PARIGI (fr. Paris; A. T., 30-31)
Capitale della Francia da più di nove secoli, sede del governo e del parlamento, centro intellettuale, artistico, finanziario che col suo prestigio sorpassa la funzione di capitale nazionale e assurge a quello di metropoli mondiale.
Sommario. - Geografia: Posizione (p. 331); Clima e idrografia (p. 331); Il sito della città (p. 331); Vicende dello sviluppo (p. 331); Entità dello sviluppo topografico (p. 332); Dati demografici (p. 332); Aspetti della vita economica (p. 333); Il centro e i quartieri (p. 335); Fortificazioni (p. 336). - Storia (p. 337). - Monumenti (p. 340). - Istituti di cultura e musei: Istituzioni culturali (p. 349); Musei (p. 351). - Vita musicale (p. 352). - Vita teatrale (p. 355). - Trattati, congressi e convenzioni (p. 355).
Posizione. - Parigi è posta sulle due rive della Senna, 360 km, dalla foce e 173 km. in linea d'aria dal mare, 48° 50′ N. e 2° 20′ E., a un'altezza compresa tra 26 m. (Passy) e 128 (Belleville e Montmartre), presso la confluenza della Bièvre e della Marna e a poca distanza da quella dell'Oise e dell'Essonne, al centro dell'Île-de-France e in vicinanza di regioni diverse (Beauce, Brie, Valois).
Le cause che hanno agevolato lo sviluppo di Parigi sono molteplici, come l'avere essa a sua disposizione nella Senna una via fluviale regolare che permette agevoli rapporti col mare; la facilità di passaggio dal bacino di quella ai finitimi (Loira, Yonne, Marna, Oise) in modo che, pur essendo lontana dal centro geometrico della Francia, ne costituisce in certo senso il centro geografico; l'esistenza nelle sue vicinanze di vaste aree interfluviali adatte alle colture (Beauce e Valois) o all'allevamento (Brie) e d'un clima abbastanza favorevole anche alle piante mediterranee (compresa la vite: versanti di Argenteuil e di Suresnes); l'incrocio con la via fluviale di strade terrestri (le quali però hanno assunto importanza solo quando il centro urbano s'è ingrandito: arteria N.-S., ricalcata poi dalla Rue Saint-Martin e dalla Rue Saint-Jacques, ed E.-O., ricalcata dalla Rue Saint-Antoine, poi Rue de Rivoli e di Saint-Honoré). Tuttavia la scelta del luogo a preferenza di località simili altrettanto favorite (come Meaux sulla Marna, Melun sulla Senna e Pontoise sull'Oise) è in rapporto, da una parte, con l'isola (Cité) che rendeva facile il passaggio del fiume e presentava ottime condizioni per la difesa, lambita com'era (specie a NE.) da vaste aree paludose; dall'altra con l'esistenza sulla riva sinistra d'un'altura (Montaigne Sainte-Geneviève), dove pescatori e commercianti potevano trovare favorevoli condizioni d'insediamento. Né va dimenticato che presso Parigi la Senna muta d'aspetto, presentando verso valle grandi meandri e acque calme, mentre verso monte ha un corso più rapido e piuttosto rettilineo, in modo da fornire ottime condizioni per un porto fluviale. Al predominio sulle altre città non sono stati poi estranei i fattori politici, l'assurgere di essa a capitale feudale (sec. IX-X) con la nomina del duca di Parigi a re di Francia, che ha permesso poi ai Capetingi di fare di questa zona centrale del paese il nucleo attorno al quale si è saldato tutto il resto della Francia, il punto di partenza delle successive fortune della monarchia unitaria. Al suo sviluppo ha contribuito pure l'esistenza di ottime cave (calcare grossolano delle catacombe nel quartiere del Lussemburgo, arenarie di Fontainebleau, gesso della Villette) e l'abbondanza di legname da costruzione.
Clima e idrografia. - Il clima di Parigi è abbastanza favorevole, trovandosi la città in una zona dove s'alternano i fattori continentali (pressioni elevate d'inverno e basse d'estate) con i fattori marittimi (condizioni inverse). La media annua della temperatura è di 10°,8: d'inverno la media è di 3°,7, di primavera 10°,3, d'estate 18°,2, d'autunno 11°,1. Massimi estremi: 38°,6 il 20 luglio 1900 e −23°,9 il 10 dicembre 1879. La piovosità è in media di 510 mm. ogni anno. Di solito piove lentamente, con rimo monotono e assiduo, che diluisce i rumori, offusca le luci, stinge i colori, in modo da dare alla città una straordinaria ricchezza di tinte intermedie. Nevica in media ogni anno per 12 volte e le nebbie sono molto frequenti. Tra i venti prevalgono quelli tiepidi di S., SO., O. La Senna, che è navigabile per 570 km. (con una profondità uniforme di 3,20 m. tra Parigi e Rouen), ha un regime regolare, con piene poco frequenti, dato il ritmo alternato degli affluenti di destra e di sinistra. La navigazione è sospesa solo per due o tre settimane in dicembre e gennaio. La velocità media delle acque è a Parigi di 1500 m. ogni ora. La portata media è di 150 mc. al secondo (33 mc. di minima e 1000 di massima). Le portate maggiori si hanno alla fine di dicembre, le magre in agosto. Danni notevoli recò la piena del 1910.
Il sito della città. - Il bacino di Parigi, che fa parte del bacino della Senna (tutto in territorio francese, salvo le sorgenti dell'Oise che sono nel Belgio), consta per la massima parte di alluvioni recenti, di argille, di gessi, di calcari e di sabbie terziarie, le quali poggiano su un basamento secondario e testimoniano le vicende geologiche della regione, che ha visto nell'Oligocene una fase lacustre (travertini della Brie), alla quale è successa una fase marina (sabbie di Fontainebleau e di Rambouillet) e poi una nuova fase lacustre (calcare della Beauce). Elementi topografici principali della zona sono una serie di colline di modeste dimensioni e dal pendio dolce e poco pronunciato, che costituiscono le estremità di altipiani leggermente ondulati. Visibili sono le tracce di terrazze e di rami morti, lasciate dalle correnti del Quaternario antico. Il fiume entra ora nella città a ESE., forma le due isole di Saint-Louis e della Cité, fa verso N. un'ampia curva e dopo avere suddiviso Parigi in due parti disuguali volge verso OSO. La parte meridionale è inoltre attraversata dalla Bièvre (affluente della Senna). Le colline della destra, più alte, cominciano presso Bercy a E. e terminano a Passy a O., dopo avere compiuto un arco verso N.; le principali elevazioni sono quelle di Charonne, Ménilmontant, Belleville, le Buttes-Chaumont (m. 101), Montmartre (m. 128), queste due ultime separate da una bassura percorsa da importanti strade, ricalcate ora dalle linee ferroviarie. Sulla sinistra della Senna sono le colline della Maison-Blanche e della Butte-aux-Cailles, vicino a cui è il Plateau d'Ivry, che la valle della Bièvre separa dalla Montagne Sainte-Geneviève (m. 60), la quale si collega al Plateau di Montsouris (m. 78).
Vicende dello sviluppo. - È dillìcile poter ricostruire l'aspetto originario dei luoghi, data la trasformazione cui è andata soggetta la regione per l'attività bimillenaria degli abitanti, che hanno in parte distrutto le foreste (resti notevoli: a O. foresta di Saint-Germain, a N. di Montmorency, a E. di Bondy, a SE. di Armainvilliers), deviato i corsi d'acqua, demolito o smussato le colline. La Senna scorreva un tempo alquanto più a N. e l'isola della Senna, nucleo originario della città, era in origine assai più bassa, con rive poco inclinate, comprese tra bracci fluviali piti ampî. Il fiume si suddivideva allora in più corsi divaganti, ma in corrispondenza dell'isola i rami si semplificavano e il passaggio risultava abbastanza agevole.
Ivi sorse la Lutezia gallica, oppidum Parisiorum. Sotto i Romani la riva sinistra era quella maggiormente abitata, ma poi, minacciati dalle invasioni (parziale distruzione alla fine del sec. III), gli abitanti si ritirarono nell'isola. Sotto i Merovingi e i Carolingi il centro restò confinato nell'isola, salvo piccoli posti che difendevano le teste di ponte. I monaci cominciarono tuttavia a mettere a coltura le vicine pendici, come Saint-Germain-l'Auxerrois, a valle dell'isola su un'elevazione della riva destra Saint-Germain-des-Prés, di fronte a questo, separato dalla Senna da alcune isole spesso sommerse, Sainte-Geneviève, sulla sommità delle colline che si avvicinano maggiormente alla riva sinistra dove poi crebbe il quartiere di Saint-Germain, e soprattutto a N. l'abbazia di Saint-Denis, di là dalle alture più settentrionali, fondata nel sec. VII da Dagoberto, sede di pellegrinaggi e di fiere. Essendo stati distrutti negli anni 885-86 (invasioni normanne) alcuni sobborghi, da allora la città si sviluppb maggiormente sulla destra, iniziando quell'espansione concentrica che la porterà a occupare tutto il semicerchio che era un tempo compreso tra l'antico ramo della Senna, per passare poi sulle pendici che dominano il fiume e di là da queste nelle zone più depresse. I primi Valois l'ingrandirono a E. e a NE. (Saint-Paul, Saint-Antoine) e iniziarono il prosciugamento delle paludi che occupavano quel quartiere che porta tuttora il nome di Marais. La Parigi del sec. XII era ancora un piccolo centro, esteso soltanto quanto la Cité o poco più, con vie strette, case modeste, molte chiese, due ponti; a N. e a NE. v'era un mercato (presso le odierne Halles), centro d'artigiani e di mercanti. Filippo Augusto, che nel 1190 e nel 1210 la cinse di mura, comprese dentro queste la Cité (isola della Senna), l'Université (quartieri della riva sinistra) e la Ville (riva destra). Le mura sulla destra tagliavano in due le proprietà del convento di Saint-Martin-des Champs e del Temple, toccavano la Senna presso l'Île-aux-Vaches; sulla sinistra comprendevano Sainte-Geneviève, tagliavano la Rue Saint-Jacques dove s'incontra ora con la Rue Soufflot e venivano a terminare in faccia al Louvre (la fortezza che il re aveva fatto innalzare sulla riva destra) con un torrione detto Hamelin (più tardi di Nesle). Da allora la città si è sviluppata in modo dissimmetrico, sì che il muro successivo, eretto circa due secoli dopo sotto Carlo V (1370), ha spostato i limiti solo sulla riva destra. Questa nuova cerchia ha compreso nella città il Louvre (diventato da cittadella palazzo), le Bourg l'Abbé, le Temple, le Bourg Saint-Éloi e una parte del Bourg Saint-Antoine; in questa direzione Parigi era chiusa e difesa dalla Porta Saint-Antoine e da quella bastille che divenne poi celebre come prigione di stato; il fossato fu scavato in questo tratto nel letto della Senna quaternaria; Carlo V abbandonò inoltre l'isola e pose la sua residenza sulla riva destra. Al tempo di Luigi XIII la cinta della riva destra fu ancora spostata, dato che Parigi s'era intanto allargata al difuori di essa. Dalla Senna alla Porta Saint-Denis comprese il castello delle Tuileries, che era stato costruito da Caterina de' Medici, e le colline di Saint-Roch e dei Moulins. Solo nel sec. XVIII Parigi acquistò un nuovo disegno, quadruplicando la superficie con la cinta dei Fermiers-Généraux (1784-1791). Per difendere i nuovi quartieri Luigi XVI ordinò di costruire un nuovo muro, il cui tracciato fu poi trasformato quasi per intero in una serie continua di boulevards (riva destra: Boulevard de Courcelles, des Batignolles, de Clichy, Rochechouart, de La Chapelle, de la Villette, de Reuilly, Belleville, de Ménilmontant, de Charonne, de Picpus, de Reuilly, de Bercy; sulla riva sinistra Boulevard de l'Hôpital, Blanqui, Saint-Jacques, de Vaurigard e de Grenelle). Dell'antica cinta di Carlo V restò conservata solo quella parte che va da Piazza della Bastiglia a Porta Saint-Denis. Nei nuovi limiti la cinta comprese verso nord tutto l'antico letto della Senna quaternaria e anche qualche tratto dei dintorni collinosi tra Belleville e Montmartre verso quella zona depressa che costituisce il passaggio naturale che conduce a Saint-Denis e dove s'erano formati i borghi industriali e operai della Chapelle e della Villette. Orti e giardini, che un tempo s'avvicinavano alla città, sono respinti in zone sempre più periferiche. La cinta successiva risale al 1841-45 e consiste in una fascia di bastioni fatti costruire da A. Thiers. Questa cerchia è stata demolita per la massima parte e trasformata in campi sportivi e giardini, essendo stata intanto costruita tra il 1870 e il 1875 una nuova linea di 160 km. di sviluppo, formata da capisaldi diíensivi descriventi un poligono. La città, che fino al principio del sec. XIX aveva mostrato una minima forza d'espansione, a partire dal 1850 s'estende con moto accelerato, congloba Montmartre, scala le colline di Belleville, supera le terrazze di Chaillot e di Passy e s'espande ormai in forma non più concentrica ma tentacolare, dato che le ferrovie e le tramvie permettono di ricercare i luoghi maggiormente adatti per le industrie.
Anche il corso della Senna con l'andare dei secoli ha subito modifieazioni profonde. Con Enrico IV l'Île aux Boeufs fu saldata alla punta occidentale della città; sotto Luigi XIV le isole basse e paludose di Notre-Dame e des Vaches furono riunite formando l'Île Saint-Louis che oggi presenta in parte rive artificiali e ha molti alberghi. Nel 1737-40 è stata prosciugata la palude verso la quale Parigi mandava i rifiuti, dove è ora Rue de la Victoire; mentre le paludi a occidente della riva destra furono disseccate alla fine del regno di Luigi XV (Piazza Luigi XV, Champs-Elysées, Faubourg Saint-Honoré). Sotto Napoleone I l'isola Louviers fu collegata alla riva destra. Col Secondo Impero un'isola artificiale, l'Île aux Cygnes, venne costruita tra Grenelle e Auteuil. Inoltre il suolo delle isole e delle rive è stato alzato per evitare le inondazioni e il letto del fiume, stretto e approfondito, limitato da potenti muraglioni (quais). Il canale principale è lungo ora nel tratto urbano 12.340 m. ed è superato da 38 ponti.
Entità dello sviluppo topografico. - Al tempo dell'imperatore Giuliano, Parigi abbracciava un'area di appena 65 ha.; sotto Carlo V ha già 805 ha. e passa poi da 946 ha. sotto Enrico IV a 1840 sotto Luigi XIV. Al tempo di Luigi XVI aumenta a 2770, sotto Napoleone III a 3402. Con l'aggregazione del Bois de Boulogne (1859), che era foresta demaniale, passa a 4275 ha., aumentati nello stesso anno a 7802 in seguito all'aggregazione della cinta fortificata, che fece incorporare i 4 comuni di La Villette, Belleville, Vaugirard, Grenelle e una parte dei comuni di Auteuil, Passy, Batignolles, Montmartre, La Chapelle, Charonne, Bercy. Nel 1925 sono stati poi aggregati i terreni di pertinenza militare d'Issy-les-Moulineaux in modo da passare a 8622 ha. e successivamente a 104,02 kmq. dopo l'aggregazione di tutto il Bois de Boulogne, del Bois de Vincennes e della zona militare. In questi limiti Parigi si estende da E. a O. per 12 km. e da N. a S. per 9 km. e occupa poco meno d'un quarto del dipartimento della Senna (487,7 kmq.). La città si suddivide in 20 arrondissements, ciascuno con un maire: I, Louvre; II, Bourse; III, Temple; IV, Hôtel de Ville; V, Panthéon; VI, Luxembourg; VII, Palais-Bourbon; VIII, Élysée; IX, Opéra; X, Enclos-Saint-Laurent; XI, Papincourt; XII Reuilly; XIII, Gobelins; XIV, Observatoire; XV, Vaugirard; XVI, Passy; XVII, BatignollesMonceau; XVIII, Butte-Montmartre; XIX, Buttes-Chaumont; XX, Ménilmontant. Ogni arrondissement si suddivide poi in quattro quartieri. L'amministrazione della città è devoluta al préfet de la Seine e al préfet de police, entrambi nominati dal governo, e dal Conseil municipal, di nomina elettiva.
