Parassiti
Il termine parásitos (da pará = presso, e sítos = cibo) significa in greco antico 'che mangia insieme con' ed era attribuito a sacerdoti o magistrati mantenuti dalla comunità e, successivamente, per lo più a personaggi del mondo greco ellenistico e latino, quali uomini di cultura e soprattutto poeti. L'antico sostantivo è naturalmente alla radice del nostro termine 'parassita', anche se i due significati sono abbastanza differenti. Infatti il termine greco indicava in origine prevalentemente il 'commensale', ovvero colui che mangia a spese del suo ospite ma che di fatto non gli causa danni (anzi porta lustro all'ospite, come nel caso dei poeti), mentre nella nostra lingua il termine parassita indica qualcosa che vive sì a spese di un ospite, come il commensale, ma in più può arrecargli danno. Il parassitismo rientra tra le simbiosi: si può senz'altro dire che il rapporto simbiontico è un tipo di relazione tra specie viventi che data molto indietro nel tempo e che è stato sicuramente molto importante per l'evoluzione della vita come la conosciamo oggi: basti considerare che le nostre stesse cellule portano una traccia inconfondibile di un ancestrale rapporto simbiontico mutualistico, rappresentato dai mitocondri, originariamente batteri aerobi che sono poi stati incorporati in cellule anaerobie stabilendo con queste un rapporto così intimo e reciprocamente vantaggioso da trasformarsi col tempo in organelli fondamentali per la respirazione cellulare.
Ma come è antico il rapporto simbiontico mutualistico, altrettanto antico e generalizzato è il rapporto parassitario, dal quale sono interessati tutti i viventi: se infatti non si appartiene a una specie parassita si è senz'altro prima o poi ospite di qualche parassita, senza trascurare il fatto che essere parassiti non esclude la possibilità di essere a propria volta parassitati da un'altra specie. Si calcola che più della metà delle specie viventi sia parassita, e nessun gruppo di viventi ne è sprovvisto: a partire dai virus (tutti parassiti per definizione, anche se è arduo definire i virus forme viventi), fino ad arrivare ai Vertebrati, sia Uccelli (per es., il cuculo) sia Mammiferi (i pipistrelli vampiro, Chirotteri Desmodontidi dell'America tropicale), passando per batteri, funghi, vegetali, Protozoi, Platelminti, Nematodi, Anellidi, Artropodi e altri ancora. Nonostante esistano specie parassite in tutta la gamma dei viventi, la parassitologia si occupa tradizionalmente dei soli Protozoi (unicellulari) e Metazoi (pluricellulari), mentre virus, batteri e funghi patogeni sono studiati dalla microbiologia. L'estrema antichità del parassitismo rende l'argomento particolarmente interessante dal punto di vista evolutivo, anche in prospettiva umana. Basti pensare al rapporto che le popolazioni umane hanno con alcuni loro parassiti, come per esempio il plasmodio (il protozoo che causa la malaria), che sono state e sono tuttora fonte di importanti pressioni selettive, contribuendo così all'evoluzione del genoma umano. L'interazione ospite-parassita è quindi estremamente complessa, proprio perché costituisce il risultato di una lunghissima storia evolutiva, e necessita dunque di un approccio integrato che unisca le diverse scienze della vita, contribuendo alla comprensione dei differenti aspetti di questa particolare modalità di convivenza.
Il rapporto di vita parassitaria può essere descritto come un caso particolare delle simbiosi, ovvero di quelle relazioni di associazione che avvengono tra specie diverse. La simbiosi commensalistica (o commensalismo) è uno di questi casi: per esempio, il nostro tubo digerente alberga una gran quantità di microrganismi che vivono a nostre spese, ma di cui non avvertiamo la presenza in quanto non causano alcun disturbo. Diverso è il caso, forse il più conosciuto, della simbiosi mutualistica o mutualismo, in cui una specie sfrutta l'altra ma contemporaneamente le restituisce qualche tipo di vantaggio e viceversa: è noto che nel nostro tubo digerente sono ospitate molte specie di batteri che sfruttano le nostre risorse ma che restituiscono in compenso vitamine del gruppo B, fondamentali per la nostra vita. Il parassitismo è invece una simbiosi di tipo antagonistico, in cui una specie trae vantaggio da un'altra danneggiandola nel contempo, anche se il livello di danno è molto variabile: si va infatti da specie parassite la cui invasione passa quasi del tutto inosservata, fino a specie che causano patologie gravissime che possono condurre a morte l'ospite.
Il parassitismo può essere distinto facilmente dalla predazione, perché in quest'ultima il rapporto tra le due specie è di breve durata e termina immancabilmente con la morte della preda, cosa che non necessariamente accade nel parassitismo; anzi, semplificando grossolanamente si potrebbe affermare che il parassita perfetto (nel senso che l'adattamento reciproco con l'ospite è durato moltissime generazioni) è quello che pur sfruttando l'ospite non gli causa danni irreversibili che possano comprometterne in maniera disastrosa la , ovvero il successo riproduttivo: in questo senso il parassitismo giunge in un certo modo a simulare molto bene il commensalismo. A mezza strada tra parassitismo e predazione sta il parassitoidismo, tipico, per esempio, di alcune specie di insetti affini alle vespe che iniettano le proprie uova nel corpo di altri insetti o di ragni; quando esse schiudono, le larve si nutrono degli organi interni dell'ospite fino a causarne alla fine la morte: si tratta in qualche modo di una predazione lenta o di una parassitosi dall'esito immancabilmente letale.
