PARAGUAY
(XXVI, p. 281; App. I, p. 920; II, II, p. 504; III, II, p. 363; IV, II, p. 733)
Al censimento del 1982 la popolazione ammontava a 3.035.360 ab., esclusi 46.700 Indios della giungla; al successivo censimento del 1992 essa era salita a 4.123.550 ab., dei quali il 98% vive nella parte orientale del paese, comprendente il 40% della superficie totale. Il P. ha la popolazione più omogenea del continente: infatti, essa è costituita per il 90% da meticci, che − con minoranze di europei − sono insediati prevalentemente nei centri urbani (47%). Elevato è il tasso di natalità (34,1ı) e, di conseguenza, il coefficiente di accrescimento annuo.
Condizioni economiche. - La situazione economica del P. ha subito, negli ultimi decenni, un costante processo di deterioramento, e il paese è oggi uno dei più arretrati dell'America latina. Benché il PNL continui a incrementarsi (durante il periodo 1980-91 l'aumento medio annuo è stato pari al 2,3%), il PNL pro capite tende al decremento (nello stesso periodo di tempo è diminuito dello 0,8%), e nel 1991 le stime della Banca mondiale attribuivano al paese un reddito medio pro capite di poco superiore ai 1200 dollari USA. Sempre nel 1991 il debito estero complessivo si aggirava sui 2200 milioni di dollari USA.
Dopo il colpo di stato del 1989 è stato varato un progetto di riforma economica che prevede, fra l'altro, la privatizzazione di molte imprese in mano pubblica. Il nuovo regime ha dedicato molta parte della propria attività al miglioramento dell'economia, ma i suoi sforzi sono parzialmente vanificati sia dalla congiuntura internazionale (con il calo dei prezzi di alcuni prodotti, quale il cotone, che il P. esporta), sia dai mancati pagamenti del Brasile (per l'importazione di energia elettrica), sia dall'avverso andamento delle condizioni climatiche (inondazioni nel corso del 1992).
Il 46% della popolazione attiva è occupato nell'agricoltura, che contribuisce con poco più di un quarto alla formazione del PNL e per oltre il 90% al valore delle esportazioni. Principale coltura cerealicola è il mais (12,7 milioni di q prodotti nel 1991), che costituisce assieme alla manioca (5,5 milioni di q) il maggior prodotto alimentare. Negli ultimi decenni hanno avuto progressi ragguardevoli le colture commerciali: soia (14 milioni di q), cotone (3,7 milioni di q di semi e 2,3 milioni di q di fibra), tabacco, semi oleosi come tung, arachidi, ricino e noci di palma. L'attività industriale, comprendente i settori minerario, manifatturiero, delle costruzioni ed elettrico, è in fase di ristagno. Nel 1991 ha contribuito per il 25,6% alla formazione del PNL: ma se nel periodo 1965-80 il PNL industriale ha avuto una crescita annuale media del 9,1%, nel decennio 1980-90 ha registrato un declino annuale medio dello 0,5%. Gli impianti industriali sono concentrati per la maggior parte nella regione di Asunción e nel dipartimento Central.
Allo sfruttamento del rilevante potenziale idroelettrico del paese sono stati rivolti massicci investimenti, grazie anche all'apporto di capitali argentini e brasiliani. Nel 1976, con l'entrata in funzione della centrale di Acaray, il P. si è reso autosufficiente nel campo dell'energia elettrica. Il nuovo grandioso sbarramento di Itaipú sul fiume Paraná, inaugurato nel marzo 1984 ed entrato in funzione alla fine dello stesso anno, ha aumentato sensibilmente la potenza installata (5.800.000 kW nel 1990) e la produzione (2434 milioni di kWh). Un ulteriore incremento è previsto in seguito al completamento della diga di Yacyretá, sempre sul fiume Paraná.