Dati demografici. - Già nel Medioevo Parigi era una città importante, contando alla fine del sec. XIII, quando la sua università attirava studiosi da tutta l'Europa, 216 mila abitanti; altrettanti ne troviamo alla fine del sec. XVI, aumentati poi a 492 mila sotto Luigi XIV. Nel 1719 sono 509 mila, nel 1801 548 mila. Il milione viene raggiunto intorno al 1851 e per gli anni successivi si hanno i seguenti dati: 1870: 1.825.274 ab.; 1881: 2.245.000; 1900: 2.714.000; 1931: 2.891.000, pari a un quattordicesimo della popolazione francese. Nell'anteguerra l'aumento annuo era in media di 15-20 mila abitanti; più di recente si è verificata invece una leggiera diminuzione, specie nei dieci arrondissements del centro, compensata però dallo sviluppo della banlieue (dipartimento della Senna e zone vicine nei dipartimenti di Seine-et-Oise e Seine et-Marne, con una superficie complessiva di 1400 kmq.). Basterà ricordare che il comune di Asnières, che aveva solo 346 ab. nel 1801, era aumentato nel 1931 a 64.100 ab., che Saint-Denis passa nello stesso periodo da 3914 a 81 mila ab. e Saint-Maur da 558 a 57.600. Lo sviluppo dei sobborghi è stato ingente soprattutto a partire dal 1881. Dal 1876 al 1901, 30 dei 79 comuni del dipartimento della Senna hanno più che triplicato i loro abitanti; in questi ultimi anni l'aumento è stato sensibile soprattutto presso il meandro più occidentale della Senna e nei comuni di NE. L'agglomerazione parigina (comune di Parigi, dipartimento della Senna e zone contermini dei dipartimenti di Seine-et-Oise e Seine-et-Marne) conta ora 4.933.000 ab. (di cui oltre due milioni vimno nella banlieue in luogo di 84 mila come nel 1801), in modo che Parigi viene superata per popolazione soltanto da New York e da Londra. Come densità Parigi è invece di gran lunga al primo posto, avendo (nel comune) 36.800 ab. per kmq., mentre Londra ne ha solo 14.790 e New York 6252. La densità raggiunge valori altissimi nei quartieri industriali della riva destra, come in quello di Saint-Gervais, che ha ben 106.900 ab. per kmq. Migliori sono le condizioni nella banlieue, dove la densità media (escluso il comune di Parigi) è di 4600 ab. per kmq., in costante aumento per l'esodo dal centro, reso sempre più rapido per lo sviluppo di migliori mezzi di comunicazione. Il dipartimento della Senna ha una densità di 9663 ab., di molto superiore a quella della Grande Berlino (4353 ab. per kmq.).
L'accrescimento della città è per la massima parte dovuto all'immigrazione, sia di Francesi, sia di stranieri (che nel 1926 erano 293 mila), ai quali la Francia ha offerto larghissima ospitalità e non di rado posti elevati nella vita pubblica e letteraria (basterà ricordare Mazzarino, Necker, Masséna). I Francesi immigrati hanno spesso particolari professioni e abitano di preferenza alcuni quartieri; i Savoiardi sono in gran numero fumisti e spazzacamini, gli Alverniati mercanti di carbone e di vino, quelli del Limosino muratori, quelli della Corrèze autisti. Gli Alsaziani e i Lorenesi vivono di preferenza a N. e a NE.; i Bretoni a SO., i Còrsi al centro e a S. Tra gli stranieri sono al primo posto gl'Italiani (53.500); seguono Russi (35.000), Belgi (30.500), Polacchi (30.200). Caratteristico poi il fatto (connesso con la limitata natalità, che si aggira sui 16 per mille ogni anno) che Parigi è una città d'adulti, la classe d'età compresa fra i 20 e i 39 anni contenendo oltre il 40% della popolazione totale. Alto è poi il numero delle donne, che supera alquanto quello degli uomini.
Caratteristica del parigino è la tenacia e volontà, non disgiunta talora da un tal quale scetticismo rispetto alle persone e alle cose, una certa riservatezza, la parsimonia, la generosità, lo spirito d'iniziativa e una pronunciata passione per le cose politiche. La laboriosità della borghesia è uno dei fattori spesso trascurati ma non ultimi dello sviluppo di Parigi.
Aspetti della vita economica. - Capitale d'una grande potenza europea, che possiede un vasto impero coloniale, oltre ad essere sede d'innumerevoli uffici pubblici e privati e centro culturale di prim'ordine, frequentato da circa i due terzi degli studenti universitarî francesi (24 mila) e da molti stranieri (8 mila), Parigi è anche una grande città industriale, modernamente attrezzata, sede di manifatture molto varie, che dànno lavoro nell'agglomerazione parigina a un milione e un quarto d'operai. Fino alla metà del secolo XIX prevalevano le piccole industrie a domicilio, che impiegavano pochi operai specializzati, i quali avevano le loro botteghe nei quartieri del centro; poi con l'era del ferro e del carbone si è sviluppata la grande industria, specie nella banlieue. Quella metallurgica, che conta a Parigi 27 imprese con più di 500 operai, ha trovato posto soprattutto a N. e a NO. presso le linee ferroviarie e i canali navigabili, mentre a O. (Billancourt, Javel, Issy-les-Moulineaux, Clichy) si è sviluppata l'industria delle automobili e degli aeroplani. Importante è anche quella chimica (grassi, saponi, colori, concimi, acido solforico, prodotti farmaceutici, manifatture di caucciù), l'industria dei generi alimentari (raffinerie di zucchero; carni in conserva, cioccolato), le imprese di costruzione, le fabbriche di mobili (nel Faubourg Saint-Antoine), quelle del vestiario e abbigliamento (che dànno lavoro a 190 mila persone), le industrie tipografiche (50 mila addetti), quelle dei metalli preziosi e dei cosiddetti articles de Paris (fiori artificiali, ventagli, giocattoli, articoli per giocatori, ninnoli varî, ecc.).
Intensissimi sono il traffico e la circolazione urbana. Esistono infatti 187 mila automobili (i ogni 15 abitanti), numerose stazioni ferroviarie (create tra il 1840 e il 1849), che trasportano i viaggiatori (in media 285 mila ogni giorno) fino nel centro della città, un'estesa rete di linee sotterranee metropolitane (in forma abbreviata métro). Il traffico urbano è gestito da una società (Transports en commun de la région parísienne) che possiede 118 linee di tram (1100 km. di percorso) e 108 linee di autobus (600 km.), le quali percorrono ogni anno circa 150 milioni di km. e trasportano un miliardo di viaggiatori. Il métro (inaugurato nel 1900) costituisce ora una rete di 143 km., costruita spesso con grandi difficoltà tecniche, dovendo attraversare la Senna (5 gallerie sotto il letto del fiume) e incrociare con le altre linee di canalizzazione. È stata già predisposta una serie di lavori per estendere il métro ai dintorni di Parigi. Ora trasporta in media ogni anno 930 milioni di viaggiatori (1931). I treni, composti per lo più di 5 vetture (capaci di 540 posti), si succedono nelle linee principali a due minuti di distanza, sì da traversare la città (dalla Porta di Vincennes alla Porta Maillot) in circa mezz'ora. Il traffico è intenso specie tra le 7 e le 9 e tra e 18 e le 19, presso i nodi di Bastille, Maillot, Vincennes e alle stazioni di Saint-Lazare, Nord, Est, Lyon. Nel 1910 fu inaugurata anche una linea nord-sud, poi fusa con il métro. Il traffico urbano si vale inoltre d'una linea ferroviaria circolare di 35 km. (PetiteCeinture), con 29 stazioni lungo la linea e 8 in corrispondenza delle stazioni ferroviarie urbane, la quale fa il giro di Parigi all'interno delle fortificazioni e collega le diverse reti. Questa linea trasporta annualmente circa 10 milioni di persone. Si calcola poi che le linee ferroviarie trasportino a Parigi annualmente circa 7 milioni di tonnellate di merci e ne trasportino fuori circa 3 milioni. Il traffico si svolge anche sulla Senna che si può considerare, nel tratto parigino, come un porto continuo. Un bacino portuale (munito di magazzini e di granai) è stato creato nel quartiere della Villette; esso comunica a S. col canale Saint-Martin (m. 4530 in parte sotterraneo), a N. col canale Saint-Denis (m. 6750, approfondito fino a m. 3,20 nel 1892), entrambi in comunicazione con la Senna per mezzo di alcune chiuse e col più lungo canale dell'Ourcq (km. 107,9) che l'unisce al fiume Ourcq. I porti principali a monte di Parigi sono quelli di Bercy (vini), della Rapée (legno), di Saint-Bernard (farina), della Gare (petrolio), di Henry IV (materiali da costruzioni); a valle di Parigi Javel (per i rifiuti), Grenelle, Suffren, La Bourdonnais, Auteuil, Passy. Due nuovi porti si stanno costruendo a monte e a valle (Gennevilliers e Boneuil). Punti di concentrazione del traffico si trovano a Saint-Denis, Saint-Ouen, Aubervilliers, Pantin. Avendo la funzione di alimentare una zona dove l'industria è molto sviluppata, il movimento portuale presenta un forte squilibrio tra gli arrivi (circa il 70%) e le partenze (30%). Nel 1932 il traffico ha raggiunto i 15 milioni e mezzo di tonn. (1872: 2,8 milioni; 1924, 13 milioni); i bisogni sempre crescenti di Parigi hanno fatto notevolmente aumentare il traffico sulla Senna. Le merci più importanti sono il carbone e i materiali da costruzione, cioè merci di non grande valore, poi legno, petrolio, grano, vino, zucchero. La principale società di navigazione è la Compagnie générale de navigation Le Havre-Paris-Lyon-Marseille. Il fiume (i cui mercanti hanno dato nel sec. XIV il motto alla città: "Fluctuat nec mergitur") serviva un tempo anche al trasporto delle persone, ma poi la costruzione di mezzi più rapidi e di molti ponti hanno fatto diminuire l'importanza di questo traffico.
Parigi è inoltre un centro importante per la navigazione aerea, e mantiene servizi regolari con Bordeaux, Madrid, Costantinopoli, Londra, Marsiglia, Amsterdam, Berlino. Nel 1932 partirono e arrivarono 9285 aeroplani, trasportando 64 mila passeggeri, un milione e mezzo di chilogrammi di merci e 31 mila kg. di posta. L'aeroporto si trova a Le Bourget, a N. della città.
Il commercio dà lavoro a Parigi a moltissime persone: caratteristico è il fatto che molti rami commerciali si sono concentrati di preferenza in qualche quartiere. Così i principali antiquarî sono a Rue La Boétie, Rue Laffitte, Rue des Saints-Pères, le confezioni a Rue de Rivoli, i mobili a Boulevard Magenta, i tessuti a Rue du Sentier e presso Saint-Denis, le porcellane a Rue de Paradis, i libri al Boulevard Saint-Germain, le automobili ai Champs-Èlysées, il commercio di lusso presso l'Opéra, Place Vendôme, Rue Royale, i diamanti a Rue Lafayette, i giornali a Rue du Croissant, i battiloro a Porte Saint-Martin. Il mercato di grano più importante è alla Bourse de Commerce (Rue du Louvre), quello di bestiame a La Villette, in vicinanza dei mattatoi. I generi alimentari hanno il loro quartiere presso le Halles, spaziose, alte, diritte, quasi eleganti nella loro solida costruzione di ferro, che accoglie giorno e notte migliaia di furgoni carichi di vettovaglie. Lo sviluppo delle comunicazioni e l'aumento degli abitanti ha sempre più allargato il cerchio delle località che contribuiscono ad alimentare la città, la quale riceve annualmente per ferrovia 53.000 tonn. di grano, 59 mila tonn. di farina, 289 mila tonn. di patate, 335 milioni di litri di latte (da località sempre più lontane, verso N. fino ad Amiens, verso NO. fino a Rouen), 10 mila tonn. di burro (di cui 4700 dalla Charente e 3500 dalla Normandia e Bretagna), 21 mila tonn. di formaggio, 12 mila di uova, 32 mila di pesce, 145 mila di frutta e legumi (di cui circa un sesto dall'estero, non esclusa l'Italia). Tipica delle cantine di Parigi è la coltura d'un fungo mangereccio, l'Agaricus campestris. Servono poi ad alimentare la città 307 mila capi di bestiame grosso, 190 mila vitelli, 980 mila montoni, 281 mila maiali, 19 mila tonn. di volatili. Occorre anche ricordare che Parigi è sede di molte case commerciali che trattano affari fuori di Parigi e che dal 1920 è stata inaugurata la Fiera di Parigi, che si svolge al principio di maggio all'Esplanade des Invalides. Né va trascurato il fatto che Parigi è meta d'una quantità innumerevole di stranieri che vi trovano godimento artistico e intellettuale, e meta soprattutto di Francesi, attirati dal fascino della città ricca e fastosa. Quartiere d'artisti è quello di Montmartre, dove sono pure molti luoghi di divertimento per forestieri, continuatori di quel Cabaret du Chat-Noir, fondato nel 1884 da R. Salis.
Gli acquedotti principali di Parigi sono quelli della Dhuis (Aisne, inaugurato nel 1865, lungo 114 km.) e della Vanne (costruito nel 1868-74, lungo 173 km.), entrambi ideati sotto il Secondo Impero dall'ingegnere Belgrand, poi quello dell'Avre (Eure, costruito nel 1893, lungo 120 chilometri), di Loing e Lunain (73 km.) e della Voulzie (costruito nel 1925). Si utilizza pure, sterilizzandola presso le officine d'Ivry e di Saint-Maur, l'acqua della Senna e della Marna e si cerca di trarre profitto dell'acqua dei pozzi artesiani perforati fino a 800 m.; dato però che si hanno a disposizione soltanto 450 milioni di mc. ogni anno si pensa di costruire un nuovo acquedotto che porti a Parigi acque del bacino della Loira. L'acqua (non potabile) che serve per fini industriali o per lavare le strade è condotta da località diverse con una canalizzazione apposita. Dopo l'uso tutte queste acque sono poi scaricate (con una rete di collettori di 1728 km.) molto a valle di Parigi; un'officina posta presso Clichy toglie alle acque le materie solide e quindi esse vengono condotte presso Asnières e nelle vicinanze di Saint-Denis dove servono a fertilizzare una cinquantina di chilometri quadrati di terreno.
Il centro e i quartieri. - Parigi offre una grande disparità rionale e la Senna forma tuttora una linea che divide la città in due parti distinte (Rive Droite e Rive Gauche). Difficile è definire quali siano le caratteristiche principali di Parigi, dato che esse risultano da piccoli e grandi fatti che nell'insieme costituiscono il fascino e la bellezza della città. Qua sono palazzi grandiosi come il Louvre, che accoglie capolavori d'ogni popolo e d'ogni tempo, là negozî di gusto raffinato e perfetto come quelli di Rue de la Paix, Avenue de l'Opéra, Rue Royale; qua le belle prospettive offerte dai ponti o dai quais, dove espongono i loro libri usati innumerevoli venditori (bouquinistes), là gli enormi magazzini a prezzo fisso; e poi l'animazione stessa delle strade del centro, piene di traffico.
L'isola (Cité), che è ora il centro giudiziario del paese, sede com'è del Palais de Justice (sul posto dell'antico Palazzo reale), vede sorgere sulle sue rive anche la chiesa cattedrale (Notre-Dame) e la Sainte-Chapelle, ma non ha invece le funzioni di centro del commercio, dato che possiede solo qualche bottega d'orefice e un mercato di fiori. Nel sec. XVI e XVII vi era invece una certa attività industriale e i ponti che vi mettevano capo erano forniti di botteghe, ma dopo che fu costruito il Pont-Neuf (1606) essa perdette il monopolio del passaggio e il centro cominciò a spostarsi verso NO. Essa ha preso la fisionomia attuale sotto il Secondo Impero; gli abitanti, che erano ancora 15.400 nel 1795, sono diminuiti a 4299 nel 1921.
Sulla riva sinistra, nel Quartiere Latino, si raccolgono i centri principali di studio, la Sorbona, il Collège de France, l'École polytechnique, l'École normale superieure e altri istituti universitarî, posti presso la Montagne Sainte-Geneviève, coperta un tempo da povere costruzioni e strade strette, più tardi allargate, mentre nei quartieri vicini (dell'Odéon, della Monnaie, di Saint-Germain-des-Prés) sono molti stampatori, rilegatori, fotografi e altri che esercitano attività connesse col mondo culturale. Da questa parte della Senna vi è pure il Palazzo del Lussemburgo, che è la sede del Senato (mentre invece la Camera risiede nel palazzo Borbone), il Panthéon, l'Hotel des Invalides con la Scuola militare, il Jardin des plantes.
