Vedi Paraguay dell'anno: 2012 - 2013 - 2014 - 2015 - 2016
Alle sfortunate sorti dei conflitti internazionali è poi seguito un lungo periodo di tensioni interne, governi militari, colpi di stato e mancate riforme. Turbolenze politiche che, tuttavia, non hanno mai scalfito l’egemonia dell’Asociación Nacional Republicana, comunemente detta Partido Colorado (Pc), indiscusso protagonista dello scenario istituzionale paraguaiano dal 1947 ad oggi. Gli Stati Uniti sostennero, in chiave anticomunista, la presidenza del generale Alfredo Stroessner dal 1954 al 1989, quando appoggiarono il colpo di stato del generale Andrés Rodríguez, che non modificò la linea autoritaria del Pc. Rodríguez, nonostante l’appoggio statunitense, preferì allargare le alleanze internazionali: aprì al dialogo con Russia e Cuba e nel 1991 siglò ad Asunción, assieme a Brasile, Argentina e Uruguay, il documento di nascita del mercato comune Mercosur, tuttora principale spazio di scambio commerciale per il Paraguay. Sotto la presidenza di Rodríguez fu inoltre approvata la Costituzione democratica paraguaiana, ancora in vigore.
Gli anni Novanta e gli inizi del Duemila si sono caratterizzati per l’elevato grado di corruzione dei governi del Pc, frequenti e accese proteste popolari, sterili tentativi d’avvio di riforme di liberalizzazione e di privatizzazione, nuovi colpi di stato e, infine, per una graduale apertura internazionale. La vittoria alle elezioni presidenziali del 2008 di Fernando Lugo, leader dell’Alianza Patriótica para el Cambio (Apc) e già vescovo cattolico, ha messo fine alla supremazia del Pc (al governo per 61 anni consecutivi) e ha aperto una nuova fase politica. Tuttavia, l’eredità di due secoli di governi autoritari non ha consentito una rapida e indolore ripresa della vita economica, politica e sociale paraguaiana. Altri fattori hanno inoltre complicato l’azione del governo – tra essi, l’iniziale disappunto della Chiesa cattolica, contraria alla rinuncia di Lugo alla carica vescovile, e la mancanza di una maggioranza nelle due camere del Parlamento, a seguito della defezione del Partido Liberal Radical Auténtico (Plra) nel 2009.
Lugo, che ha vinto le elezioni grazie a una campagna elettorale dai toni populisti, incentrata sui temi della riforma agraria e della lotta alla corruzione e alla povertà, ha dunque moderato nel corso dei mesi il proprio orientamento politico, anche sul piano internazionale. Il presidente ha infatti allentato gli stretti rapporti con i paesi dell’Alba (l’Alianza Bolivariana para los Pueblos de Nuestra América, organizzazione guidata dal Venezuela di Chávez) e ha optato per una politica estera di maggiore collaborazione con Argentina e Brasile su questioni economiche e di sicurezza transfrontaliera, quest’ultima al fine di contrastare il traffico di armi, di beni contraffatti e di denaro riciclato, soprattutto nella zona della ‘tripla frontera’ (il confine tra Paraguay, Brasile e Argentina). Sul piano internazionale, uno dei principali interessi del Paraguay è salvaguardare i flussi di aiuti da parte dei paesi donatori, tra cui gli Stati Uniti, e assieme migliorare i rapporti con la Cina, primo partner per importazioni. I legami con Pechino sono infatti ancora tesi, dal momento che il Paraguay è l’unico paese del Sudamerica a riconoscere Taiwan, che ha sostenuto con ingenti capitali finanziari la crescita economica paraguaiana.
Il Paraguay, paese con bassa densità abitativa, è anche quello con la più alta percentuale di popolazione rurale del Sudamerica. Non è un caso, dunque, che la politica abbia spesso collegato la possibilità di sviluppo economico e sociale del paese al dibattito sulla riforma agraria e alla questione della redistribuzione delle terre, ad oggi ancora non sistematicamente affrontate dal governo, nonostante gli impegni elettorali di Lugo.
