BONOMINI, Paolo Vincenzo
Figlio di Paolo e Maria Viduali, nacque a Bergamo il 23 genn. 1757 (per l'atto di nascita e la trascrizione errata cfr. Bassi Rathgeb, 1957, p. 10).
II soprannome Bor(r)omini, Boromino, col quale è anche conosciuto, era il cognome del padrino di battesimo, G. B. Borromini: divulgato dal Locatelli, non fu mai sistematicamente adottato dal pittore.
Il padre del B., Paolo, nato il 26 marzo 1703 da Gerolamo - un violoncellista giunto a Bergamo da Venezia e suonatore nella cappella vescovile - e da Maria Maggiorati, fu anch'egli pittore. Fino ai venti anni fu il migliore e il più caro allievo di Vittore Ghislandi: dopo un corso di nudo e forse un viaggio di perfezionamento a Venezia, divenne l'aiuto e l'imitatore talmente abile del Galgario da confondere gli stessi contemporanei.
Grande diffusione a Bergamo ebbero i suoi ritratti di magistrati veneziani e di autorità locali (cfr. l'Anonimo del 1761 nella Bibl. Civica di Bergamo [ms. Gab., Δ VIII 12, c. 681], trascritto in Bassi Rathgeb, 1957, pp. 11 s., che ne dà un nutrito elenco), è il Tassi scrive che dipingeva "con tanta somiglianza del vivo... che di più non si può desiderare, né sperare...". Lo stesso autore (p. 144) riporta una lettera del Quarenghi che dice di aver studiato disegno con Paolo Bonomini e con G. Raggi "i quali in tal tempo erano i migliori Pittori che fossero in Bergamo".
Oggi pressoché ignorato, Paolo Bonomini meriterebbe qualche accurata ricerca locale, anche se per vivere egli si dedicò in parte a lavori di commissione a lui non congeniali, come ci attesta il Tassi e come si può notare nelle due tele in S. Grata con S.Aurelio e S. Anna che istruisce la Vergine. Ma il ritratto di Zenobia Benaglio (Acc. Carrara, n. 46) e quelli di Antonio Bettani (1768), Antonio Bianchi e forse quello di Simone Pelliccioli (propr. Istituti ospitalieri di Bergamo), potrebbero essere il primo nucleo di fruttuose riscoperte.
Il B., suo allievo, non ne seguì le orme. Sappiamo che abitava in Borgo Canale all'attuale n. 10, probabilmente già dimora del padre e del nonno; che nel 1805 era sposato a una quasi settantenne, tale Maddalena Evandri; che si risposò (1806), a un mese dalla morte della prima moglie, con la ventottenne Francesca Pandini, e che, morta anche la seconda moglie senza prole nel 1828, si accasò per la terza volta nel 1831 con Maria Annunciata Colombi, già "famula ipsius", dalla quale ebbe l'anno dopo la figlia Maria Luigia morta nubile nel 1850 (Bassi Rathgeb, 1957, pp. 12 s.). Nel 1793 periziò una tela del Raggi per le monache di S. Grata (cfr. R. Bassi Rathgeb, G. Raggi..., in L'Arte, LIV [1954], p. 22); nel 1818 era primo fabbriciere della sua parrocchia, S. Grata inter Vites a Borgo Canale; del 1825 sono due sue lettere alla Congregazione municipale per modifiche da apportarsi al salone del palazzo comunale (ora Civica biblioteca: Bassi Rathgeb, 1954).
Morì di polmonite a Bergamo il 17 apr. 1839 (la lapide è ora nel cimitero di Bergamo: Bassi Rathgeb, 1957, p. 12).
Era alto, magro, di spiriti vivacissimi e umoreschi. Generazioni di bergamaschi si sono tramandate le sue bizzarrie. La parrocchia di S. Grata in Borgo Canale conserva i pochi documenti ufficiali della sua vita, dall'atto di nascita a quello di morte, ed è in questo, ripreso da P. Locatelli, che per un'evidente svista del parroco il B. è indicato col cognome Borromini, quello del padrino di battesimo.
Riemerso improvvisamente dalla più profonda dimenticanza a una fama più che nazionale con la grande mostra di palazzo Pitti del 1922 per merito delle sei tempere macabre di S. Grata, oggi conosciamo del B., oltre quelle tele e il volume con centoquindici disegni nelle raccolte d'arte del Castello Sforzesco di Milano (legato Guasconi, 1863), buona parte della sua immensa attività in chiese, teatri, ville e palazzi. Ricca, varia, duttile attività di decoratore - a tempera su tela, a buon fresco su intonaco - di soffitti, pareti, cimase, sovrapporte.
