GIOVANNI XVIII, papa
Il suo nome di battesimo era Giovanni. Le fonti concordano nell'attribuirgli anche l'appellativo di Fasanus. Alcuni testi - tra i quali il catalogo inserito, intorno al 1120, alle cc. 208v-211 del Martirologio di S. Maria in Trastevere (Londra, British Library, Add. Mss. 14801; cfr. Catalogus pontificum), sempre piuttosto dettagliato riguardo ai pontefici romani - specificano anche che la sua regio di provenienza era quella gravitante intorno alla porta Metronia, a non molta distanza dal Laterano. Qualche incertezza riguarda invece le sue origini familiari e la sua carriera ecclesiastica prima dell'ascesa al pontificato.
La notizia, comunemente accettata, secondo la quale egli sarebbe stato figlio del presbitero Urso e di Stefania e che sarebbe stato cardinale prete di S. Pietro - o, meglio, di una delle sette chiese titolari che dipendevano da S. Pietro - è riportata da due sole fonti, entrambe di area tedesca: una versione del catalogo di pontefici, re e imperatori inserito dopo l'explicit del VII libro della cronaca di Ottone di Frisinga (tramandata dal ms. XIII. 774 della Niedersächsische Landesbibliothek di Hannover, compilato tra il 1165 e il 1167 nel monastero dei Ss. Ulrico e Afra ad Augusta) e l'anonima Historia Romanorum pontificum (Anonymus Zwetlensis) composta sul finire del XII secolo nella diocesi di Salisburgo.
Come il suo predecessore Giovanni XVII, morto il 6 nov. 1003, anche G. dovette con ogni probabilità l'elezione - avvenuta il 25 dicembre successivo - al favore del patricius Giovanni, della consorteria familiare dei Crescenzi, anche se non è chiaro se fosse legato a lui da vincoli di consanguineità.
Nonostante le informazioni al riguardo non siano abbondanti, sembra che G. abbia svolto un'intensa attività alla guida della Chiesa di Roma. Subito dopo la sua elezione, nei primi mesi del 1004, egli inviò per esempio in Germania un suo legato, il vescovo e bibliotecario Leone. Questi recava con sé il pallio per l'arcivescovo Tagino di Magdeburgo e alcuni privilegi destinati al vescovato di Merseburg, una sede soppressa nel 981 da Benedetto VII, in adesione alle richieste dell'imperatore Ottone II, e che G., probabilmente su istanza di Enrico II, stava tentando di ristabilire. Nel marzo dello stesso anno egli ricevette a Roma una delegazione di Enrico II, che gli confermò il successo della sua iniziativa.
Secondo Thietmar di Merseburg (Chronicon, VI, 101) il pontefice, forse nel maggio 1004, avrebbe anche invitato Enrico II a Roma per incoronarlo imperatore, ma dovette tornare sulle proprie decisioni a causa dell'opposizione del patricius Giovanni, notoriamente ostile al sovrano. Nello stesso anno G. avrebbe invece canonizzato, su istanza di Antonio, missionario in terra slava, i cinque martiri Benedetto, Giovanni, Isacco, Matteo e Cristiano, assassinati in Polonia nel novembre dell'anno precedente.
Altro segno del desiderio di G. di stabilire buoni rapporti con Enrico II può essere visto nell'approvazione che egli diede, nel giugno 1007, alla creazione della sede di Bamberga. Il nuovo vescovato era parte di una strategia regia di espansione e controllo territoriale. Nelle intenzioni del sovrano doveva infatti essere base per l'evangelizzazione degli Slavi e centro di pressione politica nell'alta valle del Meno. Nel corso di un sinodo in S. Pietro, G. rese Bamberga suffraganea della sede di Magonza - anziché di Würzburg, come il titolare di quest'ultima avrebbe voluto - e la pose sotto la protezione apostolica. Analogo significato doveva avere la nomina (maggio-giugno 1008) da parte di G. del nuovo vescovo di Asti nella persona di Pietro, un sostenitore del sovrano.
G. mostrò inoltre grande decisione nell'intervenire a sostegno delle istituzioni monastiche in terra di Francia. Concesse per esempio l'esenzione al monastero di S. Vittore di Marsiglia; pose quello di Villeneuve-lès-Avignons sotto la diretta protezione apostolica; concesse privilegi alle comunità di St-Florent-lès-Saumur e di Psalmodi. Verso la fine del 1007 G. intervenne poi con decisione nella contesa che opponeva i vescovi Leoterico di Sens e Fulco di Orléans, che agivano con l'appoggio del sovrano francese Roberto II, al monastero di S. Benedetto di Fleury. Il pontefice era stato infatti informato che nel corso di un sinodo tenuto a Orléans, durante il quale anche la stessa supremazia del papa era stata contestata, una parte dell'episcopato francese aveva tentato di costringere l'abate Gaslino a bruciare un privilegio che papa Gregorio V aveva concesso alla sua comunità. I vescovi e il sovrano furono quindi convocati d'urgenza a Roma sotto minaccia di scomunica - e di interdetto esteso a tutta la Francia nel caso di Roberto - se non si fossero presentati.
