MEDICI, Paolo Sebastiano
– Nacque a Livorno il 30 luglio 1671 da Elisad (Alessandro) Leone e da Rosa; dei due si ignora il cognome. Alla nascita ricevette il nome di Moisè. Dei genitori, appartenenti alla comunità ebraica locale, è noto soltanto che erano originari di Ancona. Secondo quanto riportano i registri della comunità, alla nascita del M. avevano già una figlia, Libia, nata nel 1668, ma il M. nel suo testamento nomina sua erede un’altra sorella, passata alla fede cattolica, che aveva assunto il cognome Attavanti ed era stata battezzata con il nome di Verdiana, la santa venerata a Livorno (andò in sposa a un Andrea Pasquinucci).
Ancora adolescente il M. si distinse per le sue conoscenze delle Sacre Scritture e linguistiche, nonché per le capacità oratorie e intellettuali, e intraprese gli studi per il rabbinato. Ma ben presto questa scelta fu abbandonata per la volontà di convertirsi alla fede cristiana su ispirazione del cappuccino Ginepro da Barga e del barnabita Amedeo Antoniotti. Dopo un periodo trascorso nella casa dei catecumeni di Firenze, il 13 giugno 1688 il M. chiese di ricevere il battesimo nel duomo di Livorno, e scelse i nomi di Paolo, apostolo per eccellenza della missione cristiana, e Sebastiano, il santo cui era dedicata a Livorno la chiesa officiata dai padri barnabiti, maggiori artefici della sua conversione. L’itinerario spirituale percorso dal giovane neofita e la cerimonia del battesimo furono descritti dal padre G.B. Pesanti in un memoriale latino inserito negli atti del convento barnabita annesso alla chiesa. Padrino del M. fu il granduca Cosimo III de’ Medici, rappresentato in quell’occasione da S. Tedaldi, sostituto provveditore della Dogana. Il favore granducale si manifestò accordando al converso il nome del proprio casato insieme con una rendita annuale di 50 scudi, affinché potesse prendere gli ordini sacri. Nello stesso 1688 il M. tornò a Firenze, dove nel 1690 ricevette gli ordini minori e nel 1695, dopo aver seguito il cursus studiorum presso il seminario teologico cittadino, divenne sacerdote.
Il 19 giugno 1692 fece il suo ingresso nello Studio fiorentino come insegnante di lingua ebraica. A quel periodo risale la sua prima pubblicazione, il Mōach lišon haqodeš (Midolla della lingua santa, Firenze 1694), unito, anche se con un diverso frontespizio, alla Selva delle radici ebraiche, un dizionario ebraico-latino.
L’opera, divisa in quattro trattati, si occupa delle regole fonetiche e ortografiche dell’alfabeto ebraico, della flessione del verbo, della morfologia del nome e del pronome, fornisce nozioni di sintassi secondo uno schema già proposto da un altro convertito, G. Franchi, autore della prima grammatica ebraica in italiano (Sole della lingua ebraica, Bergamo 1591).
Dal 1718 il M. fu professore di Sacra Scrittura. Numerose furono le opere di carattere didattico-esegetico prodotte in quel periodo: le Notizie sacre per l’intelligenza della Sacra Scrittura (Firenze 1715), le Massime cristiane cavate dalla Scrittura e dai santi Padri (Firenze 1726), l’Esame degli ordinandi (Firenze 1730), ma soprattutto la sua opera monumentale intitolata Dialoghi sacri, dedicata ai singoli libri dell’Antico e del Nuovo Testamento; editi a Firenze dal 1719 nella stamperia granducale di M. Nestenus, i Dialoghi furono accorpati e ripubblicati successivamente a Venezia fra il 1731 e il 1737.
Nonostante la brillante carriera di insegnante e la partecipazione alla vita culturale (fu membro dell’Accademia Fiorentina), il M. deve la sua notorietà soprattutto all’attività di predicatore itinerante, finalizzata alla conversione degli ebrei nei territori del Granducato di Toscana e in quelli sottoposti alla giurisdizione della Chiesa. Testimonianza del suo modus operandi sono due brevi opuscoli.
Il primo narra con toni trionfalistici la Conversione di Sabbato Nachamù rabbino ebreo in Ancona (Firenze 1735), battezzato grazie all’intervento del M. con il nome di Francesco Maria Ferretti (autore a sua volta del testo Le verità della fede cristiana svelate alla sinagoga, Venezia 1741). Il secondo, l’Apologia ovvero risposte date a vari dubbi mossi da Adamo Bondì rabbino ebreo a Sinigallia (Firenze 1734), riferisce di un ciclo di prediche tenute nella città marchigiana nel 1730, seguite ogni sera da una conferenza in cui il M. ascoltava i dubbi e rispondeva alle questioni aperte. La veemenza oratoria impiegata nell’azione proselitistica e antigiudaica (talmente forte da far parlare di un «odio del convertito», Caffiero, 2003, p. 36) trovano una teorizzazione più ampia in opere come il Catalogo de’ neofiti illustri (Firenze 1701), in cui il M. ricorda noti personaggi del mondo ebraico passati al cristianesimo, e i Patimenti e morte di Simone Abeles (Firenze 1705). Si tratta in questo caso della traduzione in italiano dell’opera latina del gesuita J. Eder in cui si narravano le vicende di un ebreo dodicenne di Praga ucciso dal padre per la sua intenzione di farsi cristiano, introducendo il tema del martirio per la fede e dell’odio degli ebrei nei confronti dei cristiani.
