PARABOLA (gr. παταβολή)
Si designa con questo nome, che risale ad Apollonio Pergeo (v.), la curva che si ottiene, segando un cono rotondo con un piano parallelo a una generatrice (v. coniche). È una curva aperta, prolungantesi all'infinito, dotata d'un asse di simmetria (retta del piano della parabola, in cui si proietta ortogonalmente l'asse del cono rotondo). Appartiene alle curve algebriche del 2° ordine, e fra le curve di questa famiglia è caratterizzata dalla proprietà d'essere tangente alla retta all'infinito. Si può anche definire come il luogo dei punti equidistanti da un dato punto (fuoco) e da una data retta (direttrice), non appartenentisi.
Se come assi cartesiani x, y si adottano, rispettivamente, l'asse della parabola e la perpendicolare nel vertice (cioè nel punto in cui la curva sega questo asse), la corrispondente equazione (che, in tal caso, si dice canonica) assume l'aspetto
dove p è il cosiddetto parametro (lunghezza della metà della corda perpendicolare all'asse nel fuoco = distanza del fuoco dalla direttrice = doppio della distanza del fuoco dal vertice). E di qui discende che anche ogni equazione della forma
rappresenta una parabola. È questa una parabola avente l'asse parallelo all'asse delle y e volgente la concavità nel verso delle y positive o nel verso contrario secondo che è a > 0 o a 〈 0. Il vertice è nel punto di coordinate −b/2 a e (4 ac − b2)/4 a, mentre il parametro è dato da 1/2 a.
Per analogia il nome di "parabole" è stato esteso ad altre curve algebriche d'ordine superiore al 2°, le cui equazioni si presentano come generalizzazioni della (1) o della (2). Così, sotto il nome di parabole, furono studiate agl'inizî della geometria analitica e del calcolo infinitesimale R. Descartes, P. Fermat, B. Cavalieri, C. Maclaurin, Stefano degli Angeli, J. Wallis) le curve di equazione
dove p denota un'arbitraria costante e m un qualsiasi intero positivo; e, più in generale, furono considerate da M. Knutzen, il noto maestro del Kant, le curve
dove m e n sono due interi positivi, primi fra loro. Sono tutte curve razionali, appartenenti alla classe delle curve W di Klein-Lie (v. klein). Di fondamentale importanza per le origini della teoria degl'integrali di funzioni algebriche sono le ricerche di G. C. Fagnano sulle coppie di archi di parabole d'ordine superiore al 2°, la cui differenza è rettificabile elementarmente. Fra queste parabole è particolarmente notevole quella che dal Wallis fu chiamata semicubica ed è definita dall'equazione y3 = px2. Essa, come fu notato dal Fermat (e, indipendentemente, dall'inglese W. Neil e dall'olandese H. van Haureat), è rettificabile elementarmente, ed anzi è la prima curva, per cui sia stata rilevata questa proprietà. C. Huygens dimostrò che la parabola semicubica risolve il seguente problema, proposto dal Leibniz nel corso della celebre sua disputa con i cartesiani: determinare in un piano verticale una curva tale, che un punto pesante, abbandonato a sé stesso lungo di essa senza attrito, si avvicini all'orizzonte uniformemente, cioè si abbassi di spazî proporzionali al tempo. Perciò la parabola semicubica fu chiamata anche "curva descensus aequabilis".
Ora si designano più comunemente col nome di parabole di ordine n le curve (evidentemente razionali) di equazione
le quali intervengono nell'interpolazione (v.) e nell'approssimazione di una curva qualsiasi (v. curve, n. 1).
V. anche cubiche.
Bibl.: G. Loria, Curve piane speciali algebriche e trascendenti, I, Milano 1930, libro V, cap. 2°, pp. 356-369.