Sulla riva destra tra la Senna e i Grands Boulevards, larghi in media 30 m. e lunghi 4300, che vanno dalla Piazza della Bastiglia (a oriente) alla chiesa della Madeleine (a occidente) e limitano una vasta zona semicircolare che comprende 4 arrondissements (Boulevard Beaumarchais, Filles-du-Calvaire, Temple, Saint-Martin, Saint-Denis, Bonne-Nouvelle, Boulevard des Italiens, des Capucines, Madeleine), si trova il nucleo più splendido di Parigi, pieno di uffici, negozî, alberghi, monumenti, industrie di lusso. Ivi pulsa la vita commerciale della città, specie nel tratto che va dalla Tour Saint-Jacques de la Boucherie e dalle Halles fino alla Borsa da una parte e dall'altra fino alla Bastiglia. La linea dei Boulevards è pure molto frequentata e piena di magazzini, ricchi e lussuosi specialmente nelle vicinanze della chiesa della Madeleine. Questa zona confina col quartiere dell'Europa dove sono molti ricchi negozî con case e ville di benestanti. Lo stesso si dica del quartiere dei Champs-Élysées, del Faubourg du Roule (VIII arrondissement) e della zona Passy-Auteuil. Il quartiere dei Marais (tra la Piazza della Bastiglia e il Boulevard di Sebastopoli) era caratteristico un tempo per i molti alberghi e per l'attività industriale (piccole officine), mentre ora è abitato dalla ricca borghesia. Le principali vie della zona vicine alla Senna, come Rue de Rivoli, sono state allargate nel periodo 1853-70; Rue de Rivoli e l'Avenue de l'Opéra mettono capo alla Place du Palais-Royal, che si può considerare il vero centro di Parigi.
Al di là dei boulevards si trovano quartieri più densamente popolati, come quello della Chaussée d'Antin, pieno di banche e di società commerciali, il Faubourg Montmartre (con molti alberghi) e quello di Rochechouart (impiegati di medie condizioni, piccoli commercianti). Punti d'attrazione sono le grandi stazioni ferroviarie: Saint-Lazare, Nord, Est, Vincennes, Lyon, Montparnasse. Quartieri poveri, abitati da operai, sono quelli di Grenelle, Javel, Saint-Lambert, Plaisance e vie lunghe, tetre, con case alte si trovano presso La Villette, Belleville, Charonne. Alla periferia si fa poi sempre maggiore l'attività industriale, che si ricollega con gli stabilimenti posti fuori del comune di Parigi, nel dipartimento della Senna o in quelli contermini. Anche gli orti e i giardini si fanno più frequenti. Una linea ininterrotta di boulevards, che portano i nomi dei più celebri generali del Primo Impero, corre all'interno delle fortificazioni e circonda tutta la città, la quale viene inoltre attraversata da due arterie centrali, la prima da ESE. a ONO. tra Porta di Vincennes e Porta Maillot, la seconda da NNE. a SSO. tra Porta della Villette e Porta d'Orléans. Per altre caratteristiche della banlieue parigina, v. senna, dipartimento della.
Fortificazioni. - Nel tracciare le vicende dello sviluppo urbano di Parigi si è già fatto cenno delle successive cinte fortificate della città, da quella di Filippo Augusto, fino a quella fatta costruire dal Thiers nel 1841-45. Quest'ultima, eretta dal generale Dode de La Brunerie, consisteva in una cinta bastionata e in 16 opere staccate, distanti da 1800 a 5000 m. dalla cinta stessa, a intervalli variabili fra loro da 1200 a 1500 m. secondo le condizioni del terreno; faceva eccezione il forte del Mont Valérien, situato a distanza notevolmente superiore in posizione dominante e protetta dalla Senna nel tratto da Issy a Saint-Denis. La cinta, dello sviluppo di 33 km., consisteva in 94 bastioni (67 sulla riva destra della Senna e 27 su quella sinistra), con relativo fossato, largo 11 m. e profondo 6, senza altre opere addizionali, a eccezione d'una strada coperta. Le opere staccate, disposte su un poligono di 55 km. di perimetro, erano costituite a fronte bastionato, con un rivellino al fronte di gola e sprovviste, come la cinta, di traverse e di locali alla prova. Di queste opere, 10 si trovavano sulla riva destra della Senna (forte di Charenton, con le ridotte di Gravelle e della Faisanderie, alla confluenza della Marna con la Senna; forte Nogent, con la ridotta di Fontenay; forte di Vincennes; forte di Rosny, con la ridotta della Boissière; forte e ridotta di Noisy; forte di Romainville, con la ridotta di Pantin; forti d'Aubervilliers, dell'Est, la doppia corona del nord e il forte della Briche) e sei su quella sinistra (forte del M. Valérien, in una bellissima posizione dominante l'ansa di Gennevilliers; forti d'Issy, di Vanves, di Montrouge, di Bicêtre, e infine il forte d'Ivry, poco distante dalla riva sinistra dalla Senna e collegato con il forte di Charenton).
Intorno alla città, ma all'interno della cinta, in seguito fu costruita una ferrovia di collegamento, detta poi la "Petite-Ceinture", per distinguerla dall'altra costruita dopo il 1870.
Così fortificata, Parigi era certamente una delle più munite piazzeforti del periodo che precedette l'invenzione delle artiglierie rigate. Ma, con i progressi della tecnica artiglieresca essa rimase arretrata, e fece cattiva prova nel 1870. Dopo quella guerra, i Francesi decisero di accrescere le difese della loro capitale. Le opere aggiunte a partire dal 1871 diedero alla piazzaforte la forma d'un vasto campo trincerato a tre gruppi di opere staccate, rispetto ai quali i forti eretti nel 1842 vennero a costituire la parte arretrata. I settori cui corrisposero questi gruppi di opere, o campi trincerati, erano determinati: a nord-est dalla grande pianura che si estende fra Gonesse, Aubervilliers e Mitry, in parte inondabile con le acque del Croud e della Morée; a sud-est, dalla pianura compresa fra Villeneuve, Villejuif, Sceaux e Champlan, percorsa dalla Senna (tronco a monte di Parigi) e dalla Bièvre, suo affluente; a nord-ovest, dal corso tortuoso della Senna a valle di Parigi, fra l'altipiano di Cormeille e quello di Marly (a Saint-Germain). I tre gruppi di opere staccate risultarono così situati: a nord, il campo trincerato detto di Saint-Denis; a nord-est, il campo trincerato o lo sbarramento, compreso fra Vaujours e Villeneuve; a sud-ovest il campo trincerato di Versailles. Il campo trincerato del nord era destinato a rinforzare i punti più deboli e più esposti dalle antiche fortificazioni e a mettere Saint-Denis al coperto da un bombardamento. Il campo trincerato o sbarramento nord-est, era costituito dall'insieme delle fortificazioni poste sul gruppo di colline di Livry, di Vaujours, Montfermeil e Chelles, a destra della Marna, e sugli altipiani di Villiers e Champigny fra la Marna e la Senna. Il campo di sud-ovest si estendeva dagli altipiani di Palaiseau, Verrières e Chaillon sulla Bièvre fino a Saint-Germain sulla Senna. Le opere, a seconda delle disposizioni topografiche del terreno, occupato o battuto, si potevano riunire in tre gruppi: il primo sull'altipiano della Bièvre, il secondo sulla posizione di Verrières e sull'altipiano di Chatillon, il terzo sull'altipiano di Marly. Altre opere avanzate dovevano essere dislocate presso Saint-Jamme, Aigremont, sull'altipiano di Bas-Breteuil e sulle alture di Hautie confluente dell'Oise. Per facilitare i movimenti di truppe e stabilire rapide comunicazioni fra le differenti posizioni, fu costruita, dietro la linea delle nuove opere, una strada ferrata di collegamento detta la "Grande-Ceinture". Con lo sviluppo conferito alle fortificazioni di Parigi, sembrava a taluni che la vecchia cinta continua non fosse più necessaria per la difesa della piazza; perciò si proponeva di demolirla, tanto più che essa impediva l'estendersi della città; ma le autorità militari furono sempre restie ad aderirvi. All'atto della mobilitazione del 1914 esisteva un piano di difesa che considerava, altresì, la costruzione di batterie occasionali negl'intervalli, di trinceramenti, di ostacoli, ecc., in misura notevolissima, e il generale Hirschauer, nominato comandante del Genio del campo trincerato di Parigi, dovette superare non poche difficoltà sia nell'organizzazione dei lavori, sia nella provvista dei materiali e macchinarî di costruzione, sia nei riguardi della mano d'opera e dei mezzi di trasporto occorrenti. Dopo la vittoria della Marna l'organizzazione difensiva fu ultimata e fu ricostituito il parco del genio.
Il campo trincerato di Parigi non ebbe occasione di sparare neppure un colpo di cannone; nondimeno ebbe la sua funzione strategica importantissima allorché costituì l'appoggio dell'ala sinistra dell'esercito francese ritiratosi dietro la Marna. e il perno di manovra della controffensiva diretta contro il fianco occidentale delle armate tedesche (v. guerra mondiale).
Bibl.: J. G. Kohl, Die geographische Lage der Hauptstädte Europas, Lipsia 1874, pp. 133-62; Atlas des anciens plans de Paris, Parigi 1877-80; P. Dupuy, Le sol et la croissance de Paris, in Annales de géographie, IX (1900), pp. 340-58; G. Riat, Paris, Parigi 1907; M. Poète, L'enfance de Paris. Formation et croissance de la ville des origines jusqu'au temps de Philippe Auguste, ivi 1908; Ch. Duplomb, Histoire générale des ports de Paris, ivi 1911; E. Clouzot, Les inondations à Paris du VIe au XXe siècle, in La géographie, 15 febbraio 1911; A. Niceforo, Parigi. Una città rinnovata, Torino 1911; G. Lenôtre, Le vieux Paris, voll. 3, Parigi 1913-14; P. Köppelin, Le bassin parisien, ivi 1914; G. Lemarchand, Le port de Paris et ses affluents commerciaux, ivi 1916; E. Colin, Le port de Paris, ivi 1920; L. Gallois, The origin and grown of Paris, in Geogr. Review, XIII (1923), pp. 345-67; G. Caraci, A proposito dell'origine e dello sviluppo di Parigi, in Rivista geografica italiana, 1924, pp. 188-95; R. Michels, Caratteristiche parigine, in Nuova Antologia, 16 novembre 1924; G. Hanotaux, La "Parisis" cellule originaire de l'unité franåaise, in Revue hebdomadaire, 28 giugno 1924, pp. 387-401; A. Dauzat-F. Bournon, Paris et ses environs, Parigi 1925; M. Poète, Une vie de cité: Paris de sa naissance à nos jours, ivi 1925; id., Comment s'est formé Paris, ivi 1925; J. Brunhes e P. Beffontaines, Géographie humaine de la France, II, pp. 1-50, ivi 1926; P. Le Conte, La situation géographique de Paris, in Bulletin de la Société royale de géographie d'Anvers, XLVIII (1928), pp. 42-61, 177-202; A. Guérard, L'avenir de Paris, Parigi 1929; L. Hourticq, Paris vu du ciel, ivi 1930; M. Foncin, La Cité, in Annales de géographie, XL (1931), pp. 479-503; A. Demangeon, Paris, la ville et sa naissance, Parigi 1934. Cfr. anche l'articolo Paris nel Dictionnaire géographique et administratif de la France di P. Joanne, V; e quello (con ampia bibliografia) dedicato a Parigi nel Nouveau dictionnaire de géographie universelle di L. Vivien de Saint-Martin.
Storia.
La città dei Parisii, Lutezia, è ricordata la prima volta da Cesare nel De Bello Gallico: nel 53 a. C. (VI, 3, 4) egli vi riunì l'assemblea generale della Gallia; nel 52 (VII, 57 e 58) il suo luogotenente Labieno vi sconfisse l'esercito di Camulogeno. Lutezia era già un'importante località di transito dalla Celtica alla Belgica, e un centro di piccola navigazione fluviale. La città occupava soltanto l'isola della Cité. Nel sec. I d. C., la Parigi gallo-romana si estese sulla riva sinistra, ricoprendo l'altura di Sainte-Geneviève. La pianta della nuova città venne tracciata secondo i principî romani, con l'incrocio del decumanus e del cardo. L'asse nord-sud, che formava il cardo maximus, era costituito dalla strada d'Orléans, il cui tracciato corrisponde all'attuale Rue Saint-Jacques; l'asse est-ovest si rintraccia in diversi punti, segnatamente nella Rue des Écoles e in quella Cujas. Il tracciato regolare a quadrilatero dovette essere alquanto alterato dall'esistenza di strade più antiche che univano Lutezia al rimanente della regione e che dovettero essere conservate.
Alla fine del sec. III il cesare Costanzo Cloro, il quale aveva la prefettura delle Gallie (Gallia, Spagna, Britannia), si fece costruire un palazzo nella città (il futuro palazzo dei re franchi e nucleo dell'attuale Palazzo di giustizia), nel quale Giuliano l'Apostata ebbe residenza nel 358, dopo che esso era stato ricostruito e ampliato. Egli non si stanca di celebrare nelle sue opere, specialmente nel Misopogon, il sito e il clima di Lutezia. Il palazzo imperiale ospitò anche per qualche tempo Valentiniano I e Graziano. Ma se, grazie a queste circostanze, Lutezia apparve sotto un certo punto di vista quasi una capitale, essa rimase tuttavia incorporata nella provincia Lugdunense IV, la cui capitale era Sens; e poiché la ripartizione ecclesiastica della Francia si è modellata su quella dell'amministrazione romana, la diocesi di Parigi rimase suffraganea di quella dì Sens fino al 1622, anno in cui fu istituito l'arcivescovato di Parigi. A quel tempo Lutezia non contava più di 10 o 12 mila abitanti, e la sua popolazione diminuì ancora maggiormente nel secolo V durante le invasioni barbariche, nonostante la cinta fortificata eretta per difenderla da esse. Alla stessa epoca sembra affermarsi decisamente il sopravvento della denominazione attuale della città sopra quella di Lutezia, dapprima sotto la forma di civitas (o urbs) Parisiorum, poi sotto quella più semplice di Parisii o Parisiis (locativo indeclinabile). Un poco prima, nel sec. III (non nel I come è stato spesso affermato), comincia la penetrazione del cristianesimo a Parigi, consacrata dall'esecuzione dei martiri su una collina della riva destra, che da essi ha preso il nome di Montmartre (Mons Martyrum), e che si sviluppò grazie alla protezione accordata al nuovo culto da Costanzo Cloro, padre di Costantino. Nel 360 si tenne a Parigi un concilio che fece prevalere nelle Gallie l'autorità di Ilario di Poitiers, l'avversario dell'arianesimo. Una leggenda, assai dubbia peraltro, fa di San Dionigi il fondatore della diocesi; ma il grande evangelizzatore di Parigi sembra essere stato San Marcello, vescovo dal 410 al 436. Nel sec. V la comunità parigina riceve lustro da Santa Genoveffa (nata verso il 419, morta verso il 502), che nel 452 protesse Parigi contro gli Unni. A quel tempo Parigi faceva parte del regno "romano" di Egidio, poi di Siagrio, e non è impossibile che l'ostinazione con la quale i Parigini resistettero ai tentativi dei re franchi, sia stata alimentata dai consigli di Santa Genoveffa, in lotta contro il paganesimo. Comunque sia, soltanto dopo che fu consacrato a Reims (497), Clodoveo poté penetrare nella città, la quale, secondo Gregorio di Tours, divenne la capitale del suo regno.
