PARACADUTE (fr. e ingl. parachute; sp. paracaidas; ted. Fallschirm)
È un dispositivo destinato ad assicurare la libera discesa nell'aria, senza danno, a persone e oggetti. Anche questa, come tante altre invenzioni, deve le sue prime origini a Leonardo da Vinci, il quale nel 1514 ne ebbe l'idea e concepì l'apparecchio a forma di cono col vertice in alto: successivamente Fausto Venanzio da Sebenico nel suo libro Machinae Novae (Venezia 1595) inserì una vignetta rappresentante un uomo che si libra in aria, sospeso a un paracadute di forma quadrata (v. aeronautica, I, p. 595, fig. 1) e sembra lo abbia anche sperimentato. Successivamente molti idearono e sperimentarono paracadute delle forme più varie; ma il progresso fu lento e limitato, finché la navigazione aerea non entrò, con l'aeroplano, nella pratica quotidiana.
Il principio su cui si fonda il paracadute è il seguente: una vasta superficie di stoffa viene sagomata quasi sempre nella foggia d'un ombrello ed è tenuta in tale forma dalla pressione dell'aria che s'ingolfa dalla parte di sotto e da funicelle legate alla periferia, convergenti verso il basso nel peso da portare. Nella discesa la resistenza offerta al moto di discesa dall'ombrello o calotta del paracadute diventa uguale al peso totale della macchina e del suo carico e la velocità uniforme; essa non può essere grande per evitare danni alle persone e alle cose all'atto dell'arrivo a terra; si aggira perciò sui 5 m./sec. Dato il peso e la velocità massima consentibile, le dimensioni del paracadute sono obbligate: per un paracadute individuale la superficie si aggira intorno ai 48 mq.; ove si trattasse d'un paracadute collettivo (per es., per passeggeri e navicella di pallone osservatorio) la superficie dovrebbe essere più grande in proporzione del peso, più piccola invece per pesi modesti, come per es. sacchi di posta, ecc.
Caratteristica principale del paracadute è la sua apertura, che deve essere rapidissima sia se comandata a volontà, sia se automatica, dopo abbandonato l'aeromobile: importa poi che sia leggiero, non ingombrante, facilmente assicurabile al corpo e sganciabile, sicuramente collegato, finché il passeggero non creda di liberarsene al giungere a terra, per non essere trascinato sul terreno dal vento che farebbe funzionare il paracadute da vela. La discesa è quasi verticale in calma di vento, fatta astrazione dalla velocità propria al momento del getto che però va rapidamente estinguendosi; in aria non calma bisogna tener conto dell'azione di trasporto dovuta al vento.
Altra dote da ricercare nel paracadute è l'alta sua resistenza allo scoppio della calotta o allo strappamento degli organi colleganti al peso, per modo che non possano verificarsi rotture durante la discesa; ad evitarle, senza sovrabbondare nella robustezza delle stoffe che si risolverebbe in aumento di peso, sono stati fatti lunghi studî e numerose esperienze. L'uso del paracadute è oggi obbligatorio per il personale navigante della R. Aeronautica italiana.
Furono in passato costruiti paracadute collettivi sufficientemente ampî e tali da poter servire per il personale di bordo dei palloni-osservatorio con la loro cesta e si pensò anche di costruirne per l'intera cabina del personale di bordo dei velivoli, liberata dei pesi principali come le ali, i motori, i serbatoi, ecc.; ma per tale via non si raggiunge la completa sicurezza del salvataggio: infatti in caso d'incendio a bordo la cabina può essere già preda delle fiamme.
I paracadute individuali furono usati dagli aviatori italiani durante la guerra mondiale: scendevano di notte, in territorio nemico non sorvegliato, abili ufficiali informatori, i quali potevano, con piccioni viaggiatori portati con loro o lasciati cadere in apposite scatole e con piccoli paracadute in luoghi convenuti, corrispondere con i proprî comandi; ma il suo uso ai fini del salvataggio del personale di bordo dei velivoli in caso d'incendio o rottura in volo si deve ai Tedeschi, che per primi lo introdussero durante il conflitto. Ormai i paracadute hanno raggiunto una forma che si può considerare definitiva e il loro funzionamento si può dire soddisfacente sotto ogni riguardo.