Nel 1991 la bilancia dei pagamenti ha presentato un deficit di circa 323 milioni di dollari USA, mentre la bilancia commerciale ha registrato un saldo negativo di 412 milioni di dollari USA. In quello stesso anno la maggior parte degli scambi in entrata avveniva con il Brasile (18,4%), che ha rappresentato anche il maggior mercato delle esportazioni (27,6%). Altri partners di rilievo sono stati Argentina, Stati Uniti, Germania, Giappone, Paesi Bassi e altri membri dell'Unione Europea.
Bibl.: G. Corna Pellegrini, L'America Latina, 2 voll., Torino 1987; J. M. G. Kleinpenning, Colonisation et développement rural en Amérique Latine: le cas du Paraguay, in Revue belge de géographie, 114 (1990), 1, pp. 3-16; J. N. Salomon, Le complexe touristico-industriel d'Iguaçu-Itaipú (Argentine-Brésil-Paraguay), in Les Cahiers d'Outre-Mer, 45 (1992), 177, pp. 5-20.
Storia. - Il P., paese formalmente democratico, era, alla metà degli anni Settanta, ancora di fatto una dittatura personale di A. Stroessner che reprimeva con la forza ogni forma di opposizione e di dissenso. Era dominato dal Partido Colorado, mentre gli altri partiti erano per lo più illegali ma tollerati (salvo quello comunista). Nel 1978 quattro partiti diedero vita all'Accordo Nazionale, la cui influenza politica risultò però nulla.
Il P. è un paese essenzialmente agricolo: l'agricoltura occupa quasi la metà della popolazione attiva, mentre l'89% dei terreni agricoli è in mano al 4% dei proprietari terrieri. Gli indici sanitari, il reddito medio pro capite e il livello dell'alimentazione pongono il P. agli ulti mi posti tra i paesi dell'America latina. Oltre un milione di persone vive all'estero, soprattutto in Argentina (di cui più di 150.000 in esilio per motivi politici).
Beneficiari del regime erano latifondisti, commercianti e capitale estero. Lo sviluppo fu affidato quasi esclusivamente alle esportazioni, di cui buona parte illegali, in quanto erano frutto del contrabbando e del traffico di droga.
L'economia era cresciuta a ritmi elevati fra il 1973 e il 1982 (11,5% all'anno), ma il completamento della diga di Itaipú − realizzata in massima parte dal Brasile, e che aveva dato lavoro e immesso risorse nel paese −e il deprezzamento dei prodotti agricoli esportati produssero una caduta dei tassi di crescita, degli investimenti anche pubblici e dei salari, e un aumento dell'inflazione, del debito estero e della disoccupazione. Tale fenomeno fu aggravato dalle misure restrittive adottate in Argentina per contenere l'immigrazione illegale e dall'esaurirsi della frontiera agricola, che mise a nudo i guasti di una riforma agraria fallita. L'espansione dell'agricoltura d'esportazione costrinse all'inurbamento decine di migliaia di contadini. Contemporaneamente si contrassero le entrate legate al contrabbando, a causa della diminuita capacità d'acquisto dei paesi vicini. Il tentativo di ridare vigore all'economia illegale, intensificando il traffico di droga, portò a nuovi scontri con gli USA dopo quelli registrati sotto la presidenza di J.E. Carter per la violazione dei diritti umani.
Alla crisi economica si giustappose una crisi politica con la fine delle dittature in Uruguay, Bolivia, Brasile e Argentina, e ciò determinò un isolamento ancora maggiore sul piano internazionale. Dalla metà degli anni Ottanta si registrò un'ondata di agitazioni che vennero duramente represse. Ripresero vigore i movimenti contadini, con occupazione di terre e richieste di un'incisiva riforma agraria, e i sindacati indipendenti, che pur senza veste legale riuscirono a volte a imporsi come interlocutori; nuovi oppositori nacquero sia all'interno del ceto medio sia fra gli industriali, sorsero i movimenti sociali urbani, la stessa Chiesa radicalizzò le sue posizioni e al suo fianco si schierò il papa Giovanni Paolo ii in occasione della sua visita nel 1988.
