TREVES, Paolo
– Nacque a Milano il 27 luglio 1908 da Claudio, esponente di spicco del socialismo riformista italiano, e da Olga Levi, donna colta e volitiva proveniente dalla comunità ebraica di Venezia.
Fu profondamente legato al fratello minore, Piero, nato nel 1911, che sarebbe divenuto un autorevole studioso di storia antica. Trovò proprio nell’ambiente familiare, fin dall’infanzia e dall’adolescenza, un terreno estremamente fertile per definire la propria formazione politica e intellettuale. Crebbe infatti a stretto contatto con figure di primo piano per il socialismo e per l’antifascismo, come Filippo Turati e Anna Kuliscioff, da lui poi affettuosamente ricordati in più occasioni come ‘Filippo’ e ‘la signora Anna’, i fratelli Carlo e Nello Rosselli, abituali frequentatori dei Treves, lo zio materno Alessandro Levi, illustre filosofo del diritto, cui Treves fu assai legato.
Nel 1924 il delitto Matteotti accelerò per lui, a suo stesso dire, il consolidamento di una coscienza politica più matura e forzatamente più consapevole dell’impatto che il fascismo avrebbe avuto sulle sue vicende personali, oltre che su quelle nazionali. La stretta del regime sui maggiori capi antifascisti, inclusi Claudio Treves e Turati, si fece rapidamente più soffocante, al punto che, per sfuggire al clima denso di intimidazioni e minacce, si rese necessario organizzare la fuga di Claudio in Francia, portata a compimento nel 1926.
All’esilio del padre – protrattosi fino alla sua morte, nel 1933 – seguì nel 1927 il momentaneo trasferimento di Paolo a Torino. Lì Treves proseguì gli studi universitari, avviati nell’Ateneo milanese, presso la facoltà di giurisprudenza, manifestando un vivace interesse per la storia delle dottrine politiche, disciplina coltivata grazie agli insegnamenti di Gioele Solari, con cui si laureò nell’estate del 1929, discutendo una tesi sul pensiero di Tommaso Campanella, poi pubblicata da Laterza l’anno successivo grazie all’intercessione di Benedetto Croce.
Durante i suoi anni torinesi, pur fortemente limitato e costretto a una vita piuttosto solitaria dalla sorveglianza poliziesca del regime, che seguiva costantemente ogni suo spostamento, gravitò, seppur tangenzialmente, intorno ai circuiti di Giustizia e libertà, di cui faceva parte il cugino Carlo Levi. Fu tuttavia un gesto istintivo e poco meditato a costargli il primo arresto: nel giugno dello stesso anno, poco prima di concludere il suo percorso di studi, Treves scontò alcune settimane di reclusione, in stretto isolamento, presso il carcere di Torino, con l’accusa di aver firmato, insieme ad altri studenti dell’Ateneo, una lettera di solidarietà a Croce, bersagliato dagli attacchi di Benito Mussolini in Parlamento. L’esperienza risultò estremamente dura per il giovane, fermo nelle sue convinzioni antifasciste, ma di indole fragile e inquieta, già provata dalla lontananza paterna e dalle limitazioni sofferte. Riuscì dunque a ottenere la liberazione, poiché il suo stato psicofisico fu giudicato instabile, grazie anche all’intervento del medico del carcere, Mario Carrara.
Rientrato a Milano nel 1937, Treves tentò di intraprendere la via della ricerca e dello studio, seguendo gli interessi sviluppati nel corso della sua esperienza universitaria. Le sue posizioni politiche tuttavia costituirono un ostacolo insormontabile. Nel 1935 il ministro dell’Educazione nazionale, Balbino Giuliano, gli aveva negato la partecipazione al concorso per la libera docenza in storia delle dottrine politiche a causa della dichiarata ostilità al regime, sua e dei suoi familiari. Si dedicò comunque con assiduità alla stesura di diversi saggi, affrontando tematiche eterogenee, che spaziavano dalla filosofia politica di Francesco Guicciardini e Niccolò Machiavelli all’incidente diplomatico di Fascioda del 1898.
Le leggi razziali del 1938 convinsero i Treves a lasciare definitivamente l’Italia. Dopo alcuni tentativi di trovare una sponda negli Stati Uniti, la scelta cadde sulla Gran Bretagna perché Piero aveva ottenuto una borsa di studio presso l’Università di Cambridge. Giunto Oltremanica insieme alla madre e al fratello nel settembre del 1938, Paolo faticò inizialmente a trovare un’occupazione stabile, lavorando in un primo momento come collaboratore a un progetto linguistico presso l’Ateneo di Liverpool e, successivamente, come lecturer di italiano presso il Bedford College a Londra. La prima rete di contatti da lui intessuta fu quella con gli antifascisti italiani rifugiati: le vedove dei fratelli Rosselli, il socialista Angelo Crespi, il professore di letteratura Decio Pettoello, presso la cui abitazione incontrò la futura moglie, Lotte Dann, una giovane tedesca di origini ebraiche laureata in medicina.