Il paracadute si compone: a) d'un sistema per la sua fuoriuscita dalla custodia, ottenuta da vincoli all'aeromobile e da calottine estrattrici che, facendo presa nell'aria, estraggono la calotta; b) d'una calotta che può essere di varie forme: la più comune è quella emisferoidale appiattita, con uno o più fori di dimensione fissa o dilatabile con elastici, che costituisce il sistema ammortizzante inteso a diminuire l'intensità dello strappo dato dal peso sugli attacchi e sulla calotta alla sua apertura con conseguente subitaneo rallentamento della velocità di discesa; c) il sistema funicolare di sospensione: il numero delle funi è di solito uguale al numero dei fusi che formano la calotta, se il collegamento è diretto, minore se vi è l'intermediario della cosiddetta "zampa d'oca", avente per scopo di raccogliere alcune delle funi, partenti dai fusi, in una sola; d) il cinturone o imbracatura che vincola l'uomo al paracadute: dev' essere costruito con criterî di praticità e sicurezza; e) il sistema di comando dell'apertura della custodia, automatico o a mano: di solito funzionano entrambi.
Un cordoncino, assicurato alla fusoliera, quando l'aviatore si getta e si allontana quindi dal velivolo, si strappa provocando la fuoriuscita della calottina che a sua volta estrae la calotta; in caso di non funzionamento di questo congegno automatico, l'aviatore ne ha a disposizione un altro a comando, costituito da un coltello comandato da un cordoncino posto sul petto dell'aviatore e che taglia lo spago che tiene chiuso il congegno provocando l'apertura come sopra si è detto. Questa deve essere sempre un poco ritardata per permettere al corpo che si lancia di essere alquanto lontano dal velivolo, nel momento dell'apertura, onde impedire che il paracadute possa impigliarsi in quello.
Il materiale adoperato nella costruzione della calotta del paracadute, per le sue doti di alta resistenza e leggerezza, è la seta giapponese (pesa da 42 a 45 g. per mq. e resiste circa 650 kg. per metro lineare in ordito e 800 in trama). Tale seta è facilmente comprimibile e può restare lungamente e strettamente piegata e chiusa senza perdere la sua qualità: il limite minimo concesso nei collaudi è di 500 kg. per m. tanto in trama quanto in ordito. Sono in corso studî per la preparazione di seta italiana avente caratteristiche analoghe. La seta dev'essere a maglie molto fitte; se fosse a maglie larghe la sua resistenza aerodinamica sarebbe minore e conseguentemente maggiore la velocità di arrivo, per pari superficie.
Il paracadute può essere a custodia dorsale, se portato a guisa di zaino: apposito incavo nello schienale del seggiolino serve a impedire che dia noia a chi lo porta; oppure a cuscino e serve allora da cuscino sul seggiolino; oppure a custodia ventrale quando è preparato per essere disposto sul ventre dell'aviatore: tale sistema conviene solo al personale di bordo non addetto al pilotaggio, perché per questo nuocerebbe alla libertà di manovra delle leve. Il paracadute può anche non essere indossato ma custodito in apposita cassa all'esterno del velivolo ed estratto automaticamente dall'aviatore quando si lancia.
Le esercitazioni di lancio col paracadute sono individuali e collettive: l'aeronautica italiana ne ha svolte di collettive con lancio contemporaneo perfino di 16 paracadutisti da varî velivoli. L'aviatore si lancia in modo qualunque, cercando solo di allontanarsi dal velivolo per evitare che il paracadute aprendosi vi si impigli. Se ha predisposto il sistema di apertura automatica, dopo lanciatosi l'aviatore non deve fare più nulla; l'apertura avviene da sé e la caduta si frena dopo circa 25 metri. Qualora il lancio si dovesse fare da bassa quota (sotto i 50 metri) conviene arrischiare il funzionamento a mano facendosi strappare dal proprio posto, dopo essersi levati in piedi. Durante la discesa con vento bisogna eseguire lievi movimenti rotatorî col corpo fino a disporsi nella direzione verso la quale spira il vento: se ci si accorge che si cade sopra ostacoli (fili elettrici ecc.) con colpi di gambe ci si può al momento opportuno aiutare fino a saltarli, arrivando poi sulle gambe piegate, come nel salto ginnastico. Nella discesa su acqua conviene disporsi col corpo in direzione opposta che su terra perché il vento porti via il paracadute e sia facile liberarsene.