paranoia
Sintomo psichiatrico caratterizzato dallo sviluppo di un delirio cronico (di grandezza, di persecuzione, di gelosia, ecc.), coerente, sistematizzato, dotato di una propria logica interna, non associato ad allucinazioni, e senza deterioramento delle funzioni psichiche al di fuori dell’attività delirante. Lo spettro dei fenomeni della p. va dalla personalità paranoide alla p. reattiva (sociale, ambientale, traumatica e da separazione), alla possibile ciclicità, tra fasi grandiose di rilancio paranoico e fasi depressive, fino a sviluppare in alcuni casi un’ideazione delirante cronica con contenuti verosimili. Poiché il delirio paranoide è solitamente comprensibile e lucido, e con un’emotività congrua con l’ideazione, la p. può essere considerata, secondo una nota formula sia come «il volto normale della follia» sia come «il volto folle della normalità». Lo psichiatra tedesco Emil Kraepelin vide come specifico della p. un delirio a esordio tardivo, lento e progressivo, secondo un’articolazione coerente e ordinata, non secondario a disturbi dell’umore; ne intuì inoltre uno sviluppo secondo due direzioni che spesso si combinano tra loro: da un lato il delirio di pregiudizio, con le tematiche persecutorie, di gelosia e ipocondriache, e dall’altro lato il delirio di grandezza, con le tematiche grandiose (rivendicative, genealogiche, innovative, mistiche). Kraepelin riconobbe anche una p. reattiva, riferendosi alla p. che talvolta colpisce le persone sorde, come reazione a un dato di realtà, a una condizione svantaggiosa di handicap. Un altro psichiatra tedesco, Ernst Kretschmer, nel 1918 considerò il delirio paranoide come derivabile da aspetti caratteriali patognomonici, come l’essere sensibile, sospettoso, scrupoloso e con un’accentuata ipersensibilità alle offese, movente per reazioni e slanci grandiosi e rivendicativi. In quegli anni Sigmund Freud diede un contributo significativo al riconoscimento dei meccanismi psicodinamici della negazione (➔) e della proiezione (➔) come centrali nello sviluppo paranoide. La psicoanalisi ha prodotto anche fecondi studi sulla personalità paranoide; in partic. ne evidenzia alcuni tratti narcisistici come l’alto concetto di sé e della giustizia, una certa idealità grandiosa, la persistenza di personali idee dominanti tese a una ricerca sfrenata di evidenze. A questo riguardo lo psicoanalista Heinz Kohut nel 1978 arrivò a considerare la personalità paranoide come espressione della massima patologia della grandiosità narcisistica (➔ narcisismo) e della rabbia disforica narcisistica, irrigidita in un bisogno irrefrenabile di vendetta; definì quindi il delirio come un tentativo riparatorio di una ferita del Sé, di un vissuto di vergogna insostenibile, alla ricerca di un giusto accreditamento sociale per un diritto o un’inclusione negati, per un’offesa non riconosciuta.