STEFANINI, Paride
STEFANINI, Paride. – Nacque a Roma il 15 gennaio 1904 da Arnaldo, funzionario dell’allora ministero della Guerra, e da Erminia Tabasso.
Dopo aver conseguito nel 1921 il diploma di maturità classica al liceo Tasso di Roma, nel giugno del 1927 si laureò con lode in medicina e chirurgia presso l’Università La Sapienza della capitale. Dopo la laurea prese a frequentare la clinica chirurgica della facoltà medica romana diretta da Roberto Alessandri (1867-1948), celebre clinico e promotore di quella che sarebbe stata chiamata nei decenni successivi la Scuola romana di chirurgia, rinomata come sede di formazione di numerosi docenti delle università italiane. Presso la stessa clinica chirurgica, Stefanini percorse le tappe iniziali della sua carriera prima come assistente e successivamente come aiuto, trovandosi a condividere questo ruolo con Pietro Valdoni (1900-1976), altro grande protagonista della chirurgia italiana.
Nel 1939, in occasione del pensionamento di Alessandri, Stefanini decise di abbandonare la carriera universitaria per intraprendere quella ospedaliera. Nello stesso anno vinse il concorso di primario chirurgo presso l’ospedale S. Salvatore dell’Aquila e si trasferì in questa sede permanendovi fino al 1947. Durante la seconda guerra mondiale fu capitano del corpo dell’Aeronautica militare, prima in Belgio e in seguito a Roma, presso il centro sanitario aeronautico del San Camillo (allora ospedale del Littorio). Qui diresse il reparto chirurgico «dimostrando – secondo il rapporto informativo del suo superiore diretto generale Gennaro Pera – magnifiche doti di organizzatore ed altissima capacità professionale» (In memoriam. Prof. Paride Stefanini, 1980).
L’attività di Stefanini presso l’ospedale aquilano valse a mettere in luce non soltanto le sue elevate capacità professionali e organizzative, ma anche la lungimiranza di quel forte impegno civile che lo avrebbe portato in seguito a farsi promotore e sostenitore di significative innovazioni nell’ambito delle attività di formazione superiore. Con il primariato di Stefanini, l’ospedale S. Salvatore finì per diventare uno dei più prestigiosi poli di attrazione della domanda chirurgica in tutta l’Italia centrale. Nel contempo il professore cominciò a tessere quella rete di collaborazioni con politici e amministratori locali e nazionali che gli consentì in seguito di intraprendere importanti iniziative di promozione istituzionale in campo universitario.
Nel 1947 la carriera di Stefanini ebbe una svolta di cruciale importanza con il suo ritorno nell’ambiente accademico per assumere, presso l’Università di Perugia, prima l’incarico di insegnamento della patologia chirurgica e in seguito, nell’anno 1949, la cattedra di clinica chirurgica vinta per concorso.
Nel 1957 Stefanini si trasferì per chiamata all’Università di Pisa per ricoprire la cattedra di clinica chirurgica. Nel 1959 avvenne l’ulteriore e definitivo trasferimento per chiamata all’Università di Roma, per ricoprirvi le cattedre prima di patologia chirurgica e in seguito – nell’anno 1966 – quella di II clinica chirurgica.
Stefanini venne collocato fuori ruolo nel 1974. Nello stesso anno si candidò senza successo alla carica di rettore dell’Università La Sapienza. Nell’occasione fece clamore – e suscitò in alcuni ambienti scandalizzata meraviglia – l’inusitata e provocatoria iniziativa che il professore assunse pubblicizzando i suoi proponimenti per il governo dell’Università attraverso un’intervista concessa al mensile Playboy.
Con la sua attività presso l’Università romana Stefanini si guadagnò fama e prestigio nazionali, non solo per il successo ottenuto nei suoi campi di intervento di elezione (vie biliari, pancreas, stomaco, grosso intestino, polmone, rene, chirurgia vascolare extratoracica), ma anche per il ruolo pionieristico che seppe svolgere attraverso iniziative volte a promuovere in Italia la chirurgia dei trapianti di organo, allora agli albori. Il 3 maggio 1966 Stefanini eseguì il primo trapianto di rene in Italia a cui fece seguito, pochi giorni dopo (8 maggio), il primo xenotrapianto di rene in Europa, effettuato con prelievo dell’organo da scimpanzé. L’interesse suscitato da questi interventi consentì a Stefanini di intraprendere, con l’energia che gli era abituale, una vigorosa azione di sollecitazione degli ambienti politici responsabili affinché fosse promulgata una legge che consentisse la donazione di rene, a scopo di trapianto, tra persone viventi. Tale legge (l. n. 458 del 26 giugno 1967, Trapianto del rene tra persone viventi) – di grande importanza per il successivo sviluppo della normativa italiana sui trapianti di organo – fu in effetti approvata ed entrò in vigore nel giugno 1967 consentendo a Stefanini di eseguire, nella seconda metà dello stesso anno, il primo trapianto di rene in Italia con donatore vivente.
Questo insieme di prestigiose iniziative consentì tra l’altro al professore di perseguire con grande successo la sua vocazione di formatore di promettenti talenti. Alla sua scuola si addestrarono infatti molti giovani chirurghi e undici dei suoi allievi conseguirono la cattedra in diverse università italiane. Fu sempre durante il periodo romano dell’attività di Stefanini che presero forma e si svilupparono dietro suo impulso due iniziative istituzionali e culturali di notevolissimo rilievo: la realizzazione del Libero Istituto universitario di medicina e chirurgia dell’Aquila, e l’avvio del programma italo-somalo di cooperazione universitaria che consentì l’organizzazione e il funzionamento per un ventennio dell’Università di Mogadiscio.
