PARENZO (A. T., 24-25-26)
Cittadina costiera dell'Istria, dall'aspetto signorile, pittoresco e suggestivo, posta su una bassa lingua di terra a forma di penisola rettangolare (m. 450 per 250) tra Porto Quieto e il Canale del Leme, 21 miglia da Pirano e 15 da Rovigno. Centro d'origine romana (v. sotto), conserva quasi inalterata l'antica pianta; da occidente a oriente l'attraversa il decumano massimo (o Strada Grande) che s'incrocia ad angolo retto col cardine massimo (da N. a S.); parallele a queste sono le altre strade minori, che ricalcano pure antiche vie del periodo romano. Un tempo era cinta di mura, con quattro porte rivolte verso le rive del mare e tre verso le borgate esterne. Gli abitanti, in numero di 3000 nel 1360, erano scesi a 700 nel 1580 e a 300 nel 1630, a causa delle pestilenze e delle depredazioni. Ripopolata nel sec. XVII da Greci e Dalmati, Morlacchi e Albanesi, dal 1861 divenne capoluogo dell'Istria, sede della dieta, della giunta provinciale, del giudizio distrettuale, ecc. Dopo l'annessione italiana il centro amministrativo dell'Istria è invece a Pola. Nel 1902 una ferrovia a scartamento ridotto di 153 km. l'ha congiunta a Trieste. Oltre il collo della penisola sono sorte nuove case e piazze. Il comune, di 139 kmq., conta (censim. 1931) 12.607 ab., di cui 4000 nel capoluogo Parenzo gli altri in 29 frazioni (di cui la maggiore è Torre con 1200 ab.) e in case sparse (circa 3000 ab.). Capoluogo d'un vasto contado agricolo, commercia su larga scala in legno e vino. Nel 1929 sono entrati nel porto 1543 piroscafi e 434 velieri stazzanti complessivamente 235.960 tonn., i quali hanno sbarcato 10.230 tonn. di merci e 28.620 viaggiatori e imbarcato 15.855 tonn. e 27.960 viaggiatori.
Monumenti. - Parenzo è celebre, nell'arte, soprattutto per la sua basilica. È questa uno dei più notevoli edifici del sec. VI ma non è il più antico dei monumenti cristiani della città.
Gli studî e gli scavi succedutisi ininterrottamente dal 1888 hanno messo in luce le tre chiese che la precedettero: la prima, a sinistra della basilica attuale, per molto tempo fu creduta la casa stessa del martire Mauro ampliata a chiesa cristiana; risulta oggi invece ben chiara nella sua unitaria e originaria pianta rettangolare e conserva tutto o quasi il suo pavimento musivo a tessellato geometrico in cui sono inseriti varî riquadri ornamentali, fra i più belli e vivaci esempî di musaici del sec. IV. Essa è infatti certamente posteriore alla pace di Costantino, in quanto che al disotto del musaico si rinvenne una moneta di Licinio. Al principio, poi, del sec. V, quando i corpi dei martiri, sepolti fuori delle mura, furono ritrasportati in città, come è attestato da una preziosa iscrizione coeva dell'avvenimento, a ridosso della ecclesia primitiva se ne costruì una seconda e questa volta absidata: se ne conserva pure in molti tratti il pavimento musivo, di tipo però puramente geometrico nei toni fondamentali del rosso, del grigio e del nero. Infine nello stesso sec. V si costruì un terzo edificio corrispondente per dimensioni press'a poco all'attuale chiesa, solo un poco più corto, a pianta basilicale, con la navata di mezzo più larga divisa dalle minori da due file di colonne di cui rimangono frammenti e alcuni rozzissimi capitelli in calcare. Ai lati dell'abside principale vi erano due locali per il culto riuniti così che, esternamente, la basilica risultava a pianta rettangolare come altre basiliche della regione (S. Maria delle Grazie di Grado; duomo di Pola). Questa chiesa dovette essere elevata con una certa fretta o risentì delle poco felici condizioni del tempo; infatti Eufrasio, eletto vescovo intorno al 543, pose subito mano all'edificio attuale che nel 554 era finito.
La basilica eufrasiana, di tipo classico, è preceduta da un quadriportico. I marmi delle colonne, le sculture dei capitelli, gli stucchi dei sottarchi, i musaici dell'abside con le grandi scene della Madonna in trono nel catino, della Visitazione e dell'Annunciazione al di sopra della ricca fascia basamentale di marmi colorati, di paste vitree e di smalti, vi riflettono l'agile fantasia decorativa dell'Oriente piena di slancio e di colore.
