parasintetici
Il termine parasintetico si riferisce a parole formate col simultaneo combinarsi a una base di un prefisso e di un suffisso (o di un processo di ➔ conversione), ove non esiste una parola contenente o solo quel prefisso o solo quel suffisso (➔ morfologia; ➔ prefissi; ➔ suffissi). Sono quindi parasintetici parole come accoppiare, addensare, impastare, innervosire, sbriciolare, scaldare, ecc., di cui non esistono né la forma nominale o aggettivale prefissata (per es., *innervo, *accoppia, *impasta, intesi come nomi) né la forma verbale non prefissata (per es., *coppiare, *pastare). Tale processo è anche chiamato, meno spesso, circonfissazione e le parole risultanti circonfissati; la particolare combinazione di prefisso e suffisso è chiamata circonfisso.
Le lingue romanze si caratterizzano per l’impiego produttivo del processo di formazione parasintetico verbale (port. endurecer «indurire», spagn. engrasar «ingrassare», romeno a agrava «aggravare», fr. adoucir «addolcire»: cfr. Reinheimer Rîpeanu 1974).
Il processo formativo è particolarmente instabile e difficile da delimitare sia in sincronia sia soprattutto in diacronia, dal momento che la combinazione dei due elementi affissali è il risultato di un processo di ➔ grammaticalizzazione, all’origine del quale ciascuno dei due elementi svolgeva in maniera indipendente funzioni parzialmente diverse da quelle svolte congiuntamente nel processo di parasintesi: si pensi alla funzione locativa del prefisso ad- in verbi di origine latina come accorrere «correre verso», attrarre «tirare a sé». Pertanto alcune teorie morfologiche escludono l’esistenza di processi parasintetici (per una rassegna delle teorie sulla parasintesi e una descrizione del fenomeno in italiano cfr. Iacobini 2004).
Ci sono importanti differenze tra i verbi parasintetici e altri verbi prefissati in cui il verbo di base non è una parola corrente.
1.1.1 Proprietà. Si possono distinguere:
(a) i verbi parasintetici formati con i prefissi ad- e in-, che esprimono lo stesso ventaglio di significati espressi dai verbi formati per ➔ conversione: innervosire e calmare, imburrare e zuccherare, immagazzinare e stivare;
(b) i verbi formati con i prefissi de- e dis-: questi ultimi prefissi hanno un proprio valore semantico (negativo o reversativo) e, oltre a formare verbi di cui non è attestata la forma non prefissata (per es., derattizzare, disossare), si possono premettere anche a verbi di uso corrente (per es., decolorare rispetto a colorare, disarmare rispetto ad armare).
Più complessa la situazione del prefisso s-, per il quale in sincronia si possono distinguere due impieghi distinti, con significati antitetici:
(a) la derivazione parasintetica, alla pari dei verbi prefissati con ad- e in-: appianare e spianare, imbiancare e sbiancare;
(b) un impiego davanti a verbi, attestati o possibili ma non attestati, in cui esprime valori di tipo privativo o reversativo (analogamente ai prefissi de- e dis-): sbudellare, scucire, smacchiare.
1.1.2 Prefissi. I prefissi dei verbi parasintetici si differenziano dagli altri prefissi verbali per tre caratteristiche peculiari:
(a) non si premettono produttivamente a verbi: verbi come apporre o immettere sono di eredità latina, non formati secondo regole produttive dell’italiano;
(b) non hanno uno specifico valore semantico (ad es., di tipo locativo, iterativo, negativo), ma segnalano in maniera più esplicita che la semplice conversione il processo di transcategorizzazione; e, soprattutto, contribuiscono a indicare l’acquisizione di uno stato (detto anche ingressività): i verbi parasintetici sono quindi di norma telici, di solito durativi (➔ aspetto);
(c) la parasintesi può formare nuovi verbi appartenenti alla classe in -ire (per es., appiattire, appuntire), che è altrimenti non produttiva (➔ coniugazione verbale; ➔ derivazione).
I prefissi de-, dis- e s- con valore negativo-reversativo contribuiscono invece a modificare la semantica del verbo con cui si combinano, esprimendo principalmente valori di tipo privativo o reversativo; essi sono produttivamente impiegati anche davanti a verbi di uso corrente.
Il fatto che non siano attestati verbi denominali e deaggettivali non prefissati come *caffeinare o *ossare si spiega con la loro scarsa utilità pragmatica. I corrispettivi prefissati (decaffeinare, disossare) indicano di norma un evento che annulla uno stato intrinseco o una condizione inalienabile. I verbi denominali, comunque possibili nel sistema, talvolta sono realizzati dopo quelli prefissati: ad es., nuclearizzare, umidificare, vitalizzare sono tutti attestati dopo i corrispettivi prefissati denuclearizzare, deumidificare, devitalizzare.
La distinzione sincronica fra verbi parasintetici e altri verbi prefissati di cui non è attestato il verbo di base trova sostegno nelle spiegazioni diacroniche sui motivi della diversificazione semantica e funzionale del prefisso s-, approdata a due valori antonimici: uno che indica l’acquisizione di uno stato (come in sbocciare) e un altro di allontanamento (come in sfuggire), reinterpretato come l’uscita da uno stato, da cui il significato privativo o di inversione del processo comune ai prefissi de- e dis-.