Sino dai tempi del suo primariato all’Aquila, Stefanini aveva coltivato, insieme agli amministratori e ai politici locali, il progetto di istituire presso l’Università del capoluogo abruzzese una facoltà medica con caratteristiche innovative quali il numero chiuso, la suddivisione in due trienni – destinati rispettivamente alla formazione di base e a quella clinica – e l’introduzione di discipline emergenti come la bioingegneria. Le opposizioni e gli ostacoli che si dovettero superare al riguardo furono rilevanti, giungendo a manifestarsi con vere e proprie lettere di diffida inviate dal ministero della Pubblica Istruzione al professore e agli amministratori degli enti locali interessati. Finalmente Stefanini nel 1967, come commissario unico del consorzio volontario universitario nel frattempo instituito, decise di rompere gli indugi dando inizio, con l’iscrizione di tredici studenti, al primo corso della facoltà. Nonostante la dura opposizione iniziale manifestata dagli organi ministeriali, l’iniziativa proseguì negli anni successivi con un processo di normalizzazione che si attuò progressivamente prima con il d.p.r. n. 425 del 25 giugno 1969 (istituzione del Libero Istituto di medicina e chirurgia dell’Aquila limitatamente al primo triennio) e in seguito con il d.p.r. n. 800 del 6 agosto 1970 (riconoscimento del secondo triennio clinico) per concludersi nel 1973 quando furono conferite le prime lauree legalmente riconosciute.
L’avventura dell’Università di Mogadiscio ebbe inizio nel 1972 grazie al sodalizio intellettuale che si era stabilito tra Stefanini e Mohamed Aden Sheikh (1936-2010), giovane chirurgo formatosi in Italia e divenuto poi ministro dell’Istruzione del governo somalo. Fu allora che Stefanini riuscì a convincere il ministero degli Affari esteri italiano a finanziare un programma italo-somalo di cooperazione universitaria che si sarebbe poi rivelato come il più rilevante intervento di promozione culturale realizzato dall’Italia nei Paesi in via di sviluppo.
L’obiettivo del programma era duplice: addestrare personale qualificato da impiegare in settori di vitale importanza per la giovane Repubblica e nel contempo provvedere a formare in loco il corpo docente somalo. Sotto la guida della commissione mista italo-somala presieduta dal professore si istituirono così e presero a funzionare a Mogadiscio sei facoltà (medicina e chirurgia, medicina veterinaria, ingegneria, chimica, geologia, agraria), ciascuna delle quali faceva riferimento a una università italiana e disponeva di un comitato tecnico destinato a impostare e gestire il reclutamento dei docenti e tutta l’attività didattica. I piani di studio delle singole facoltà vennero elaborati con criteri di assoluta originalità per adattarli alle esigenze locali. Stefanini svolse ancora una volta un ruolo di precursore impostando – tra lo stupore degli ambienti accademici italiani – tutto il piano didattico della facoltà medica non già secondo gli schemi abituali delle università europee bensì in base a quelle concezioni e a quelle pratiche di primary health care e di ‘medicina di comunità’ che erano allora di avanguardia e che sarebbero poi state rilanciate e rese note a livello planetario dalla Conferenza WHO di Alma Ata nel 1978. L’attività del programma universitario proseguì per quasi un ventennio concludendosi drammaticamente nel 1990 a causa della guerra civile che, a partire da quell’anno, devastò la Somalia.
Stefanini fu membro di numerose società chirurgiche nazionali e internazionali e presidente dell’International college of surgeons, della Società italiana per i trapianti di organo, della Società italiana di chirurgia, della Sezione III del Consiglio superiore della sanità e dell’Istituto italo-africano. La sua produzione scientifica è testimoniata da circa 300 pubblicazioni sulle più prestigiose riviste chirurgiche nazionali e internazionali. Tra le onorificenze ricevute durante la sua carriera sono da menzionare la gran croce di cavaliere della Repubblica italiana, la grande stella della Repubblica democratica somala e la cittadinanza onoraria della città dell’Aquila.
Coniugato con la fiorentina Adriana Nelli, musicista diplomata in pianoforte, Stefanini ebbe quattro figli: Livia, deceduta nel 2008; Arnaldo, ordinario di fisica a Pisa; Mario, ordinario di istologia a Roma; Alessandro, primario neurologo a Rieti.
Morì a Roma il 27 gennaio 1981.
Al suo nome sono intitolati il dipartimento di chirurgia generale e specialistica dell’Università La Sapienza, l’aula magna dello stesso dipartimento e una strada di Roma.
Fonti e Bibl.: Università La Sapienza di Roma, Archivio generale, Paride Stefanini, Fascicolo personale.
P. Stefanini - C. Casciani - R. Cortesini, The renal transplant: experimental research and first clinical experiences, in Minerva medica, LVII (1966), pp. 2973-2980; Idd., Transplantation of the kidney, in Recenti progressi in medicina, XLIV (1968), pp. 369-409; WHO - UNICEF, Primary health care. Report of the International Conference... Alma-Ata... 1978, Geneva 1978; A. Tozzi, Il Libero Istituto universitario di medicina e chirurgia dell’Aquila, L’Aquila 1979; In memoriam. Prof. P. S., in Rivista di medicina aeronautica e spaziale, XLIV (1980) p. 5; A. Clementi, L’Università dell’Aquila. Dal placet di Ferrante I d’Aragona alla statizzazione (1458-1982), Bari 1992; E. Santoro - L. Ragno, Cento anni di chirurgia. Storia e cronache della chirurgia italiana del XX secolo, Roma 2000; A. Sebastiani, P. S. e la medicina di comunità, in Giornale italiano di medicina tropicale, V (2001), pp. 55-58; A. Cappelli, Somalia. Il sangue e l’incenso. La ‘follia universitaria’ nella bufera somala, Roma 2011.