TARDITI, Paolo
– Nacque a Roma il 19 settembre 1574 da Giovanni Domenico, ‘vermicellaro’ (pastaio), e da donna Giacoma.
Per l’educazione musicale fu affidato all’organista e maestro di contrappunto Quinzio Solini, presso il quale abitava nel 1589 in via dei Cartari; nel 1597 fu ascritto alla Congregazione dei musici di Roma. Il 3 luglio 1599 si sposò con donna Caterina Tela, figlia del fornaio bergamasco Marc’Antonio. Si stabilirono nella parrocchia della Vallicella. Dal matrimonio nacquero i figli Laura (10 settembre 1600, battezzata il 19), Francesco (5 dicembre 1601, battezzato l’11), Giovanni Domenico (battezzato il 27 gennaio 1603), Giacinto (13 febbraio 1604, battezzato il 17, morto l’8 novembre 1605), Anna Ottavia (16 novembre 1606, battezzata il 21), Maria Vittoria (16 novembre 1607, battezzata il 19), Flavia (morta a 10 mesi il 2 novembre 1609), Girolamo (17 agosto 1616, battezzato il 22) e Carlo; questi ultimi due nel 1628 vivevano ancora con loro nella parrocchia di S. Eustachio. Uno dei figli, Francesco, divenne a sua volta organista e prolifico compositore, noto con il nome di Orazio, assunto con l’abito camaldolese. La prima notizia su Tarditi organista è del 29 marzo 1600, quando gli furono dati 26,50 scudi per pagare i musici per la musica straordinaria fatta in quaresima in S. Giovanni dei Fiorentini. Collaborò con la Congregazione dei musici di Roma: da un mandato di pagamento nell’archivio di S. Carlo ai Catinari risulta che il 23 marzo 1601 gli furono pagati 17 scudi per le musiche della processione di S. Biagio dell’Anello.
In più occasioni fu incaricato delle musiche per le processioni della settimana santa a S. Pietro dall’Arciconfraternita del Ss. Crocifisso in S. Marcello, la cui attività musicale era coordinata da Paolo Quagliati. Dall’archivio dell’arciconfraternita risultano diversi pagamenti, oscillanti tra 35 e 82 scudi, per aver procacciato tra il 13 maggio 1602 e il 10 giugno 1623 di volta in volta il «coro grosso», il «coro piccolo» o entrambi per le processioni del giovedì e del venerdì santo (cfr. Alaleona, 1908, pp. 406-409); oltre che per essere stato maestro di cappella per la festa della Croce nel 1620 e aver ricevuto il 2 luglio 1627 un pagamento di 12 scudi per la quaresima (cfr. Riepe, 2011, pp. 164, 202). Al di là dei rapporti professionali, Tarditi fu in stretta amicizia con Quagliati, che tenne a battesimo quattro dei suoi figli (Francesco, Giacinto, Anna Ottavia e Maria Vittoria), e con la figlia del compositore Giovanni Battista Moscaglia, Cornelia, madrina di battesimo di Giovanni Domenico.
Il nome di Tarditi compare più volte negli elenchi di pagamento accanto ad altri musicisti. Oltre che con Quagliati, suonò più volte con Girolamo Frescobaldi: il 18 novembre 1606 fu, con Frescobaldi, Prospero Santini e Bruto Stefanelli, uno dei quattro organisti che suonarono in S. Pietro per la festa della Dedicazione, e il 25 luglio 1614 è elencato con Frescobaldi come organista nella lista degli strumentisti per la festa del patrono in S. Giacomo degli Spagnoli; in precedenza aveva lavorato con Bernardino Nanino componendo le musiche straordinarie per la festa della Ss. Trinità dei Pellegrini, come risulta dai pagamenti fatti ai maestri di cappella negli anni 1607 e 1608.
Il 26 gennaio 1610 fu nominato maestro di cappella in S. Maria Maggiore al posto di Vincenzo Ugolini, ma dal verbale dell’adunanza del 9 febbraio risulta che Tarditi rifiutò l’incarico con il pretesto di cattiva salute («infirmitatem sui corporis excusaverit, et ob id ei officio imparem se dixerit»; cfr. Raeli, 1920, p. 11).
Subentrò come organista nella chiesa dei Ss. Giacomo e Ildefonso degli Spagnoli a Giuseppe de Villanueva, che il 15 dicembre 1615 aveva lasciato il servizio, e nel febbraio del 1616 gli venne data la direzione della cappella musicale: nel suo nuovo ruolo fece venire per la festa di s. Giacomo di quell’anno tre cori, sei strumenti e due organisti, Quagliati e Annibale Orgas. Mentre era maestro di cappella in S. Giacomo, compose nel 1621 per l’Arciconfraternita degli Angeli Custodi la musica per una serie di concerti quaresimali a cinque voci soliste e organo, per la quale venne pagato 20 scudi.
