ADRIANO VI, papa
Adriano Florensz nacque in Utrecht il 2 marzo 1459, da una modesta famiglia di artigiani. Studiò filosofia, teologia e diritto ecclesiastico nell'università di Lovanio, divenne insegnante di filosofia (1488), si addottorò in teologia (1491), indi ottenne la parrocchia di Goedereede in Olanda, e successivamente in Lovanio fu decano del collegio dei canonici di S. Pietro, cancelliere e rettore dell'università. Chiamato dall'imperatore Massimiliano all'ufficio di precettore di suo nipote Carlo (il futuro imperatore Carlo V), tenne questo ufficio sino al 1515. Nel gennaio 1516, venne associato al cardinale Ximenes nel governo dei regni di Castiglia e d'Aragona; nel giugno, ottenne il vescovato di Tortosa; nel novembre del medesimo anno, fu nominato, da Leone X, inquisitore generale d'Aragona e di Navarra. E poi: cardinale del titolo di S. Giovanni e Paolo, il 1 luglio 1517; inquisitore dei regni di Castiglia e di León, nel 1518; governatore generale della Spagna, nel 1520, nominato a tale ufficio da Carlo, imperatore eletto, mentre lasciava il paese per ricevere la corona di Germania. Alla morte di Leone X, il voto dei cardinali si raccolse su di lui, il 9 gennaio 1522, mentre A. ancor trovavasi in Spagna. La figura storica di A., per la sua indole austera, aliena dalle arti e dalle lettere, sollecita principalmente della pace tra i principi cristiani e degli interessi generali della cristianità, contrasta nel modo più assoluto con quelle dei due pontefici medicei, Leone X, che lo precedé, e Clemente VII, che gli successe nel governo della chiesa; sicché il pontificato di A. rimane come una parentesi nella storia del papato della Rinascenza. Sebbene non mancasse chi mettesse in evidenza le virtù e le buone intenzioni di A., tuttavia la fama che egli ebbe tra i contemporanei fu più che altro di pontefice incolto ed inetto. Specialmente gli Italiani, che non vedevano in lui il principe splendido e munifico che avrebbero desiderato, lo giudicarono avaro e duro, lo definirono "barbaro". Ma, col tempo, fu resa giustizia alla memoria di A. e fu ammirata la sua indole profondamente religiosa e sempre animata da santi propositi. Gli storici rilevarono tutta l'importanza delle sue iniziative, che si esplicarono in tre campi: riforma disciplinare della chiesa; lotta contro l'eresia luterana; politica di neutralità e di pacificazione fra le nazioni cristiane. I tentativi che fece A., sin dall'inizio del suo pontificato, per riformare nella chiesa i costumi e la disciplina, sebbene per molteplici cause andassero a vuoto, pure sono rimasti memorabili. Ed è notevole che il concilio di Trento, riassumendo quel compito, muoverà dai medesimi principî di A.: cosicché la Controriforma può dirsi lo svolgimento dell'opera tentata prima da lui. Questo pontificato è anche importante per l'azione svolta alla Dieta di Norimberga (dicembre 1522-febbraio 1523), di fronte all'eresia di Lutero, per le discussioni avvenute e le deliberazioni prese in seno alla Dieta in quei giorni. Documento pieno d'interesse sono le istruzioni di A. al suo nunzio Francesco Chieregati. Specialmente dove riconosce gli errori e le colpe del clero e promette una riforma, egli appare ispirato da una nobiltà e da una sincerità d'animo veramente evangeliche. La Dieta rispondeva al nunzio che essa, pur disapprovando la condotta di Lutero, non poteva né voleva intervenire con la forza per porre in esecuzione l'editto di Worms e soffocare l'eresia; mentre i rappresentanti secolari della Dieta stessa preparavano un indirizzo al pontefice (centum gravamina), che sintetizzava i lamenti e le proteste della nazione germanica. Era il segnale della ribellione. Nel campo della politica la costante preoccupazione di A. fu di raccogliere le forze di tutti i principi per combattere i Turchi, ma anche in questo non fu fortunato. Il 25 dicembre 1522, Rodi, tenuta dopo il 1309 dai cavalieri gerosolimitani, cadeva nelle mani dei Turchi. Infine la congiura del cardinale Soderini a favore di Francesco I, e la insolente lettera di questo re, colpirono profondamente l'animo di A. che si vide costretto, allora, ad abbandonare il suo programma di neutralità, aderendo alla lega stretta da Carlo V, Enrico VIII, l'arciduca Ferdinando, Francesco Sforza duca di Milano, Siena, Lucca e il cardinale de' Medici per Firenze (3 agosto 1523). Ma poco dopo egli moriva (14 settembre). Trasportato nel 1533 da San Pietro in Santa Maria dell'Anima, la chiesa nazionale germanica in Roma, gli fu eretto dal cardinale Enckevoirt (l'unico creato da lui) un monumento sul quale leggesi scolpito: Proh dolor! Quantum refert in quae tempora vel optimi cuiusque virtus incidat. A., fu l'ultimo papa non italiano.
Bibl.: Tra le opere più recenti, ricche anche di dati bibliografici, C. von Höfler, Papst Adrian VI, Vienna 1880; L. Pastor, Geschichte der Päpste, IV, ii, Friburgo 1907; G. Pasolini, Adriano VI, Roma 1913.