VETTORI, Paolo
– Nacque a Firenze il 7 ottobre 1477 da Piero e da Caterina Rucellai, sorella del ricco Bernardo, ed ebbe due fratelli, Giovanni e Francesco (v. la voce in questo Dizionario).
Della gioventù non abbiamo notizie, ma dovette già manifestare il carattere impetuoso e volitivo. Si sposò con Francesca di Lorenzo di Matteo Strozzi. I legami con le più potenti famiglie fiorentine lo aiutarono nel lanciare alcune attività commerciali correlate alle miniere di ferro nel Pisano, che tuttavia non gestì con molto profitto. Eletto priore nel maggio-giugno del 1507, favorì la nomina del fratello maggiore come emissario della Repubblica presso l’imperatore Massimiliano I alla Dieta di Costanza. Durante quella legazione, i fratelli si tennero in contatto con corripondenze cifrate (cfr. Francesco Vettori a Paolo Vettori, Innsbruck, 15 novembre 1507: Archivio di Stato di Firenze, Dieci di balia, Resp. 90, 418). Nel 1509, si recò a Parigi a recuperare Francesco, che si era gravemente ammalato.
Bernardo Segni scrive che «Paol Vettori giovane, ed ardito, ed accorto, e che, o per la povertà, o per altra cagione era malcontento di quel modo di vivere, e vago di cose nuove» (Vita di Niccolò Capponi, in Storie fiorentine, Augsburg 1723, p. 5): il profilo sallustiano gli calza benissimo, e in effetti fu coinvolto personalmente nella rimozione del gonfaloniere Pier Soderini dal suo ufficio il 1° settembre 1512, insieme a Baccio Valori e Antonfrancesco degli Albizzi. Fu anche inviato al campo del viceré Cardona per trattare la resa di Firenze e il rientro dei Medici. Dopo il colpo di mano militare del 16 settembre, divenne capitano delle guardie di Palazzo Vecchio, carica che passò a Giulio de’ Medici quando fu nominato fra i Signori, il 1° novembre.
Nell’autunno del 1512 compose i Ricordi [...] al cardinale de’ Medici sopra le cose di Firenze (in von Albertini, 1970, pp. 357-359), secondo cui «li antecessori vostri», da Cosimo a Piero, «usorno in tenere questo Stato più industria che forza. A voi è necessario usare più forza che industria», Inoltre, «la Signoria fu sempre il bastone e none il cervello dello Stato». Il linguaggio forte e colorito ha fatto ipotizzare ad alcuni che Machiavelli sia stato il coautore di questi Ricordi. Di sicuro sappiamo che dopo la congiura di Pietro Paolo Boscoli del febbraio 1513, appena uscito di prigione il 18 marzo, grazie all’amnistia per l’elezione di Leone X, Machiavelli ringraziò Giuliano de’ Medici e Vettori, tramite il fratello Francesco.
Per sdebitarsi dell’aiuto ricevuto, il papa lo nominò depositario per la decima a Firenze nel novembre del 1513. Era un ufficio remunerativo, ma la cronica tendenza a indebitarsi e una certa libertà di espressione lo misero subito in rotta con Lorenzo de’ Medici, che si lamentò di lui come di «un cervello curioso, fantastico et maligno che va di continuo observando ogni mia actione» (a Baldassarre Turini, 24 marzo 1514: Archivio di Stato di Firenze, Mediceo avanti il Principato, CXLI, c. 15r). Due mesi dopo, l’attacco divenne frontale, con l’accusa di gravi malversazioni (11 maggio 1514: c. 28v).