L’assenza di efficaci riforme negli ultimi decenni ha ridotto alla povertà circa il 40% della popolazione – povertà equamente divisa tra abitanti delle campagne e delle città.
Sotto il profilo etnico gli indigeni, appartenenti a 16 distinti gruppi etnici, sono circa l’1,6% della popolazione e costituiscono il segmento più povero del paese. Molti paraguaiani, inoltre, hanno deciso di abbandonare il paese per la mancanza di lavoro. Si stima infatti che più di 600.000 abitanti (un decimo del totale) siano emigrati in Argentina e che molti altri abbiano scelto l’Europa come destinazione: nella sola Spagna se ne contano circa 90.000.
Sul piano della governance, invece, la corruzione sembra essere il maggior problema del Paraguay. A questo, nonostante un tentativo di riforma lanciato da Lugo, si affianca la mancanza di indipendenza del potere giudiziario, altamente influenzato dal potere politico e, in particolare, dal Partido Colorado.
La crisi internazionale del 2008, la straordinaria siccità del 2009 (che ha colpito i raccolti dei principali prodotti agricoli del paese) e lo stallo parlamentare determinato dalla defezione del Partido Liberal Radical Auténtico hanno fortemente rallentato l’attività di riforma del sistema economico del Paraguay, paese ancora in via di sviluppo e scarsamente competitivo sul piano economico.
Pesano inoltre sul sistema economico paraguayano l’aumento della criminalità, il persistere della corruzione e l’acuirsi dei conflitti sociali. A questi fattori vanno aggiunti gli alti livelli storici della disoccupazione (scesa però al 6% nel 2009), la carenza di infrastrutture e l’inefficienza delle imprese pubbliche nei settori chiave del paese. Negli ultimi anni, tuttavia, il Paraguay ha fatto segnare tassi di crescita del pil positivi (2009 escluso) e, a partire dal 2010, grazie anche al clima favorevole per l’agricoltura, sono stati registrati importanti segnali di ripresa: le esportazioni di soia, carne, legno, cuoio, cotone e tabacco sono aumentate del 40%. A queste ha corrisposto la crescita delle importazioni di beni capitali, tra cui macchine e motori, e di altri beni quali combustibili, prodotti plastici, chimici e farmaceutici, utili a sviluppare le industrie.
Dal punto di vista delle relazioni commerciali, circa la metà dei flussi paraguaiani ricade all’interno dell’area del Mercosur e – qualora Argentina e Brasile abbandonassero la linea politica di protezionismo unilaterale adottata recentemente – gli interscambi all’interno del mercato comune potrebbero aumentare ulteriormente. Fuori dal Mercosur, nuove favorevoli prospettive sono offerte dagli interscambi con l’Unione Europea, che ha inserito il Paraguay nel Sistema di preferenza generalizzato ‘Plus’, e con la Cina, primo partner per le importazioni. Gli investimenti diretti esteri potrebbero aumentare qualora il governo riuscisse a sanare il sistema giudiziario e ad avviare le riforme strutturali annunciate in campagna elettorale. Una di queste è, per esempio, la proposta di privatizzazione degli aeroporti, approvata dal Senato, ma ancora al vaglio della Camera. Attualmente gli Stati Uniti sono il maggior investitore nel paese con 1,2 miliardi di dollari, seguiti da Brasile (345 milioni) e Argentina (138 milioni).
L’accordo tra Brasile e Paraguay per la costruzione della centrale è stato siglato nel 1973, anno in cui la leadership politica di entrambi i paesi era nelle mani di governi autoritari. Il trattato, la cui validità era fissata fino al 2023, stabiliva che il Paraguay avrebbe dovuto obbligatoriamente vendere la propria quota di energia inutilizzata al Brasile, a un prezzo fisso di 124 milioni di dollari annui.