In genere i parassiti sono distinti in endoparassiti, che cioè vivono all'interno dell'ospite, ed ectoparassiti, che invece hanno un contatto solo esterno con l'ospite, per esempio con la sua cute o le sue mucose: un tipico endoparassita è il plasmodio della malaria (che è anche endocellulare), e un tipico ectoparassita è la pulce. La maggior parte dei parassiti che conosciamo sono obbligati, vale a dire che non possono fare a meno dell'ospite per sopravvivere, anche se l'obbligatorietà a volte è limitata a una ristretta fase di tutto il loro arco vitale: tra le zanzare, per esempio, solo la femmina è parassita, mentre i maschi e le forme larvali non lo sono; ciononostante le zanzare sono parassiti obbligati perché senza il sangue assunto dalla femmina questi insetti non potrebbero riprodursi, visto che esso è utilizzato soprattutto per la sintesi del tuorlo delle uova. La situazione è diversa per i parassiti facoltativi, i quali normalmente conducono vita libera ma, nel caso se ne presenti l'occasione, possono assumere un rapporto parassitario con un ospite: ne sono un esempio le larve di alcune specie di mosche della famiglia Sarcophagidae (i mosconi con l'addome a scacchi), le quali di solito si nutrono di carne in decomposizione, ma possono nutrirsi anche di tessuti vivi se sono deposte su ferite aperte.
È necessario inoltre fare un'importante distinzione anche per quel che riguarda la durata nel tempo del rapporto parassita-ospite. Sono infatti denominati parassiti temporanei quelli che assumono un contatto con l'ospite generalmente limitato al tempo strettamente necessario per nutrirsi: tipici parassiti temporanei sono ancora una volta le zanzare, la cui puntura (unico contatto che hanno con l'ospite) raramente dura più di pochi secondi. I parassiti stazionari sono invece quelli che permangono in contatto con l'ospite per tempi a volte anche molto prolungati: molte specie di pulci e soprattutto quasi tutte le zecche sono tipici parassiti stazionari, che sono comunque obbligati ad abbandonare prima o poi l'ospite, in genere per deporre le uova sul terreno. Infine, i parassiti permanenti hanno il rapporto più profondo possibile con il proprio ospite: non possono esserne infatti separati, in genere neanche per periodi relativamente brevi; parassiti permanenti tipici sono i pidocchi e gli acari della scabbia, i quali non sopravvivono che per poche ore se accidentalmente allontanati dal loro ospite, e questo è il motivo per cui in genere un trattamento ambientale con insetticidi contro i pidocchi del capo non è efficace per risolvere le infestazioni di ambienti comunitari, quali scuole, caserme, ecc. Nel caso del parassitismo permanente si può ben asserire che l'ospite costituisce per il parassita la sua intera , ovvero la proiezione esterna dei bisogni dell'organismo, il suo modo specifico di utilizzare il proprio ambiente.
Come può essersi evoluto il parassitismo? Qualsiasi sia stato il percorso che hanno seguito i parassiti che conosciamo oggi, non si può prescindere dall'ammettere che prima che una specie assumesse un rapporto parassitario con un'altra specie, deve essere esistito nella prima, quando conduceva vita libera, un qualche tipo di preadattamento alla vita parassitaria, ovvero il possesso di caratteristiche morfofunzionali che predisponessero e facilitassero il passaggio dal regime di vita libera a quello parassitario. Un esempio può servire a facilitare la comprensione di uno dei possibili processi. Durante il suo famoso viaggio d'esplorazione a bordo del brigantino Beagle negli anni Trenta del XIX sec., Charles Darwin approdò sulle Isole Galapagos, studiando tra le altre cose i famosi 'fringuelli' che da lui presero il nome. Darwin ne descrisse una delle caratteristiche più interessanti: sebbene le specie osservate nell'arcipelago fossero strettamente imparentate tra di loro (all'inizio anzi egli credette si trattasse di un'unica specie), ciascuna presentava una morfologia del becco perfettamente adatta al regime alimentare seguito. Per esempio, i granivori avevano un becco tozzo e grosso atto a sbucciare o rompere semi, mentre gli insettivori lo avevano sottile e appuntito, adattato 'a pinzetta' per catturare Artropodi (Insetti e Aracnidi). Il comportamento di una delle specie di questi fringuelli (Geospiza difficilis, chiamato sharp-beaked finch, ovvero fringuello dal becco aguzzo) era quello di 'pulitore' delle sule ‒ grandi uccelli marini affini ai pellicani ‒ utilizzando il suo becco da insettivoro per catturarne e mangiarne gli ectoparassiti, per lo più i cosiddetti 'pidocchi degli uccelli' (Insetti Mallofagi). Così il rapporto tra fringuelli di Darwin e sule, più che simbiosi commensalistica, poteva essere ben definito di simbiosi mutualistica, visto che entrambi i contraenti ricevevano un vantaggio, le sule erano liberate degli ectoparassiti e i fringuelli potevano abbondantemente nutrirsi di insetti ripieni di un ricco nutrimento liquido, ovvero il sangue delle sule.
In realtà si osservò poi che i fringuelli si comportavano anche da veri e propri parassiti, dato che avevano imparato a beccare la base riccamente vascolarizzata delle penne delle sule facendone stillare il sangue che poi bevevano, comportamento che probabilmente all'inizio era avvenuto del tutto accidentalmente durante il piluccamento degli ectoparassiti dei loro ospiti. Quindi i fringuelli erano preadattati al parassitismo, dato che: (a) avevano un becco acuminato, evolutosi per catturare piccoli insetti, ma adatto anche per forare la pelle dell'ospite; (b) il loro intestino era 'abituato' a digerire il sangue, quello ingerito dagli ectoparassiti della sula prima, direttamente quello dell'ospite dopo; (c) il comportamento del fringuello, che possiamo a buon diritto chiamare 'vampiro', era già di intimo contatto con l'ospite. Se permarrà questo tipo di comportamento ectoparassitario ematofago del fringuello vampiro, che è ora solo facoltativo, è ragionevole pensare che si potrebbe in un futuro più o meno lontano assistere a un fenomeno comune nel parassitismo, ovvero quello dell'ulteriore potenziamento e specializzazione di quelle strutture e funzioni che massimizzano l'efficienza del parassitismo, prime fra tutte la riproduzione e la nutrizione e poi molte altre, che vanno complessivamente sotto il nome di 'adattamenti alla vita parassitaria'.