Nel giugno del 1940, in seguito alla dichiarazione di guerra, le autorità britanniche effettuarono un’imponente serie di arresti che colpirono l’intera comunità italiana, compresi i molti fuoriusciti dichiaratamente ostili al regime. Lo stesso Treves fu coinvolto e venne rinchiuso nel campo di internamento di Bury nel Lancashire. Fu in seguito rilasciato grazie all’intervento di William Gillies, responsabile della Sezione internazionale del Partito laburista, che segnalò al Foreign Office i nomi degli antifascisti da non trattenere.
Nello stesso mese Treves aveva sostenuto un colloquio di assunzione presso la BBC, con cui collaborò fino al momento del suo rientro in Italia, lavorando prima come autore dei testi e poi come speaker per le trasmissioni di Radio Londra. Dall’ottobre del 1943 al gennaio del 1945 condusse una sua rubrica personale, Sul fronte e dietro il fronte italiano, in cui aggiornava quotidianamente gli ascoltatori sull’andamento del conflitto in seguito all’armistizio dell’8 settembre 1943.
Sul versante politico la sua attività antifascista fu intensa soprattutto a mezzo stampa, con la pubblicazione di articoli in lingua inglese su diversi periodici britannici. Di particolare interesse furono i contributi apparsi sul settimanale The Left News. La rivista era stata fondata nel 1937 dall’editore britannico Victor Gollancz, particolarmente attento e ricettivo verso le istanze e le riflessioni che si sviluppavano all’interno dell’universo socialista in quegli anni tormentati. A essa fu allegato, a partire dal 1941, un inserto, l’International Socialist Forum, forse uno dei più significativi prodotti di quella vivace emigrazione. L’austriaco Julius Braunthal ricoprì il ruolo di caporedattore e furono membri del comitato editoriale, oltre a Treves, emigrati tedeschi, belgi, norvegesi. Treves stesso partecipò alle riflessioni presenti sul periodico, soprattutto dopo il 25 luglio 1943, quando pubblicò una serie di articoli in cui venivano formulate ipotesi sul futuro istituzionale e politico dell’Italia. Di Treves, Gollancz pubblicò anche l’autobiografia in lingua inglese What Mussolini did to us, approdata nelle librerie nel giugno del 1940 e tradotta successivamente in italiano, per Einaudi, nel 1945. Nel 1942, per la selezione del Left Book Club, fu inoltre dato alle stampe il saggio Italy. Yesterday, today, tomorrow, in cui venivano ripercorsi i momenti più significativi della storia italiana a partire dall’Unità. Fino alla fine del 1942, Treves fu inoltre membro dell’organizzazione di esuli italiani Free Italy Movement. Creata nel settembre del 1940 per dare maggiore coesione all’attività dei fuoriusciti oltremanica, che fino a quel momento si erano organizzati prevalentemente con iniziative individuali, essa fu tuttavia soggetta a ripetuti contrasti interni che ne minarono, in molte occasioni, la potenziale efficacia. La leadership del fondatore, il salernitano Carlo Petrone, si rivelò subito estremamente fragile e la sua figura ricevette le critiche sia degli altri esuli, compreso Treves, sia degli osservatori britannici, soprattutto il Foreign Office e il Partito laburista. Anche dopo l’estromissione del contestato Petrone, nell’aprile del 1941, il movimento andò incontro a nuove tensioni già a partire dall’anno successivo. Treves, che aveva appoggiato il rinnovamento del movimento, collaborò a molte delle manifestazioni organizzate e alla redazione della rivista Notiziario italiano, su cui venivano pubblicate le principali notizie relative alla propaganda del Free Italy Movement. Insieme al fratello, abbandonò il gruppo a seguito delle discussioni sorte tra il dicembre del 1942 e il gennaio del 1943, dopo la pubblicazione di un manifesto sul tema della disobbedienza civile emesso dal Centro estero del Partito socialista italiano (PSI) a Zurigo, della cui diffusione i Treves si resero attivi promotori, suscitando scetticismi e opposizioni da parte di altri membri. La situazione andò rapidamente deteriorandosi ed entrambi annunciarono le proprie dimissioni dal movimento con una nota del dicembre del 1942. L’azione del Free Italy Movement rimase dunque piuttosto limitata. Lo stesso Treves espresse un giudizio critico su molte delle sue iniziative, trovando un terreno assai più fertile in attività con un respiro maggiormente internazionale.
