URBANO IV, papa
URBANO IV, papa. – Jacques, figlio di Pantaléon de Courpalay (toponimo secondo alcuni, nome di famiglia secondo altri) e di Lancenne (ma il nome della madre è incerto), nacque a Troyes verso la fine del XII secolo, forse nel 1185.
Il padre, probabilmente di agiate condizioni, ma non nobile, pare esercitasse il mestiere di fabbricante di calzature, come testimoniato da numerose fonti. Le sorelle di Jacques, Agnès e Sibylle, divennero entrambe badesse, rispettivamente di Montluisant e di Montreuil-sous-Laon (De Poli, 1903, p. 151). Il nipote Ancherio, figlio di un fratello non identificato, divenne cardinale.
Jacques entrò nella scuola capitolare di Notre-Dame-aux-Nonnains di Troyes forse per il suo talento musicale, ma fu presto indirizzato alla Sorbona ove studiò dapprima arti (conseguendo il titolo di magister) e in seguito diritto canonico. A Parigi strinse amicizia con Hugues de Saint-Cher. Nel 1223 acquistò una casa canonicale a Laon (ove era giunto al seguito del vescovo Anselmo di Mauny) e svolse le funzioni di procuratore legale del capitolo cattedrale di Notre-Dame di Laon, occupandosi anche della redazione di un cartulario (1237; Laon, Archives départementales de l’Aisne, G 1850, con note autografe). La successiva tappa della sua carriera ecclesiatica fu l’arcidiaconato a Campine (Liegi) nel 1242-43.
Lì, insieme con Hugues de Saint-Cher, il futuro papa ebbe modo di conoscere e di approvare la devozione all’eucarestia sorta nella diocesi a seguito delle visioni di s. Giuliana, badessa delle agostiniane di Mont-Cornillon, che verso il 1240 si dedicò alla composizione di un ufficio del Corpus Domini.
Nel 1245 partecipò al Concilio di Lione e nell’occasione Innocenzo IV lo nominò cappellano. Fu l’inizio della sua carriera curiale, giacché nel 1247 – rientrato a Laon – gli fu affidata una legazione in Europa orientale (Polonia, Prussia e Pomerania).
A Breslau, alla presenza dei vescovi di Gniezno, Breslau, Cracovia e Cujavie, ebbe modo di convocare un concilio (1248) per restaurare la disciplina ecclesiastica. Si adoperò anche per ristabilire la pace tra i cavalieri teutonici e i loro vassalli prussiani.
Nel 1251 Innocenzo IV lo inviò in Germania per allargare il consenso dei principi tedeschi sul candidato papale alla successione imperiale, Guglielmo II d’Olanda: una missione non senza rischi, visto che fu imprigionato da alcuni cavalieri filosvevi. Probabilmente per diretta designazione papale divenne poi vescovo di Verdun (1253) e diede buona prova di sé tentando di comporre i dissidi con il Comune. Non gli venne meno la stima del nuovo papa, Alessandro IV, che il 9 aprile 1255 lo nominò patriarca di Gerusalemme e alcuni mesi dopo (7 dicembre) legato pontificio per l’esercito crociato; giunse ad Acri nel giugno del 1256 (Hamilton, 1980, p. 268), ove si schierò con i veneziani (sostenuti dai templari e dai teutonici) nel violento contrasto – anche militare – che li oppose ai genovesi (sostenuti dagli ospitalieri) per il controllo della sommità della collina di Montjoie ad Acri, dominata dal monastero di S. Saba (‘guerra di S. Saba’).
Jacques de Troyes chiese aiuto al papa, ma i legati papali incaricati di concludere l’armistizio imposto da Alessandro IV giunsero troppo tardi per evitare lo scontro armato, nel quale prevalsero i veneziani (al largo di Acri, 24 giugno 1258), inducendo i genovesi a ritirarsi a Tiro. Dopo l’invio di un legato a latere, Tommaso Agni (1259), un accordo definitivo fu raggiunto solo nel gennaio del 1261 e tuttavia le ostilità continuarono sottotraccia (con l’appoggio genovese alla riconquista greca di Costantinopoli, luglio 1261). In quel momento Jacques si trovava a Viterbo, presumibilmente per manifestare al papa il disagio nei confronti del legato.
Sopraggiunta in quel mentre la morte di Alessandro IV (25 maggio 1261, festa di s. Urbano), l’esiguo collegio (otto cardinali) restò a lungo in una impasse sostanzialmente di natura politica, legata al Regno di Sicilia, fra una tendenza favorevole alla conciliazione con gli Hohenstaufen, incarnata da Ottaviano Ubaldini, e una filoinglese rappresentata da Giovanni di Toledo e Hugues de Saint-Cher. Dopo tre mesi l’unanimità fu raggiunta, a sorpresa, sul cappellano di Innocenzo IV, buon conoscitore della Germania e della Terrasanta, Jacques di Troyes, consacrato il 4 settembre a S. Maria in Gradi di Viterbo, il quale prese il nome di Urbano IV.