Una volta che le si confronti con specie affini, ma a vita libera, le specie parassite mostrano una riduzione di molti sistemi, apparati e funzioni parallelamente all'aumento e potenziamento di altri, fino a giungere a profonde modificazioni del piano strutturale che portano a uno sconvolgimento della morfologia tipica del gruppo: è quello che avviene, per esempio, nei Crostacei Cirripedi parassiti di altri Crostacei, i cui individui sono in pratica ridotti a molli sacchi ripieni di uova senza alcun carattere morfologico evidente che possa farli ricondurre in maniera semplice al phylum degli Artropodi a cui appartengono. Durante la loro evoluzione verso il parassitismo le pulci hanno assunto il tipico aspetto schiacciato lateralmente con grosse setole e spine retroverse, caratteri che consentono loro di muoversi rapidamente e senza intralci tra i peli del loro ospite; inoltre hanno perso le ali, inutili per la loro vita da ectoparassiti stazionari, di cui nella loro storia evolutiva devono tuttavia essere state dotate, poiché durante lo sviluppo embrionale appaiono gli abbozzi alari che però in una fase successiva sono totalmente riassorbiti. Le cocciniglie femmine nel loro adattamento alla vita parassitaria hanno perso completamente l'aspetto di Insetti Emitteri: appaiono infatti come piccoli scudetti cerosi arrotondati, privi di zampe, ali e altre caratteristiche riconoscibili, situati in genere sulle nervature delle foglie delle piante da cui suggono la linfa per tutta la durata della loro vita. Ancora, non c'è alcuna differenza strutturale tra i pezzi boccali di uno scarabeo masticatore di foglie e una zanzara, ma in quest'ultima tutti i pezzi si sono allungati e modificati in un pungiglione, che non è una semplice cannuccia ma un complesso insieme di strutture allungate che svolgono al meglio e con rapidità la funzione alla quale sono deputate, ovvero tagliare la pelle di un vertebrato, giungere a un capillare cutaneo, forarlo e suggerne il sangue.
I Cestodi, al contrario degli altri vermi piatti (o Platelminti), sono completamente sprovvisti di intestino, poiché il profondo adattamento alla vita parassitaria ha fatto sì che il loro stesso corpo si sia trasformato in un 'intestino rovesciato', esponendo all'ospite una superficie ripiegata a microvilli che espande enormemente l'interfaccia di assorbimento dei nutrienti. Tipici sono gli adattamenti dei parassiti che devono resistere a una trazione che tenderebbe a separarli dall'ospite: molti Platelminti Monogenei sono ectoparassiti dei Pesci, soprattutto delle branchie che sono ricchissime di sangue di cui i vermi si nutrono, e dato che essi devono resistere alla forte corrente d'acqua che passa tra le branchie hanno sviluppato robustissimi organi di aggancio che nelle diverse specie possono consistere in batterie di ventose o di uncini, oppure in vere e proprie 'ancore' rigide conficcate profondamente nel tessuto dell'ospite. I Cestodi parassiti intestinali (tra cui le tenie dell'uomo, che possono raggiungere anche diversi metri di lunghezza) devono contrastare la corrente del materiale intestinale che tenderebbe a trascinarli all'esterno, e hanno così evoluto anch'essi ventose, corone di uncini, tentacoli e proboscidi spinose, 'labbra' muscolose, o organi d'aggancio ancora più raffinati, come quello di Phyllobothrium piriei che si insinua ramificandosi tra i villi intestinali delle razze, stringendoli uno per uno in maniera inestricabile.
A livello biochimico gli adattamenti più comuni che si osservano nei parassiti consistono generalmente nella progressiva perdita della capacità di sintetizzare molte famiglie di molecole che vengono sottratte già pronte all'ospite, il che porta a una sempre maggiore specificità parassitaria, ovvero alla dipendenza irreversibile della specie parassita dal proprio ospite, fino a essere in grado di parassitare una e una sola specie di ospite. Naturalmente l'ospite non è inerte di fronte all'aggressione parassitaria: dalle forme di vita più semplici alle più evolute si assiste a una vera e propria 'corsa agli armamenti', in cui ospite e parassita selezionano continuamente misure e contromisure atte ad aggredire o a difendersi; per esempio, molti alcaloidi e veleni prodotti dalle piante sono presenti nei tessuti vegetali proprio per contrastare l'azione spoliativa di ectoparassiti, soprattutto Insetti.