Eufrasio del resto non demolì del tutto la costruzione precedente. I recenti studî hanno dimostrato che vi appartengono i muri perimetrali, il lato dell'atrio addossato alla basilica e molto probabilmente anche il battistero. Anche le nove grandi finestre a pieno centro riaperte nel 1928 fra lesena e lesena delle tre navate sono del tutto simili a quelle di S. Giovanni Evangelista di Ravenna, costruzione del sec. V. Esse mancano invece sul lato destro della navata di mezzo: questa fu infatti rifatta dopo un incendio del sec. XV con finestrelle ogivali rispettate nell'opera di restauro, che invece ha demolito la cappella di S. Mauro sul fianco destro, opera del sec. XIX, e ha ristretto di molto gl'ingressi alle cappelle di sinistra ridando alla costruzione la sua classica unità. Del resto, tranne il bellissimo altare maggiore, opera del vescovo Fulcherio (secolo XIII), e la bella tavola del Vivarini rimessa in valore sull'altare di sinistra, poco di notevole aggiunsero le età posteriori ad Eufrasio. Dopo la basilica va menzionato anche il cosiddetto consignatorium, altra costruzione eufrasiana, perpendicolare alla chiesa, malamente trasformata a sede vescovile, di cui rimangono il grandioso arco trionfale, e la cappella di S. Andrea, singolare costruzione tricora a due piani.
Parenzo s'abbellisce ancora di numerosi piccoli edifici costruiti in età romanica e gotica che di recente furono accuratamente rimessi in valore. La cosiddetta casa dei Santi, la casa Sabbati, la canonica hanno ancora impronta romanica; elementi gotici prevalenti hanno la casa Greati, le casette di Predol, la casa Parisi-Gonano, le costruzioni all'incrocio della via decumana col cardine ad eccezione della casa dipinta in cui la grazia molle dell'arco del Rinascimento, ricco di foglie e di dentelli, ben si lega alla decorazione pittorica.
Né vanno dimenticate le pittoresche mura di cui si conservano larghi tratti, anche se in parte nascosti dalle costruzioni posteriori: particolarmente interessanti le torri che custodivano le porte, come la torre pentagonale del 1447, opera di Giovanni da Pari Triestino, con il leone scolpito dal figlio, e la torre rotonda sulla riva.
V. tavv. LXXXVII-LXXXVIII.
Storia. - Parenzo si sviluppò probabilmente dal porto di uno dei prossimi castellieri preistorici, di nome veneto-illirico, latinizzato poi in Parentium. Verso la fine della repubblica romana, forse contemporaneamente con Trieste e con Pola, vi fu dedotta una colonia da Ottaviano, come appare dal titolo Colonia Iulia Parentium di un documento epigrafico ufficiale. Dallo stesso e da altri si ricava ancora che la città era ascritta alla tribù Lemonia, che aveva "splendidissimo" ordine di decurioni, plebe, flamini per il culto della casa imperiale, seviri e seviri Augustali, Augustali e magistri Augustali, un collegio di fabri con prefetto e patrono. Non si conoscono invece magistrati municipali.
Si conservano tracce del Foro, con parte del lastricato antico nell'odierna piazzetta di Marafor, e nelle vicinanze i ruderi di due edifici pubblici: tre colonne di un santuario o portico e il postamento, con molte architetture, di un grande tempio, ricostruito nella seconda metà del sec. I d. C. da un T. Abudio Vero sottoprefetto della flotta ravennate, al quale si deve forse anche la diga o scogliera, i cui resti sono ora sommersi nel mare a N. della città. È attestato il culto di Nettuno e degli Dei Augusti e del nume dell'Istria. Nel foro si alzarono statue agl'imperatori Settimio Severo e Licinio e ai patroni della colonia. L'agro coloniale all'epoca romana si estendeva a un dipresso entro i termini della diocesi parentina: vi restano tracce dell'amministrazione di predî imperiali.