Tra le prime scelte del papa ci fu quella di circondarsi di fidati collaboratori e quindi decise subito di ampliare il collegio cardinalizio: il 24 dicembre 1261 elesse sette cardinali, che furono portati a quattordici nel maggio dell’anno successivo.
Fra questi, oltre al futuro Onorio IV, Giacomo Savelli, il papa nominò vari francesi, di cui tre consiglieri del re di Francia: l’arcivescovo di Narbona, Guy Foucois (o Foulques), futuro Clemente IV; Raoul Grosparmy, arcidiacono di Nicosia, guardasigilli del re durante la crociata e vescovo di Evreux; Simon de Brie (o di Brion), tesoriere di Saint Martin di Tours, consigliere del re almeno dal 1260 e suo guardasigilli dopo Raoul, futuro Martino IV. Non vanno dimenticati Enrico da Susa, detto l’Ostiense, autore di una famosa Summa di diritto canonico, e il nipote del papa, Ancherio.
La scelta dei collaboratori fu propedeutica al cambio di linea sulla questione della Corona siciliana e all’opzione angioina (Carlo, fratello minore di Luigi IX), già abbozzata da Innocenzo IV. Riguardo al regno, Urbano IV perseguì costantemente l’obiettivo dell’eliminazione degli Hohenstaufen, opponendosi nel 1262 al progetto dell’arcivescovo di Magonza, Werner, volto a sostituire Corradino (morto nel 1268, re titolare di Sicilia e di Gerusalemme) ai due candidati in campo (Riccardo d’Inghilterra, morto nel 1272 e Alfonso X re di Castiglia, morto nel 1284) dopo la morte nel 1256 di Guglielmo II d’Olanda a favore del quale egli si era speso.
La strategia del papa nei confronti di Riccardo e di Alfonso sembra essere stata quella di prendere tempo, visto che entrambi gli richiesero di essere riconosciuti, ma non lo designarono mai come giudice. Il risultato fu che la sede imperiale restò vacante e quindi non impegnò in alcun modo le forze pontificie.
Dal canto suo Manfredi, l’illegittimo di Federico II che aveva detronizzato il nipote e si era fatto incoronare (1258) re di Sicilia, tentò di riconciliarsi con il papa, ma invano: Urbano IV, dopo aver proposto la Corona di Sicilia al figlio minore di Luigi IX, che rifiutò, la propose a Carlo d’Angiò, fratello minore dello stesso re di Francia.
Le trattative fra Urbano IV e Carlo d’Angiò iniziarono nel 1263, una volta superato l’aperto disaccordo di Luigi IX, che considerava legittima la linea sveva, grazie all’escamotage di presentare il Regno di Sicilia come una prima tappa necessaria in vista di una futura crociata, e alla ripresa da parte di Urbano IV delle trattative con l’imperatore bizantino Michele VIII Paleologo per il riavvicinamento fra le due Chiese, dopo la caduta dell’Impero latino d’Oriente (1261). Ovviamente Urbano IV impose a Carlo d’Angiò (eletto nel 1263 senatore a vita) la rinuncia totale a ogni eventuale ambizione imperiale, un censo oneroso, la restituzione di beni e feudi confiscati dagli Svevi, ma dovette accettare l’estensione del diritto di successione ai rami collaterali. Il ‘patto angioino’ fu presentato a Luigi IX dal legato pontificio Simon de Brie nel maggio del 1264, ma Urbano morì prima dell’arrivo di Carlo in Italia.
L’agenda papale comprese la questione della Terrasanta, sulla quale Urbano IV, ancora patriarca, aveva steso una relazione (Bresc-Bautier, 1973, p. 284). Sul piano diplomatico nel 1264 si era rivolto a lui un legato dell’ilkhan Hulagu, capo dei Mongoli di Persia (che in precedenza si era indirizzato anche a Luigi IX), proponendo un’alleanza con i Latini e gli Armeni contro i musulmani in cambio della cessione dei territori in Terrasanta riconquistati ai musulmani. Poiché la lettera lasciava trapelare una possibilità di conversione al cristianesimo da parte di Hulagu, Urbano inviò un breve a Guillaume d’Agen, nuovo patriarca di Gerusalemme, autorizzandolo a battezzarlo, nel caso in cui l’avesse richiesto (Richard, 1998, pp. 100-103). Sul piano organizzativo, Urbano IV, per il quale la crociata era un antico obiettivo, oltre a usare i mezzi consueti come la predicazione e le indulgenze, cercò forse di predisporre la rete sociale e religiosa che avrebbe amministrato la Terrasanta dopo il suo ‘recupero’ (così è stata letta, da Geneviève Bresc-Bautier, 1973, pp. 288 s., la netta predilezione del pontefice per i canonici regolari del Santo Sepolcro di Gerusalemme).