Il regime fu costretto a consentire il ritorno degli esiliati politici e a sospendere, nel 1987, uno stato d'assedio che durava dal 1954. Scarso fu invece il ruolo dei partiti, che non riuscirono a elaborare un programma comune, mentre dopo il 1983 le manovre contro Stroessner vennero da un'ala del Partido Colorado che pretendeva di preparare la sua successione in collaborazione con le Forze Armate. Questa fazione, sconfitta nell'agosto del 1987, fu allontanata dai vertici del partito e dalle cariche pubbliche.
Il 3 febbraio 1989 un golpe guidato dal consuocero del dittatore, generale A. Rodriguez, pose fine a un regime trentacinquennale. Esiliato Stroessner in Brasile, Rodriguez divenne presidente provvisorio e reintegrò l'ala estromessa nel 1987, perseguitando i fedelissimi dell'avversario. Rodriguez legalizzò i partiti, salvo quelli della sinistra, liberò i detenuti politici e fece promesse, alle quali però non seguirono fatti. Nelle elezioni di maggio ottenne il 75% dei voti (ma permanendo sospetti di brogli) e sconfisse il candidato dell'Accordo Nazionale. Le garanzie offerte da Rodriguez − il cui nome è stato spesso associato ai traffici illegali − non sembrarono in grado di mutare il quadro paraguayano, anche perché immutato è rimasto l'apparato dirigente dell'epoca di Stroessner. La tappa successiva nella trasformazione democratica del P. si ebbe con l'avvio di una procedura di revisione costituzionale. Nel dicembre 1991 si tennero le elezioni di un'Assemblea nazionale costituente nella quale il Partito Colorado si assicurò con il 55,1% dei voti una schiacciante maggioranza. La nuova costituzione, promulgata il 20 giugno 1992, prevedeva l'elezione del presidente e del vicepresidente con la maggioranza semplice, riconosceva il diritto di sciopero anche nei settori pubblici (salvo le forze armate e la polizia), aboliva la pena di morte. Una norma che stabiliva infine la non rieleggibilità del presidente in carica fu motivo di tensione fra il presidente e l'assemblea costituente. Nelle presidenziali del 9 maggio 1993 risultò eletto con il 40,9%, l'esponente del Partido Colorado J.C. Wasmosy, un magnate sostenuto da Rodriguez, mentre D. Laíno del PLRA (Partito liberale radicale autentico) otteneva il 32%. Nel maggio 1994, per la prima volta dopo trentacinque anni, uno sciopero generale indetto contro la corruzione, per l'aumento del 40% dei salari, e contro l'integrazione economica con i paesi vicini, scosse il P. provocando una ventina di vittime.
Bibl.: P. H. Lewis, Socialism, liberalism and dictatorship in Paraguay, New York 1982; R. Canese, L. A. Mauro, Itaipú: dependencia o desarrollo, Asunción 1985; E. Acevedo, J. C. Rodriguez, Manifiesto democrático. Una propuesta por el cambio, ivi 1986; Los movimientos sociales en el Paraguay, a cura di D. Rivarola, ivi 1986; E. J. F. Fernández, J. L. Simón, La sociedad internacional y el Estado autoritario del Paraguay, ivi 1987; J. J. Prieto, Constitución y regimen político en el Paraguay, ivi 1987; B. Arditi, Poder y legitimidad, ivi 1988; N. Bellini, I contadini paraguayani, Mestre 1988; B. Arditi, Adiós a Stroessner. La reconstrucción de la politica en el Paraguay, Asunción 1992.
