dispacci Inghilterra, filze 62-67, nn. 1-372; 70, nn. 304-309; 71-73, nn. 1-192; Madrid, Biblioteca Nacional, ms. 2091: C.F. Gorani, Libro secondo di Memorie (1666-71), p. 316 (trascrizione in http://archiviostorico.dicom.uninsubria.it/archivi/arese/libro_memorie/libro_memorie.pdf, 15 giugno 2020); A. Bulifon, Lettere memorabili. Raccolta seconda, Napoli 1693, p. 237; C. Freschot, Nouvelle rélation de la ville et République de Venise, Utrecht 1709, pp. 335 s.; Bibliotheca Pisanorum Veneta, II, a cura di A. Bonicelli, Venetiis 1807, pp. IX-XI, 357 s.; E.A. Cicogna, Delle inscrizioni veneziane, III, Venezia 1830, p. 287, V, 1842, pp. 581, 861 s.; Le relazioni degli Stati europei lette al Senato dagli ambasciatori veneziani nel secolo decimosettimo…, a cura di N. Barozzi - G. Berchet, IV, Inghilterra, Venezia 1863, pp. 490-493 (è il dispaccio del 29 aprile 1689, che descrive l’incoronazione a Westminster); Relazioni di ambasciatori veneti al Senato, I, Inghilterra, a cura di L. Firpo, Torino 1965, pp. XXX-XXXI.
C. Pighetti, L’influsso scientifico di Robert Boyle nel tardo ‘600 italiano, Milano 1995, pp. 24, 125, 127-139, 141, 147 s., 154 s., 157, 176; G. Benzoni, La vita intellettuale, in Storia di Venezia dalle origini alla caduta della Serenissima, VII, La Venezia barocca, a cura di G. Benzoni - G. Cozzi, Roma 1997, p. 888; J-Ch. Rössler, Nuovi documenti per palazzi attribuiti a Baldassare Longhena, in Arte veneta, 2008, n. 65, pp. 261 s.; A. Cont, Corte britannica e Stati italiani. Rapporti politici, diplomatici e culturali (1685-1688), Roma 2019, pp. XI, 55, 71, 76, 79, 84-85, 90, 96, 106, 108-119, 124, 128.