Ma Vettori era protetto da Giuliano de’ Medici, con il quale presenziò alle feste di S. Giovanni e organizzò a casa sua delle feste private con «una quantità di belle et gentili dame, le quali li hanno intractenuti con balletti et altre chiachiere domesticamente» (22 giugno 1514: c. 42v). Anche Filippo Strozzi, venuto a Roma in agosto per ottenere la depositeria scoprì che Vettori lo aveva denunciato «publicamente» e lo ripagava «una trista moneta» (CVIII, c. 124). Tutte quelle tensioni fecero perdere a Vettori la depositeria, non più tardi di settembre, quando Lorenzo lasciò Firenze per trasferirsi a Roma, dove in novembre si ritrovarono entrambi, perché Vettori fu inviato dalla Repubblica, i cui affari interni erano in cattivo stato.
Per togliersi il fastidio, il papa dovette favorire la nomina di Paolo a maggiordomo di Giuliano, il quale si preparava ora a sposarsi con Filiberta di Savoia e sperava di ottenere qualche titolo principesco. Anche le ambizioni di Vettori erano ben deste: il 31 gennaio 1515 Machiavelli (1961) scrisse a Francesco Vettori che Paolo era stato a Firenze con Giuliano, che gli aveva promesso di «farlo governatore di una di quelle terre delle quali [...] egli diventa signore di Parma, Piacenza, Modana et Reggio» (p. 374). Machiavelli sperava di poter ottenere a sua volta qualche incarico, ma il 14 febbraio Piero Ardinghelli intimò a Giuliano di «non s’impacciare con Nicolò», il cui impiego era una «inventione» di Vettori. Questi, tuttavia, non si diede per vinto e si presentò con una credenziale di Leone X al cardinale Giulio de’ Medici legato a Bologna. Da una minuta autografa a Giuliano de’ Medici (British Library, Add. Mss., 10.279, cc. 117-118) del 1° marzo 1515 si apprende che il cardinale espresse l’estrema gratitudine dovuta a Vettori per avere «operato nella elezzione della Santità de nostro Signore e dell’avere tenuto questa nazione [fiorentina a Roma] ben disposta a devotione», promettendogli di fargli ulteriori favori.
Nella lotta per la preminenza fra Giuliano e Lorenzo prevalse tuttavia il secondo, a causa della fragile salute del primo, il quale – appena nominato gonfaloniere della Chiesa – dovette ritirarsi a letto, e non poté seguire le truppe pontificie inviate in Lombardia per resistere all’impatto dell’esercito francese. In realtà Lorenzo, in qualità di capitano delle milizie fiorentine, si tenne ben lontano dal campo di battaglia di Marignano, il 13-14 settembre, e poi cercò immediatamente di entrare nelle grazie del vincitore, il re Francesco I. Bartolomeo Cerretani (1993) scrive che fu «mandato Paolo Vettori da Roma al re di Francia e’ chomincciò a tentare e non si trovò in perversa dispositione. Benché questo nuovo re fussi giovane si trovò di gran iuditio e seppe sempre beniximo dissimulare» (p. 332), ma anche Vettori era andato a scuola da Machiavelli, e i due uomini s’intesero alla perfezione.
Vettori era sicuramente presente all’incontro fra il papa e il re a Bologna in dicembre. Suo fratello Francesco seguì la corte in Francia, mentre lui rimase vicino a Giuliano, fino alla sua morte il 17 marzo 1516. Per impiegare il talentoso e intraprendente Vettori, il papa lo nominò subito capitano della sua flotta. Senza perdere tempo, egli contribuì all’organizzazione di una spedizione punitiva contro il corsaro Curtogoli, che venne inseguito da una flotta cristiana di cui faceva parte anche il convoglio pontificio e scacciato dalla sua base a Biserta, in Tunisia, nel corso dell’estate. In tutte queste operazioni marinare è emerso di recente che fu coinvolto direttamente anche Machiavelli, di cui ci sono pervenute almeno tre tracce documentarie (Guidi - Simonetta, 2019). In sintesi, Machiavelli si trovava a Napoli nel settembre del 1516, dove gli fu recapitata una dettagliata istruzione di mano di Vettori (finora erroneamente attribuita ad Andrea Doria). Egli trasferì gli ordini a un collaboratore che si trovava ancora in Sicilia, e si recò poi a Roma per comunicare al cardinale Giulio le urgenti richieste del capitano.