Parenzo seguì tutte le vicende della penisola istriana, passando successivamente sotto le dominazioni di Odoacre e Teodorico (493), dei Bizantini (539, epoca in cui s'inizia la costruzione della celebre basilica eufrasiana), dei Longobardi (751-774), dei Bizantini ancora, fino al 788, quindi dei Franchi (788-814) che la unirono alla marca del Friuli. L'autonomia episcopale, affermatasi, non senza contrasti, anche a Parenzo, come a Pola, a Trieste, a Capodistria, ebbe impulso e si sviluppò sotto il debole governo marchionale. Verso la fine del sec. XII si delinea la costituzione del comune, il cui primo podestà appare nel 1194. La città è però già entrata nella sfera d'interessi e d'influenza della repubblica di Venezia, avendo sottoscritto, fino dal 1150, un patto di fidelitas con il doge Domenico Morosini. Nel 1232 si riaffermava anche su Parenzo, come su Pola e Capodistria, l'autorità del patriarcato d'Aquileia, sostenuto dall'impero. Quando i conti di Gorizia, sconfitto il patriarcato, minacciarono di sostituirsi ad esso nel dominio dell'Istria, le città istriane, e Parenzo in primo luogo, preferirono la dedizione a Venezia (1267), pur con qualche riserva circa i diritti del patriarcato. Nella guerra veneto-genovese del 1314, Parenzo fu messa a ferro e fuoco, e in quell'occasione vennero anche tolte e portate a Genova da Paganino Doria le reliquie dei martiri Mauro ed Eleuterio, restituite però recentemente (giugno 1934). Altre guerre, incursioni piratesche, pestilenze desolarono la cittadina istriana fino a ridurla, alla fine del '500, a 400-500 anime. Pare che in seguito la popolazione fosse ancora discesa fino ad aggirarsi intorno al centinaio d'abitanti. Venezia però contribuì a ripopolarla, verso la fine del '600 e durante il '700, con profughi da Candia, con Morlacchi e Albanesi. La dominazione veneziana durò ininterrotta sulla cittadina fino alla caduta della repubblica. Subì quindi le sorti delle guerre e delle paci austro-francesi; dal 1815 appartenne all'Austria, come parte della provincia d'Istria prima, del Circolo d'Istria (capitale Pisino) poi (1825). Dal 1861 divenne sede di quella Dieta istriana che fu costante animatrice della resistenza antiaustriaca. Il 3 novembre 1918 vi entravano le truppe italiane.
Bibl.: Per la città antica v. T. Mommsen, Corpus Inscr. Lat., V, pp. 35 1020, nn. 326-67; E. Pais, Additamenta ad vol. V Corp. Inscr. Lat., p. 10, nn. 26 e 27; p. 233, n. 1105; P. Kandler, Atti e mem. della Soc. istriana di archeol. e st. pat., XXIV (1908), p. 205; A. Amoroso, Atti e mem. della Soc. istriana di archeol. e st. pat., XXIV (1908), p. 191; A. Pogatschnig, Atti e mem. della Soc. istrana di archeol. e st. patria, XXVI, p. 1 segg.; id., ibid., XXVIII, fasc. 2°, p. 1; id., Guida di Parenzo, 1914; P. Sticotti, Atti e mem. della Soc. istriana di archeol. e st. patria, XXIV (1908), p. 219; id., ibid., Indice generale, 1903, p. 253; id., ibid., XXX (1914), p. 98; id., ibid., XIII (1897), p. 386; A. Degrassi, Inscriptiones Italiae, fasc. Parentium, Roma 1935. - Per la città nel Medioevo ed età moderna v. G. B. Contarini, Memorie storiche delle sacre reliquie dei Ss. martiri Mauro ed Eleuterio protettori della città e diocesi di Parenzo, Venezia 1749; B. Vergottin, Breve saggio della storia antica e moderna della città di Parenzo, ivi 1796; id., Del più vero primo titolo giurisdizionale de' vescovi di Parenzo, ivi 1801; Considerazioni apologetiche sopra un saggio di storia della città di Parenzo, 1796; Fasti sacri e profani delle Chiese episcopali di Parenzo e Pola, tratti dagli annali di P. Kandler (Archivio provinciale), s. d.; Statuti municipali di Parenzo, Trieste 1846; Babudri, I vescovi di Parenzo e la loro cronologia, in Atti e memorie Società istriana di storia patria, XXV (1909); P. Kandler, Codice diplomatico istriano, Trieste 1847 segg. (con i completamenti di A. Minotto, Documenta ad Forumiulii, Patriarchatum aquileiense, Tergestem, Istriam spectantia, Venezia 1870); Aggiunte inedite al codice diplomatico istro-tergestino del sec. XIII, a cura di V. Joppi, Udine 1878; Nuovi documenti sull'Istria, 1283-1339, dello Joppi, Udine 1878. Per il resto, v. la bibliografia alla voce istria; cfr. particolarmente G. De Vergottini, Lineamenti storici della costituzione politica dell'Istria durante il Medioevo, voll. 2, Roma 1924-25. - Per il duomo in particolare v.: E. von Eitelberger, Die Domkirche zu Parenzo in Istrien: Mittelalter. Kunstdenkmäler des öst. Kaiserstaates, V, i, 1858, pp. 95-113; L. Lohde, Der Dom von Parenzo, Berlino 1859; C. Errard, L'Art byzantin, Parenzo 1904; W. A. Neumann, Der Dom von Parenzo, Vienna 1902; P. Toesca, Storia dell'arte italiana, I, Torino 1927, pp. 101, 202, 218, 710.