Non a caso gli adattamenti biochimici alla vita parassitaria più sofisticati sono avvenuti soprattutto negli endoparassiti dei Vertebrati, laddove le difese dell'ospite sono le più evolute essendo basate sull'enorme complessità della risposta immunitaria, proprio allo scopo di evitarla, eluderla o contrastarla. In particolare questo è avvenuto, per ovvi motivi, in quei parassiti che nel corso dell'evoluzione hanno indirizzato il proprio interesse alimentare e metabolico verso il sangue, vettore principe della risposta immunitaria. Per esempio, gli schistosomi (Platelminti Digenei), che vivono da adulti nei vasi sanguigni della parete intestinale o vescicale, per contrastare la risposta difensiva del vertebrato (Uccelli o Mammiferi, secondo la specie) incorporano nel proprio tegumento molecole ematiche dell'ospite, camuffandosi e divenendo di fatto invisibili per il sistema immunitario: non a caso il fenomeno è definito 'mimesi molecolare'. Questo fenomeno del camuffamento è tutt'altro che raro, anche se può prendere forme molto diverse da quella adottata dagli schistosomi: per esempio gli Insetti che vivono da parassiti nei termitai condividono con le termiti gli idrocarburi cuticolari che sono da queste utilizzati per la comunicazione con i propri simili; questo spiega perché le termiti soldato non attaccano e distruggono gli invasori, che possono così vivere indisturbati a carico dei loro ospiti (parassitismo sociale). Altra strategia difensiva è quella dei tripanosomi () della malattia del sonno, che vivono nel sangue al di fuori delle sue cellule: questi Flagellati hanno una parte significativa del proprio genoma deputato a un'unica funzione, quella di cambiare continuamente la glicoproteina antigenica che copre completamente il loro corpo cellulare, evitando in questo modo che le ondate successive di reazione anticorpale li distruggano. Il plasmodio della malaria terzana maligna (Plasmodium falciparum), che è invece un protozoo endocellulare compiendo il suo ciclo riproduttivo asessuato all'interno dei globuli rossi, esprime sulla superficie della cellula che lo ospita molecole con proprietà adesive, cosicché i globuli rossi si incollano tra loro e alle pareti interne dei vasi sanguigni, evitando in questo modo che le cellule parassitate possano essere captate e distrutte nella milza.
I parassiti possono inoltre indurre cambiamenti di comportamento nei propri ospiti per massimizzare la probabilità di contatto con gli ospiti successivi. Per esempio, in una fase della sua vita il protozoo Toxoplasma gondii parassita gli organi interni di molti animali a sangue caldo, in modo particolare il cervello. Topi infetti sono meno schivi, meno reattivi e meno amanti del buio, diventando in questo modo più facilmente preda dei gatti, in cui il protozoo deve completare il proprio sviluppo. Altro esempio tipico è quello del platelminta digeneo Dicrocoelium dendriticum, la cui larva infesta il cervello delle formiche, che perdono la capacità di scendere dagli steli d'erba su cui sono salite, venendo così ingerite insieme alla pianta dagli erbivori (ovini, generalmente) in cui il parassita raggiungerà la fase adulta. Ulteriore esempio da citare per la sua singolarità è quello di un altro digeneo, Leucochloridium macrostomum, una forma larvale del quale è parassita di lumache terrestri; queste in condizioni normali hanno un comportamento elusivo, nascondendosi, per esempio, sotto le foglie. Quando invece la lumaca è parassitata dal digeneo, indotta da questo cambia comportamento, si sposta al di sopra delle foglie e inoltre la larva del parassita si sposta verso i peduncoli oculari della lumaca dove si ingrandisce e comincia a pulsare cambiando colore: in questo modo le lumache parassitate diventano molto più appariscenti e di conseguenza più facilmente preda degli uccelli in cui si deve completare il ciclo di vita del parassita.
Quanto detto porta a considerare un altro aspetto molto importante e interessante dei parassiti, vale a dire i loro cicli di vita, molto diversificati e, a volte, estremamente complessi, sebbene si possa semplificare suddividendoli in cicli diretti (o monoxeni) e indiretti (o eteroxeni). Nei primi il parassita passa direttamente da un ospite al successivo della stessa specie o di specie affini, in genere attraverso una forma di resistenza alle condizioni ambientali (cisti nel caso dei Protozoi, uova o larve nel caso dei Metazoi), mentre nei cicli indiretti questo può compiersi soltanto e obbligatoriamente passando in due, tre o anche quattro ospiti di specie diversa, in ciascuno dei quali avviene una fase distinta dello sviluppo. Un tipico ciclo diretto è quello del protozoo responsabile della amebica dei Paesi caldi (Entamoeba histolytica), che passa da un ospite umano all'altro attraverso le feci infette che contengono migliaia di cisti dotate di una robusta parete che le fa permanere vive e infettanti per un lungo periodo nell'ambiente. L'esempio tipico di un ciclo indiretto è invece quello dei Plasmodi della malaria, che per potersi compiere deve obbligatoriamente avvenire in due ospiti: uno vertebrato (Uccelli o Mammiferi, secondo la specie), nei cui globuli rossi avviene una riproduzione di tipo asessuato, e un ospite invertebrato, costituito da diverse specie di zanzare (Ditteri Culicidi), nelle quali soltanto può avvenire la del parassita, fondamentale per incrementarne la variabilità genetica.
Mentre nel caso dei cicli diretti non c'è necessità di assegnare un nome particolare all'unico tipo di ospite, nei cicli indiretti, invece, viene attribuito il nome di 'ospite definitivo' a quello in cui avviene la riproduzione sessuata, laddove tutti gli altri sono denominati 'ospiti intermedi', e in questi ultimi molte specie di parassiti possono avere un qualche tipo di . Quando un ospite (è indifferente che sia definitivo o intermedio) trasporta, trasmette e diffonde il parassita, è anche denominato 'vettore'; il termine è prevalentemente usato per riferirsi ad Artropodi, per lo più Insetti, responsabili della diffusione di molte parassitosi. Un aspetto piuttosto comune nei cicli è la sincronizzazione tra l'attività del parassita e quella di uno o più dei suoi ospiti, ancora allo scopo di massimizzare la probabilità di contatto e quindi la prosecuzione del ciclo stesso. Per esempio le forme larvali di un nematode parassita dell'uomo (la filaria Wuchereria bancrofti, i cui adulti vivono a monte dei gangli linfatici) si spostano verso la circolazione sanguigna periferica, in particolare cutanea e sottocutanea, soprattutto in quei momenti della giornata in cui è più probabile che siano in attività di puntura le zanzare che fungono da ospiti intermedi del nematode, mentre nei periodi del giorno in cui gli insetti sono inattivi i parassiti si rifugiano nei vasi sanguigni degli organi interni.