Il testo che tuttavia condensa in modo completo queste posizioni è senza dubbio i Riti e costumi degli ebrei confutati (Firenze 1736), che vide numerose ristampe negli anni successivi. L’opera, strutturata in 33 capitoli, fu scritta in aperto contrasto con l’Historia dei riti ebraici (Venezia 1638), con la quale il noto rabbino veneziano Leone Modena aveva voluto divulgare nel secolo precedente gli usi e i costumi del suo popolo. Il libro del M. offre un’ampia panoramica di tutti gli stereotipi antiebraici, soffermandosi su un’analisi particolareggiata della ritualità, mostrata come il frutto di superstizioni e di stregoneria, e riportando in auge il ben noto tema dell’«accusa del sangue». In particolare, nel capitolo 32, preceduto dalla Lettera scritta agli ebrei d’Italia in cui egli narra la sua conversione, il M. si sofferma sulla negazione della venuta del Messia come prova centrale dell’ostinazione di un popolo profondamente avverso ai cristiani. Tali posizioni suscitarono le vive proteste delle comunità ebraiche. Già nel 1697 fu presentato al S. Uffizio un memoriale, stampato lo stesso anno dalla tipografia della Camera apostolica e firmato dal rabbino della comunità romana Tranquillo Vita Corcos, in cui si denunciavano le invenzioni del M. riguardo alla «misera natione giudaica». Nel lungo termine il memoriale non ebbe l’esito sperato, dal momento che, sebbene con trent’anni di ritardo, l’opera del M. fu data alle stampe in un periodo di rinnovata recrudescenza delle politiche proselitistiche nei confronti degli ebrei.
Il M. morì a Firenze il 2 luglio 1738. Destinò una parte dei suoi beni alla fondazione di una cappellania dedicata alla conversione di s. Paolo all’interno della chiesa fiorentina di S. Gregorio della Pace dei padri del ben morire.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Notarile moderno, 22755, cc. 59-62, n. 50 (testamento, 20 giugno 1730, notaio Giovan Antonio Pecorini); 23938, cc. 80v-84r, n. 52 (testamento, 25 sett. 1732, notaio Ignazio Cavalloni,); Mediceo del principato, 2210 (lettera di A. Antoniotti a S. Tedaldi 22 maggio 1688); Livorno, Arch. storico della Comunità ebraica, n. 170: Registro delle nascite, 1668-1740, cc. 3, 9; Ibid., Arch. della parrocchia di S. Sebastiano, Acta Collegi S. Sebastiani Liburni, Liber primus, cc. 237-242; Pisa, Arch. della Curia arcivescovile, Attività degli arcivescovi, Atti straordinari, n. 51, ins. 4; Città del Vaticano, Arch. della Congregazione per la Dottrina della fede, Sant’Officio, Stanza storica, UV 24: Alla sacra Congregatione del S. Offizio per l’Università degl’Ebrei, cc. 137-153; Firenze, Biblioteca nazionale, Poligrafo Gargani, 1227, schede 39, 42-44, 193-204; L.G. Cerracchini, Fasti teologali, Firenze 1738, p. 607; N. Bechi, Vita del venerabil servo di Dio Filippo Franci sacerdote fiorentino fondatore dello spedale di san Filippo Neri, Firenze 1741, pp. 191-194; F. Brocchi, Collezione alfabetica di uomini e donne illustri della Toscana, Firenze 1852, p. 124; M. Steinschneider, Letteratura antigiudaica in lingua italiana, in Il Vessillo israelitico, XXXI (1883), pp. 246-248; F. Pera, Nuove biografie livornesi, Livorno 1895, pp. 223-228; P. Rieger, Geschichte der Juden in Rom, II, 1410-1870, Berlin 1895, pp. 228 s.; M. Steinschneider, Die italienische Literatur der Juden, in Monatsschrift für Geschichte und Wissenschaft des Judentums, XLIII (1899), pp. 516 s.; C. Roth, Forced baptism in Italy. A contribution to the history of jewish persecution, in The Jewish Quarterly Review, XXVII (1936-37), pp. 123-125; F. Parente, Il confronto ideologico tra l’ebraismo e la Chiesa in Italia, in Italia Judaica. Atti del I Convegno internazionale, Bari… 1981, Roma 1983, pp. 365-370; R. Toaff, La nazione ebrea a Livorno e a Pisa (1591-1700), Firenze 1990, p. 178; M. Pazzini, Grammatiche e dizionari di ebraico-aramaico in italiano. Catalogo ragionato, in Liber Annuus, XLII (1992), p. 20; M. Caffiero, Gli ebrei italiani dall’età dei lumi agli anni della Rivoluzione, in Storia d’Italia (Einaudi), Annali 11, Gli ebrei in Italia, a cura di C. Vivanti, II, Dall’emancipazione a oggi, Torino 1997, pp. 1103 s.; Id., Alle origini dell’antisemitismo politico: l’accusa di omicidio rituale nel Sei-Settecento tra autodifesa degli ebrei e pronunciamenti papali, in Le radici cristiane dell’antisemitismo politico (fine XIX-XX secolo), a cura di G. Miccoli - C. Brice, Roma 2003, pp. 29-36; Id., Battesimi forzati. Storie di ebrei, cristiani e convertiti nella Roma dei papi, Roma 2004, pp. 36-42; G. Dell’Agata, I riti e costumi degli ebrei confutati dal livornese P.S. M. nell’opera di Sofronij Vračanski, figura centrale nella «Rinascita» culturale bulgara, in Nuovi Studi livornesi, XIII (2006), pp. 173-179; M. Frattarelli Fischer, Percorsi di conversione di ebrei nella Livorno di fine Seicento, ibid., pp. 153-158; M. Luzzati, Ancora sull’esumazione di un bambino ebreo battezzato «invitis parentibus» e sulla sepoltura nel Camposanto di Pisa (1709), in Il Settecento di Furio Diaz, a cura di C. Mangio - M. Verga, Pisa 2006, pp. 147-149.
L. Saracco