A Parigi risiedettero Chidelberto, Clotario, e Clodomiro. Ma nel 567, alla morte di Cariberto, re di Parigi dal 561, i tre fratelli superstiti, Chilperico, Gontrano e Sigeberto, ritenendo che il possesso esclusivo della città avrebbe conferito troppa potenza a colui che ne avesse goduto, decisero di lasciarla indivisa, senza che alcuno degli aventi diritto avesse facoltà di penetrarvi tranne che col consenso degli altri. Ma lo splendore dato a Parigi dalla protezione dei primi re franchi venne meno con la decadenza tlgi Merovingi, l'abbassamento generale della civiltà, il trasferimento ai maestri di palazzo dell'attività di governo nelle città. Pipino il Breve non abbandonò interamente Parigi, ma Carlomagno risiedette quasi esclusivamente nei dominî del fisco imperiale e ad Aquisgrana, e parimenti Ludovico il Pio; Carlo il Calvo non visitò la regione parigina che per motivo della sua devozione a San Dionigi. Parigi era allora governata da un conte, la cui autorità, colà come altrove, si trasformò gradatamente da potere delegato a signoria feudale. Verso l'880 l'antica Lutezia non è più se non la capitale d'una contea, essa stessa, a sua volta, parte del ducato di Francia o della Transequania, cioè del nucleo del regno che fu ricostituito dai Robertini. Infatti Odo, divenuto conte di Parigi alla morte di suo padre Roberto il Forte (866), difese la città contro i Normanni i quali già negli anni 845, 856, 861 avevano tentato di prendere la città. Nel novembre 885 essi incontrarono non già la resistenza del re (che era allora Carlo il Grosso), ma quella del conte, assistito dal vescovo Gosselino e da Ebles abate di Saint-Germain; i sobborghi furono abbandonati dai loro abitanti, i quali entrarono nella Cité sull'isola partecipando alla sua difesa, e mentre Carlo il Grosso, sopraggiunto con un esercito, non seppe far altro che entrare in trattative con i barbari, la città resistette con tale ostinazione che, deposto il Carolingio, Odo fu incoronato re il 12 gennaio 888. Parigi fu dunque, per così dire, l'occasione della caduta dei Carolingi e dell'avvento dei Robertini. Nelle lotte svoltesi tra questi e quelli, i Carolingi parvero considerare come loro capitale Laon, e se non è possibile affermare che Parigi sia stata quella dei loro avversarî, essendo questa funzione, a quanto sembra, esercitata piuttosto da Orléans, tuttavia dopo la caduta di Laon, divenvta luogo di rifugio di Carlo di Lorena, Roberto il Pio, figlio di Ugo Capeto, ricostruì nella Cité il palazzo dei governatori romani, che i principi della prima dinastia avevano abitato. D'altra parte i sobborghi sulle due rive della Senna si riformarono prontamente, specialmente dopo il 911, data del trattato che sembra porre fine alle invasioni normanne; nel 978, quando l'imperatore Ottone II venne a rispondere all'insolenza del re Lotario, non oltrepassò la collina di Montmartre e Roberto il Pio cinse con un baluardo i sobborghi della città.
All'interno di questa si andarono moltiplicando parrocchie e conventi: notevole, sotto Enrico I, la fondazione del priorato cluniacense di Saint-Martin-des-Champs. A questo modo vengono a essere indicati, per via indiretta, l'aumento di popolazione e, come conseguenza, quello dell'attività economica di Parigi, le cui vie d'accesso vennero dall'energia di Luigi VI liberate dai briganti che le infestavano e dove le corporazioni si organizzavano sotto il controllo e la protezione del re. Altra conseguenza è l'affermarsi di Parigi come centro di cultura, con la scuola di Notre-Dame, quelle delle due abbazie di Sainte-Geneviève, di Saint-Germain-des-Prés, del monastero del canonico di Saint-Victor. fondato nel 1115. L'amministrazione della città, infeudata al tempo di Ugo Capeto al conte di Vendôme, Bucardo il Venerabile, si sviluppò a spese dell'autorità episcopale e prese consistenza con l'istituzione di un prevosto. Al principio del sec. XIII, sotto Filippo Augusto, Parigi assume effettivamente aspetto di capitale.
Parigi, residenza del re, non poteva naturalmente essere trascinata nel movimento comunale. Non già che la borghesia vi fosse debole; essa era anzi organizzata in sei corporazioni (drappieri, speziali, merciai, pellai, berrettai, orefici) che costituivano i "mercanti dell'acqua", in ricordo degli antichi nautae, e comprendevano in sé tutti i mestieri, avendo a capo il prevosto dei mercanti, eletto da questi, assistito da quattro scabini e da 26 consiglieri, il quale esercitava funzioni in parte corporative in parte municipali: questa duplice attività si svolgeva nei locali dell'Hôtel de la Marchandise, non lungi dal Grand-Châtelet; e in quelli del Parloir aux bourgeois, sulla Montagne Sainte-Geneviève. Ma il re agiva in città con l'intermediario del prevosto di Parigi, stabilito al Grand-Châtelet, che più tardi, nel sec. XVII, era assistito da un luogotenente civile, da un luogotenente di polizia e da due luogotenenti criminali. La giurisdizione reale era in misura ristretta, limitata o ostacolata da diverse giurisdizioni ecclesiastiche, scomparse soltanto nel sec. XVII, quando l'editto del 1674 le riunì allo Châtelet.
Divenuta capitale del regno, Parigi divenne anche naturalmente sede delle istituzioni centrali della monarchia e dei corpi amministrativi i cui poteri si esercitavano per le circoscrizioni territoriali di cui la città era il centro: tali il parlamento, la Corte dei conti, la Cour des Aides, la Cour des monnaies. Parigi ebbe anche una delle università più celebri del Medioevo sorta dalle scuole ecclesiastiche e riconosciuta di fatto, se non col nome che ebbe poi, da Filippo Augusto nel 1200. Intorno all'università, per facilitare l'esistenza degli studenti, sorsero nei secoli XIII e XIV un gran numero di collegi (Sorbona, Harcourt, Cluny-Navarre, Cardinal Lemoine, Val-des-Èoliers, Montaigne, ecc.). I corsi si tenevano in varî locali sparsi nelle vie poste tra la Senna e l'attuale Collège de France. Gl'insegnamenti spesso audaci, la turbolenza giovanile della studentesca procurarono più d'una volta gravi difficoltà, specialmente sotto San Luigi; ma non ne restò offuscata la fama che l'università conferiva a Parigi.
Grazie a tutte queste circostanze, i borghesi di Parigi potevano manifestare alla monarchia capetingia maggiori sentimenti di fedeltà di quanto potesse risentire e fare l'intera nazione francese, ancora in via di costituzione. A dieci borghesi di Parigi Filippo Augusto, partendo per la crociata nel 1190, affidò la custodia del proprio tesoro. Nel 1214 le milizie parigine parteciparono alla vittoria di Bouvines, e quando i prigionieri ivi catturati giunsero a Parigi, la popolazione manifestò il suo giubilo con grida e con canti, con luminarie e con pavesi alle finestre delle case.
Luigi IX non fu meno del nonno favorevole a Parigi. In questa città fu firmato, il 12 aprile 1229, il trattato con cui ebbe fine la guerra contro il conte di Tolosa. D'altra parte al ritorno dalla settima crociata, per mettere fine agli abusi constatati nella giustizia del prevosto, egli nominò prevosto di Parigi Étienne Boileau, uomo di nota integrità. Si devono a San Luigi la ricostruzione del "Palais" nella Cité, l'erezione della Sainte-Chapelle, dove fu custodita una spina della corona di Cristo, quella dell'ospedale dei ciechi deao dei Quinze-Vingts e delle chiese dei francescani (cordiglieri) e dei domenicani (giacobini).
Sotto Filippo il Bello, nell'aprile del 1302, furono tenuti i primi Stati Generali propriamente detti: era un'abile misura quella di ricorrere all'opinione pubblica durante la lotta del re contro Bonifacio VIII; ma questa stessa opinione si manifestò brutalmente con sommosse violente quando il re prese i suoi funesti provvedimenti monetarî, mentre invece accettò senza proteste la persecuzione contro gli Ebrei e i Templari. I borghesi di Parigi furono nuovamente consultati nel 1314, poi nel 1316 e nel 1317 a proposito dell'applicazione della legge salica alla successione al trono. Ma nella consultazione del 1321 l'atteggiamento di Parigi fu tale, che si pensò da parte dei familiari del re indignato di trasferire a Orléans la sede del regno.
Dal 1328 al 1515, epoca del regno dei Valois, la storia di Parigi assume decisamente un carattere diverso. I molteplici errori commessi dal secondo dei Valois, Giovanni il Buono, determinarono infatti, otto anni dopo la grande epidemia di peste (1348), un vero tentativo di rivoluzione municipale, anzi addirittura nazionale, che s'impersona nel nome di Étienne Marcel. Gl'inizî di questo tentativo sono dati dalla riunione di Parigi del 17 ottobre 1356, dalla sessione del febbraio 1357, dalle trattative col delfino Carlo di Normandia e col re di Navarra Carlo il Malo, per giungere alla "jacquerie", all'assassinio di Étienne Marcel alla porta Saint-Antoine il 31 luglio 1358, per mano di Jean Moillart, e finalmente al ristabilimento dell'autorità regia nella città. Durante la dittatura di Étienne Marcel Parigi aveva assunto l'aspetto di un comune indipendente, fornito perfino dal suo centro municipale, la "maison des Piliers", nucleo del futuro Hôtel de Ville, la quale fu demolita soltanto nel 1593. Con Carlo V la monarchia riprese i suoi diritti. In quest'epoca di trasformazione e di amministrazione della città (1367-1381) il re fu assistito dal prevosto reale Hugues Aubriot la cui larga tolleranza concesse agli Ebrei, poc'anzi così duramente perseguitati, una protezione che sotto il successore di Carlo V gli fu ingiustamente rinfacciata.
Con Carlo VI comincia per Parigi un periodo di grave crisi. Fin dal 1382, come reazione alle misure fiscali prese dagli zii del re minorenne, scoppiò l'insurrezione dei "maillotins" (così detti dalle mazze di ferro di cui erano armati), in relazione con la rivolta dei comuni della Fiandra, rivelando quale fosse lo stato d'animo dei Parigini. Domata la rivolta parigina soltanto dopo la fine di quella fiamminga, Carlo VI rientrò a Parigi come in una città espugnata, dopo averne fatto abbattere le porte, e fece giustiziare i capi, insieme con alcuni innocenti, tra cui l'avvocato generale al parlamento, Desmarets; le nuove imposte furono per vero abolite, ma Parigi dovette pagare un'ammenda il cui importo superava di non poco il gettito annuo di quelle imposte, e inoltre perdette le proprie libertà municipali.
Più tardi, dopo l'assassinio del fratello del re, il duca Luigi d'Orléans, avvenuto nella Rue Barbette il 23 novembre 1407, Parigi fu implicata nella vasta guerra civile tra Armagnacchi e Borgognoni: Giovanni Senzapaura, che aveva a Parigi numerosi partigiani, specialmente nella corporazione dei beccai, vi s'insediò da padrone nel 1408, nominando prevosto Pierre des Essarts, e, malgrado moltepici trattative col partito avversario, il suo principale agente della capitale, Simon Le Coustellier detto Caboche, vi esercitò i pieni poteri, dominando gli Stati Generali del gennaio-febbraio 1413, organizzando una vera insurrezione contro il delfino, facendo promulgare il 25 maggio 1413, la "grande ordonnance cabochienne". Ma l'alta borghesia, appoggiata dalla corporazione dei carpentieri, finì col reagire contro Caboche e le sue bande, costringendolo alla fuga: la sua ordinanza fu abolita, e gli Armagnacchi, ormai padroni di Parigi, vi compirono una repressione sanguinosa, dopo la battaglia di Azincourt (1415). Conseguenza di ciò fu una congiura che aprì ai Borgognoni la via del ritorno: nella notte dal 28 al 29 maggio 1418 la porta di Buci fu loro aperta da un certo Perinet Leclerc, e ne seguì una serie di massacri, specie nelle prigioni, per opera degli aguzzini del boia Capeluche (12 giugno 1418). Costui fu fatto giustiziare da Giovanni Senzapaura, il quale ristabilì severamente l'ordine nella città. Ma Parigi fu l'anno stesso decimata da una fiera epidemia, e, nei due anni seguenti, dalla carestia.
Nel 1420 Enrico V d'Inghilterra fece il suo ingresso a Parigi in seguito al trattato di Troyes, che gli consegnava il regno. In città si costituì un partito inglese con l'appoggio del reggente inglese Giovanni, duca di Bedford, partito sostenuto dall'università. Nel frattempo Carlo VI moriva oscuramente nell'Hôtel Saint-Pol. Ma la durezza del regime inglese non solo fu causa del formarsi di congiure in città, ma attrasse alla causa di Carlo VII perfino qualcuno degli amici del duca di Borgogna. Giovanna d'Arco aveva del resto compreso l'importanza del possesso di Parigi per attuare i suoi grandi disegni, e tentò pertanto, dopo l'incoronazione del re a Reims, d'impadronirsi della città; ma fu respinta alla porta Saint-Honoré l'8 settembre 1429, dopo essere rimasta ferita. La sua condanna, avvenuta in parte per opera dei dottori dell'università e l'incoronazione di Enrico VI figlio di Enrico V re d'Inghilterra e re nominale di Francia, a Notre-Dame (novembre 1431), in presenza dei sei grandi corpi ufficialmente costituiti, parvero segnare il fallimento definitivo di questo programma. Ma esso divenne realtà non appena Carlo VII si decise ad agire con energia. Il 13 aprile 1436 il contestabile Arturo di Richemont entrava a Parigi e gl'Inglesi, al comando di Willougby, dopo essersi dapprima rifugiati alla Bastiglia, abbandonarono la città: il re di Francia non vi fece il suo ingresso che il 12 novembre 1437. Carlo VII risiedette per lo più al castello des Tourelles, più di rado nel vicino Hôtel Saint-Pol, quasi mai al Louvre. In complesso egli stette poco a Parigi, e come lui fecero gli ultimi Valois. Ma almeno sotto di lui Parigi, che era stata spopolata dalle guerre, dalle carestie e dalle epidemie, cominciò a risollevarsi.
Da Luigi XI a Enrico IV, infatti, i re di Francia, nonostante i concetti espressi nel 1528 da Francesco I, non ebbero residenza fissa, e vissero per lo più nei castelli della regione della Loira. Tuttavia Parigi partecipò intensamente allo sviluppo generale del paese, e anzi lo promosse. Così nel 1470 compaiono alla Sorbona i primi torchi tipografici; ancora alla Sorbona il luteranismo trova aderenti intorno al 1520; si hanno le esecuzioni di Louis de Berquin nel 1529, di Étienne Dolet nel 1546, di Anne du Bourg nel 1566; la strage di San Bartolomeo il 24 agosto 1572; l'organizzazione della Lega, che divise Parigi in 16 quartieri ciascuno dei quali eleggeva un deputato al consiglio centrale; la "giornata delle barricate" (11 maggio 1588), erette dalla fazione di Guisa contro Enrico III, che fuggì a Saint-Cloud; il tentativo di riprendere la città, compiuto da Enrico III e da suo cugino Henri d'Albret nel 1589, dopo l'assassinio di Enrico di Guisa a Blois; l'assassinio del re alle porte di Parigi, il 1° agosto 1589, per mano del frate Jacques Clément; il primo tentativo di Enrico IV di prendere la capitale il 1° novembre 1589; il secondo tentativo, nel maggio 1590, di entrare in Parigi, difesa da un corpo di truppe spagnole e dai partigiani più esaltati dei "Sedici" e del duca di Mayenne; il terzo (settembre 1590) e il quarto ("giornata delle farine", gennaio 1591); finalmente, dopo lo sviluppo dell'azione dei "Politici" e l'atteggiamento tentennante degli Stati del gennaio 1593, paurosi di abrogare la legge salica, l'ingresso di Enrico IV, preparato dal governatore Brissac e dal prevosto dei mercanti, il 22 marzo 1594. "Parigi vale una messa" aveva detto il Bearnese il 25 luglio precedente, per giustificare l'abiura.
Durante l'intero regno di Luigi XIII Parigi era rimasta tranquilla, nonostante il fallimento degli Stati Generali tenutivi nel 1614. Nel 1622 fu istituito l'arcivescovato di Parigi. La giovinezza di Luigi XIV, che insieme con la madre Anna d'Austria e con Mazzarino risiedeva al Palais-Cardinal, doveva per contro subire gravi turbamenti. Il 26 agosto 1648 l'arresto di consiglieri del parlamento di Parigi, ordinato dalla regina madre, diede origine alla Fronda (v.), terminata, dopo varî incidenti, con una capitolazione, il 21 ottobre 1652. Luigi XIV non perdonò mai ai Parigini la ribellione: appena tornato nella capitale, fece erigere nel cortile dell'Hôtel de Ville una statua di Gilles Guérin, in cui questi era raffigurato nell'atto di calpestare una nave rovesciata: statua che soltanto nel 1689 fu sostituita da un'altra, meno ingiuriosa, da A. Coysevox. Del resto, dopo la morte di Mazzarino (1661), il re abbandonò Parigi per stabilirsi a Versailles; il che segna l'inizio di quell'era di assenteismo monarchico, le cui conseguenze furono così funeste per la monarchia stessa e che ebbe termine col trasferimento rivoluzionario di Luigi XVI da Versailles il 6 ottobre 1789. Da allora in poi tutti gli organi amministrativi centrali, sempre più accentrati nelle mani del re, fanno capo a Versailles. Ma se, in un certo senso, Parigi cessa d'essere la capitale politica della Francia, essa ne è il centro intellettuale e artistico, e uno dei suoi maggiori centri economici.