Il tipo di ciclo di vita seguito da un parassita ha anche un importante risvolto per quel che riguarda la parassitologia umana: è infatti importante in questo caso distinguere se la parassitosi è una antropoparassitosi o una zoonosi. Il primo termine identifica una parassitosi nella quale l'ospite umano è obbligatorio: tipico esempio ne sono le infestazioni da 'verme solitario' (Taenia solium o T. saginata) in cui l'ospite intermedio è un animale mentre l'ospite definitivo deve necessariamente essere l'uomo. Le zoonosi sono invece prodotte da cicli parassitari in cui gli ospiti sono normalmente animali, ma accidentalmente l'uomo può essere coinvolto come ospite intermedio o definitivo secondo la specie di parassita; ne è un tipico esempio l' da Toxoplasma gondii, un protozoo che parassita normalmente gatti (ospite definitivo) e prede dei gatti (ospiti intermedi, normalmente piccoli Roditori), ma che può infettare anche l'uomo. L'importanza della distinzione risiede nel fatto che il controllo della parassitosi è in teoria più semplice nel caso delle antropoparassitosi, dato che per spezzare il ciclo è sufficiente curare l'uomo, mentre nelle zoonosi la difficoltà sta nel fatto che curare l'ospite umano non è sufficiente, perché in questo modo il ciclo parassitario non viene spezzato e continua indefinitamente tra gli animali generando continuamente problemi per la salute pubblica.
Qual è nel mondo moderno il peso delle malattie parassitarie, sia animali che vegetali? Dalla prospettiva dei Paesi sviluppati potrebbe sembrare che l'influenza dei parassiti sul mondo sia progressivamente diventata scarsa o nulla, ma in realtà non è affatto così. A parte il rischio e il carico economico delle malattie parassitarie sui nostri animali da allevamento e da compagnia e sulle nostre coltivazioni (basti pensare che una parte rilevante della transgenetica è dedicata alla ricerca e allo sviluppo di piante di interesse commerciale resistenti ai parassiti) che permane elevato, molte malattie parassitarie umane sono tutt'altro che scomparse o in via di diminuzione. È vero che oggi nei Paesi sviluppati le parassitosi umane sono molto meno evidenti di un secolo fa (sebbene i nostri contatti, per es., con zanzare e pidocchi, siano tutt'altro che sporadici), ma è anche vero che nei Paesi in via di sviluppo le parassitosi umane costituiscono un peso spesso insostenibile, come è illustrato dagli esempi seguenti.
Malaria. È un'antropoparassitosi causata da quattro specie diverse di Plasmodium (un genere appartenente al phylum degli Apicomplexa, costituito da alcune centinaia di specie tutte parassite di Vertebrati con un ciclo di vita indiretto) la cui fase di sviluppo sessuato può avvenire solo all'interno di alcune delle circa 400 specie di zanzare del genere Anopheles. Delle quattro specie di Plasmodium solo una è veramente pericolosa (P. falciparum), in grado di causare frequentemente la morte di soggetti non immuni. È oggi diffusa in tutta la fascia compresa tra i due Tropici, sebbene fino a circa settanta anni fa fosse endemica anche in molti Paesi della fascia temperata, Italia compresa, da dove però è stata eradicata dopo la fine della Seconda guerra mondiale. In particolare, la malaria è una tra le maggiori cause di mortalità infantile in tutta l'Africa subsahariana, che, bisogna ricordarlo, è a solo poche ore di volo dalle latitudini mediterranee. Una recente stima (2005) valuta in circa 500 milioni i casi clinici di malaria a livello globale, in circa 2 miliardi il numero di persone viventi in aree a rischio malarico, e in circa 1÷2 milioni i decessi, concentrati soprattutto tra i bambini africani fino a cinque anni di età. Lungi dall'essere sotto controllo, oggi la malaria sta anzi aumentando in alcune aree, anche a causa di attività umane (quali il disboscamento, la desalinizzazione dei terreni costieri, ecc.) che forniscono sempre nuovi luoghi di sviluppo per gli Anofeli vettori del parassita. In Italia, la malaria non è più endemica dai primi anni Cinquanta del secolo scorso, ma tuttora ogni anno si hanno circa 1000 casi, tutti importati (turisti, lavoratori, militari, immigrati), che mantengono alta l'attenzione verso questa patologia anche nel nostro Paese.
Bilharziosi. Per diffusione è seconda solo alla malaria, contando circa 200 milioni di casi con 20.000 decessi distribuiti in quasi tutto il mondo tropicale. È causata da alcune specie di Platelminti Digenei del genere Schistosoma, con un ciclo di vita indiretto che, oltre all'ospite definitivo vertebrato, prevede obbligatoriamente alcune fasi larvali all'interno di diverse specie di lumache d'acqua dolce. L'infezione si contrae immergendosi in acque stagnanti, ma anche nelle risaie, soprattutto in Asia sud-orientale, rendendo così la bilharziosi una malattia professionale di grande importanza per quelle popolazioni.