Questa divaricazione aveva avuto luogo già in latino in una serie di verbi causativi denominali e deaggettivali, alcuni dei quali continuati in italiano (per es., essiccare, evaporare), che indicano l’uscita da uno stato, che non è menzionato in quanto considerato normale o intrinseco («l’essere umido», «l’essere liquido», ecc.). Tali verbi si prestano a una reinterpretazione di tipo ingressivo, nella quale il concetto di uscita da uno stato di cose viene omesso e si esprime invece il passaggio allo stato indicato dal nome o aggettivo di base. Il verbo essiccare si può parafrasare con «diventare (più) secco», come si fa coi verbi parasintetici con ad- e in-: si vedano ammorbidire, ingrossare, in cui il valore di ingressività deriva dal fatto che il significato locativo veicolato dal prefisso («andare o stare in un luogo») è reinterpretato in quello di «entrare, essere in, acquisire un certo stato» (sulla reinterpretazione di valori locativi in valori azionali cfr. Grossmann 1994). Si pensi anche alla sinonimia fra coppie di verbi quali allargare e slargare, chiarire e schiarire.
A favorire lo sviluppo del valore ingressivo del prefisso lat. ex- (da cui l’it. s-) concorsero anche altri fattori, tra cui il suo impiego nella formazione di verbi incoativi (lat. effervesco, evanesco, da cui l’it. effervescente, evanescente) e il riconoscimento del valore aspettuale (di compimento) di verbi come lat. exhaurio «vuotare» rispetto ad haurio «attingere» (sulle origini latine del processi di parasintesi cfr. Crocco Galèas & Iacobini 1993; Brachet 2000).
L’esistenza dei pochi verbi prefissati con dis- e de- con valore ingressivo (delucidare, denudare, deturpare, dilatare, dimagrire, disseccare) ha motivazioni analoghe a quelle viste per il prefisso s- ma, a differenza di quest’ultimo, i prefissi de- e dis- non possono essere utilizzati produttivamente con valore ingressivo.
I verbi parasintetici con basi aggettivali hanno un valore ingressivo parafrasabile con «far diventare, rendere (più) A»: accertare, addolcire, afflosciare, alleggerire, allentare, ammorbidire, appiattire, avverare, avvilire, incurvare, indebolire, inumidire, inzuppare, irrobustire, rimbecillire, sbollentare, scaldare, smezzare, svilire (➔ denominali e deaggettivali, verbi). Si tratta quindi di verbi causativi, cioè verbi transitivi in cui il referente del soggetto dell’enunciato è di norma causa intenzionale di un cambiamento subito dal referente del complemento oggetto, e in cui l’aggettivo è il nucleo semantico della predicazione: l’impiegato allenta («rende lento») il nodo della cravatta; i dolci ingrassano («rendono grassa») Giovanna.
Nondimeno, essi possono di norma essere usati anche in costruzioni intransitive o pronominali con valore incoativo, in cui cioè il referente del soggetto è affetto, senza propria volontà, da un mutamento di stato. Tale valore può essere espresso nella forma attiva o nella forma pronominale (➔ pronominali, verbi) con un clitico in funzione anticausativa: il nodo della cravatta si allenta; Giovanna (si) ingrassa.
I verbi deaggettivali in uso in italiano sono circa 200: in maggioranza sono prefissati con in-, poco numerosi quelli con s-. Non ci sono relazioni sistematiche tra l’impiego di un determinato prefisso e il significato espresso dall’aggettivo di base. I verbi in -ire prevalgono di poco su quelli in -are, i primi sono di preferenza prefissati con in-, i secondi con ad-. La produttività dei verbi parasintetici deaggettivali è in una fase calante: la ragione più plausibile è la concorrenza del suffisso -izzare, che, a differenza della parasintesi, può avere come basi anche aggettivi suffissati.
Le caratteristiche delle basi nominali determinano una maggiore varietà di significati rispetto ai verbi parasintetici deaggettivali.
Fra i verbi con valore ingressivo si riconoscono tre sottotipi principali, rispettivamente parafrasabili con:
(a) «(far) diventare (un) N»: per es., accatastare, affettare, ammuffire, impilare, inarcare, incarnare, incenerire, sbranare, spezzare;
(b) «(far) diventare come (un) N»: imbambolare, incartapecorire, scamosciare;
(c) «causare, produrre, suscitare, (far) prendere, (far) acquisire N»: accalorare, addottrinare, affascinare, impaurire, impensierire, innamorare, insaporire, intimorire, sbavare, sfavillare.