L'assenteismo regio, lo sviluppo della vita intellettuale, l'attività economica, gl'incidenti politici che segnano la storia francese a partire dal 1715, specialmente lo slancio e la catastrofe dell'affare Law, la polemica molinista-giansenista, le guerre disastrose di Luigi XV, le tristi feste dell'inizio del regno di Luigi XVI, le inquietudini perpetue intorno all'approvvigionamento, dal preteso "patto della fame" alla guerra delle farine sotto Turgot e alle iniziative di Necker, l'opposizione parlamentare, il calo dei salarî e la disoccupazione seguiti al trattato di commercio anglo-francese del 1786: tutto ciò preparava l'ambiente entro il quale scoppiò, nel 1789, la rivoluzione francese. La storia di Parigi è da allora in poi la storia della Francia rivoluzionaria, e le "giornate" di cui fu teatro la capitale ebbero un'importanza decisiva nello svolgersi della vita nazionale. Le tradizioni storiche di Parigi, la sua importanza economica e demografica, la presenza in essa, dopo le giornate dell'ottobre 1789, degli organi d'un potere che andava progressivamente accentrandosi spiegano questa azione, che né gli sforzi diretti dai federalisti girondini del 1793 né i tentativi subdoli dei "rurali" del 1871 riuscirono a diminuire.
L'era propriamente rivoluzionaria s'inaugura il 14 luglio 1789 con la presa della Bastiglia, demolita poi per cura del "patriota" Palloy, non senza che ne rimangano tuttora visibili alcune costruzioni all'estremo del Boulevard Henri IV. Essa è poi segnata, per quanto riguarda particolarmente Parigi, dalla nomina d'un sindaco (maire) in persona del Bailly, il 15 luglio 1789, dalla parte avuta dal comune insurrezionale del 10 agosto 1792, che spinse alla caduta della monarchia e alla lotta contro i girondini, dai massacri del settembre 1792 nelle prigioni. Il 9 termidoro anno II segna la caduta di Robespierre, e alla reazione termidoriana si accompagna una profonda miseria delle classi popolari, dalla quale queste furono indotte alla violenza delle giornate di germinale e pratile anno III e alla speranza nelle dottrine del Babeuf. Il colpo di stato di Bonaparte del 18 brumaio anno VIII mise fine a questo periodo, la cui storia, per quanto riguarda Parigi, potrebbe rifarsi mediante un'analisi minuta della parte avuta dai club, dai 60 distretti, dalle 48 sezioni e dai comitati, più tardi dalle 12 municipalità (in seguito arrondissements). Si deve notare a questo proposito che Parigi, capitale della Francia, è anche capoluogo del dipartimento detto dapprima di Parigi, poi della Senna. Assai netta è a quest'epoca l'opposizione tra quartieri popolari (Saint-Marcel, Saint-Antoine) e borghesi. Il centro politico era costituito dal PalaisRoyal, proprietà del duca d'Orléans, dalla regione delle assemblee, dall'Hôtel de Ville e dalla piazza delle esecuzioni. Bisogna d'altra parte rilevare, pur senza adottare per intero la tesi di coloro che hanno stigmatizzato il "vandalismo rivoluzionario", dimenticando le distruzioni del sec. XVI e i pretesi abbellimenti del XVIII, la sorte sventurata di numerosi conventi, chiese, palazzi privati. L'Assemblea costituente, dietro richiesta del pittore Lenoir, si sforzò di salvare qualcuno dei resti sfuggiti alla distruzione, e istituì, prima sotto il controllo della Commissione per i monumenti, poi sotto quello della Commissione delle arti, un Museo dei monumenti francesi, scomparso soltanto nel 1815.
Napoleone I, su questo come su tanti altri punti, tentò di sanare talune delle piaghe aperte dalla rivoluzione, e di effettuare, ampliandole, alcune delle aspirazioni urbanistiche del sec. XVIII e della rivoluzione. I lavori di conduttura dell'acqua e di fognatura completarono la politica urbanistica napoleonica. Dal punto di vista amministrativo, si deve ricordare che nel 1800 Parigi fu divisa in 12 arrondissements, ciascuno comprendente quattro quartieri, ripartizione che durò fino al 1860; che il decreto dell'8 marzo 1800 istituì, accanto al prefetto della Senna, un prefetto di polizia, attributo eccezionale di un'amministrazione avente lo scopo di reprimere in precedenza i sussulti rivoluzionarî della capitale, sedotta dalle grandiose feste in occasione delle vittorie, dell'incoronazione (2 dicembre 1804), del matrimonio con Maria Luisa (10 giugno 1810), della nascita e del battesimo del re di Roma (20 maggio, 9, 17, e 20 giugno 1811) e di "San Napoleone" del 15 agosto.
Tali sussulti non si produssero nemmeno quando le circostanze sarebbero sembrate propizie a suscitarli, p. es. al tempo della cospirazione del generale Malet ne 1812, per la quale per un momento l'amministrazione della città fu in mano ai congiurati, né al tempo delle due occupazioni di Parigi da parte della coalizione, il 31 marzo 1814 e nel giugno 1815. Ma le rivoluzioni del 1830 e del 1848 furono il risultato dello sviluppo dello spirito rivoluzionario nella capitale. La prima di esse, considerata dal punto di vista puramente amministrativo, portò all'introduzione del principio elettorale nell'amministrazione municipale: un consiglio municipale, eletto peraltro secondo il censo, si scinde dal consiglio generale del dipartimento. In seguito alla rivoluzione del 1848 viene ristabilito il sindaco centrale unico, ma esso ha durata ancora più breve di questo.
Il governo del principe-presidente Luigi Napoleone, poi il Secondo Impero rimettono il municipio sotto l'intera dipendenza del potere centrale, sopprimendo il sindaco unico. Questo fu ristabilito dalla repubblica proclamata il 4 settembre 1870, ma l'Assemblea nazionale, dopo il periodo della Comune, tornò al regime delle due prefetture; e se più tardi Parigi, divisa in 20 arrondissements forniti di sindaci di nomina governativa, ottenne un consiglio municipale elettivo, tuttavia essa ebbe un regime municipale molto diverso da quello delle altre città francesi, nonostante tutte le richieste democratiche d'un regime normale.
Dopo le drammatiche giornate del 1848, la Parigi del popolo tacque, e appena prese parte alle barricate del dicembre 1851, in occasione del colpo di stato di Luigi Napoleone. Questi, appena avuto in mano il potere, stabilì personalmente un progetto di grandi lavori, dei quali affidò l'esecuzione al prefetto Haussmann, nominato il 29 giugno 1853. Nel 1860 Parigi contava 1.345.000 ab.: le feste ufficiali delle Tuileries, le esposizioni universali (1855, 1867), i divertimenti dei suoi teatri e concerti, i "rayons multiples" dei suoi grandi negozî, le botteghe dei boulevards, attiravano fiotti di forestieri i quali, sazî di piaceri, la stigmatizzarono poi come la "Babilonia moderna".
In realtà il lavoro serio degl'intellettuali e degli operai, poco apprezzato dalle sfere dirigenti, vi proseguiva il suo ritmo, e quando l'impero si volse verso il liberalismo, il vecchio lievito riapparve, i ricordi delle grandi giornate si rifecero vivi: tra il 1865 e il 1870, soprattutto, per mezzo della stampa popolare, di corsi pubblici e di riunioni autorizzate, delle sezioni dell'Internazionale, tutto lo sforzo dell'opposizione si va organizzando, e si manifesta dapprima con la rivoluzione repubblicana del 4 settembre 1870 e con i tentativi rivoluzionarî durante l'assedio (31 ottobre 1870, 21 gennaio 1871), poi con la Comune del 18 marzo 1871.
La guerra franco-tedesca, infatti, non solo produsse, con la battaglia di Sedan, la caduta di Napoleone III, ma portò all'investimento della capitale il 19 settembre 1870, al suo bombardamento il 5 gennaio 1871, all'ingresso dei Tedeschi il 1° marzo. Diverse cause, non ultima delle quali quest'ultimo avvenimento, produssero la Comune. Contro questo governo municipale di radicali e socialisti il governo di Thiers, sostenuto dall'Assemblea nazionale di Versailles, cominciò il 2 aprile il secondo assedio, chiusosi nel maggio con la "settimana di sangue", durante la quale numerosi insorti furono fucilati dalle truppe dell'ordine al comando del maresciallo Mac-Mahon e numerosi edifici pubblici furono incendiati (il Ministero delle finanze, il palazzo della Legion d'onore, le Tuileries, una parte del Louvre con la sua biblioteca, la Corte dei conti, il Consiglio di stato, una parte del Palazzo di giustizia, la prefettura di polizia, l'Hôtel de Ville).
Sotto la terza repubblica, Parigi poté sanare le sue piaghe e proseguire nel proprio sviluppo. È da rilevarsi in via preliminare che, grazie ai cambiamenti sopraggiunti nell'economia nazionale ed essendo rimasti entro la cinta delle fortificazioni soltanto le industrie e i mestieri di lusso, la psicologia generale della popolazione parigina subì una notevole modificazione. Nella sua maggioranza essa cessò dal fornire un contingente cospicuo all'ideologia rivoluzionaria; ché anzi Parigi fu il centro del movimento boulangista e nazionalista; né è punto certo, pertanto, che nell'evoluzione politica della nazione essa abbia continuato ad avere quell'immensa parte che ebbe per lo meno dal 1789 al 1870.
Le tre esposizioni universali del 1878, del 1889 e del 1900 indicarono per Parigi, e insieme per la Francia, il valore delle trasformazioni subite dalla capitale e la direzione della sua evoluzione futura. Non solo vennero riparate le rovine del 1871, ma si regolò l'afflusso immenso della popolazione. Il centro si è spopolato a vantaggio della periferia e della banlieue, la soppressione delle fortificazioni, la costruzione della metropolitana (dal 1899) e della ferrovia nord-sud, la moltiplicazione delle linee di autobus e i tassì hanno reso più facili le comunicazioni, ma hanno fatto più grave il problema della circolazione. Mancando un piano regolatore veramente nuovo, si sono ripresi quelli di Haussmann. L'opposizione tra quartieri di lusso, borghesi e operai ha dato risalto alle differenze sociali, benché peraltro le scuole elementari abbiano introdotto ovunque una parvenza di eguaglianza intellettuale. Parigi, centro di arte e di cultura, ha veduto una folla sempre crescente di Francesi e di stranieri accorrere alle sue facoltà universitarie, ai suoi concerti, teatri, esposizioni, ai suoi grandi magazzini, ai music-halls e ai caffè di Montmartre e Montparnasse. Dal 1925 è in costruzione a sud di Parigi una città universitaria per ospitare una parte della sempre crescente popolazione studentesca.
Queste caratteristiche della Parigi contemporanea rischiarono di essere compromesse nella guerra mondiale, in cui la capitale fu l'obiettivo dell'invasione tedesca. Abbandonata il 2 settembre dal governo, Parigi fu salvata dalla battaglia della Marna (v. guerra mondiale).
Bibl.: Opere generali: E. de Ménorval, Paris depuis ses origines jusqu'à nos jours, voll. 3, Parigi 1889-97; M. Poète, Une vie de cité. Paris de sa naissance à nos jours, voll. 3, ivi 1924-25; H. Gourdon de Genouillac, Paris à travers les siècles, voll. 5, ivi 1879-1881; G. Pessard, Nouveau dictionnaire historique de Paris, ivi 1904.
Sui singoli periodi: H. Sauval, Histoire et recherches des antiquités de la ville de Paris, voll. 3, Parigi 1724; F. G. de Pachtère, Paris à l'époque gallo-romaine, ivi 1912; C. Jullian, Le Paris des Romains, ivi 1924; É. Espérandieu, Recueil général des bas-reliefs, statues et bustes de la Gaule romaine, IV, ivi 1911, pp. 207-257; per le "arene", Capitan, in Comptes-rendus de l'Acad. des inscriptions, 1915, pp. 298-313; J.-C. e J. Formigé, Procès-verbaux de la commission du Vieux Paris, 12 gennaio 1928; L. Halphen, Paris sous les premiers Capetiens, Parigi 1909; A. J. V. Le Roux de Lincy, Histoire de l'Hôtel de Ville de Paris, suivie de recherches sur l'ancien gouvernement municipal, ecc., ivi 1846; id. e L. M. Tisserand, Paris et ses historiens au XIVe et XVe siècles, ivi 1867; A. Franklin, Paris et les Parisiens au XVIe siècle, ivi 1921; P. Robiquet, Histoire municipale de Paris jusqu'à l'avènement de Henri III, ivi 1880; id., Paris et la Ligue sous le règne de Henri III, ivi 1886; G. Lenotre, Paris révolutionnaire, ivi 1896; A. Schmidt, Paris pendant la Révolution franåaise, trad. francese, voll. 2, ivi 1880-85; P. Pisani, L'Église de Paris et la Révolution, voll. 4, ivi 1908-11 (e cfr. M. Tourneux, Bibliographie de l'histoire de Paris pendant la Révolution franåaise, ivi 1890-1913, voll. 5); A. Tuetey, Répertoire général des sources manuscrites de l'histoire de Paris pendant la Révolution franåaise, voll. 3, ivi 1890-94; P. Aulard, Paris sous le consulat, voll. 4, ivi 1907-1909; L. de Lanzac de Laborie, Paris sous Napoléon, voll. 8, ivi 1905-13; Ch. Simond, Paris de 1800 à 1900, voll. 2, ivi 1902; G. Cadoux, Les finances de la ville de Paris de 1798 à 1900, ivi 1900; P. Lehautcourt, Siège de Paris, ivi 1898-99, voll. 3; L. Nass, Le siège de Paris et la Commune, ivi 1914; M. Le Mansois-Duprey, L'œuvre de la municipalité parisienne 1871-1891, ivi 1892; H. Sellier, A. Bruggemann e M. Poète, Paris pendant la guerre, ivi 1926. Cfr. Bulletin e Mémoires de la Societé d'histoire de Paris, ivi 1874 segg. Inoltre, per la bibliografia fino al 1880, P. Lacombe, Bibliographie parisienne 1600-1800, ivi 1887.
Monumenti.
Il Foro della città gallo-romana occupava indubbiamente un rettangolo delimitato a E. e a O. dalla Rue Saint-Jacques e dal Boulevard Saint-Michel, a N. e a S. da due traverse in prossimità dell'attuale Rue Soufflot. In questo rettangolo sono state rinvenute le vestigia d'un grande monumento. Sembra che le terme principali occupassero un isolotto vicino al luogo dove sorge il Collège de France e di dimensioni press'a poco simili all'area occupata da questo edificio. Di esse non rimane nulla. I soli edifici di cui si sia conservato qualche elemento, sono: l'Arena, sul fianco orientale della Montagne Sainte-Geneviève (aveva una superficie di due ettari e poteva accogliere 16.000 spettatori seduti su 36 file di gradini) e l'edificio, d'ignota destinazione, le cui rovine sono annesse al museo di Cluny e che generalmente, ma a torto, è considerato avanzo di terme. L'Arena appartiene al tipo, abbastanza diffuso nel centro e nel N. della Francia, dei semianfiteatri, con una curva ovale, di cui una parte soltanto è circondata da gradini, e l'altra poteva essere utilizzata come scena per rappresentazioni teatrali: questo monumento pare dati dal sec. III e sia stato distrutto alla fine del secolo stesso. L'edificio delle cosiddette Terme di Cluny rimonta alla seconda metà del sec. II. L'edificio doveva essere costituito da una grande sala rettangolare le cui mura hanno lo spessore di 2 metri e che ha una vòlta a crociera; intorno si aprivano altre sale di cui non rimangono che le sostruzioni. Trasformato ora in museo lapidario, esso ospita gli avanzi del grande altare che i nautae parisiaci, o battellieri della Senna, dedicarono verso la metà del sec. I all'imperatore Tiberio, scoperti nel 1711 in altro luogo.