Letteratura. - Due fattori determinano la situazione d'isolamento e arretratezza della cultura paraguayana: la condizione di bilinguismo, unica nell'area latinoamericana, che ha prodotto un'espressione letteraria meticcia in cui domina la tradizione orale propria del guaraní, lingua che non ha avuto scrittura e che si è conservata come idioma nazionale; e la dittatura: non soltanto l'ultima di Stroessner, ma una tradizione di regimi totalitari che affondano le loro radici in quella prima famosa dittatura del Doctor Francia, all'indomani dell'indipendenza, che ha di fatto colonizzato l'immaginario di questo paese. Ciononostante, è necessario ricordare l'eminente figura di uno scrittore come A. Roa Bastos (n. 1917), la cui scrittura, realizzata in esilio, condensa, in una creazione letteraria innovatrice, le due lingue nazionali: spagnolo e guaraní.
L'immediato antecedente di Roa Bastos è costituito dall'opera di G. Casaccia (1907-1981), considerato l'iniziatore della letteratura contemporanea paraguayana. Il primo romanzo di Casaccia, Hombres, mujeres y fantoches, è del 1930. Successivamente pubblicò due raccolte di racconti, El quajhú e El pozo. Mario Pareda, il suo secondo romanzo, è del 1939, ma quello che gli diede la fama è La babosa, pubblicato nel 1952 a Buenos Aires, dove l'autore si trovava in volontario esilio. In questo romanzo, Casaccia descrive la realtà nazionale attraverso la storia del proprio paese natale, Areguá, in cui mito e realtà s'intrecciano per fissare letterariamente la violenza fisica e morale della dittatura. L'accorata denuncia che caratterizza anche i successivi romanzi, La llaga (1964), Los exiliados (1966) e Los herederos (1975), darà origine a critiche negative e a censure feroci.
Il dolore della condizione umana, che connota le opere di Casaccia, diventa incubo in Hijo de hombre (1959; trad. it., 1976), il primo romanzo di A. Roa Bastos, che era stato preceduto dalla raccolta di racconti El trueno entre las hojas (1953). In Hijo de hombre, in cui s'inaugura una struttura moderna di capitoli autonomi collegati da personaggi e fatti a diversi livelli narrativi, Roa Bastos ripercorre, a partire dalla guerra del Chaco e sullo sfondo di un mitico paesaggio indigeno, un periodo di quasi cento anni, in cui lo sfruttamento e la repressione diventano i veri personaggi della narrazione. Nel 1966 pubblica una nuova raccolta di racconti, El Baldío, seguita da Los pies sobre el agua (1967), Madera quemada (1967) e Moriencia (1969). Nel 1974 dà alle stampe il suo secondo romanzo, Yo, el Supremo (trad. it., 1978), il cui personaggio centrale è il tiranno G. Francia. La struttura si arricchisce di forme sperimentali non tutte proprie della tradizione letteraria canonica: dalla pasquinata iniziale alla circolare perpetua, Leitmotiv di questo romanzo, di cui l'autore, sempre nella finzione, si definisce compilatore oltre che studioso dei documenti che danno corpo all'opera.
Lo stesso isolamento culturale che limita il panorama narrativo paraguayano ne condiziona la produzione poetica. Tuttavia, meritano di essere ricordati: J. Pla (n. 1909), E. Campos Cervera (1908-1953), H. Rodríguez Alcalá (n. 1919), che viene considerato l'iniziatore della poesia contemporanea in Paraguay. Di un certo rilievo, nonostante i toni troppo marcati di protesta sociale, è la poesia di E. Romero (n. 1926), autore fra l'altro di El sol bajo las raíces (1956), Un relámpago herido (1967) e Destierro y atardecer (1975). Tra i poeti delle ultime generazioni ricordiamo: R. Vallejos (n. 1943), poeta della solitudine e della morte; R. Dávalos (1945-1968), R. Ferré Alfaro (n. 1945), unica donna tra i poeti emergenti.