Che la devozione al Santo Sepolcro fosse un tratto marcato e caratteristico della religiosità di Urbano IV è comunque indubbio; unita al culto eucaristico del papa, potrebbe aver costituito il ‘terreno di coltura’ favorevole all’istituzione della festa del Corpus Domini per la Chiesa universale. Forse non a caso la bolla Transiturus dell’11 agosto 1264, con cui il pontefice istituì la festa, fu indirizzata proprio a Guillaume d’Agen, patriarca di Gerusalemme. Sull’antica influenza specifica di s. Giuliana di Mont-Cornillon e dell’ambiente di Liegi, si sarebbe quindi innestata la devozione al Santo Sepolcro e, nel contesto, il miracolo di Bolsena del 1263. Probabilmente, Urbano IV chiese proprio a Tommaso d’Aquino al tempo della sua permanenza presso la Curia papale (Gy, 1980, pp. 495 s.) la stesura dell’ufficio della festa, che poi la Curia stessa diffuse.
Un altro elemento della spiritualità di Urbano IV (che in un sermone del 1242 paragonò Dio a una madre) è da ricercarsi nell’attenzione alle forme religiose femminili: oltre all’importanza data alle visioni di s. Giuliana di Mont-Cornillon che trovò un punto d’arrivo nella bolla Transiturus e nella lettera a Eva di Liegi (8 settembre 1264) in cui il papa la informava della nuova festa, va ricordata la regola data alle sorelle di s. Chiara il 18 ottobre 1263. Protesse inoltre i «frati della beata gloriosa vergine Maria» o frati Godenti, approvandone la regola (23 dicembre 1261, con la bolla Sol ille verus), e gli intenti di pacificazione urbana.
Un altro campo d’azione di Urbano IV fu il recupero dell’autorità pontificia sugli Stati della Chiesa. Egli aveva ereditato una situazione finanziaria alquanto difficile e iniziò con il sostituire ai prestatori romani, che ormai ponevano condizioni troppo onerose, i banchieri senesi. Riuscì così a finanziare l’esercito pontificio e a impostare il recupero delle varie alienazioni, o infeudazioni del predecessore, o delle pure e semplici occupazioni abusive e delle vere e proprie conquiste (per es. da parte del vicario generale imperiale nonché trovatore Percivalle Doria, nominato da Manfredi).
Il nuovo rettore pontificio delle Marche e del Ducato di Spoleto, Manfredo Roberti di Reggio Emilia, riuscì a riconquistare molti territori, ma nel 1264 la sua prigionia e l’assassinio del rettore del Patrimonio, Guiscardo di Pietrasanta da Milano, determinarono una situazione alquanto critica da cui il papa pensò di uscire lasciando la minacciata Orvieto per Perugia e cedendo alle richieste di Carlo d’Angiò pur di vederlo presto, armato, in Italia.
Un importante elemento di innovazione, nella vita della Curia al suo tempo, fu costituito dal «clima di alta intellettualità e di vivo interesse per le questioni filosofiche e scientifiche di cui era permeato il più stretto entourage di Urbano IV; [...] il collegio dei cappellani era chiamato a gareggiare in disputazioni alla presenza del pontefice dopo la mensa» (Paravicini Bagliani, 1991, pp. 100 s.). Lo attesta anche il celebre scienziato Campano da Novara (che compose, su richiesta del papa che ne fu dedicatario, un importante testo astronomico, la Theorica planetarum). In Terrasanta Urbano IV era stato probabilmente il possessore del più antico codice pervenuto degli Elementi di Euclide nella versione commentata di Campano (Columbia University Library, Plimpton 156; Paravicini Bagliani, 1991, p. 103).
Il 9 settembre 1264 Urbano, malato, lasciò Orvieto con l’intenzione di recarsi a Perugia, ritenuta più sicura. Nel frattempo, le cronache narrano dell’apparizione di una cometa, che scomparve alla sua morte. Morì il 2 ottobre, forse nella cittadina di Deruta (Paravicini Bagliani, 1988, p. 237). Fu seppellito a Perugia, nella cattedrale di S. Lorenzo.
Vari aspetti della figura di questo giurista, dotato di vasta esperienza amministrativa e diplomatica e di senso pratico, di energia e di autonomia decisionale (un ambasciatore senese nel 1262 lo paragonò a Innocenzo III) sono significativi.
È già indicativo che Urbano IV non sia mai entrato a Roma, avendo vissuto tra Viterbo e Orvieto. Nonostante questo, o forse proprio per questo, in pochi anni, infatti, riuscì a impostare, con orientamenti spesso in prospettiva decisivi, la riorganizzazione finanziaria dello Stato della Chiesa, la riconquista dei territori pontifici, la ‘questione siciliana’, la successione al trono imperiale e il cosiddetto grande interregno, i rapporti con l’Oriente, in particolare con i greci e i Mongoli.
Fu inoltre il primo papa francese del secolo, anche se non era cresciuto all’ombra della monarchia francese, come invece accadde per i suoi successori. Ma il suo pontificato segnò da questo punto di vista una svolta decisiva nella storia del Papato, della penisola italiana e dei rapporti con l’Impero: cominciò infatti con lui quel coinvolgimento diretto con la casa reale francese, in chiave antimperiale, che portò, tra l’altro, alla cosiddetta cattività avignonese.
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