L’esilio di Treves si concluse nel gennaio del 1945, dopo diversi tentativi di rientro fatti nei mesi precedenti e in parte ostacolati anche dalla BBC, che non voleva privarsi di un collaboratore ormai esperto e alquanto apprezzato.
Tornato in Italia si stabilì con la moglie a Roma, dove iniziò a collaborare con l’Avanti!, desideroso di rientrare quanto prima nel mondo della politica attiva. Nell’aprile del 1945 seguì a Parigi l’amico Giuseppe Saragat, nominato ambasciatore in Francia. Treves lavorò presso la rappresentanza diplomatica come addetto culturale e alla stampa fino al marzo del 1946, quando rientrò in Italia per partecipare, nelle file del Partito socialista italiano di unità proletaria (PSIUP), alle elezioni per l’Assemblea costituente. Nel giugno di quell’anno risultò eletto per la circoscrizione di Milano-Pavia.
Nello scenario di crescente bipolarizzazione causato dalla guerra fredda, egli si trovò rapidamente persuaso della necessità di evitare ogni avvicinamento all’URSS di Iosif Stalin, il cui sistema politico dittatoriale costituiva un modello esiziale per un Paese che aveva da poco riconquistato la piena democrazia. Si schierò dunque a favore della ratifica italiana al trattato di pace, percepito come mezzo per rilanciare l’Italia nel dialogo europeo, persuaso della necessità di costruire un’Europa compatta nel proporsi come terza forza nella tesa dinamica tra i due blocchi. In questa prospettiva sostenne inoltre l’adesione italiana al Piano Marshall.
Nel corso dello svolgimento dei dibattiti per la Carta costituzionale maturò, all’interno del PSIUP, la frattura che avrebbe condotto alla scissione di Palazzo Barberini nel gennaio del 1947, di cui Treves fu convinto fautore, appoggiando la corrente di Concentrazione socialista, vicina al gruppo della Critica sociale. In seguito al congresso romano che sancì la fine del PSIUP, aderì dunque al Partito socialista dei lavoratori italiani di Saragat. Il suo primo ruolo nel nuovo Partito fu la direzione del quotidiano L’Umanità, esperienza conclusasi però già nel febbraio del 1947, quando l’incarico passò, non senza amarezza da parte di Treves, a Saragat e a Umberto Calosso.
Eletto deputato nelle elezioni dell’aprile del 1948, Treves si interessò con particolare attenzione alle principali questioni di politica estera, intervenendo più volte, nel corso della I Legislatura, su temi che rimasero perni costanti della sua visione, basata su un radicato europeismo e sulla necessità di procedere senza tentennamenti all’integrazione del Patto atlantico, unica via praticabile per opporsi alla paventata minaccia sovietica. Difese ripetutamente, soprattutto a mezzo stampa, la necessità di accogliere nella dimensione europea anche la Germania, evitando tendenze politiche punitive e ostracizzanti: nel settembre del 1950, infatti, si espresse positivamente in merito all’ipotesi di un riarmo tedesco. Nel 1949 era stato eletto rappresentante italiano in seno al Consiglio d’Europa.
Sul fronte della politica interna Treves si pose come vigile osservatore di ogni fenomeno che potesse ricondurre al fascismo, non solo come esperienza dittatoriale, ma anche, più in generale, come mentalità e clima politico. Formulò, già a partire dai primi mesi del 1945, considerazioni acute e non prive di amarezza sul rapporto della Repubblica con il suo passato fascista, troppo spesso poco elaborato, al punto da consentire il ripresentarsi di movimenti con richiami, aperti o velati, al regime mussoliniano. Fu rieletto alla Camera nel 1953 e, anche nel corso di quella seconda legislatura, tornò sui temi che avevano contraddistinto la sua riflessione politica e civile nel dopoguerra. Si mostrò favorevole, per tutti gli anni Cinquanta, alla collaborazione con la Democrazia cristiana, concretizzatasi pienamente, nel febbraio del 1954, con il sostegno del Partito socialista democratico italiano (PSDI) al governo Scelba. In quella occasione gli fu affidato il sottosegretariato per il Commercio con l’estero, incarico che ricoprì anche nel successivo esecutivo, guidato da Antonio Segni.
All’attività parlamentare affiancò la carriera universitaria, come docente di storia delle dottrine politiche. Dopo una lunga e travagliata vicenda concorsuale, apertasi nell’ottobre del 1947 e conclusasi definitivamente soltanto nel dicembre del 1950, Treves ottenne la nomina alla facoltà di scienze politiche dell’Università di Firenze. Per poter ottenere la posizione, Treves aveva chiesto infatti la revisione del concorso espletato nel 1939, cui non aveva potuto partecipare a causa delle leggi razziali, pur possedendo gli adeguati requisiti scientifici.