Tra gli autori di teatro, ricorrono i nomi di quegli artisti che si sono affermati con maggior successo in altri generi. La figura di maggior rilievo è quella di J. M. Rivarola Matto. Un fatto importante è la presenza di un teatro in guaraní. Tra i drammaturghi che usano la lingua autoctona nelle proprie opere ricordiamo: J. Correa e L. Ruffinelli; in entrambi i casi il tema dominante è la guerra del Chaco.
Bibl.: V. Diaz-Perez, Literatura del Paraguay, Palma di Maiorca 1980; H. Rodriguez-Alcala, Poetas y prosistas paraguayos, Asunción 1988; R. Bordoli, Literatura paraguaya, 1900-1950, Montevideo 1988; R. Rolon, 100 años de poesía paraguaya, 1889-1989: un intento bibliográfico, Asunción 1989; T.L. Welch, Bibliografía de la literatura paraguaya, Washington 1990; R. Bareiro Saguier, De nuestras lenguas y otros discursos, Asunción 1990; J. Pla, Cuatro siglos de teatro en el Paraguay: el teatro paraguayo desde sus orígenes hasta hoy (1544-1988), ivi 1990; Catálogo nacional en honor a Augusto Roa Bastos compilado por el equipo de trabajo de la Escuela de Bibliotecología, San Lorenzo 1991; E. Marini Palmieri, De la narrativa de Augusto Roa Bastos y de otros temas de literatura paraguaya, Asunción 1991; M. del C. Pompa Quiroz, Identitad de la mujer en la narrativa paraguaya: un aporte al análisis literario desde la perspectiva del género, ivi 1991.
Arte. - Gli europei, arrivando nel territorio del P., trovarono popolazioni indie con un primitivo sviluppo sociale e forme espressive altrettanto primitive; la tribù più evoluta era quella dei Guaraní. La tessitura, la plumaria e la ceramica erano le arti più praticate. La cultura europea penetrò nel paese a opera principalmente dei francescani e dei gesuiti. Nella Provincia Espiritual del P., le reducciones (centri comunitari istituiti dai gesuiti per ospitare gli indios e ''ridurli'' al cattolicesimo) avevano botteghe dove gli indios potevano apprendere arti e mestieri, e maestranze di convertiti produssero opere funzionali alla decorazione delle chiese e alla propaganda della religione. A parte i motivi puramente decorativi, in cui si trovano uniti elementi europei e autoctoni, la pittura e la scultura elaborarono esclusivamente soggetti religiosi, secondo modelli prevalentemente derivati da stampe europee. Particolare rilievo ebbe l'incisione, che raggiunse un notevole livello, arricchendo i bei libri stampati nelle missioni.
Dal miscuglio indio ed europeo sorse il particolare stile barocco ispano-guaraní, caratterizzato da una profusione di elementi giustapposti, dalla predilezione per la bidimensionalità che semplificava nella pittura e nell'incisione il modellato chiaroscurale e l'uso delle fughe prospettiche, da un movimento rallentato, dall'infrazione dei canoni e da una scarsa conoscenza dell'anatomia. In definitiva il simbolo aveva il sopravvento sulla raffigurazione naturalistica e sulle regole accademiche. Testimonianze di questo particolare sincretismo rimangono nelle chiese di Capiatá, Misiones, Yaguarón. La Virgen di Itapúa (1718) è l'unico quadro esistente realizzato da un nativo di cui si conosca il nome: J. Kabiyú. Si conoscono anche alcuni nomi di incisori indigeni: J. Yaparí firmò un'illustrazione che ritrae il padre Tirso Gonzáles nel libro De la diferencia entre lo temporal y lo eterno, e il nome di T. Tilcara appare su una stampa raffigurante s. Giovanni Nepomuceno. Nelle reducciones gesuitiche, il primo tra i maestri di pittura a noi noto, e che ebbe una certa rinomanza anche in Europa, fu il frate L. Berger (1588-1639), attivo anche come orafo, musico e medico; tra gli altri si ricordano un certo Salazar, il mastro vetraio H. Sánchez, M. Schmidt (1717-1772), J. Grimau; il frate milanese J. Brasanelli (1659-1728) si dedicò alla scultura, alla pittura e all'architettura; nel campo della tipografia e dell'incisione risaltano i nomi di P. Restivo, J.B. Neumann, padre J. Serrano, S. Bandini, L. Orosz, padre S. Aperger. J.B. Prímoli (1673-1747), architetto noto anche in Europa, realizzò la chiesa della missione di Trinidad, il più importante monumento religioso del Paraguay. Espulsi i gesuiti dal P. nel 1767, fu posta fine anche all'attività delle loro botteghe d'arte.