La cattedrale e il Palais-Royal sorsero alle due estremità orientale e occidentale dell'isola; dinnanzi a quella primitiva cattedrale si trovava il battistero, a pianta circolare, detto Saint-Jean-le-Rond. Le due rive del fiume, alle quali l'ísola è congiunta da ponti (i due più antichi sono il Grand-Pont e il Petit-Pont), costituivano i sobborghi. In codesti sobborghi vennero fondati i grandi monasteri che ebbero parte principalissima nella vita religiosa e monumentale del Medioevo, soprattutto Saint-Germain-des-Prés sulla riva sinistra e Saint-Martindes-Champs sulla riva destra, lungo la strada che conduceva alla celebre abbazia di Saint-Denis. Nulla è rimasto di quei primitivi edifici, salvo in Saint-Germain-des-Prés.
L'abbazia di Saint-Germain-des-Prés fu una delle più potenti della Francia. La sua prima basilica era stata fondata nel 542 da Childeberto; incendiata dai Normanni, fu restaurata e quasi rifatta verso l'anno 1000 e di questa ricostruzione romanica rimangono il campanile e la maggior parte della navata. Il campanile è uno dei più antichi della Francia: ha mura di considerevole spessore che raggiunge ancora 1,64 m. al terzo piano e forma una robusta e massiccia torre quadrata con potenti contrafforti agli angoli. La navata doveva essere coperta con un soffitto di legno che nel sec. XII fu sostituito con vòlte a ogiva mentre veniva ricostruita l'abside. I capitelli, interessantissimi per lo studio degl'inizî della scultura romanica, si conservano, molto mutilati, nel museo di Cluny. Nel complesso, gli avanzi di qesta abbazia sono però molto scarsi al confronto di quelli di Vézelay, Cluny, Arles, Moissac, Tolosa e di tanti altri capolavori prodotti in Francia dall'arte romanica.
Solo con il sec. XII e col periodo gotico l'arte parigina cominciò ad assumere qualche valore. Fu questa anche per la città la prima fase di sviluppo affermatosi con la costruzione d'una nuova cinta di mura, per cura di Filippo Augusto.
Della Parigi medievale restano soprattutto monumenti religiosi. Prima di Notre-Dame, capolavoro dell'architettura gotica, già alcune chiese avevano adottato il nuovo stile, del quale la costruzione, per opera dell'abate Suger, dell'abbazia di Saint-Denis, aveva dato nel 1140 un esempio magnifico. Nel 1163 i monaci dell'abbazia di Saint-Germain-des-Prés trasformarono il coro della loro chiesa che fu coperto con vòlte a ogive e arricchito d'un deambulatorio con cappelle a raggiera sul modello di Saint-Denis. È questo il più antico esempio completo d'architettura gotica che si trovi a Parigi. Pochi anni prima nella costruzione del coro della chiesa di Saint-Martindes-Champs, erano state ancora mescolate le formule romaniche a quelle gotiche. La chiesa di Saint-Pierre-de-Montmartre (sec. XII) è anch'essa anteriore alla cattedrale. Quest'ultima fu cominciata nel 1163 a partire dall'abside, che fu terminata nel 1182, anno della consacrazione solenne dell'altare maggiore. Dal 1196 si lavorò allora alla navata, la cui costruzione durò fino al 1220. Fin dal 1204 era stata cominciata la facciata; le torri ne furono erette nel secondo quarto del sec. XIII ed erano quasi terminate nel 1245. Quasi subito la chiesa, quale era stata concepita in origine, cominciò a subire trasformazioni: ogni epoca volle adattarla al gusto proprio. Sin dalla fine del sec. XIII Pierre de Montereau, uno dei maggiori architetti del Medioevo, il quale aveva ricostruito Saint-Denis, diede un nuovo disegno dell'abside e dei bracci del transetto. Per le epoche successive ci limiteremo a ricordare due trasformazioni. Agl'inizî del secolo XVIII l'ordinamento e la decorazione all'interno del coro furono sconvolti da J.-H. Mansart e da Robert de Cotte; alla metà del sec. XIX E.-E. Viollet-le-Duc con un restauro troppo radicale tentò di rimettere l'edificio nello stato in cui doveva trovarsi alla fine del secolo XIII. Fu questa una delle imprese caratteristiche della maniera del Viollet-le-Duc, una di quelle che indubbiamente dimostrano meglio la sua scienza archeologica, ma che sollevano anche le più gravi obiezioni di principio.
La cattedrale di Parigi è a croce latina, lunga 130 m., e larga 50: il transetto vi forma appena una sporgenza in pianta, e risulta bene accentuato solo nell'alzato. L'aspetto più notevole della pianta di Notre-Dame è costituito dalle doppie navatelle e dal doppio deambulatorio. Alla chiesa di cinque navate, già di rara ampiezza, in seguito si aggiunsero cappelle a raggiera nell'abside e cappelle laterali alle navate. Le campate della navata e del coro hanno pianta quasi quadrata e sono coperte da vòlta ogivale a sei spicchi. I sostegni, tutti uguali, consistono in grosse colonne rotonde con capitelli ad abaco largo. Le navate laterali hanno vòlte ogivali su pianta quadrata, con sostegni alternati di colonne semplici e di pilastri cruciformi. Sulla prima navatella è un grande matroneo coperto a vòlta, illuminato da tre finestre, una su ogni campata: esso gira tutto attorno alla chiesa. Il progetto primitivo comportava al disopra di questo matroneo l'apertura di due finestre sovrapposte, di cui la superiore in forma di rosone; nel sec. XIII le due aperture furono riunite in unica finestra più alta e più larga, ma il Viollet-le-Duc ristabilì, all'incrocio del transetto, la disposizione originaria. Con la sua pianta a cinque navate e con il suo ordinamento a matronei, Notre-Dame di Parigi, la prima grande cattedrale gotica, si ricongiunge direttamente alle ultime grandi basiliche romaniche, come Saint-Sernin di Tolosa. Anche la copertura a vòlta degli ambulacri palesa l'esitazione dei costruttori: è formata da una serie di spicchi triangolari e non da vere vòlte, a pianta quadrangolare. Sembra che l'architetto del coro, alla fine del sec. XII, ignorasse anche l'uso degli archi rampanti: quelli che si vedono attualmente, furono aggiunti più tardi.
L'insieme di Notre-Dame, così plasmato dal tempo, è di grande bellezza, benché le masse vi siano trattate in modo molto diverso nell'abside e nella facciata: l'abside, con i suoi archi rampanti da esili contrafforti sormontati da pinnacoli è di una grande leggerezza, che ha innamorato molti pittori e incisori (Méryon), soprattutto dall'epoca romantica; la facciata, più severa, incorniciata dalle due torri quadrate di 63 m. d'altezza, ricorda le facciate delle chiese romaniche normanne, specie le abbazie di Caen. Certamente nel progetto primitivo le torri dovevano terminare con campanili a guglia. Il Viollet-le-Duc ripristinò una leggiera freccia sul centro della navata mediana.
La bellezza dell'edificio è integrata da una magnifica decorazione pittorica e plastica. La pittura è rappresentata dalle vetrate, tra le quali i capolavori sono i grandi rosoni dei bracci del transetto, fuochi d'artificio azzurri e rossi. Il rosone del braccio settentrionale (circa del 1268) rappresenta storie dell'Antico Testamento; quello meridionale (circa del 1260), del Nuovo Testamento. La decorazione plastica orna la facciata (tre portali e "Galleria dei re"), i bracci del transetto, alcune altre porte, oltre che i capitelli. Purtroppo, le sculture non sono rimaste intatte: tutte le statue dei portali principali e della Galleria dei re furono molto guaste nel 1793 e vennero poi molto restaurate. Dei tre portali della facciata quello del centro dedicato al Giudizio Universale risale all'incirca al 1220-1223; quello di destra, o porta Sainte-Anne, è il più antico, cominciato fin dal 1163, e contiene le scene principali dell'infanzia di Cristo; quello di sinistra, o porta della Vergine (circa del 1220), celebra la Risurrezione e l'Incoronazione della Vergine. Nel braccio meridionale del transetto la porta Saint-Étienne (circa del 1225) contiene sul timpano la rappresentazione del martirio del santo; ai lati ha scene curiosissime e di difficile spiegazione, che sembra si riferiscano alla vita degli studenti dell'epoca. La porta del braccio settentrionale del transetto, detta Porta del chiostro, conserva nel pilastro divisorio una magnifica statua della Vergine col Bambino e sul timpano contiene la curiosa storia del monaco Teofilo che vendette imprudentemente l'anima al diavolo e fu salvato dall'intervento di Maria. Verso l'abside nella "Porta rossa" (1260 circa) è raffigurata ancora l'incoronazione di Maria; e una serie di bassorilievi incastrati nel muro esterno della cattedrale si riferisce parimenti alla Vergine, la quale occupa in tal modo il posto d'onore nell'insieme della decorazione. La chiesa di Notre-Dame, ebbe un'importante posterità artistica: nella stessa Parigi ne deriva la chiesa di Saint-Julien-le-Pauvre e il suo influsso si fece sentire nel sec. XV a Saint-Séverin, e nel sec. XVI a Saint-Eustache, entrambe a cinque navate e a doppio deambulatorio.
Nel tempo in cui veniva ultimata la decorazione di Notre-Dame, sorgeva, a breve distanza da essa, un edificio diversissimo, molto più modesto, ma che costituisce ugualmente una delle migliori opere dell'arte francese medievale: la Sainte-Chapelle, veramente la Sainte-Chapelle-du-Palais, poiché era la cappella del Palais-Royal, iniziata appunto da S. Luigi per accogliervi una reliquia particolarmente preziosa: una spina della corona di Cristo. La costruzione, attribuita a Pierre de Montereau, l'architetto del transetto di NotreDame, fu compiuta in tre anni. È un piccolo edificio formato di due cappelle sovrapposte, di cui la superiore non è che un'immensa vetrata spartita dai sostegni della vòlta, pilastri un tempo decorati con statue dei dodici apostoli; ed è la più perfetta espressione dell'architettura del secondo periodo gotico, detto "rayonnant".
Dell'architettura privata del sec. XIII, o degl'inizî del XIV, non restano che documenti grafici. Apprezzabili sono invece le vestigia dell'architettura monastica: le cucine del liceo Henry IV, antica abbazia di Sainte-Geneviève; e soprattutto l'ammirevole refettorio dell'abbazia di Saint-Martin-des-Champs, ora biblioteca del Conservatoire des arts et métiers, una delle opere più ardite del Medioevo, immenso vano diviso in due navate da alte e snelle colonnine, anch'esso opera probabile di Pierre de Montereau. Meglio ancora siamo informati sull'antico Palais-Royal, restandone avanzi importanti. Dalla fine dell'epoca romana esso sorgeva all'estremità occidentale dell'isola della Cité, dove ora si trova il Palazzo di giustizia. S. Luigi vi costruì la Sainte-Chapelle; Filippo il Bello, dopo il 1293 e nei primi anni del sec. XIV, vi fece costruire lungo la Senna una nuova ala, che fa parte degli edifici detti la Conciergerie. Quest'ala presenta all'esterno tre torri rotonde e una quadrata, detta dell'Orologio, perché nel 1334 vi fu posto il primo orologio pubblico posseduto da Parigi. Nell'interno rimane un sottosuolo formato da tre vaste sale: una, detta delle Guardie (metri 23 × 12), è divisa in due parti da tre grossi pilastri ed è coperta con vòlte a ogiva; la seconda, o sala d'Armi (m. 70 × 12), ha ugualmente un'unica fila mediana di pilastri massicci; la terza, quadrata (17 m. di lato), è caratterizzata dai suoi quattro immensi camini d'angolo ed è chiamata le cucine di S. Luigi: denominazione errata, perché la sala fu costruita sotto il nipote di S. Luigi. Al piano superiore si trovavano gli appartamenti reali che furono incendiati nel 1618; il loro elemento essenziale era costituito dalla sala del trono.
Scendendo verso la fine del Medioevo, i monumenti superstiti divengono sempre più numerosi; ma per giudicare l'ultimo periodo medievale, bisogna tener conto anche delle sparizioni e delle trasformazioni. L'opera capitale dell'epoca di re Carlo V, la trasformazione del Louvre compiuta da Raymond du Temple, fu assorbita e sostituita nel sec. XVI dal Louvre degli ultimi Valois, ma i cronisti ce ne vantano la magnificenze interne e le Grandes Heures del duca di Berry ne riproducono l'aspetto esterno. Le abitazioni signorili divennero più numerose: ricordiamo l'Hôtel de Clisson, costruito nel 1371, l'Hôtel de Sens, costruito a cominciare dal 1475, l'Hôtel de Cluny (1485-1498). Quest'ultimo presenta il tipo della ricca dimora medievale' in cui i diversi piani comunicavano tra loro mediante una scala esterna racchiusa entro una torre. Si conservano anche alcune case borghesi del sec. XV: le più belle sono quella detta di Nicolas Flamel (Rue Mommorency, 51) e quella al numero 3 della Rue Volta; altre nei quartieri popolari prossimi all'Hôtel de Ville sono prive d'ogni valore artistico.
Ma soprattutto nelle chiese resta il ricordo dell'attività intellettuale e dell'ardore che caratterizzano la fine del Medioevo francese e specialmente il sec. XV: a Saint-Laurent, a Saint-Médard, a Saint-Germain-de-Charonne, a Saint-Nicolas-des-Champs, a Saint-Etienne-du-Mont, a Saint-Séverin. Quest'ultima chiesa è senza dubbio la più attraente e costituisce, nell'architettura parigina, il capolavoro del gotico fiammeggiante: la sua pianta a cinque navate con doppio deambulatorio, la galleria sulla navata maggiore sono reminiscenze di Notre-Dame, mentre è nuova la struttura complicata delle vòlte, specie nei deambulatorî costruiti dal 1489 al 1494. Saint-Séverin conserva, inoltre, vetrate mirabili. Attiguo alla chiesa è un cimitero circondato da un chiostro di cui rimangono cinque campate: il solo cimitero medievale che si veda ancora a Parigi. La torre di Saint-Jacques è il campanile dell'antica chiesa di Saint-Jacques-de-la-Boucherie.
Il Rinascimento non apportò a Parigi importanti trasformazioni urbane. Gli ultimi Valois, specie Enrico II, studiarono bensì alcuni interessanti progetti, ma non li eseguirono; d'altra parte, le guerre di religione attrassero ben presto tutta la loro attenzione e assorbirono tutte le loro risorse. Si può quindi parlare solo di momenti isolati e non d'un piano generale di sistemazione. Tuttavia, uno dei monumenti di quell'epoca ebbe una funzione fondamentale nelle sorti successive della città: il gruppo formato dal Louvre e dalle Tuileries. Dopo essere stata fino al sec. XIV nell'isola della Cité, la residenza reale era stata trasportata, da Carlo V in poi, nella parte orientale di Parigi (Hôtel Saint-Paul, Palais des Tournelles) e la città parve destinata a svilupparsi soprattutto verso oriente. La creazione delle Tuileries, all'estremità opposta, mutò tutto. Nel 1546 Francesco I decise di sostituire il vecchio Louvre di Carlo V con un edificio più moderno. Il suo progetto, ripreso e sviluppato da Enrico II, portò, a cominciare dal 1549, alla costruzione delle due ali ad angolo retto che formano oggi l'angolo sud-ovest del cortile del Louvre. Queste due ali furono opera di Pierre Lescot che ebbe collaboratore Jean Gouion: esse sono formate da un terreno e da due piani disuguali (piano nobile e attico) con grande tetto ad abbaini; e furono decorate all'esterno con ricchezza, soprattutto nella parte superiore. Dieci anni più tardi, nel 1550, dopo che Enrico II venne ucciso in un torneo dinnanzi al Palais des Tournelles dove abitava, la sua vedova, Caterina de' Medici, fu presa da avversione per quel quartiere e decise di farsi costruire una nuova residenza parigina lontana quanto più possibile dal Palais des Tournelles, e cioè all'estremità occidentale della città, fuori delle mura. Sorse così il castello delle Tuileries, per opera dell'architetto Philibert de l'Orme. La pianta originale molto vasta, pubblicata da J. Androuet du Cerceau (Des plus excellents bâtiments de France, Parigi 1579), non fu mai attuata. Fu costruito solo un edificio rettangolare, di dimensioni già considerevoli, dominato al centro da una cupola, proseguendo l'opera di Philibert de l'Orme, morto nel 1570, l'architetto Jean Bullant. Le Tuileries andarono distrutte nel 1871, durante gl'incendî provocati dalla Comune. Esse erano state il principio d'un vastissimo complesso d'edifici che doveva comprendere il Louvre, sviluppato intorno a un cortile quadrato, le Tuileries, un doppio collegamento tra il Louvre e le Tuileries mediante una serie di costruzioni o di gallerie lungo la Senna e mediante un altro sistema parallelo, lungo la Rue de Rivoli. Di questo "grande progetto", al quale lavorarono tutti i sovrani di Francia fino a Napoleone III, la prima idea fu, probabilmente, di P. Lescot, ma non va neppure dimenticato che Caterina de' Medici era fiorentina e che il grande progetto sembrava . dover riprodurre a Parigi il collegamento che esisteva, a Firenze, tra gli Uffizî e Palazzo Pitti. Spetta al sec. XVI, oltre alla costruzione delle Tuileries e del primo quarto del Louvre, il collegamento meridionale lungo il fiume, mediante due gallerie perpendicolari, la Petite-Galerie (Galerie d'Apollon) e la Grande-Galerie. Questi lavori furono ultimati fino dal regno di Enrico IV. Dinnanzi al suo castello delle Tuileries, Caterina de' Medici fece fare un magnifico giardino disegnato da artisti italiani e che nel secolo successivo fu trasformato da A. Le Notre. Tutti i terreni prossimi, che fino allora erano stati aperta campagna, cominciarono a coprirsi di costruzioni e ne nacque un nuovo quartiere, il quartiere Saint-Honoré, che, agl'inizî del sec. XVII, Luigi XIII incorporò all'agglomerato parigino. Per riunire i quartieri della riva destra della Senna a quelli della riva sinistra che li fronteggiavano, si rese necessario un nuovo ponte, che fu il Pont-Neuf, cominciato nel 1578, il primo ponte di Parigi che non fosse fiancheggiato da case e che, accresciuto nella superficie da sporgenze a mezzaluna in corrispondenza dei piloni, fosse adibito interamente alla circolazione.
