CLEMENTE XIV, Papa
Giovanni Vincenzo Ganganelli nacque il 30 ottobre 1705 in Sant'Arcangelo presso Rimini, da un medico di villaggio. Nel 1723 eutrava in un convento di francescani scalzi di Rimini; e il 17 maggio dello stesso anno, con il nome di fra Lorenzo, entrava nell'ordine dei minori conventuali di Urbino. Un anno dopo professo, si recava per gli studî in Pesaro e li proseguiva in Recanati. Vivace, combattivo, di calda immaginazione e amante di viaggi si diede a coltivare tutti i campi del sapere. Predicatore ricercato e docente ascoltatissimo, ora di teologia, ora di filosofia, a Fano, ad Ascoli, a Bologna, a Milano, divenne in pochi anni famoso e si creò una scuola di amorosi discepoli. A Bologna conobbe il Lambertini, che, attratto dalle qualità del suo spirito, non si dimenticò di lui; e fatto papa, Benedetto XIV lo volle a Roma (1740) capo del convento di S. Bonaventura e di lì a poco consultore del Sant'Ufficio. In tale qualità rese molti servizî alla Chiesa durante il pontificato di Clemente XIII, agitatissimo, per l'inasprirsi delle questioni giurisdizionali, e fu promosso cardinale (1759), nella quale dignità seguitò sempre a dar prova del suo attaccamento ai principî e alle riforme dell'ordine. Continuò a vivere di studî, meditando opere di teologia e coltivando ideali di riforma.
Il momento era assai grave per il papato. Mai come allora il temporalismo aveva incontrato più violenti oppositori. L'ordine di S. Ignazio era il bersaglio preferito; le corti borboniche, soprattutto, ne invocavano la soppressione. Clemente XIII aveva tentato di resistere. Ma i governi inasprirono l'aggressione. Scomparso Clemente XIII, la lotta per la successione fu impegnata intorno al problema del gesuitismo. In seno al conclave si formarono due partiti: gli zelanti per la difesa dei gesuiti; i moderati per la soppressione. Il conclave si era riunito il 15 febbraio del 1769 e il nome del G. venne pronunciato dopo una grande dispersione di voti; il 19 maggio il G. fu eletto papa. Egli aveva 64 anni. Pontificò 5 anni e 4 mesi, dominati interamente dalla questione dei gesuiti. Volgeva un'ora difficile per le sorti di Roma. La Francia aveva occupato Avignone; Napoli teneva Pontecorvo e Benevento; nel Portogallo si parlava di un patriarcato autonomo; la Polonia meditava di restringere i poteri del nunzio; a Vienna si elaborava e si veniva attuando un grandioso disegno contro gli ordini religiosi; Venezia rinnovava le audacie di Paolo Sarpi; Parma plaudiva al movimento antimonastico del Du Tillot. Non solo urgeva il problema delle relazioni estere e della conciliazione con le potenze, ma il papato non poteva esporsi al pericolo di perdere le direttive morali del mondo cattolico contese dai governi Clemente XIV, non che servire alla politica dei tempi, intese servire alla causa della fede. Però, se gli stava a cuore la pacificazione della chiesa, non era meno geloso tutore dell'indipendenza del papato; e si propose di agire secondo coscienza e libertà in modo che il decreto di soppressione dell'ordine apparisse deliberato volere di Roma.