Nel settembre del 1623 la Congregazione di S. Giacomo decise, per motivi economici, di sopprimere temporaneamente la musica regolare nella chiesa, mantenendo però Tarditi come organista con il suo salario di maestro di cappella (10 scudi); ci rimase altri sei anni, assicurando l’organizzazione musicale per le feste della settimana santa, di s. Ildefonso e di s. Giacomo; fece anche acquistare per 160 scudi un piccolo organo per il coro della chiesa (21 aprile 1616). Nell’ottobre del 1623 Ottavio Leoni ne fece il ritratto a matita, conservato nella sua galleria di ritratti.
A fine ottobre del 1629 lasciò S. Giacomo e dopo tanti anni accettò l’incarico di maestro di cappella in S. Maria Maggiore, succedendo a Domenico Allegri. Prese servizio il 1° novembre, rimanendovi per undici anni, fino a fine ottobre del 1640; il salario fu di 9 scudi mensili, e per il mantenimento di ciascun «putto cantore» ricevette 3,50 scudi; nel 1640 (agosto-ottobre) risulta un pagamento di 20 scudi per «li quattro soprani» (cfr. Raeli, 1920, p. 19). Nel 1631 ricevette 27 scudi per pagare i musicisti per le feste di s. Bibiana e di Natale. Alla fine del 1640, lasciata S. Maria Maggiore, passò con lo stesso incarico alla Madonna dei Monti, dove rimase fino a poco tempo prima di morire. Gli succedette Giuseppe Giamberti, già suo coadiutore dal 1649. In quel periodo dovette frequentare il monastero delle agostiniane di S. Lucia in Selci, sempre nel rione Monti, probabilmente come professore di musica delle fanciulle ivi educate; è un ulteriore dato che lo accomuna a Quagliati, che nel proprio testamento lasciò la sua spinetta allo stesso monastero, con divieto di venderla.
Morì il 3 gennaio 1661 nella casa in via Baccina, nella parrocchia di S. Salvatore ai Monti, dove era andato da tempo ad abitare e dove il 14 aprile 1657 era morta, ottantenne, la moglie Caterina.
A detta di Pietro della Valle (1640), a sua volta allievo del citato Solini, il modo di «cantare sensato e con grazia», introdotto in Roma da Quagliati, fu «imitato poi subito e felicemente dal Tarditi e da altri [...] che alle grazie messe in uso da lui, con diverse e replicate sperienze raffinato il giudizio, hanno saputo aggiungere grazie e bellezze maggiori» (cit. in Solerti, 1903).
Le prime composizioni note di Tarditi sono in due raccolte curate da Fabio Costantini: il salmo Nisi Dominus nella Raccolta de’ salmi a otto de diversi eccellentissimi autori op. II (Napoli 1615) e il mottetto Inclina Domine a due voci nelle Selectae cantiones op. III (Roma 1616). La collettanea contiene 27 mottetti di «quasi tutti i maestri che si occupavano delle musiche del Crocifisso» (Alaleona, 1908, p. 247). Costantini pubblicò ancora un suo mottetto a tre, Panis angelicus, nella Scelta di motetti op. IV (Roma 1618).
Nel 1619 Paolo, divenuto maestro di cappella in S. Giacomo degli Spagnoli, affidò ai tipi di Giovanni Battista Robletti la sua prima opera a stampa, i Motecta singulis, binis, ternis, quaternis, quinis ac senis vocibus concinenda, una cum basso ad organum (18 mottetti a due voci, cinque a tre, due a quattro, due a cinque e due a sei), dedicati allo spagnolo Antonio Landa, preposito di quella chiesa e degli Stabilimenti Spagnoli di Roma (31 marzo 1619). Della raccolta rimangono solo due dei cinque o sei libri-parte originari: la tavola «elenca i mottetti Osculetur me e Ave verum tra quelli a tre voci, ma indicandone quattro a fianco del titolo; la perdita degli altri fascicoli non consente di capire se l’errore riguarda l’averli considerati a tre voci oppure se, come sembra più probabile, nella tavola è stata considerata una voce di troppo» (Franchi, 2006-2012, pp. 318 s.).