Nel 1811 il P. proclamò la sua indipendenza dalla corona spagnola e con questa nuova realtà politica si chiuse ufficialmente il processo di amalgama culturale dell'epoca coloniale. La dittatura di J.G. Rodríguez de Francia (1814-40) non favorì l'evolversi dell'arte, mentre con il suo successore C.A. López si ebbe una certa possibilità di pianificazione artistica. Durante il suo governo (1844-62) arrivarono in P. vari artisti, tra i quali gli italiani F. Rossetti, pittore di cui non si conoscono dati certi, A. Ravizza, pittore e architetto che, stabilitosi dal 1854 ad Asunción, fondò un'accademia per il disegno lineare e geometrico, A. Antonini, scultore e architetto, giunto ad Asunción nel 1864, e J. Colombo, attivo in P. dal 1852. Ancora tra gli artisti stranieri giunti in P. si possono ricordare l'inglese J. Owen Moyniham, scultore e collaboratore dell'architetto A. Taylor (in P. dal 1860), il pittore tedesco W.S. Scheller, il pittore francese J. Mornet e quello spagnolo P. Ochoa. Tematiche profane subentrano a quelle sacre (ad Antonini e a Owen Moyniham si devono le prime sculture di soggetto profano).
Della seconda metà del 19° secolo meritano menzione i ritratti d'impronta accademica e di spirito romantico di due pittori nativi che, grazie a borse di studio, completarono la loro formazione in Europa, in particolare in Francia: A. García (1830:?-1870:?) e S. Ríos (1840-1922). Quest'ultimo, deluso per la scarsa considerazione in cui era tenuto, abbandonò l'arte, bruciando gran parte delle sue opere: uno dei pochi quadri che ci rimangono è il ritratto del vescovo Palacios (Asunción, Museo Nacional de Bellas Artes), realizzato nel 1864 con tintes nacionales ("con colori nazionali"), come attesta la curiosa e significativa scritta autografa apposta sul dipinto. Sempre nel 19° secolo fu fondata la prima rivista paraguayana, La Aurora, con illustrazioni realizzate litograficamente, che dimostrano come fosse stato precoce l'accoglimento in P. della nuova tecnica.
Tra il 1864 e il 1870 la Guerra de la Triple Alianza (Argentina, Brasile, Uruguay) favorì la ripresa dell'incisione, con le illustrazioni di ''giornali di campo'', tra i quali Cabichuí (1867-68), El Centinela e Cacique Lambaré: xilografie di genuino sapore popolare e di tono umoristico, strumento efficace di propaganda patriottica. I loro autori sono in genere anonimi e forse furono artisti improvvisati che operavano con mezzi rudimentali, ma tra di essi troviamo anche S. Ríos. Dopo la guerra, in un periodo di relativa prosperità, soggiornarono o si stabilirono in P. diversi artisti stranieri minori, utili comunque alla sensibilizzazione dell'ambiente: la presenza di maggiore spicco è quella del pittore italiano G. Boggiani (1861-1902), che predilesse soggetti locali. Altri italiani attivi in P. furono i pittori G. Da Ré e H. Da Ponte (1882-1954) e lo scultore B. Baglietto. Operò in P. anche il pittore francese F. Chauvelot.
