AGAPITO II, papa
Romano di nascita, fu papa dal 10 maggio 946 al dicembre (prima del 15) 955. Secondo una notizia del Liber de ecclesia Lateranensi di Giovanni Diacono (sec. XII; in Migne, Patr. Lat., CXCIV, col. 1551), A. venne sepolto "retro sub absida" di quella basilica.
A. è l'ultimo dei pontefici che ressero la Chiesa nel ventennio (933-954) in cui Roma fu governata dal "princeps" Alberico. Rispetto agli altri della serie (Giovanni XI, Leone VII, Stefano VIII, Marino II), il pontificato di A. si distingue per un maggiore rilievo dell'azione personale del papa in questioni di carattere anche non strettamente ecclesiastico, che interessavano i regni transalpini. Per quanto riguarda invece la situazione locale di Roma, la presenza del nome del papa per esteso su di una moneta che reca sull'altra faccia il semplice monogramma del principe, anche se costituisce un'innovazione in confronto agli esemplari dei tempi di Giovanni XI e di Marino II (che recano per esteso il nome di Alberico e in monogramma quello del papa), non offre l'indizio di un mutato equilibrio di forze, tanto più che altre monete del tempo di A. rispecchiano quello che sembra essere il tipo abituale della monetazione albericiana. Né è il caso di pensare a un mutamento intervenuto solo negli ultimi anni del suo pontificato (cui si potrebbe far risalire quella moneta isolata), se proprio in questo periodo Alberico, prossimo alla morte, si fece promettere dai nobili romani che, al momento della scomparsa di A., avrebbero eletto papa suo figlio Ottaviano, senza che il pontefice trovasse modo di opporsi a una decisione che, lui vivo, pregiudicava l'avvenire della dignità di cui era depositario.
Peso determinante ebbe l'intervento di A. nella risoluzione della delicata vertenza che aveva per oggetto immediato la sede arcivescovile di Reims (contesa fra Artoldo ed Ugo di Vermandois), ma che, in effetti, era un episodio della lotta che opponeva il carolingio Luigi IV d'Oltremare a Ugo il Grande, conte di Parigi. Nella primavera del 948, A. inviò come suo legato alla corte di Ottone I (cognato ed alleato di Luigi IV) il vescovo di Bomarzo, Marino, che indisse, per il giugno, un sinodo ad Ingelheim, dove fu esaminata l'intera questione. Il sinodo, tenutosi alla presenza dei re di Francia e di Germania, riconobbe Artoldo come legittimo arcivescovo di Reims e minacciò di scomunica Ugo il Grande, qualora questi non si fosse recato a fare atto di sottomissione innanzi ad un nuovo sinodo che fu convocato a Treviri, per il settembre. Ugo non accolse l'intimidazione e fu senz'altro scomunicato. Un terzo sinodo, che ebbe luogo a Roma, in S. Pietro, sotto la presidenza di A., confermò le decisioni dei due precedenti.
Nel 951, A. oppose un rifiuto ad Ottone che chiedeva di essere accolto in Roma. Tale decisione rispondeva certo perfettamente alle necessità di Alberico, ma ciò non vuol dire che il papa non fosse libero di agire diversamente in una materia che, in linea di principio, restava di sua competenza. Forse A. si era reso conto che ogni possibilità di azione del papato in occidente presupponeva il mantenimento della pace pubblica a Roma e nel territorio, quale era garantita dal regime albericiano.
In ogni modo A. ebbe occasione di venire incontro ai desideri di Ottone su di un punto molto delicato. Da una lettera di protesta, indirizzata al papa da Guglielmo, arcivescovo di Magonza e vicario papale per la Germania e la Gallia, si apprende infatti che A. aveva concesso al re sassone di regolarsi come meglio credeva circa l'istituzione di nuove sedi vescovili ed arcivescovili e la delimitazione delle circoscrizioni ecclesiastiche ("episcopia ita ordinare, quo sibi placeat": cfr. Jaffé, Bibliotheca rer. germanicarum, III, Berolini 1866, p. 349). Ora, se si pone mente all'importanza delle nuove fondazioni episcopali nella politica di espansione verso oriente e al peso che avranno, in genere, i vescovi nella struttura dell'impero ottoniano, si è portati a concludere che A. ebbe una sua parte nel processo che condusse alla restaurazione imperiale del 962.
Fonti e Bibl.: Jaffé-Loewenfeld, Regesta Pontif. Rom., I, Lipsiae 1885, pp. 459-463; Liber Pontificalis, a cura di L. Duchesne, II, Paris 1892, p. 245; Acia Synodi Ingelheimensis, in Monum. Germ. Hist., Leges, II, Hannoverae 1837, pp. 19-26; L. M. Hartmann, Geschichte Italiens im Mittelalter, III, 2, Gotha 1911, pp. 221, 249, 258; U. Monneret de Villard, La monetazione nell'Italia barbarica, parte II: La legislazione monetaria, in Riv. ital. di numismatica, XXXIII (1920), pp. 225-227; O. Gerstenberg, Die politische Entwicklung des römischen Adels im 10. und 11. Jahrhundert, Berlin 1933, pp. 40 e 43-45; E. Amann, in Histoire de l'Eglise, a cura di A. Fliche e U. Martin, VII, Paris 1940, pp. 41-44.