Nell’ambito del significato locativo si possono distinguere due sottotipi. Nel primo il referente del nome di base è un oggetto che viene posto in un qualche luogo: ammobiliare, imburrare, impolverare, innevare. A differenza dei verbi con valore ingressivo, le forme pronominali hanno qui valore riflessivo: imbrillantinarsi, incappucciarsi, rimpannucciarsi. Alcuni verbi possono essere interpretati come ‘ornativi’ e parafrasati con «fornire, dotare X di N»: acciottolare, incoronare, ingioiellare. Nell’altro tipo il referente del nome di base rappresenta il luogo dove qualcosa o qualcuno viene posto: accasare, accerchiare, imbottigliare, infornare, intrappolare. Solo per alcuni membri di questo tipo si può ipotizzare un’origine sintagmatica: essi nascerebbero infatti dall’univerbazione di un sintagma nome + preposizione: a fresco → affresco → affrescare.
Alcuni verbi, oltre ad avere significati locativi, si prestano a un’interpretazione strumentale: incartare «mettere nella carta» e «avvolgere con carta». Un tipo semantico autonomo si può ipotizzare per verbi come addentare, impallinare, rifocillare, sforbiciare, nei quali, a differenza di verbi come imbrigliare, impalare, non c’è alcun valore spaziale.
La formazione di verbi parasintetici a partire da nomi ha una discreta produttività. Tra i ➔ neologismi: acculturare, impasticcarsi, incasinare, involgarire, inzitellirsi, smanettare, spernacchiare. Oltre la metà dei quasi 700 verbi parasintetici denominali riportati nei dizionari esprime valore ingressivo; solo una minoranza di verbi esprime valore strumentale e ornativo. I prefissati con in- prevalgono di poco su quelli in ad-, i prefissati in s- sono circa il 15%. Circa il 90% dei parasintetici denominali appartiene alla classe flessiva in -are.
Va segnalato un ristretto numero di verbi parasintetici che hanno come base avverbi, pronomi e numerali. Si tratta di formazioni non produttive, tra cui quelle di uso più comune sono allontanare, annientare, arretrare, avvicinarsi, immedesimarsi, inoltrare. Nonostante l’origine dantesca, sono rimasti di ambito letterario verbi quali atterzare, immiarsi, infinitarsi, inleiarsi, intrearsi, intuarsi (➔ Dante; ➔ Dante, scheda 1).
Altri tipi di verbi denominali o deaggettivali prefissati avvicinabili al tipo parasintetico risalgono al latino o sono rifatti sul modello di verbi latini e non costituiscono processi formativi regolari o produttivi: concatenare, condensare, rammentare, rattoppare, riciclare, rincarare, rincasare, trapiantare, trasfigurare.
I termini nome parasintetico e aggettivo parasintetico sono talvolta utilizzati per indicare un insieme eterogeneo di parole, che hanno in comune la proprietà di:
(a) essere prefissate;
(b) presentare lacune nell’iter formativo, o difformità fra struttura formale e struttura semantica.
Si tratta di nomi e di aggettivi che si distinguono quindi nettamente dai verbi parasintetici, dato che la loro struttura morfologica non giustifica l’ipotesi dell’aggiunta simultanea di un prefisso e di un suffisso, e tanto meno quella di un circonfisso.
Si possono distinguere:
(a) nomi di azione e di strumento derivati da verbi la cui mancata attestazione è accidentale (decespugliatore, deospedalizzazione, disassamento, imbiellaggio, riforestazione, scoccolatura);
(b) nomi astratti (bipartitismo, interclassismo, monoteismo), in cui il prefisso o l’elemento iniziale con valore numerale si riferiscono semanticamente al nome di base non suffissato (partito, classe) e non a quello suffissato (partitismo, classismo);
(c) composti suffissati (non prefissati) di origine sintagmatica: per es., cerchiobottista da (dare un colpo al) cerchio (e uno alla) botte, guerrafondaio da guerra a fondo, saccopelista da sacco a pelo;
(d) aggettivi participiali di verbi accidentalmente non attestati (assatanato, deteinato, incuffiato, rilottizzato, slampadato);
(e) aggettivi di relazione prefissati (antiparassitario, sottomarino) a causa del fatto che il prefisso si riferisce semanticamente non all’intera base, costituita da un aggettivo di relazione, ma al suo nucleo nominale («sotto al mare» non «sotto a ciò che è marino») (➔ relazione, aggettivi di);
(f) aggettivi di origine latina come informe, incolore, inodore;
(g) aggettivi la cui forma di base non ricorre per presumibile insufficiente rilevanza comunicativa (immancabile, incrollabile, insormontabile, immedicabile).
Brachet, Jean-Paul (2000), Recherches sur les préverbes dē- et ex- du latin, Bruxelles, Latomus.
Crocco Galèas, Grazia & Iacobini, Claudio (1993), Parasintesi e doppio stadio derivativo nella formazione verbale del latino, «Archivio glottologico italiano» 78, pp. 167-199.
Grossmann, Maria (1994), Opposizioni direzionali e prefissazione. Analisi morfologica e semantica dei verbi egressivi prefissati con des- e es- in catalano, Padova, Unipress.
Iacobini, Claudio (2004), Parasintesi, in La formazione delle parole in italiano, a cura di M. Grossmann & F. Rainer, Tübingen, Niemeyer, pp. 165-188.
Reinheimer Rîpeanu, Sanda (1974), Les dérivés parasynthétiques dans les langues romanes. Roumain, italien, français, espagnol, The Hague / Bucureşti, Mouton / Editura Academici.