Il 10 ottobre 1516 Machiavelli scrisse a Vettori da Livorno, dove si era recato per occuparsi di questioni relative alle galee di Antonio da Biassa (personaggio cui si è potuto risalire grazie alla riscoperta dell’autografo della lettera da parte di Guidi, ibid., e alla conseguente correzione di un passo prima erroneamente interpretato come «Pascià» in «Biascia»). Nei mesi successivi, tuttavia, la collaborazione con il capitano dovette interrompersi, anche perché le operazioni terrestri collegate alla costosissima guerra di Urbino, nell’annus horribilis 1517, presero ampiamente il sopravvento, pur sostenute via mare dalle imbarcazioni al comando di Vettori con sbarchi sulle coste marchigiane.
Vettori invece fu incaricato di scortare a Civitavecchia il chirurgo Battista da Vercelli, accusato di aver partecipato alla cosiddetta congiura dei cardinali, che in effetti rappresentò un’ottima occasione per il papa di rimpinguare le esauste casse della Chiesa. Vettori si trovava a Roma il 1° luglio quando furono nominati trentuno nuovi cardinali, e – secondo quanto riferisce Niccolò Guicciardini al padre Luigi – raccontò dei prodigi che avevano accompagnato quella proverbiale infornata del Sacro Collegio (Archivio di Stato di Firenze, Signori, Dieci di balia, Otto di pratica, Missive originali, 9.80, n. 58, cit. in Guidi - Simonetta, 2019, p. 261).
Sebbene fosse stimato per il suo coraggio, Vettori non era ammirato per la sua imprudenza e impulsività. Il suo indebitamento costante gli creò diversi problemi con la banca dei Nasi, e nel mezzo di una disputa legale ebbe la cattiva idea di vantarsi che avrebbe attaccato Piombino anche se non gliene avessero dato licenza, e «come Capitano di ventura deliberava fare un bel tratto» (Goro Gheri a Baldassarre Turini: Archivio di Stato di Firenze, Copialettere 4, c. 150r, 14 marzo 1518). La risposta da Roma non si fece attendere: il cardinale Giulio lo rimproverò, tramite il fratello Giovanni, di essere «intrato in simili girandole» e lo invitò a sturarsi «l’orecchio» (Turini a Gheri, 16 marzo 1518: Archivio di Stato di Firenze, Mediceo avanti il Principato, 144.75, c. 193r).
Tuttavia Vettori non volle ascoltare quei moniti, e nel settembre del 1518 si fece sorprendere in mare aperto, proprio vicino a Piombino, da una flottiglia di fuste moresche, e fu catturato. Lo scandalo di un ammiraglio pontificio nelle mani dei pirati infedeli non poteva essere tollerato, e qualche settimana più tardi, attraverso una mediazione veneziana, Vettori era già libero, sotto pagamento di un riscatto di circa 6000 ducati.
Dopo la morte di Lorenzo de’ Medici, e poi di papa Leone, le sorti di Vettori cambiarono repentinamente. Adriano VI, pur scortato dalla Spagna dalla flotta pontificia, gli revocò l’incarico navale. Rientrato a Firenze, fu priore dal maggio al giugno del 1523, e in settembre fu inviato a Milano per trattare con gli spagnoli. Durante questa missione ebbe frequenti scambi con Francesco Guicciardini, allora governatore di Modena e Reggio. Diede prova di sicuro intuito militare quando scrisse che Carlo di Borbone, venuto in Lombardia, era «homo che molto bene intende le cose della guerra» (Milano, 11 febbraio 1524: Otto di balia, Resp. 33, 77). Nel frattempo Giulio de’ Medici fu eletto papa con il nome di Clemente VII, e lo richiamò ai suoi antichi uffici di capitano. Nell’estate del 1525 scortò il cardinale legato Giovanni Salviati in Spagna nel suo viaggio via mare, sostando a La Spezia (Resp. 37, 222), fino a Barcellona.