Filariosi linfatica. È causata dall' con filarie (Nematodi) appartenenti a diverse specie dei generi Wuchereria e Brugia, trasmessi con la puntura di molte specie di alcuni generi di zanzare. Globalmente si stimano circa 120 milioni di casi che, qualora si cronicizzino, portano alla patologia conosciuta come 'elefantiasi tropicale', caratterizzata dall'enorme accrescimento dei genitali esterni e degli arti, soprattutto inferiori, che può avere come esito minimo una grave compromissione delle capacità di vita di relazione delle persone infette.
Malattia del sonno. Patologia molto grave, causata dall'infezione con un paio di sottospecie di Protozoi Flagellati della specie Trypanosoma brucei trasmessi all'uomo e agli animali dalla mosca tze-tze. È diffusa nell'Africa subsahariana, soprattutto occidentale, dove causa circa 400.000 casi con 100.000 decessi l'anno. Un'altra sottospecie causa una grave malattia dei bovini simile alla malattia del sonno umana, tale da impedire che animali selezionati ad alta produttività possano vivere nelle zone infestate dalla mosca che la trasmette. Alcuni casi importati sono stati segnalati anche in Italia.
Morbo di Chagas. È endemico in molte aree calde dell'America Latina centrale e meridionale ed è causato da una specie diversa di Trypanosoma (T. cruzi), trasmesso all'uomo e agli animali (inclusi quelli domestici: cane, gatto, maiale, porcellino d'India, ecc.) dall'attività di puntura di cimici tropicali della famiglia Reduviidae (Insetti Emitteri). Si stimano circa 18 milioni di casi umani, che cronicizzando possono causare gravissime miocardiopatie, letali per circa 20.000 Sudamericani. È una tipica zoonosi, come è anche il caso della maggior parte delle , causate da diverse specie di Protozoi Flagellati appartenenti al genere Leishmania.
Leishmaniosi. Le Leishmanie hanno cicli indiretti con due ospiti: gli ospiti Vertebrati, secondo la specie del protozoo, possono essere animali selvatici (Roditori, per lo più), ma anche domestici (soprattutto il cane) e anche l'uomo, cui vengono trasmessi dalla puntura di varie specie di pappataci (Insetti Ditteri dei generi Phlebotomus e Lutzomyia, che fungono da ospiti invertebrati). Le varie specie di Leishmania possono causare patologie diverse: da ulcere cutanee che si autorisolvono lasciando però una cicatrice permanente, a gravi compromissioni del sistema immunitario che possono essere anche letali, soprattutto nei bambini e negli immunocompromessi. Distribuita in tutto il mondo dove le condizioni ecologiche sono permissive per il ciclo del protozoo e del suo insetto vettore, è endemica anche in Italia, soprattutto centrale, dove il serbatoio principale è il cane. A livello globale si stimano circa 12 milioni di casi umani, di cui 2,5 della forma più grave (detta 'leishmaniosi viscerale' o 'kala-azar') con una mortalità di circa il 3%.
Cecità fluviale. Dovuta all'infestazione umana da adulti e larve della filaria Onchocerca volvulus, trasmessa dalla puntura di piccoli Insetti della famiglia Simuliidae, ectoparassiti ematofagi con sviluppo larvale nelle acque correnti ben ossigenate di fiumi e torrenti, da cui il nome della malattia. Questo nematode causa noduli cutanei indolori, ma con la cronicizzazione porta a danni irreversibili del cristallino e della retina con conseguente cecità. È diffusa nelle zone tropicali, soprattutto in Africa e America Latina e si stimano circa 20 milioni di casi, con una mortalità inferiore all'1%. In Italia sono presenti diverse specie di Simulidi, che qui però non trasmettono filarie all'uomo, mentre possono essere pericolose per gli animali da allevamento (bovini, per lo più), che assalgono in grandi sciami causandone, con centinaia di punture, la morte per shock.
Idatidosi. È una zoonosi causata dal piccolo cestode Echinococcus, che ha un ciclo indiretto in cui fungono da ospiti definitivi i cani o altri Canidi selvatici nel cui intestino si trovano i vermi adulti, e da ospiti intermedi, le potenziali prede dei Canidi, per lo più ovini, in cui si sviluppa una larva del parassita chiamata 'cisti idatidea', localizzata nella maggior parte dei casi nel fegato o nei polmoni. La cisti può raggiungere dimensioni di diverse decine di centimetri di diametro, producendo vari tipi di danni che possono avere esito letale. L'uomo può essere accidentalmente infestato dalla cisti idatidea consumando soprattutto vegetali crudi su cui siano presenti le uova del cestode che con le feci del cane hanno raggiunto l'ambiente esterno, contaminandolo. È endemica anche in Italia, soprattutto dove è tradizionalmente sviluppata la pastorizia (Sardegna, Lazio, Abruzzo).
Geoelmintiasi. Si tratta di patologie intestinali per lo più di tipo spoliativo, causate da specie molto diverse di Nematodi con cicli di vita diretti che prevedono la disseminazione nell'ambiente di uova o di larve del parassita con le feci della persona infestata, rendendo in questo caso la gestione dell'igiene sia personale che pubblica e ambientale fondamentale per il suo controllo. Le più diffuse sono la tricuriasi, la strongiloidosi, l'ascaridiosi e l'anchilostomiasi. Quest'ultima era endemica in Italia fino alla fine dell'Ottocento, causando ritardi anche gravi nello sviluppo sia fisico che mentale dei bambini del Meridione attraverso la sottrazione di sangue di cui si nutrono i vermi adulti. Oggi le geoelmintiasi sono per lo più diffuse soltanto nel mondo tropicale, e complessivamente si stimano più di mezzo miliardo di casi (incluse le infestazioni miste) con circa 140.000 decessi l'anno.
