Zenone, paradossi di
Zenone, paradossi di paradossi formulati dal filosofo greco Zenone per corroborare le tesi contro il movimento e la molteplicità sostenute dal suo maestro, Parmenide; riguardano la riduzione dell’infinità continua all’infinità discreta; si fondano, infatti, sulla possibilità di aggiungere, a una grandezza data, quantità finite per un numero illimitato di volte.
I quattro paradossi relativi al moto sono:
• il paradosso della dicotomia («Se esiste il movimento, è necessario che il mobile percorra infiniti tratti in un tempo finito; ma ciò è impossibile, quindi il movimento non esiste»);
• il paradosso di Achille e la tartaruga («Se il “piè veloce” Achille venisse sfidato da una tartaruga nella corsa e concedesse alla tartaruga un piede di vantaggio, egli non riuscirebbe mai a raggiungerla »);
• il paradosso della freccia («La freccia, che l’opinione comune crede in moto, è in realtà sempre ferma »);
• il paradosso dello stadio («Due oggetti collocati ai punti opposti di un punto A, inizialmente fermi e che si muovano poi uno verso l’altro, con la stessa velocità, percorrono nella stesso tempo uno spazio che è uguale e doppio»).
Tra questi il più famoso è quello di Achille e la tartaruga, alla quale il “piè veloce” dà un vantaggio iniziale che non recupererà mai: Achille non raggiungerà mai la tartaruga, contro ogni evidenza esperienziale.
Questo paradosso può essere schematizzato come segue: supponiamo che Achille gareggi con una tartaruga che abbia un decimo della sua velocità e alla quale sia concesso un vantaggio iniziale di dieci metri. Mentre Achille percorre i dieci metri, la tartaruga ne percorre uno, mentre Achille percorre quel metro la tartaruga percorre un decimo di metro (10 cm), mentre Achille percorre quel decimo di metro, la tartaruga percorre un centesimo di metro (1 cm) e così via; in tal modo ci sarà sempre una distanza, per quanto piccola, fra i due concorrenti. Il fatto che Achille debba percorrere una successione infinita di tratti di lunghezze rispettive (in metri) 10, 1, 1/10, 1/100, 1/1000, …, 1/10n, … porta alla conclusione paradossale che Achille non raggiunga mai la tartaruga. Tale conclusione si fonda sull’assunto che una somma di infiniti numeri (10 + 1 + 1/10 + 1/100 + 1/1000 + … + 1/10n + …) non è un numero finito; ciò non è sempre vero come viene chiarito dai metodi dell’analisi infinitesimale. In particolare la → serie numerica 1 + 1/10 + 1/100 + … + 1/10n + … indicata sinteticamente con
(si legge «sommatoria per n che va da 0 a infinito di 1/10n») converge al valore finito 10/9; quindi la somma precedente ha come risultato 10 + 10/9 cioè circa 11,11 m. In altri termini, Achille raggiunge la tartaruga dopo aver percorso circa 11,11 m. Il nodo concettuale alla base di questo paradosso è stato dipanato da B. Bolzano chiarendo che esso è solo apparente e trae origine dal trascurare il fatto che i termini che via via si addizionano sono sempre più piccoli (tendono a 0).
Analoga è la struttura argomentativa degli altri paradossi, quale, per esempio, il paradosso della dicotomia. Il moto di un punto mobile verso un bersaglio viene discretizzato in una successione di istanti: quello in cui compie metà del percorso, quello in cui compie la metà della parte rimanente e poi ancora la metà di quella che resta e così via. Se per percorrere la prima metà ha impiegato un tempo t, raggiungerà il bersaglio dopo un tempo T pari a:
cioè
Tale somma infinita ha in realtà, contrariamente all’assunto del paradosso, valore finito: 2t.
Circa l’argomentazione relativa al paradosso dello stadio si supponga di avere tre segmenti A, B e C di uguale lunghezza, posti allineati e uno sotto l’altro. Il segmento A si muova verso destra e avanzi di un intervallo in ogni istante rispetto a quello B posto al centro, mentre il segmento C, più in basso, si muova verso sinistra. Dopo un istante l’estremo sinistro di A e l’estremo destro di C corrisponderanno al punto medio di B, che è rimasto fermo. Quindi C e A si saranno allontanati di due intervalli in un istante: ciò è assurdo perché il tempo che avrebbero impiegato per allontanarsi di un solo intervallo sarebbe mezzo istante, contraddicendo all’ipotesi dell’indivisibilità dell’istante.
A Zenone si devono anche i quattro paradossi relativi al molteplice, contro l’ipotesi della pluralità degli enti («se esistono molte cose»). Essi sono i seguenti: 1) se vi sono più cose, allora sono simili e dissimili a un tempo; 2) se vi sono più cose, allora ogni cosa è inestesa e ogni cosa è infinitamente estesa; 3) se vi sono più cose, allora sono finite di numero e sono infinite di numero; 4) se vi sono più cose, allora sono uno e sono molti.
Si conoscono altri due argomenti: uno contro l’esistenza del luogo o dello spazio, e l’altro detto del grano di miglio. Il primo afferma che se ogni cosa che esiste è in uno spazio e lo spazio esiste, allora lo spazio è in uno spazio, e così via all’infinito. Il secondo sembra riguardare la percezione sensibile e i suoi limiti: se un grano di miglio cadendo non fa rumore, come può farlo allora un medimno di grani di miglio?