ADRIANO IV, papa
Nicola Breakspear nacque in Inghilterra, a Langley, presso Sant'Albano, da un ecclesiastico di nome Roberto. Viaggiò in Francia, studiò ad Arles, fu quindi accolto nel monastero di San Rufo presso Avignone e ne divenne abate (1137). Alienatisi i monaci perché straniero o, forse più, per la sua inflessibile severità, fu da essi denunciato a Roma; ma recatosi colà, si acquistò la stima di Eugenio III, che lo nominò cardinale vescovo di Albano e, nel 1152, lo fece legato in Norvegia, per regolare le relazioni fra le chiese scandinave e l'arcivescovato di Lund in Danimarca. Risolta felicemente la difficile questione, ritornò in Roma nel novembre 1154, dove poco dopo, morto Anastasio IV, fu eletto papa (4 dicembre) col nome di Adriano IV. E l'unico Inglese assunto al pontificato.
Di fronte all'ostilità sia del comune democratico romano, capeggiato da Arnaldo da Brescia, sia di Guglielmo di Sicilia che assaliva le terre della Chiesa, A. strinse alleanza con Federico Barbarossa: gli promise cioè la corona imperiale, a patto di averne aiuto militare per combattere Guglielmo e sottomettere i Romani. ll 18 giugno 1155, dopo che, per mezzo suo e dietro richiesta del pontefice, Arnaldo fuggitivo era stato arrestato e mandato a morte, Federico fu incoronato in S. Pietro, nonostante le diffidenze e i sospetti sorti fra imperatore e pontefice, che esigeva i consueti segni di omaggio; e fra imperatore e cittadini romani, che si erano sdegnati per la ripulsa fatta ad una loro ambasceria. Era appena compiuta la cerimonia, che scoppiava una furibonda zuffa fra cittadini e Tedeschi. L'imperatore, sebbene vittorioso, dové levare il Campo e dirigersi, insieme col papa, prima a Farfa (29 giugno 1155), poi ad Albano e a Tuscolo. A. avrebbe voluto che egli marciasse contro il re di Sicilia; ma la peste e l'opposizione dei signori laici lo indussero a riprender la via della Germania e a lasciare il pontefice solo, alle prese con i suoi due nemici.
Escluso da Roma, nel novembre del 1155, A. si ritrasse a Benevento, accordandosi da un lato coi baroni ribelli a Guglielmo di Sicilia, dall'altro con l'imperatore d'Oriente, che preparava una spedizione contro lo stesso Guglielmo. Ma, domata la ribellione e sconfitti i Bizantini, Guglielmo assediò il papa e lo costrinse a quel trattato di Benevento (18 giugno 1156), che riconosceva al re tutte le conquiste normanne, cioè il reame di Sicilia, il ducato di Puglia, il principato di Capua con Napoli, Amalfi e Salerno e il distretto dei Marsi, in cambio dell'omaggio feudale e del pagamento di un tributo in danaro; e regolava, con notevoli vantaggi per l'autorità regia, le questioni riguardanti la disciplina ecclesiastica e le relazioni fra stato e chiesa, cioè nomine, consacrazioni, visite, appelli a Roma, convocazione di concilî, ecc. Parve all'imperatore e ai suoi che il trattato di Benevento violasse le disposizioni del trattato di Costanza, da lui conchiuso nel 1153 con Eugenio III, ai danni del regno normanno; certo, egli vide in pericolo i suoi disegni sull'Italia meridionale. E le relazioni fra papato e impero peggiorarono. A provocare lo scoppio delle ostilità, si aggiunse l'episodio di Besançon. Eskil, arcivescovo di Lund in Danimarca, di ritorno dall'Italia, era stato fatto prigioniero in Germania, e, nonostante le premure del papa, non era stato rilasciato. Perciò, nell'ottobre del 1157, due legati papali, il cancelliere Rolando e Bernardo, cardinale di San Clemente, raggiunsero a Besançon l'imperatore, latori di una severa lettera con la quale A. gli ricordava il conferimento della corona imperiale, si mostrava disposto a concedergli maggiori beneficia e si doleva aspramente della prigionia dell'arcivescovo. A torto o a ragione, credettero il Barbarossa ed i principi presenti che, con le parole conferre e beneficia, il papa intendesse riaffermare le antiche pretese di soggezione feudale dell'impero al papato, e si abbandonarono alle più violente manifestazioni di sdegno contro i legati. Anche il clero tedesco, premuto dalle due parti, fece intendere al papa la necessità di cedere di fronte all'imperatore. Si aggiunga che Federico si stava preparando ad una nuova discesa in Italia. Cosicché, per evitar complicazioni, nel giugno del 1158, due legati papali raggiungevano il Barbarossa ad Augusta e gli consegnavano una lettera, in cui era dato soddisfacente chiarimento delle parole che avevan destato tanto scandalo.
Ma la conciliazione fu di breve durata. La superba dichiarazione dei diritti imperiali nelle costituzioni di Roncaglia, le esazioni compiute dagli ufficiali dell'imperatore nelle terre della chiesa, provocarono il risentimento del papa, che, nell'aprile del 1159, affermava solennemente spettare a S. Pietro tutte le magistrature e le regalie di Roma; l'imperatore non aver il diritto di trattare direttamente coi Romani; le terre della Chiesa non esser tenute al fodro, salvo per la coronazione imperiale; Tivoli, Ferrara, Massa, Ficarolo, i beni matildini, il territorio da Acquapendente a Roma, il ducato di Spoleto, la Sardegna e la Corsica, doversi restituire alla S. Sede. Respinte con ironia le richieste papali, Federico propose un collegio arbitrale, composto di sei cardinali da parte del papa e di sei vescovi da parte sua; e fece nel tempo stesso balenare la minaccia d'intendersi coi Romani, che, frattanto, gli avevan offerto il riconoscimento dei diritti imperiali e chiesto riconoscimento e protezione per il Senato. A. respinse nettamente la proposta. Fin dalla sua rottura col Barbarossa, nel 1157, egli s'era adoprato a conciliare l'imperatore d'Oriente, Manuele Comneno, con Guglielmo I di Sicilia, riuscendo a pacificarli (1158); aveva mantenuto, in seguito, sempre più strette relazioni col re, e, con lui, incoraggiato i Milanesi ribelli. Ora, ad Anagni, si univa in alleanza con Brescia, Piacenza, Milano, per resistere alle pretese imperiali, e prometteva entro quaranta giorni di colpire Federico con la scomunica (1159). Ma prima che il disegno fosse compiuto, improvvisamente egli moriva ad Anagni il 1° settembre 1159.
All'affabilità dei modi, allo zelo e alla pietà religiosa si univano in A. forza di carattere, tenacia, abilità politica, astuzia, costante, altissima coscienza della sua dignità. Per queste doti egli fu pari al terribile compito impostogli dal governo della chiesa. Molto si è discusso se questo papa inglese, nel 1155, abbia autorizzato Enrico II d'Inghilterra a impadronirsi dell'Irlanda.
Bibl.: J. D. Mackie, Pope Adrian IV, Oxford 1907; H. K. Mann, Nicholas Breakspear (Hadrian IV), Londra 1914; E. M. Almedingen, The english pope, Londra 1925; H. Schrors, Untersuchungen zu dem Streite Kaisers Friedrichs I mit Papst Hadrian IV (1157-1158), Friburgo in B. 1916; A. Eggers, Die Urkunde Papst Hadrians IV für König Heinrich II von England über die Besetzung Irlands in Hist. Stud., 1922, fasc. 151.