Dissenteria amebica. Causata dall'infezione intestinale con il protozoo Entamoeba histolytica, produce ulcere della mucosa, ma a causa della possibile disseminazione ematica del parassita verso gli organi interni (fegato, polmoni, reni, cervello) può causare mortalità fulminante. Diffusa nei Paesi caldi, è molto facilitata dalla scarsa igiene come le geoelmintiasi. Se ne stimano circa 50 milioni di casi l'anno, con 70.000 decessi.
Parassitosi alimentari. Sono così definite quelle malattie parassitarie il cui meccanismo di trasmissione è basato sull'ingestione di alimenti di origine sia animale che vegetale. Ne fanno parte le teniasi umane, causate da due specie di Platelminti Cestodi, Taenia solium e T. saginata, i cui adulti lunghi fino ad alcuni metri vivono nell'intestino dell'uomo, mentre le forme larvali (cisticerchi) sono presenti nei muscoli dei suini e dei bovini, rispettivamente, per cui la parassitosi viene contratta consumando carni crude o poco cotte di maiale e bovino. La più pericolosa è T. solium, perché l'uomo oltre che da ospite definitivo può fungere occasionalmente da ospite intermedio come i suini, al contrario di T. saginata, che ha esclusivamente i bovini come ospiti intermedi. I cisticerchi di circa 1 cm possono formarsi in qualsiasi tessuto, anche quello nervoso, dove possono comprimere vasi sanguigni e causare del tessuto, per esempio del cervello (cisticercosi cerebrale). Entrambe le specie erano endemiche in Italia, ma oggi nel nostro Paese è presente soltanto la meno pericolosa T. saginata, anche grazie alle rigorose leggi che in Italia disciplinano la sorveglianza sanitaria a livello dei mattatoi che di fatto ha eradicato T. solium e il rischio di cisticercosi.
Altra parassitosi molto diffusa a livello mondiale (e quindi anche in Italia) è la , causata dal protozoo Toxoplasma gondii (imparentato alla lontana con i Plasmodi della malaria), del phylum Apicomplexa, che ha un ciclo indiretto con due ospiti: il definitivo è il gatto, nelle cui cellule della mucosa intestinale si ha la riproduzione sessuata del parassita che termina con la formazione di cisti resistenti disseminate nell'ambiente con le feci del felino. L'ospite intermedio può essere qualsiasi animale a sangue caldo potenziale preda dei gatti (Roditori e passeracei, per lo più), ma anche suini, bovini e l'uomo, nei cui tessuti (muscoli, cervello, ecc.) si possono formare per riproduzione asessuata masserelle di centinaia di parassiti dormienti che in genere non causano danni ingenti, salvo nel caso che le difese immunitarie siano compromesse. Ma la conseguenza più grave della toxoplasmosi non è a carico di adulti altrimenti sani, ma dei feti nelle gestanti, poiché il parassita può oltrepassare la barriera placentare causando nel feto danni irreparabili, soprattutto al sistema nervoso. Dato che la toxoplasmosi umana si può contrarre con una duplice modalità, cioè consumando, per esempio, salumi ma anche vegetali crudi contaminati dalle cisti emesse con le feci dei gatti, è consigliabile alle donne in stato di gravidanza di effettuare il semplice test per sorvegliare la situazione, soprattutto nei primissimi mesi.
Grande importanza ha anche la , causata dalle forme larvali di diverse specie del nematode Trichinella, presenti ancora una volta nei muscoli dei suini e di altri animali, che, consumati crudi sotto forma di prosciutto, salami freschi, ecc., sono la fonte dell'infestazione che può avere un decorso grave. Il ciclo vitale di Trichinella è legato a forme particolari di carnivorismo, vale a dire la saprofagia e il cannibalismo (tipico il diffondersi del nematode tra i ratti, che hanno entrambe le abitudini), per cui è naturale chiedersi come sia possibile che la fonte di infestazione siano i suini, che normalmente non sono carnivori e tanto meno cannibali. In realtà una sorta di cannibalismo è in qualche modo indotta dall'uomo, dato che in talune batterie di allevamento suino è pratica comune utilizzare i cascami dei suini macellati (cotiche, code, grugno, ecc.) tritati e impastati ad alimenti vegetali per nutrire i suini stessi. È quindi possibile che un ratto infestato cada nelle tritatrici/impastatrici, innescando così un circolo vizioso nell'allevamento. Con lo stesso meccanismo si possono spiegare probabilmente le piccole e localizzate epidemie di trichinosi avvenute in Italia settentrionale in anni recenti e causate dal consumo di carne cruda di cavallo, notoriamente un erbivoro in senso stretto, ma che quando viene allevato in condizioni di batteria è alimentato con pastoni non dissimili da quelli usati per i suini.
Infine, tra le parassitosi alimentari vanno citate le , causate da diverse specie di Plateminti Digenei (Opistorchis felineus, Clonorchis sinensis, Paragonimus westermani e altre) le cui forme larvali infestanti sono presenti nei muscoli di Pesci (carpe, tinche, ecc.) e in Crostacei, entrambi d'acqua dolce. Tali parassitosi, che possono essere gravi per l'uomo, causano milioni di casi in Estremo Oriente e negli Stati meridionali della Federazione Russa, dove è pratica comune il consumo di pesce e crostacei crudi. In realtà tra le parassitosi alimentari andrebbero annoverate anche tutte quelle in cui il parassita viene disseminato attraverso le feci, perché in questo modo i vegetali consumati crudi (per es., insalate) o non ben lavati, ma anche l'acqua potabile divengono veicoli importanti per le forme infettanti del parassita (per es., le geoelmintiasi). Né va dimenticato che a volte una normale attenzione al cibo e all'acqua in aree endemiche per queste parassitosi può non essere sufficiente: spesso, per esempio, durante un viaggio turistico in queste zone si può essere molto attenti a consumare solamente acqua imbottigliata, in genere sicura, trascurando che il veicolo di infezione può essere invece il cubetto di ghiaccio nella nostra bibita o l'acqua del rubinetto usata solo per lavarsi i denti.