La reputazione di Vettori come uomo energico e fattivo venne confermata negli anni successivi, insieme alla sua indole collerica. Come notò Machiavelli in una lettera a Francesco Guicciardini della fine di ottobre del 1525, Vettori non si fece mai alcuno scrupolo di chiedere favori ai Medici, di cui si sentiva creditore per i fatti del 1512. Con la prospettiva dell’imminente liberazione di Francesco I dalla prigionia di Madrid, nel febbraio del 1526, Clemente VII decise di inviarlo a trattare con lui le delicate questioni strategiche che preludevano alla costituzione della Lega santa.
Invece, Vettori, partito da Roma, si ammalò gravemente e morì a Firenze il 9 marzo 1526.
Dopo la sua scomparsa, scoppiò una lite patrimoniale fra la vedova, Francesca Strozzi, e i fratelli Francesco e soprattutto il più giovane Giovanni, che si trascinò per alcuni anni.
Paolo fu una figura potente e ubiqua, quasi onnipresente in tutti i momenti cruciali della storia italiana dal 1512 al 1526. Di solito dimenticato a favore di Francesco, l’intellettuale e il diplomatico di famiglia, in realtà ebbe ruoli più importanti e risultati assai più incisivi. Non sappiamo se fosse un grande lettore, ma di sicuro possedeva un codice delle Istorie fiorentine di Machiavelli, l’ex Marmi II.III.64 della Biblioteca nazionale di Firenze, copiato dall’umanista Ludovico Buonaccorsi su commissione di Vettori, allora capitano generale della flotta pontificia (probabilmente fra il 1524 e il 1525, data della presentazione dell’opera al papa).
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Firenze, Otto di pratica, Resp. 30, 32-33 (Milano), 37; Firenze, Biblioteca nazionale, II.III.432 (lettere a Francesco Del Nero); Carte Machiavelli, VI.79 (istruzione a Machiavelli). Alla British Library (Vettori Papers) esistono molte lettere a lui indirizzate, sparse fra le carte del nipote umanista Piero Vettori, oltre alla citata minuta a Giuliano de’ Medici. Nelle Lettere di Francesco Guicciardini, II, 1514-1517, a cura di P. Jodogne, Roma 1987, non è indicizzato: pp. 6 (lettera da ridatare al 29 marzo 1515), 22, 24, 44; ad indices dei voll. I, IV, VI, VIII, IX, X.
A.P. Guglielmotti, La guerra dei pirati e la marina pontificia dal 1500 al 1560, Firenze 1876, pp. 121-267; N. Machiavelli, Lettere, a cura di F. Gaeta, Milano 1961, ad ind.; R. von Albertini, Firenze dalla Repubblica al principato, Torino 1970; R. Devonshire Jones, Francesco Vettori. Florentine Citizen and Medici Servant, London 1972; E. Niccolini, Ventiquattro lettere inedite di Francesco Vettori, in Giornale storico della letteratura italiana, CLXVII (1990), pp. 547-589; B. Cerretani, Ricordi, a cura di G. Berti, Firenze 1993; M. Hörnqvist, Approaching the Medici: Machiavelli as co-author of Paolo Vettori’s Ricordi of 1512?, in Florence and beyond: culture, society and politics in Renaissance Italy. Essays in honour of John Najemy, a cura di D.S. Peterson - D.E. Bornstein, Toronto 2008, pp. 399-416; M. Simonetta, Volpi e leoni, Milano 2014; Id., L’aborto del Principe: Machiavelli e i Medici (1512-1515), in Interpres, XXXIII (2015), pp. 192-228; A. Guidi - M. Simonetta, Machiavelli, P. V. e la caccia ai pirati nel Mediterraneo: ancora sui “negozi” di Niccolò nell’“ozio” di Sant’Andrea, in Niccolò Machiavelli. Dai “castellucci” di San Casciano alla comunicazione politica contemporanea, a cura di A. Guidi, Manziana 2019, pp. 19-33.