Sull'arte paraguayana del 20° secolo continuarono a pesare l'isolamento determinato dalla posizione geografica del paese, la mancanza di una significativa tradizione e la povertà endemica. A questi fattori si aggiunsero governi ostili o indifferenti.
L'ampliamento dei mezzi d'informazione e la possibilità di viaggiare consentirono tuttavia l'apertura di brecce. L'inizio di una moderna concezione dell'arte spetta al pittore, ceramista e incisore A. Campos Cervera (1888-1937; più conosciuto, dopo il 1926, con lo pseudonimo di Julián de la Herrería), che nel 1908 partì per l'Europa (fu a Madrid, Roma, Firenze, Parigi) dove rimase fino alla morte. La sua esperienza, però, non ebbe riflessi effettivi in P.: nei brevi ritorni in patria egli trovò, infatti, un ambiente ostile alle innovazioni, e solo dopo la sua morte la sua arte esercitò un certo influsso, in particolare nel campo della ceramica. Importante fu l'attività di Julián de la Herrería anche nel settore dell'incisione: non solo riprese la tecnica dell'acquaforte, non più usata in P. dopo l'espulsione dei gesuiti, ma fu lui a scoprire la possibilità d'incidere su linoleum. Neanche il modernismo del pittore A. Guevara (1904-1964) ebbe eco in P.: dal 1922, infatti, egli lavorò in Argentina e in Brasile, dove subì l'influsso di C. Portinari.
Altri artisti, che hanno compiuto viaggi di formazione all'estero, sono lo scultore V. Pollarolo (1903-1963) e i pittori J.A. Samudio (1878-1935), P. Alborno (1877-1958), C. Colombo (1882-1959), J. Bestard (1890-1965) e R. Holden Jara (1899/1900-1984). Quest'ultimo nelle sue tematiche ha seguito le orme del modernismo brasiliano e si è impegnato per la creazione della Escuela de Bellas Artes di Asunción (1957), di cui è stato primo direttore. Per il rinnovamento del linguaggio figurativo esercitarono maggiore influsso due pittori stranieri: il polacco W. Bandurek (n. 1905), che restò in P. dal 1936 al 1945, e il brasiliano J. Rossi (n. 1924), che soggiornò in P., insegnandovi dal 1949 per qualche anno. Un altro brasiliano, L. Abramo (n. 1903), è importante per lo sviluppo delle arti grafiche. Nel 1952 fu fondato il Centro de artistas plásticos, che è servito come primo momento di aggregazione per un cambiamento linguistico, nonostante abbia accolto anche artisti conservatori.
Animatrice della vita artistica in P. è J. Plá (n. 1909), ceramista e saggista, che nel 1953 fondò il gruppo Arte Nuevo, insieme alle pittrici O. Blinder (n. 1921) e L. del Mónico (n. 1910) e al ceramista e scultore J. Laterza Parodi (1915-1981), che firmava J.L. Parodi. Battendosi per il rinnovamento artistico, il gruppo organizzò nel 1954 la Primera semana de arte moderno paraguayo che, a causa del rifiuto di ospitalità da parte delle sale richieste, si svolse all'aperto. Un riconoscimento di queste nuove inquietudini giunse tuttavia nel 1957, quando gli organi ufficiali accolsero nella selezione nazionale per la Biennale di San Paolo artisti non conformisti. Al gruppo Arte Nuevo si sono successivamente uniti altri artisti, come il pittore C. Colombino (n. 1937), l'artista paraguayano più noto nell'America latina. La sua pittura ha subito diverse trasformazioni, da un'astrazione a base di tecniche miste a una figurazione d'impianto iperrealista nella realizzazione ma metafisica nei contenuti.