Tra gli altri edifici civili di Parigi nel sec. XVI sono da menzionare la fontana degl'Innocenti (1547, Jean Gouion) e soprattutto l'Hotel de Ville. Fin dal 1357 serviva da palazzo comunale un'antica casa del Medioevo detta Casa dei pilastri; la ricostruzione di essa, decisa verso il 1529, durò dal 1533 al 1626, spesso interrotta dalle lotte civili. Il primo progetto fu dato dall'architetto italiano Domenico da Cortona, il Boccadoro, stabilito in Francia, e il suo nome si leggeva iscritto sull'edificio; ma quando egli morì nel 1549, la costruzione era lontana dall'essere compiuta, e il suo progetto dovette subire modificazioni rispondenti al gusto di moda. L'Hôtel de Ville del sec. XVI fu incendiato nel 1871 durante la Comune e quello che lo ha poi sostituito ha cercato d'imitarne le linee principali. Un altro architetto, fra Giocondo, aveva già costruito sul principio del secolo XVI l'ammirato ponte di Notre-Dame, in seguito anch'esso distrutto.
Gli edifici sacri del secolo XVI sono numerosi: talora gli architetti rimasero fedeli alla pura tradizione gotica (Saint-Gervais, Saint Merry); altre volte introdussero le novità decorative dell'architettura civile.
Il più bell'esempio di stile novatore è la chiesa di Saint-Eustache, una delle più vaste, e più belle di Parigi, e una delle più interessanti per la storia del Rinascimento in Francia; fu cominciata nel 1532, sotto la direzione di Pierre Lemercier e consacrata solennemente solo nel 1637. La sua pianta riproduce quella di Notre-Dame, ma nell'alzato ha tre ordini di pilastri con capitelli successivamente dorici, ionici e corinzî o compositi; archi profilati a tutto sesto; ma tutto ciò non è che decorativo: la struttura, basata sul principio dell'ogiva e dei contrafforti, rimane gotica, come le vòlte a nervature reticolate e il matroneo. I portali laterali hanno timpani, capitelli e colonne classicheggianti.
I secoli XVII e XVIII, l'"epoca classica", vanno considerati insieme. Nei quartieri del centro sfuggiti alle demolizioni del prefetto. Haussmann, si può dire che si veda ancora la Parigi di allora. D'altra parte in quei secoli cominciò veramente la storia dell'urbanesimo parigino. Ripristinata la pace religiosa e finite le guerre civili, la città riprese a espandersi e impose ai governanti difficili problemi.
Sulla linea della cinta bastionata di Luigi XIII, già trasformata in un boulevard alberato, Luigi XIV avrebbe voluto costruire una serie di porte monumentali, di decorazione e hon di fortificazione, alla guisa degli archi di trionfo romani. Due ne furono edificate: la porta Saint-Denis (1672, François Blondel) e la porta Saint-Martin (1674, Pierre Bullet). Di una terza porta ancor più grande, la porta Saint-Antoine, il Perrault aveva dato i disegni. La cinta di mura dei Fermiers généraux non aveva scopo strategico: era solo un limite fiscale; agl'ingressi della città sorgevano piccoli padiglioni nella cui costruzione C.-N. Ledoux diede libero corso a un gusto archeologico e paradossale, ma attraente. Taluni di questi padiglioni esistono ancora: quelli in forma di mausoleo sulle piazze Denfert e della Nazione, le rotonde della Villette e del Parc Monceau.
Agl'inizî del sec. XVII Parigi non aveva, per così dire, nessuna piazza pubblica, perché non si può dare questo nome ad alcuni sagrati di chiese. Dinnanzi all'Hôtel de Ville la Piazza di Grève formava uno spazio libero senza carattere monumentale. L'epoca classica creò a Parigi una serie di piazze disposte secondo i principi del nuovo urbanesimo, cioè di forma geometrica regolare, con prospettive chiuse, e circondate di case tutte simili secondo il progetto dell'ingegnere che disegnò la piazza; e ornate infine d'una statua del sovrano.
La prima delle piazze classiche parigine, la Place Dauphine, fu sistemata sotto Enrico IV all'estremità occidentale dell'isola della Cité, dove s'innestava il Pont-Neuf. In quel punto erano solo terreni incolti, nei quali fu tracciata una piazza in forma di triangolo isoscele col vertice rivolto al ponte. Era uno spazio chiuso per quanto possibile, giacché erano stati previsti due soldi sbocchi: uno al vertice e uno alla metà della base; si trovava fuori della corrente del traffico, perché il Pont-Neuf, grande arteria di circolazione, le è tangente. A tutte le costruzioni che la delimitavano venne imposto un programma: case di mattoni con incorniciature di pietra e tetti d'ardesia, con due facciate simili tra loro: una verso la piazza e l'altra verso il fiume, e a tre piani, tra cui uno terreno con portici. Quanto alla statua, si scelse per erigerla non il centro ma il vertice del triangolo; dedicata a Enrico IV, essa sorse all'estremità del Pont-Neuf, sul terrapieno che termina l'isola, ma fu rivolta non già verso il fiume, bensì. verso la piazza, il che dimostra la relazione tra piazza e statua. Fu questa la prima statua isolata sorta a Parigi. L'esempio veniva dall'Italia, che, del resto, collaborò al monumento: il cavallo, opera di Giovanni da Bologna, venne offerto da Cosimo de' Medici; la figura del sovrano fu aggiunta solo nel 1614, quattro anni dopo la sua morte. Di questo insieme monumentale rimane oggi ben poco: la statua d'Enrico IV, distrutta durante la rivoluzione, venne sostituita nel 1822; ma anche la piazza fu sventrata: la base del triangolo venne demolita nel 1874, quando fu terminato il Palazzo di giustizia; le facciate delle case, trasformate e rese banali, furono soprelevate smisuratamente e disegnano sul cielo un profilo caotico. Solo le due case d'angolo, di fronte alla statua, sono rimaste íntatte e permettono d'indovinare quale fosse il grazioso insieme.
Alcuni anni più tardi, con la Place Royale (oggi Piazza dei Vosgi), il tipo della piazza classica fu fissato per due secoli. A nord della Rue Saint-Antoine, principale arteria della circolazione parigina da est a ovest, il luogo dove sorgeva l'antica dimora reale des Tournelles era deserto. Nel 1607 Enrico IV decise di costruirvi una grande piazza. Essa venne tracciata in forma di rettangolo e chiusa per tre lati su quattro; a tutte le case, anche qui di mattoni e pietra, fu imposto il medesimo tipo: portici a terreno, due piani e grande tetto con abbaini. Al centro d'ogni lato sorgeva un padiglione di maggiore importanza e altezza per interrompere la linea troppo lunga delle facciate identiche ed evitare la monotonia. La statua di Luigi XIII fu eretta nel centro della piazza solo nel 1639.
L'antica Place Royale, sebbene aperta ora a due degli angoli e traversata da una strada in cui circolano gli autobus, è quella tra le grandi piazze classiche che ha meglio conservato la fisionomia originale. Ciò si deve specialmente al fatto che l'architettura delle case fu sorvegliata strettamente. La piazza era già celebre ai tempi del Corneille che le consacrò una delle sue commedie: La Place Royale; in essa volle risiedere Victor Hugo, la cui casa è da alcuni anni trasformata in museo.
Sebbene Luigi XIV non abbia amato molto Parigi, al suo regno la città deve due piazze reali che furono, nondimeno, opera di privati. La prima, Place des Victoires, è un'adulazione di cortigiano; la seconda, l'odierna Place Vendôme, allora detta Place Louis-le-Grand, è frutto d'una speculazione sui terreni. Entrambe furono disegnate dal Mansart, ed entrambe erano ornate di una statua di Luigi XIV. Le due statue furono erette vivente il re, mentre in casi precedenti le statue di Enrico IV e Luigi XIII erano state messe a posto solo dopo la loro morte. La Place des Victoires (la pianta originale del Mansart si conserva negli archivî nazionali) è tracciata in forma circolare; originariamente vi sboccavano tre sole strade e poiché esse non si trovavano in prolungamento l'una dell'altra, la prospettiva rimaneva chiusa. Le case, di pietra, avevano, al disopra di portici chiusi, due piani riuniti da pilastri ionici e il tetto ad abbaini. La statua al centro della piazza, opera di Martin van Bogaert (il Desjardins), rappresentava Luigi XIV a piedi, trionfante sui suoi nemici; in suo onore dovevano rimanere accesi giorno e notte dei fanali. Come le altre statue reali, anche questa venne distrutta dalla rivoluzione e rifatta all'inizio della Restaurazione. Disgraziatamente la piazza fu sventrata per l'apertura di nuove strade, segnatamente la via Étienne-Marcel, sicché perdette interamente il carattere di piazza chiusa e non è più che un crocevia. In quanto alla Place Louis-le-Grand, essa si trovava, rispetto alla Rue Saint-Honoré, nella medesima posizione che la Place Royale aveva rispetto alla Rue Saint-Antoine, cioè fuori dell'asse est-ovest del traffico parigino. Dopo essere stata concepita e parzialmente attuata (con facciate dietro alle quali non vi erano case) in forma rettangolare, essa divenne dopo il 1710 una piazza ottagonale aperta solamente al centro di due dei lati. Il tracciato è rimasto intatto come la magnifica architettura delle case e costituisce una delle opere più riuscite del Mansart. Ma la statua di Luigi XIV, dovuta a François Girardon e abbattuta dalla rivoluzione, non fu sostituita. La colonna Vendôme, eretta sul luogo della statua, non ha le medesime proporzioni; in questa, come nella Place des Victoires, il Mansart aveva calcolato accuratamente perché tutto riuscisse proporzionato al monumento centrale e questo delicato accordo è stato rotto.
Il gruppo delle piazze adorne di statue fu completato nel sec. XVIII dalla Piazza della Concordia, allora detta Place Louis XV. Dopo la pace di Aix-la-Chapelle, Parigi volle, come molte città francesi, erigere una statua a Luigi XV. Fu indetto un concorso per risolvere una questione preliminare, cioè la scelta del luogo. P. Patte raccolse le soluzioni proposte, in Monuments érigés en France, à la gloire de Louis XV (Parigi 1765); distribuite in tutti i quartieri della città, il loro insieme costituiva il più bel progetto per l'abbellimento di Parigi: e quanto di meglio fu poi attuato deriva da quella fonte. Luigi XV, al quale fu lasciata la decisione, pur ammirando i progetti, fu spaventato dalle spese che il minore di essi avrebbe imposto. Per la nuova piazza egli offrì un terreno di sua proprietà al limite occidentale della cinta di mura, all'estremità del giardino delle Tuileries; e venne allora indetto un nuovo concorso per la sistemazione e la decorazione di quella località. Jacques-Ange Gabriel ricevette l'incarico di riunire in un progetto definitivo il meglio di tutti i progetti proposti; ma egli vi mise tanto del proprio, che può essere considerato autore della Place Louis XV. La forma generale è quella di un grande rettangolo, ma la novità è che per la limitazione delle prospettive l'artista si servì della natura oltre che dell'architettura. Gli edifici sorgono sopra un lato solo; su altri due lati si trovano alte masse di verde: i giardini delle Tuileries e dei Champs-Élysées; sull'ultimo lato, la Senna. A delineare ancor più la cornice, si scavarono nel suolo vasti fossati che vennero colmati in seguito. Al centro sorgeva la statua di Luigi XV, opera del Pigalle, che, distrutta dalla rivoluzione, fu sostituita nel 1836 con l'obelisco portato da Luxor.
In questi medesimi due secoli fu compiuto il Louvre. Sotto Luigi XIII si decise di costruire altre due ali a riscontro dei due edifici a squadra costruiti dal Lescot. J. Lemercier cominciò (1624-27) il lavoro col padiglione dell'Orologio; poi L. Le Vau terminò quasi del tutto il cortile interno e presentò progetti per le facciate esterne. Allora, nel 1664, si chiamò a Parigi il Bernini, che era all'apogeo della sua gloria, per incaricarlo di costruire la più importante delle facciate, quella rivolta verso Saint-Germain-l'Auxerrois; ma il progetto berniniano non venne accettato e l'artista se ne tornò a Roma.
Una tradizione attribuisce a C. Perrault il progetto attuato, il quale però è certamente frutto d'una collaborazione tra il Perrault, il Le Vau e F. d'Orbay. Sua caratteristica è un monumentale colonnato corinzio sopra un imbasamento massiccio; il tetto è a terrazza. non senza inconvenienti nel clima di Parigi.
Per la preferenza data a Versailles, sorse in quell'epoca a Parigi una sola costruzione regia all'infuori del Louvre; il Lussemburgo, di gusto molto italianeggiante, fatto costruire per ordine di Maria de' Medici da Jacques de Brosse, a cominciare dal 1615.
L'interno conteneva una galleria splendida nella quale Rubens dipinse, in una ventina di grandi tele, la storia della regina. Questi quadri, ora trasportati al Louvre in una sala speciale, furono fonte d'ispirazione per molti pittori francesi, dal Watteau al Delacroix.
Dietro al palazzo del Lussemburgo si stendevano i giardini che erano certamente tra i più belli della città; nella loro forma primitiva erano un'imitazione dei giardini di Boboli, a Firenze; tuttavia di questo aspetto originario non rimane altro oggi che la fontana Medici.
All'epoca classica risalgono anche importanti edifici ufficiali, amministrativi, ecc. Di fronte al Louvre, sull'altra riva della Senna il Mazzarino fece costruire dal Le Vau, a cominciare dal 1662, il Collège des Quatre-Nations, oggi Institut de France, per accogliervi sessanta giovani gentiluomini. La sua facciata forma, verso il fiume, un vasto emiciclo, al cui centro sorge la cupola della cappella. Quasi nel medesimo tempo s'iniziava la costruzione dell'Hôtel des Invalides, opera di Libéral Bruant, il più ampio complesso monumentale in Parigi oltre il Louvre, destinato ad accogliere i veterani di Luigi XIV. Dietro a un'immensa facciata di 210 m. di lunghezza s'apre una serie di cortili circondati da costruzioni semplici ma grandiose. Il principale di questi edifici ha in un lato due piani di logge a tutto sesto e comunica con la chiesa dei Soldati, connessa a sua volta con la chiesa di Saint-Louis-des-Invalides costruita un po' più tardi. Quasi a fare riscontro all'Hotel des Invalides nel secolo XVIII fu costruita l'École militaire, capolavoro del Gabriel (1751), destinata all'istruzione di 500 giovani ufficiali: un cqnvento con facciata da palazzo, che dà sullo Champ-de-Mars, tutta calcolata per dare rilievo a un avancorpo centrale, coronato da un frontone e da una gran cupola a quattro spicchi.