Quelle descritte sono le malattie parassitarie che più influenzano la salute delle popolazioni umane, sebbene non sia da trascurare il carico complessivo di tutte quelle non citate. Non bisogna poi dimenticare che lo sviluppo delle popolazioni affette è pesantemente influenzato da queste parassitosi non solo a livello sanitario, ma anche a livello socioeconomico, perché, unite alle affezioni parassitarie degli animali da reddito e delle coltivazioni, di fatto interferiscono in maniera sostanziale nello sviluppo di zone che potenzialmente potrebbero essere suscettibili di grande sviluppo socioeconomico e culturale, senza trascurare l'aspetto umanitario che non è certo secondario, dato che queste patologie colpiscono prevalentemente le fasce più vulnerabili della società, quelle che non sono in grado di proteggersi.
Il controllo delle parassitosi sia di interesse umano che agrario/veterinario ha visto nei decenni passati alcuni buoni successi, ma la loro completa eradicazione rimane ancora lontana. Per alcune malattie parassitarie come la schistosomiasi, le geoelmintiasi, la cisticercosi, l'idatidosi, le protozoosi intestinali e le parassitosi alimentari vi sono pochi dubbi che la loro prevalenza andrà diminuendo con il miglioramento dell'educazione sanitaria, dell'igiene (sia personale che pubblica e ambientale, come è successo in Italia e in altri Paesi della fascia temperata per quanto riguarda, per es., l'anchilostomiasi), della gestione delle acque e in generale della situazione economica e sanitaria complessiva. Per le parassitosi trasmesse da vettori invece non è necessariamente così. In molte aree del mondo tropicale la malaria è, per esempio, tutt'altro che sotto controllo e questo è particolarmente vero nell'Africa subsahariana a causa dell'aumento della resistenza del Plasmodio ai farmaci e degli Anofeli vettori agli insetticidi e delle modificazioni ambientali indotte dalle attività umane. È inoltre importante sottolineare che la malaria, come altre parassitosi trasmesse da vettori, è completamente scollegata dalla situazione dell'igiene della collettività, colpendo in questo modo tutti i gruppi socioeconomici, a prescindere dal loro censo e dall'osservanza delle norme igieniche: le uniche misure di controllo efficaci praticabili oggi consistono nella minimizzazione del contatto vettore-uomo, in un'accurata prevenzione e nella cura delle fasce a rischio più sensibili, in attesa che le biotecnologie producano armi definitive.
Un problema recente legato alla parassitologia è una conseguenza del cambiamento globale del clima cui stiamo assistendo negli ultimi decenni, fenomeno che sta estendendo le zone di rischio teorico soggette alla possibile introduzione di parassiti più o meno esotici o alla loro reintroduzione in zone precedentemente liberate. Esempio emblematico è l'estensione dell'areale di distribuzione della 'zanzara tigre' (Aedes albopictus, vettore di fondamentale importanza nella trasmissione della dengue, una pericolosa virosi), che dalle aree tropicali e subtropicali è giunta alle nostre latitudini dalle quali sembra ormai molto problematico poterla debellare. In più, l'aumento dei traffici da e per il mondo tropicale per motivi di studio, lavoro o turismo, senza dimenticare i flussi migratori, sta abbassando la soglia di attenzione e sta elevando il livello di preoccupazione verso malattie che si ritenevano ormai relegate alla memoria storica della medicina, sia umana che agrario-veterinaria. Pertanto, l'interesse in realtà mai sopito per tutti gli aspetti della parassitologia sta considerevolmente aumentando, anche per la disponibilità di tecnologie di indagine sempre più sofisticate, soprattutto di tipo biologico-molecolare, e per la sensibilità, sempre maggiore, verso tutti quegli aspetti apparentemente non legati direttamente alla salute dell'ospite, ma la cui comprensione è cruciale per contrastare l'azione deleteria dei parassiti.
È infatti ormai chiaro da tempo che è richiesta una profonda conoscenza di tutti gli aspetti implicati nei cicli parassitari per pianificare e poi realizzare un controllo efficace che il più delle volte non può essere indirizzato soltanto verso un singolo tipo di azione. L'integrazione di misure di controllo diverse richiede però la comprensione profonda di tutti gli aspetti implicati nella relazione ospite-parassita: dalla sistematica alla genetica, dall'ecologia all'immunologia, dalla chimica all'etologia, dalla demografia alla farmacologia, dall'epidemiologia alla clinica. Questo sta in effetti avvenendo: per dare un'idea molto grossolana dello sviluppo della parassitologia negli ultimi decenni si consideri che introducendo come parola chiave il termine 'parassita' in una delle banche dati più frequentate in campo biomedico (PubMed, dello statunitense National Institute of Health) vengono selezionati circa 50.000 articoli scientifici pubblicati dagli anni Cinquanta del secolo scorso al primo semestre del 2005, ma di questi il 30% è stato pubblicato nei primi quarant'anni, mentre il restante 70% negli ultimi quindici anni circa, e la tendenza è in forte aumento.
Belding 1965: Belding, David L., Textbook of parasitology, New York, Appleton-Century-Crofts, 1965.
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