Pertanto il pontefice veniva altrimenti affermando le sue disposizioni di riforma: ridusse le spese, curò il problema annonario, alleggerì i tributi, migliorò l'amministrazione finanziaria, promosse l'arte e il culto dell'antichità; favorì gli studî in Italia e all'estero; si oppose all'abuso della pluralità dei benefici; restrinse le immunità e il diritto di asilo; licenziò il Torrigiani fautore dei gesuiti; abolì la lettura della bolla In Coena Domini. Si ravvicinò a Parma cooncedendo al duca Ferdinando la dispensa per il suo matrimonio con Maria Amelia d'Austria; ristabilì le relazioni col Portogallo inviandoti a Lisbona il nunzio Conti, e promosse al cardinalato un fratello del ministro Pombal che aveva ordinato la cattura dei gesuiti; protesse i cattolici irlandesi; sostenne in Svizzera i cattolici poveri e si fece dare missioni dai cappuccini; mostrò grande amore per la Polonia; si adoperò in favore dei cattolici poveri del Württemberg; ricusò di avere ambasciatore a Roma il figlio di van Switen. Frattanto procedeva, ma cautamente, contro i gesuiti, togliendo loro la direzione di collegi e di seminarî, dopo visite accurate e larghe inchieste. Il 21 luglio 1773, C. emanava il breve Dominus ac Redemptor noster con il quale veniva soppressa la Compagnia di Gesù. In esso erano svolti tre ordini di idee:1. tutti i generati in Cristo devono conservare l'unità dello spirito nel vincolo della pace: se mancano a questo dovere, sono da correggere o da estirpare; 2. tale fu sempre la tradizione della chiesa che non esitò a sopprimere molti ordini regolari degeneri; 3. l'istituzione di S. Ignazio da tempo è oggetto di serie riprovazioni; riuscito inutile ogni tentativo di correzione, "diventa impossibile che la chiesa abbia pace durevole finché quest'ordine sussiste". G. mirò soprattutto a difendere la legalità e la moralità del proprio atto. Il quale, politicamente, ebbe il desiderato effetto. I Borboni si riamicarono a Roma. Però i governi non si arrestarono per questo nelle riforme di economia ecclesiastica che rispondevano a necessità di politica tributaria.
Non vi fu atto di pontefice che lasciasse la critica in maggiore discordia: dicerie, calunnie, pasquinate. Fra gli storici, chi sopravvalutò l'azione del cardinale Bernis (Saint-Priest), chi quella delle corti borboniche (Hergenröther); chi suppose il papa esitante e senza entusiasmo nella dura faccenda (Gazier, Silvagni); chi lo disse convinto perché "non affatto esente da opinioni gianseniste" (Ranke); chi deplorò il breve (Oriani, Jemolo); chi condannò il papa con severità (Crétineau-Joly); chi tenne una via media (Hayward).
Certo è che non il riacquisto dei beni temporali poté muovere il pontefice, ma un alto senso religioso: ristabilire la pacificazione della chiesa. Agì come papa libero e convinto, sapendo o pensando che la sua azione veniva a coincidere non solo con la volontà delle potenze d'Europa, ma con l'interesse del cattolicesimo.
Si spense il 22 settembre dello stesso anno 1774 dopo crudeli sofferenze; si sospettò un avvelenamento, ma senza fondamento, come sostennero il Guiraud e il Masson, ecc. Il nome di Clemente XIV, insieme con quello di Pio VI, è legato al Museo Pio Clementino, che egli fondò incaricando il Winckelmann di raccogliervi le statue antiche.
Come fonte diretta, v. Lettere e bolle e discorsi di fra L. Ganganelli, raccolte da C. Frediani, Firenze 1849; sono il seguito delle Lettere interessanti del pontefice Clemente XIV, tomi 2, Firenze 1772, che il Giordani chiamò "sciocchissima impostura del marchese Caraccioli", e che il Melzi (Diz. anon.) attribuì pure al Caraccioli; opinione accettata la G. Natali, Il Settecemo, I, Milano 1929, p. 108, ma non definitiva.
Bibl.: Schubart, Leben des Papstes C. XIV, Norimberga 1774; Caraccioli, Vie de Clément XIV, Parigi 1775; Saint-Priest, Hist. de la chute des jésuites, Parigi 1846; Crétineau-Joly, Clément XIV et les jésuites, Parigi 1847; V. Gioberti, Il gesuita moderno, Capolago 1845; v. Reumont, Ganganelli, Berlino 1847; G. Pisani, Vita di fra L. Ganganelli, Firenze 1848; Theiner, Gesch. des Pont. Clement XIV, Lipsia e Parigi 1852; Ravignan, Clément XIII et Clément XIV, Parigi 1854; Reinerding, Clement XIV, Augusta 1854; D. Silvagni, La corte e la società romana nei secoli XVIII e XIX, Firenze 1881; F. Masson, Le cardinal de Bernis, Parigi 1884; F. Bertolini, Clemente XIV e la soppressione dei gesuiti, Roma 1886; G. Hergenröther, St. univ. della Chiesa, VII, Firenze 1911; B. Duhr, Jesuiten-Fabeln, Friburgo in B. 1899; F. Hayward, Le dernier siècle de la Rome pontificale, Clément XIV etc., Parigi 1927. Vedi poi le storie generali della Compagnia di Gesù (Wolf, Astrain, ecc.) e del movimento giansenista (A. Gazier, Jemolo ecc.).