Si occupò senz'altro anche di scenografia dato che restano in raccolte private piccoli bozzetti e scenari; un frammento della decorazione pittorica del Teatro di S. Cassiano (demolito) con Trionfo romano è conservato nella racc. Caversazzi di Bergamo; perdute o distrutte sono anche le decorazioni del Teatro Riccardi (ora Donizetti) e del Teatro Sociale (i cui parapetti furono distrutti perché ritenuti offensivi per chi vi si riconosceva) come quelle di molte case, ville o palazzi.
Sono ancora in tutto o in parte esistenti le decorazioni della villa Salvi Tacchi a Scano al Brembo (aveva dato i disegni pure per le tappezzerie e nella sala azzurra lasciò la firma; purtroppo numerose sovrapporte sono state vendute); della villa Camozzi, della chiesa e della casa parrocchiale a Ranica; delle ville già Vecchi a Carvico, Locatelli Milesi a Villa Almé e Agliardi a Sombreno; della casa Colleoni a Osio; delle ville Colleoni a Grená, Lochis a Bonate Sotto, Ambiveri a Seriate, Giavazzi a Verdello. In Bergamo il B. lavorò nel palazzo Pesenti, nelle case già Carrara, già Patirani (in S. Salvatore), Piccinelli, Moretti; nei palazzi Terzi e Daina De Beni (già Maffei); nell'istituto musicale Donizetti (casa Mayr).
Fantastico, poderoso e sorvegliatissimo decoratore, non sembra che la pittura del padre abbia influito su di lui e ben poco quella dell'oscuro C. Rancilio, che forse gli fu maestro. La sua preparazione e il suo segno ci appaiono di formazione neoclassica, formazione per la quale si ipotizzò (Delogu) un apprendistato milanese, ben possibile, e uno romano, più difficile. Con tecnica e spirito inconfondibili e personalissimi, egli riesce senza dissonanze a inserire in un severo soffitto a scomparti e grottesche pompeiane delle vedutine alla Guardi, a schizzare figurette alla Magnasco in un finto bassorilievo - a monocromo, a rifare il verso alle figure di G. D. Tiepolo e ai ritmi dell'Appiani, a vivificare il segno più rigoroso, la figura più modellata, la prospettiva più asciutta e il fondo più fermo con la trasparenza di colori sgargianti e quasi lucidi, con gialli e azzurri e rossi solari, con bianchi fulgenti, con un senso luministico inusitatamente vibrato ai suoi giorni. Le sei tele macabre di S. Grata, le decorazioni di palazzo Maffeis a Bergamo, della casa parrocchiale e della chiesa di Ranica sono esemplari in questo senso. Il prezioso albo di disegni di Milano dà, del resto, un'altissima misura della sua valentia e originalità. Il Pinetti (1924) lo ricorda anche come plasticatore di bassorilievi in stucco a villa Tacchi a Scano, a casa Lochis a Bonate, a casa già Gout in via Masone a Bergamo.
Fonti e Bibl.: F. M. Tassi, Vite de' pittori scultori e architetti bergamaschi, Bergamo 1793, II, pp. 70 s. e 144 (per Paolo); A. Dragoni, Bergamo ovvero notizie patrie, Bergamo 1860, p. 69; P. Locatelli, Illustri bergamaschi, Bergamo 1879, III, pp. 381 s.; A. Mazzoleni, Guida di Bergamo, Bergamo 1909, p. 88; N. Tarchiani, in La pittura italiana del Sei e Settecento alla Mostra di Palazzo Pitti 1922, Firenze 1922, p. 42; A. Pinetti, Il pittore P. V. B. e le sue decor. nella villa Salvi-Tacchi..., in Riv. diBergamo, III (1924), pp. 1503-10; G. Delogu, Pittori minori liguri,lombardi e piemontesi del Sei e Settecento, Venezia 1931, pp. 223-33; Inv. degli oggetti d'arte d'Italia, A. Pinetti, Prov. di Bergamo, Roma 1931, pp. 77, 123 (per Paolo); R. Bassi Rathgeb, Paesisti bergamaschi dell'Ottocento, Bergamo 1944, pp. 30-32; Mostra della casa italiana nei secoli (catal.), Firenze 1948, p. 96; R. Bassi Rathgeb, Due lettere inedite del pittore V. B., in Bergomum, XXVIII(1954), pp. 83 s.; F. Mazzini, Fra' Galgario e il Settecento in Bergamo (catal.), Milano 1955, pp. 61 s., 67 s.; R. Bassi Rathgeb, V. B. pittore macabro, Venezia 1957; A. Ottino Della Chiesa, L'età neoclassica in Lombardia (catal.), Como 1959, pp. 118 s.; B. Belotti, Storia di Bergamo..., V, Bergamo 1959, pp. 160 (per Paolo), 547 s. e passim; U.Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, IV, p. 376 (sub voce Borromini); Enc. Ital., VII, p. 433.