Nel luglio 2009, dopo diversi tentativi falliti da parte dei governi paraguaiani di rinegoziare il trattato con il Brasile, Lugo ha convinto il presidente brasiliano Lula a firmare, ad Asunción, una nuova dichiarazione congiunta in 31 punti. Essa prevede che il Paraguay riceva 360 milioni di dollari all’anno a titolo di compensazione per la fornitura di energia elettrica al Brasile e che possa vendere il proprio surplus di energia direttamente sul mercato brasiliano, senza dover passare per il gruppo brasiliano Eletrobrás. Inoltre, sono state poste le basi per un piano di vendita di elettricità a paesi terzi ed è stato approvato un programma per migliorare il sistema di trasmissione elettrico paraguayano - la cui energia è in parte rubata e in parte persa nel corso della trasmissione - e in particolare per costruire la linea elettrica sino ad Asunción. Tuttavia l’accordo, anche a causa dell’avvicendamento alla presidenza del Brasile, non è ancora entrato in vigore ed è al vaglio del Congresso brasiliano.
Importante conquista economica dell’esecutivo di Lugo è la rinegoziazione dell’accordo del 1973 per la gestione della centrale idroelettrica di Itaipú, per metà brasiliana. Se, infatti, l’accordo originario pendeva in favore del Brasile, la dichiarazione congiunta firmata tra i due paesi nel luglio 2009 prevede una più equilibrata ripartizione degli utili. Attualmente il 63% dell’energia idroelettrica prodotta dal Paraguay è esportata proprio in Brasile e i proventi sono sufficienti a coprire l’intera spesa delle importazioni energetiche paraguaiane.
Se dal punto di vista regionale non sembrano esservi particolari motivi di minaccia alla sicurezza del Paraguay, sul fronte interno esso deve affrontare almeno due potenziali sfide alla propria stabilità. Da un lato – peculiarità paraguaiana nella regione sudamericana – nel paese sono storicamente presenti elementi legati al gruppo armato libanese di Hezbollah, che ha nel territorio paraguaiano una base logistica importante per dimensioni e proiezione internazionale. La presenza di attivisti riconducibili a Hezbollah sembra essere una diretta conseguenza della massiccia emigrazione della popolazione libanese in quest’area durante i primi conflitti arabo-israeliani negli anni Quaranta e, in seguito, durante la guerra civile libanese negli anni Ottanta. Gli elementi ritenuti vicini a Hezbollah controllano in parte i mercati illeciti lungo la ‘tripla frontera’ e traggono da tali traffici i finanziamenti per l’organizzazione. Gli attentati che hanno colpito la comunità ebraica di Buenos Aires, in Argentina, nel 1992 e nel 1994 (il primo contro l’ambasciata israeliana e il secondo contro un centro culturale ebraico, provocando in totale la morte di più di 100 persone), sono stati rivendicati proprio da Hezbollah, che potrebbe aver utilizzato come base d’appoggio il Paraguay. Nonostante negli ultimi anni il movimento abbia compiuto la trasformazione in partito politico e partecipi alla vita istituzionale del Libano, esso continua a essere nella lista delle organizzazioni terroristiche degli Stati Uniti; per tale ragione, il Paraguay si avvale dell’aiuto di truppe statunitensi allo scopo di debellare la sua presenza sul proprio territorio.
Altra minaccia interna è poi costituita dall’Ejército del Pueblo Paraguayo (Epp). Quest’ultimo è un gruppo guerrigliero di stampo marxista-leninista, radicato nella zona centro-orientale del paese e probabilmente legato alle Farc colombiane. Il movimento, che negli ultimi tre anni ha compiuto diversi rapimenti e omicidi, ha dichiarato la propria avversione al governo di Lugo, accusato di non rispettare la volontà del popolo paraguaiano e, in particolare, della sua popolazione rurale.
Al fine di aumentare la sicurezza del paese, il Paraguay è parte del cosiddetto ‘Three Plus One Security Dialogue’, che vede collaborare anche Argentina, Brasile e Stati Uniti. Sul fronte delle missioni internazionali, il paese è presente solo a Haiti con un contingente di circa 30 militari, all’interno della missione delle Nazioni Unite Minustah.