I suoi principali interessi di studio riguardarono, in quegli anni, il pensiero dei controrivoluzionari francesi e dei filosofi politici inglesi nel Seicento.
Fu sempre contrario al riavvicinamento al PSI di Pietro Nenni, nonostante le caute aperture di Saragat e della dirigenza del partito, che comunque non condussero a risultati concreti. Dal 1956 la sua partecipazione alla vita politica si ridusse progressivamente, segnando un costante allontanamento dalle dinamiche interne del PSDI. Alle elezioni politiche del maggio del 1958 Treves non venne rieletto per pochi voti. L’insuccesso gli provocò una profonda delusione, non tanto per l’attaccamento alla carriera politica, quanto per l’impossibilità di rappresentare, sulla scena italiana, gli ideali del socialismo riformista ereditati dal padre.
Morì improvvisamente a Fregene (Roma) il 4 agosto 1958, a cinquant’anni appena compiuti, lasciando la moglie e il figlio Claudio, nato nel 1952.
Opere. Oltre alla vasta attività giornalistica, si segnalano: La filosofia politica di Tommaso Campanella, Bari 1930; Il realismo politico di Guicciardini, Firenze 1931; Francesco Guicciardini, Roma 1932; La strada nel cerchio, Milano 1932; La Mennais, Milano 1934; Biografia di un poeta: Maurice de Guerin, Torino 1937; Il dramma di Fascioda. Francia e Inghilterra sull’alto Nilo, Milano 1937; Italy yesterday, today, tomorrow, Londra 1942; Sul fronte e dietro al fronte italiano, Roma 1945; Quello che ci ha fatto Mussolini, Torino 1945, Manduria 1996; L’isola misteriosa: saggio psicologico sugli inglesi, Firenze 1947; È inutile avere ragione: saggio su trent’anni di paura, Milano 1949; Profeti del passato: maestri e discepoli della controrivoluzione francese, Firenze 1952; Politici inglesi del Seicento, Napoli 1958.
Fonti e Bibl.: Una ricca documentazione di e su Treves si trova depositata presso la Fondazione di studi storici Filippo Turati di Firenze, Fondo Paolo Treves. Si veda inoltre: Roma, Archivio centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Direzione generale di Pubblica Sicurezza, Divisione Affari generali e riservati, Casellario politico centrale, b. 5210, f. Treves, Paolo. Per l’esilio inglese: Londra, National Archives, Foreign Office; Reading, BBC Written Archives Centre, Italian service script e Staff files, f. Paolo Treves; Manchester, Labour Party Archive. Per le vicende universitarie: Roma, Archivio centrale dello Stato, Ministero della Pubblica Istruzione, Direzione generale Istruzione superiore, Divisione prima, Concorsi a cattedre nelle università (1924-1954), b. 190.
Per un profilo biografico si segnalano: «In un paese schiavo con sensi liberi». Antologia degli scritti di P. T., a cura di F. Fiorani, Milano 2017; A. Ricciardi, P. T. Biografia di un socialista diffidente, Milano 2018. Altri cenni e informazioni utili si trovano in: Radio Londra 1940-1945. Inventario delle trasmissioni per l’Italia, I-II, a cura di M. Piccialuti Caprioli, Roma 1976; G. Averardi, I socialisti democratici. Da Palazzo Barberini alla scissione del 4 luglio 1969, Milano 1977; P. Sebastiani, Laburisti inglesi e socialisti italiani: dalla ricostruzione del PSI(UP) alla scissione di Palazzo Barberini, da Transport House a Downing Street (1943-1947), Roma 1985; Il socialismo al bivio. L’archivio di Giuseppe Faravelli 1945-1950, Milano 1990; A. Bernabei, Esuli ed emigrati italiani nel Regno Unito 1920-1940, Milano 1997; L. Sponza, Divided loyalties. Italians in Britain during second world war, Berna 2000; G. Gabrielli, Gli amici americani. I socialisti italiani dalla guerra fredda alle amministrative del 1952, Manduria 2004; M. Giovana, Giustizia e Libertà in Italia. Storia di una cospirazione antifascista, 1929-1937, Torino 2005; M. Donno, Socialisti democratici. Giuseppe Saragat e il PSLI (1945-1952), Soveria Mannelli 2009; L. Dann Treves, Ricominciare sempre da capo, a cura di E. Signori, in Rivista di storia dell’Università di Torino, I (2012), 2, pp. 15-119; E. Lo Biundo, London calling Italy. La propaganda di Radio Londra nel 1943, Milano 2014; F. Fiorani, Voci libere oltre i confini: l’esperienza degli esuli italiani a Radio Londra (1940-1945), in Disegnare, cancellare, attraversare i confini. Una prospettiva interdisciplinare, Torino 2018, pp. 282-291.