L’anno dopo Tarditi stampò presso Luca Antonio Soldi i Psalmi, Magnificat cum quatuor antiphonis ad vesperas octo vocibus una cum basso ad organum decantandi, libro II, dedicati al cardinale Michelangelo Tonti, riminese (Roma, 18 giugno 1620), prelato carissimo a papa Paolo V, che lo aveva investito della porpora nel 1608. L’opera, importante per l’affermazione dello stile concertato in Roma, contiene 14 componimenti a otto voci (salmi, magnificat e antifone), cinque con il solo basso continuo e nove concertati con strumenti. Questo secondo libro di salmi dev’essere stato preceduto da un primo libro, apparso in data sconosciuta. Si nota la «presenza obbligata di strumenti, ripartiti in due gruppi diversi a sostegno dei due cori vocali, ma usati anche in complesso per brevi interludi [...]. Questi salmi dovrebbero essere stati composti per S. Giacomo degli Spagnoli, dove Tarditi era maestro, ma forse furono cantati anche altrove, ad esempio al Collegio Germanico» (Franchi, 2006-2012, p. 358).
Un suo mottetto a tre voci, Induit me Dominus vestimento, apparve in una collettanea curata da Robletti, Lilia campi (Roma 1621), dedicata al cardinal nipote Ludovico Ludovisi. Tarditi curò l’edizione a stampa della Sfera armoniosa di Quagliati, stampata sempre dal filoispano Robletti, legato ai Ludovisi come lo stesso Quagliati (Roma, 24 febbraio 1623); nella dedica ai principi Nicolò Ludovisi, nipote di Gregorio XV, e Isabella Gesualdo – per le loro nozze (30 novembre 1622) Quagliati aveva ideato alcuni componimenti – Tarditi scrisse che, essendo l’autore attualmente «con officio riguardevole» al servizio del pontefice, si era assunto questo compito in sua vece (cit. in Franchi, 2006-2012, p. 458; in effetti nel 1621 Quagliati era divenuto protonotario apostolico e cameriere segreto del papa).
Nel 1630, sebbene Tarditi fosse diventato maestro di cappella in S. Maria Maggiore, compose una Missa non per quella basilica ma per il cardinale Girolamo Colonna appena divenuto arciprete di S. Giovanni in Laterano. Può darsi che la messa sia stata cantata per la prima celebrazione ivi officiata dal cardinale e subito pubblicata in formato atlantico con bel frontespizio inciso per i tipi di Paolo Masotti, dal libraio Giuseppe Cesareo che la dedicò al cardinale; fu l’ultima opera a stampa di Tarditi, che peraltro visse e scrisse ancora a lungo. Questa edizione (erroneamente dichiarata perduta da Fischer, 2001) va probabilmente datata all’inizio del 1630; l’unico esemplare superstite si trova nell’archivio di S. Giovanni in Laterano.
Alcune sue composizioni vennero riprese in florilegi successivi: il salmo Beatus vir nei Salmi, himni et Magnificat op. XI a otto con basso continuo a cura di Costantini (Venezia 1630); il mottetto Ad te levavi nei Salmi, Magnificat e motetti op. XIII a otto con basso continuo, sempre a cura di Costantini (Orvieto 1639); i mottetti De ore prudentis a due e Surgite, elevate a quattro nella Sacrarum modulationum [...] selectio prima, a cura di Domenico Bianchi (Roma 1642; all’epoca Tarditi era maestro di cappella nella Madonna dei Monti); il mottetto a tre Laudabo nomen tuum nelle Cantiones alias sacras a cura di Florido de Silvestris (Roma 1649, poi ripreso da Jan van Geertsom in un’antologia apparsa a Rotterdam nel 1656), e il mottetto Venite omnes gentes a quattro nelle Has alias sacras cantiones dello stesso curatore (Roma 1650).
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Roma, Stato civile, Appendice, Libri parrocchiali, b. II, reg. 3: S. Maria in Vallicella, Matrimoni, 3 luglio 1599, c. 33v; Morti, 8 nov. 1605, c. 84; 2 nov. 1609, c. 107v; Roma, Archivio storico del Vicariato, S. Lorenzo in Damaso, Battesimi, 19 sett. 1574, c. 181; 19 sett. 1600, c. 68v; 11 dic. 1601, c. 111v; 27 genn. 1603, c. 148v; 17 febbr. 1604, c. 192; 21 nov. 1606, c. 17; 19 nov. 1607, c. 75; S. Eustachio, Battesimi, 22 ag. 1616, c. 223v; S. Salvatore ai Monti, Morti, 14 apr. 1657, c. 77; 3 genn. 1661, c. 144; S. Stefano in Piscinula, Stati delle anime in Morti II, anno 1589, c. 15.
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