È anche probabile che nel corso del pontificato di G. i rapporti tra la Chiesa romana e quella bizantina fossero, almeno momentaneamente, buoni. Lo scisma fu infatti temporaneamente ricomposto e il nome del pontefice inscritto nei dittici di preghiera costantinopolitani (cfr. Runciman).
La politica di sostanziale accordo tra G. e l'imperatore ha fatto ritenere che egli, caduto per questo in disgrazia agli occhi del patricius Giovanni, fosse stato deposto e costretto a farsi monaco a S. Paolo fuori le Mura, ove sarebbe morto tra giugno e luglio del 1009.
La notizia della sua morte in monastero compare però solo nelle due fonti tedesche già menzionate, il catalogo inserito nella cronaca di Ottone di Frisinga e l'anonima Historia Romanorum pontificum. Nessun'altra fonte, dell'epoca (per esempio: Annales Augustani, Annales Sancti Blasii) o posteriore (per esempio il Chronicon di Martino di Troppau con la precisazione che G. sarebbe stato sepolto in Vaticano, o la Chronica pontificum Romanorum di Thomas Ebendorfer, della metà del XV secolo) la riporta.
Appare del resto poco convincente il fatto che il papa - che non sembra avere mai cambiato linea politica, e che era nel pieno delle proprie funzioni ancora nel maggio del 1009 (quando inviò una legazione in Ungheria: cfr. un successivo diploma di re Stefano I del 23 ag. 1009, in Diplomata Hungariae antiquissima, I, a cura di G. Györffy, Budapest 1992, n. 54) - perdesse improvvisamente il favore di Giovanni. È dunque assai probabile che la notizia dell'ingresso di G. in monastero non sia da considerare attendibile e che la sua morte sia occorsa mentre egli era ancora legittimo pontefice.
Fonti e Bibl.: Annales Augustani, a cura di G.H. Pertz, in Mon. Germ. Hist., Scriptores, III, Hannoverae 1839, p. 124; Annalista Saxo, a cura di G.H. Pertz, ibid., VI, ibid. 1844, p. 653; Annales Sancti Blasii, a cura di G.H. Pertz, ibid., XVII, ibid. 1861, p. 276; Martinus Oppaviensis, Chronicon pontificum et imperatorum, a cura di L. Weiland, ibid., XXII, ibid. 1880, p. 432; Gesta episcoporum Halberstadensium, a cura di L. Weiland, ibid., XXIII, ibid. 1874, p. 90; Catalogus pontificum Romanorum, a cura di G. Waitz, ibid., XXIV, ibid. 1879, pp. 84 s.; Gesta archiepiscoporum Magdeburgensium, a cura di W. Schum, ibid., XIV, ibid. 1883, p. 392; Bruno Querfurtensis, Vita quinque fratrum eremitarum martyrum in Polonia, a cura di R. Kade, ibid., XV, 2, ibid. 1888, p. 735; Thietmarus Merseburgensis episcopus, Chronicon, a cura di F. Kurze, Ibid., Scriptores rerum Germanicarum in usum scholarum, LIV, ibid. 1889, ad indicem; Otto episcopus Frisingensis, Friderici I imperatoris, a cura di G. Waitz - B. von Simonson, ibid., XLVI, ibid. 1912, p. 384; Th. Ebendorfer, Chronica pontificum Romanorum, a cura di H. Zimmermann, Ibid., Script. rer. Germanicarum, Nova series, XVI, ibid. 1994, p. 322 s.; Anonymus Zwetlensis, Historia Romanorum pontificum, in J.-P. Migne, Patr. Lat., CCXIII, col. 1036; Le Liber pontificalis, a cura di L. Duchesne, II, Paris 1892, p. 266; J.F. Böhmer, Regesta Imperii, II, 5, Papstregesten, 980-1035, a cura di H. Zimmermann, Wien-Köln-Weimar 1969, nn. 980-1035; P. Brezzi, Roma e l'Impero medioevale, Bologna 1947, p. 185; S. Runciman, The Eastern Schism, Oxford 1955, pp. 63 s.; H. Zimmermann, Papstabsetzungen des Mittelalters, II, Graz-Wien-Köln 1968, p. 114; P. Toubert, Les structures du Latium médiéval. Le Latium méridional et la Sabine du IXe à la fin du XIIe siècle, Roma 1973, pp. 109, 332 n. 2, 349 n. 1, 375, 379, 383, 386, 403, 409 n. 1, 413, 418, 419 n. 1, 427, 434, 512 n. 1, 649 n. 4, 681 n. 1, 983 n. 1, 1309 n. 1; A.M. Colini, L'epitaffio del fratello di G. XVIII, in Arch. della Società romana di storia patria, IC (1976), pp. 333-335; Dictionnaire de théologie catholique, VIII, 1, coll. 629 s.; J.N.D. Kelly, The Oxford Dictionary of popes, s.v.; Diz. storico del Papato, a cura di Ph. Levillain, I, pp. 650 s.