In una situazione come quella del P. la scultura ha trovato particolare difficoltà e, dagli anni Cinquanta, l'opera di H. Guggiari (n. 1924) vi figura quasi solitaria. Ad Asunción il Museo nacional de bellas artes è stato fondato sulla base della raccolta del collezionista J.S. Godoy, che ne costituisce tuttora il nucleo principale. Nella capitale paraguayana J. Plá ha istituito un museo intitolato al marito Julián de la Herrería. Il Centro de Artes visuales raduna il Museo del barro (1980), il Museo paraguayo de arte contemporáneo, la Sala de exposiciones Josefina Plá e il Taller de artes visuales. Vedi tav. f.t.
Bibl.: C.R. Centurión, Historia de la cultura paraguaya, 2 voll., ii, Origen y evolución de las artes plásticas en el Paraguay, Asunción 1961, pp. 329-61; J. Plá, El arte en Paraguay, in Enciclopedia del Arte en América, ii, Buenos Aires 1968; M.A. Fernández, Art in Latin America today: Paraguay, Washington 1969; S. Orienti, A. Terruzzi, Città di fondazione. Le ''reducciones'' gesuitiche nel Paraguay, catalogo della mostra alla XVI Triennale di Milano, Firenze 1982; T. Escobar, Una interpretación de las artes visuales en el Paraguay, 2 voll., Asunción 1982, 1984; Id., Colombino, la forma y la historia, Montevideo 1985; L. Benitez, Breve historia de grandes hombres, Asunción 1986.
Cinema. - Privo di una tradizione nazionale, il cinema paraguayano ha conosciuto un modesto sviluppo negli anni Cinquanta a opera soprattutto di cineasti argentini (come A. Bo: El trueno entre las hojas, 1957), come conseguenza di una favorevole politica di coproduzioni che consentiva all'industria argentina un'egemonia pressoché assoluta. Intorno alla metà degli anni Sessanta, in corrispondenza con un nuovo clima culturale segnato dalla critica e dalla contestazione contro il regime dittatoriale di A. Stroessner, si sono manifestati i primi segni di un cinema indipendente, legato alle iniziative dei giovani J. R. Nestosa e C. Saguier. Quest'ultimo, direttore del gruppo del Cine Arte Experimental, ha realizzato diversi cortometraggi (tra cui Francisco, storia di un bambino povero nella periferia di Asunción) e un mediometraggio di rilievo come El Pueblo (1969), cui si fa risalire l'atto di fondazione di un cinema autenticamente nazionale. In esso un forte spirito critico e di denuncia si coniuga con un'inedita ricerca espressiva. Nell'ambito di questa linea indipendente, che viene messa presto a tacere dalla censura e dalla penuria di mezzi, si collocano anche alcuni cortometraggi realizzati tra il 1968 e il 1969 dal regista francese D. Dubosc: Kuarahy ohecha e Manohara, sulla vita in un lebbrosario di Sapukai.
Spentisi definitivamente i fermenti di rinascita, il cinema paraguayano degli anni Settanta e Ottanta vive lo stesso grigiore e conformismo in cui sono confinate le altre attività artistiche, sottoposte alla costante pressione della dittatura. Mentre il mercato è invaso dai prodotti stranieri più commerciali, le istituzioni governative producono le consuete attualità ufficiali e qualche film turistico, usando il cinema e la televisione come apparati propagandistici. Tra i rari titoli di fiction realizzati in questo periodo, spesso ricorrendo al sistema della coproduzione, ricordiamo Cerro Cora (1977), di G. Vera, pubblicizzato come "la primera pelicula paraguaya", in tutto e per tutto rispondente alla retorica di regime, e Dos ramos de rosas (1978) di A. Lares. L'avvento della repubblica parlamentare, nel 1992, ha acceso la speranza di un cinema democratico.
Bibl.: G. Hennebelle, A. Gumucio-Dagron, Les cinémas de l'Amérique latine, Parigi 1981.