Tra gli edifici d'uso scientifico della medesima epoca, il più importante è l'Osservatorio (1668-72), che il Perrault ebbe però scarsa cura di adattare alle sue funzioni, curandone soprattutto la facciata, aperta su giardini. Dei luoghi di divertimento non rimarrebbe che il ricordo, se il teatro dell'Odéon non fosse stato ricostruito dalla Restaurazione esattamente nella forma che gli avevano dato il Peyre e il Wailly nel 1780. Fu quella l'epoca della grande passione per l'antichità e il teatro riuscì un tempio dorico perittero; d'altra parte, esso diede occasione per l'apertura d'una graziosa piazza a emiciclo con case di disegno uguale, tra le quali venne fatta passare la Rue de l'Odéon la prima strada di Parigi provvista di marciapiedi.
Dopo l'architettura ufficiale pubblica, collettiva, conviene dare uno sguardo alle abitazioni private. Taluni quartieri, costruiti allora, sono più o meno sfuggiti alle trasformazioni dei secoli XIX e XX, conservando press'a poco la propria fisionomia. I più interessanti sono: sulla riva destra il quartiere del Marais; sulla riva sinistra, il Faubourg Saint-Germain; nel centro, l'Île-Saint-Louis. Il quartiere del Marais prende nome da un antico affluente della Senna, e nei numerosi palazzi costruiti specialmente dai grandi parlamentari e dall'alta borghesia dell'epoca intorno alla Piazza dei Vosgi, mostra quale fu l'architettura privata nella prima metà del sec. XVII. Mutata però interamente la funzione economica di questa parte di Parigi, tali nobili dimore sono in genere divenute depositi e magazzini per il commercio all'ingrosso. Ci limitiamo a citare l'hôtel de Lamoignon (al n. 24 della Rue Pavée), gli hôtels de Mayenne e de Sully (ai nn. 21 e 62 della Rue Saint-Antoine), l'hôtel de Chalons (al n. 26 della Rue Geoffroy l'Anier), l'hôtel Salé (al n. 5 della Rue de Thorigny), l'hôtel d'Aumont (al n. 7 della Rue de Jouy), l'hôtel de Beauvais (al n. 68 della Rue Franqois Miron), l'hôtel Carnavalet (al n. 19 della Rue de Sévigné). Quest'ultimo era un antico palazzo del sec. XVI, restaurato secondo la moda dal Mansart; vi abitò Madame de Sévigné e oggi è Museo storico della città di Parigi.
L'Île-Saint-Louis è creazione artificiale del primo quarto del sec. XVII: una vera città in miniatura, costruita in una sola volta secondo un progetto prestabilito con la chiesa a metà della strada principale, i negozî e la sede dei piccoli borghesi nella zona del centro, i palazzi alla periferia, sui Lungosenna piantati di grandi alberi. Essa è rimasta quasi intatta e viene giustamente considerata uno dei luoghi più attraenti di Parigi. Due suoi palazzi primeggiano su tutti: l'hôtel Lambert (al n. 2 della Rue Saint-Louis-en-l'Île) e l'hôtel Lauzun (al n. 17 del quai d'Aniou). Il primo fu costruito dal Le Vau e decorato dal Le Brun e dal Le Sueur con pitture che, purtroppo, sono quasi completamente scomparse; il secondo, ugualmente costruito dal Le Vau, ha conservato intatta la sua magnifica decorazione di pitture e sculture.
L'antico Faubourg SaintGermain conserva nelle vie de Grenelle, de Varenne, de l'Université, de Saint-Dominique, ecc., una quantità di sontuose abitazioni del sec. XVIII, molte delle quali ospitano oggi ministeri (Pubblica istruzione, Lavori pubblici, Guerra, Agricoltura, ecc.) oppure delle ambasciate (ambasciata d'Italia, al n. 50 della Rue de Varenne; ambasciate di Russia, Germania, Olanda, ecc.). Il tipo della dimora signorile del sec. XVIII, tendeva generalmente a scostarsi dalla strada, su cui si affacciano solo gli alloggi della servitù e il portone; l'abitazione vera e propria sorgeva tra cortile e giardino. Il più bell'esempio d'architettura di quest'epoca è forse offerto dall'Hotel Biron (al n. 77 della Rue de Varenne) terminato nel 1730 dall'Aubert e in cui è allogato attualmente il Museo Rodin. La Camera dei deputati occupa una parte dell'antico Hôtel de Bourbon (opera del L'Assurance, 1722). Accanto a queste costruzioni contrassegnate da nomi illustri, vi sono numerose facciate anonime di case d'affitto a cinque piani, che costituiscono altreaanti esempî bellissimi di quest'arte così semplice, così perfettamente spoglia e così logica: null'altro che linee diritte e superficie piane, ritmate dalla giusta proporzione delle finestre; unico ornamento, senza il quale vi sarebbe qualcosa di pretensioso e quasi pedantesco, è il ferro battuto dei balconi.
Quanto più ci si avvicina all'epoca moderna, tanto più le tracce monumentali del passato divengono numerose. Anche sulla riva destra della Senna si potrebbe seguire da est a ovest - dall'Hôtel de Soubise (di Delamair e Boffrand, capolavoro dello stile della Reggenza), passando per il Palais-Royal (antico palazzo del duca d'Orléans, i cui portici furono costruiti da Luigi alla vigilia della rivoluzione), fino all'antico Hôtel d'Évreux (oggi palazzo de l'Élysée e residenza del capo dello stato) - l'evoluzione dell'architettura parigina nel sec. XVIII. La via del Faubourg Saint-Honoré, sull'altra riva del fiume, fa riscontro alla Rue de Varenne; ma, divenuta centro del commercio di lusso, ha perduto la bella tranquillità della Rue de Varenne e il suo carattere aristocratico.
Le chiese costruite a Parigi durante i secoli XVII e XVIII possono sembrare assai uniformi, benché ogni epoca vi abbia i suoi caratteri. Minore varietà è negl'interni, nei quali trionfa lo stile gesuitico importato dall'Italia dal padre Martellange: le più notevoli sono le navate di Saint-Paul e di Saint-Louis, opere dello stesso Martellange, e quelle di Saint-Roch, Saint-Louis-en-l'Île, Saint-Sulpice. Gli esterni sono invece più variati. Agl'inizî del sec. XVII gli architetti fecero mostra della loro erudizione seguendo rigorosamente i principî della sovrapposizione degli ordini: tre piani di pilastri, rispettivamente dorici, ionici e corinzî. L'esempio più perfetto ne è dato dalla facciata della chiesa di Saint-Gervais, appoggiata a una navata più antica. Essa fu per lungo tempo, e a torto, attribuita al de Brosse, l'architetto del Lussemburgo, ma è dimostrato che si tratta di un'opera di C. Métezeau. Le chiese parigine del sec. XVII s'affermano soprattutto con le loro cupole, nelle quali si palesa incessante la ricerca di leggerezza. A cominciare dal 1635 Richelieu aveva fatto costruire dal suo architetto ufficiale, il Le Mercier, la chiesa della Sorbona e l'artista s'ispirò alla cupola di S. Pietro di Roma.
Degli edifici monastici che circondavano la chiesa, non rimane nulla. Invece il convento del Val-de-Grâce, iniziato da Anna d'Austria, è una bella testimonianza del fervore religioso onde fu animata la prima metà del sec. XVII e che valse alla Francia un sì gran numero di fondazioni pie. In quanto alla chiesa del Val-de-Grâce, fu terminata solo nel 1665 e consacrata nel 1710; la sua splendida cupola è ornata all'interno da pitture del Mignard. In fatto di cupole, si è già ricordata quella del Collège des Quatre-Nations; ma il capolavoro è la cupola sulla chiesa di Saint-Louis-des-Invalides, che costituisce forse la più alta espressione del genio di Jules-Hardouin Mansart; essa è la più leggiera, la più aerea di tutte e forma giustamente uno degli aspetti più celebri del profilo panoramico di Parigi.
Il sec. XVIII cercò novità rifacendosi al Medioevo. Si rividero allora facciate di chiese fiancheggiate da due torri. L'esempio ne fu dato, a Parigi, dal Servandoni nel suo progetto per la chiesa di Saint-Sulpice (1733). Egli era stato preceduto dal Boffrand con la cattedrale di Nancy; inoltre le torri odierne di Saint-Sulpice non sono più quelle del Servandoni; e la vera originalità della sua opera sta nel portico che precede l'edificio e nei due loggiati sovrapposti. L'idea fu ripresa dal Soufflot per il Panthéon (1764-1775), detto allora chiesa di Sainte-Geneviève, il quale combina la facciata d'un tempio greco, a sei colonne corinzie sotto un frontone triangolare, con una grandissima cupola poggiata sopra un tamburo circolare ornato esternamente di colonne. La trasformazione in tempio laico, consacrato al ricordo dei grandi uomini, ha gravemente alterato l'aspetto della chiesa facendone sparire le finestre. L'interno fu decorato nel sec. XIX con affreschi, di cui i più belli sono dovuti a Puvis de Chavannes. Sullo scorcio del secolo XVIII gli architetti presero a modello le primitive basiliche cristiane che lo Chalgrin cercò di far rivivere nella chiesa di Saint-Philippe-du-Roule (1774-84) e il Brongniart in Saint-Louis d'Antin (1781).
La rivoluzione non fece nulla per Parigi, sebbene le molte espropriazioni di fatto e il ribasso nei prezzi dei terreni rendessero allora facili le trasformazioni desiderate, studiate già da lungo tempo e sempre rimandate come troppo costose. L'unica opera di quel periodo, il Plan des Artistes (1793) non fu, dapprima, che un progetto. Invece fu considerevole, sebbene spesso misconosciuto, il contributo di Napoleone I: creazione di strade nuove (la Rue de Rivoli e la rete di strade che collegano le Tuileries ai boulevards, cioè tutto un quartiere); completamento della congiunzione Louvre Tuileries; decorazione imitata dalla Roma imperiale, con portici (portici della Rue de Rivoli e delle vie prossime), colonne trionfali (colonna Vendôme), archi di trionfo del Carrousel (opera di Percier e Fontaine, 1806) e dell'Étoile (cominciato nel 1805 su disegni dello Chalgrin e terminato solo sotto Luigi Filippo; decorato di sculture dal Rude); grandi lavori utilitarî, segnatamente per fornire alla città l'acqua (60 nuove fontane) e la costruzione di fogne, di quais, di ponti (Pont des Arts).
L'architettura parigina del sec. XIX, soprattutto nella prima metà, rinunziò a ogni sforzo verso l'originalità e anche a ogni tentativo di adattare la costruzione al bisogno moderno. Fu il regno dell'archeologia e dell'imitazione, cominciato nel 1780 e ormai accettato da tutti. Variarono solo i modelli. Fino al 1825 dominò l'antichità, soprattutto greco-latina.
Il tipo del tempio perittero venne adattato indifferentemente a ogni genere d'edifici: a una chiesa (la Madeleine, cominciata dal Vignon nel 1806, e terminata dal Huvé nel 1842); a un mercato (la Borsa, iniziata dal Brongniart nel 1808 e terminata nel 1827, circondata da un colonnato al sommo d'una grande scalinata); a un parlamento (la nuova facciata del Palais-Bourbon, migliore all'interno, almeno nella biblioieca, per la quale più tardi si ricorse al genio di Delacroix). Continuò anche la moda delle basiliche e si ebbero: Notre-Dame-de-Lorette (1823-36); Saint-Vincent-de-Paul, cominciata nel 1824 dal Lepère e terminata dallo Hittorff nel 1844. L'opera più originale di questo periodo è la Chapelle Expiatoire in memoria di Luigi XVI (Fontaine, 1815).
Verso il 1825 sotto il crescente influsso dei romantici, s'accentuò l'interesse per l'architettura medievale. Si ebbero altre imitazioni, romaniche, gotiche, bizantine; produzioni mediocri il cui più tipico esempio è la chiesa di Sainte-Clotilde, di gusto pseudogotico. Del medesimo orientamento partecipano i grandi lavori di ripristino del Viollet-le-Duc nella cattedrale di Notre-Dame e nella Sainte-Chapelle. E poiché la moda seguiva il corso della storia, venne poi l'ispirazione del Rinascimento; qualche reminiscenza di Venezia è trasfusa nella sontuosità dell'Opéra che, del resto, è molto più e molto meglio d'un rifacimento e per la cui decorazione scultorica si chiamò il Carpeaux (gruppo della Danza sulla facciata). Ma già allora avevano cominciato a farsi strada altre tendenze: si principiò a fare uso di materiali nuovi, come il ferro, e soprattutto mutò lo spirito, divenendo più pratico, più logico. Uno dei primi segni di questo rinnovamento è la biblioteca Sainte-Geneviève (Labrouste, 1850).
Nella seconda metà del sec. XIX e soprattutto durante il Secondo Impero, è nata la Parigi contemporanea, in seguito ai grandi lavori cui è legato il nome di G.-E. Haussmann, prefetto del dipartimento della Senna sotto Napoleone III, dal 1853 al 1870. L'opera del Haussmann fu immensa; essa s'ispirò raramente a considerazioni estetiche e solo qualche volta a considerazioni economiche: fu innanzi tutto politica e rispose in primo luogo a bisogni d'ordine e di polizia.
Dal 1789 la Francia aveva subito una serie di rivoluzioni, cominciate ognuna con una sommossa. Non tutte quelle guerre di strada erano finite con la vittoria dei riottosi, ma tutte avevano fatto versare molto sangue. All'avvento di Napoleone III si era ancora sotto il ricordo delle giornate del giugno 1848, durante le quali la sommossa era stata duramente repressa dal generale Cavaignac. Simili avvenimenti erano cominciati quasi sempre nello stesso modo: gl'insorti cioè avevano approfittato dell'angustia delle strade parigine per sbarrarle con l'aiuto di un carro rovesciato, di poche seggiole e materassi, impegnando, al riparo d'una simile barricata, la battaglia contro le truppe regolari, costrette ad attaccare di fronte senza poter operare uno spiegamento. Per rendere impossibile la guerriglia delle strade, Haussmann distrusse quelle in cui potevano annidarsi barricate; inoltre fece costruire caserme nei punti strategici e grandi viali diritti per consentire alla cavalleria di caricare e all'artiglieria di prendere d'infilata tutto quanto opponesse resistenza. I punti critici, ai quali per conseguenza Haussmann si attaccò, erano i seguenti: l'isola della Cité, labirinto di straducce e di vicoli ciechi, in cui si erano svolte, nel 1831, le cruente sommosse del saccheggio all'arcivescovado, fu rasa al suolo quasi tutta, lasciando solo il Palazzo di giustizia e la cattedrale, tra i quali fu aperta un'immensa piazza fiancheggiata dalla prefettura di polizia e da una caserma; 2. il crocevia centrale di Parigi, cioè l'intersecazione dei due grandi assi est-ovest e nord-sud: in tale incrocio era da poco avvenuta la sommossa del chiostro di Saint-Merry: ivi, con vaste espropriazioni si demolì tutto, e nondimeno è proprio in questa zona che sussistono, intorno alla chiesa di Saint-Merry, le ultime e più sordide vestigia della Parigi medievale (le vie Brise-Miche, Aubry-le-Boucher, ecc.); la città fu traversata per intero da una nuova grande arteria nord-sud, sotto i nomi di boulevards Saint-Michel, du Palais, Sébastopol, de Strasbourg; 3. i quartieri operai di Belleville e del Faubourg Saint-Antoine: tra essi la vasta caserma dello Château-d'eau (oggi sulla spianata detta Place de la République) li tenne entrambi sotto una continua sorveglianza; inoltre un nuovo sistema di boulevards permise un rapido intervento delle truppe sui punti minacciati. Tale è l'origine dell'opera di Haussmann. Ma sarebbe ingiusto dimenticare che non fu questo il suo solo aspetto e che, assicurato l'ordine, il celebre prefetto pensò anche ai bisogni più immediati della popolazione parigina: la città deve a lui la parte migliore del suo approvvigionamento d'acqua potabile e i due soli grandi parchi che possiede: il Bois de Boulogne e il Bois de Vincennes.
Caduto il Secondo Impero, la nuova e brevissima rivoluzione della Comune produsse l'incendio di alcuni tra i più bei monumenti parigini, come le Tuileries e l'Hôtel de Ville. Ristabilito l'ordine, i successori di Haussmann dovettero affrontare nuovi problemi. Prima di considerare l'architettura vera e propria, bisogna fare un cenno dell'urbanesimo parigino contemporaneo. L'insieme dei problemi d'interesse collettivo raggruppati sotto il nome d'urbanesimo si è imposto nuovamente all'attenzione solo dopo il primo decennio del sec. XX. Le difficoltà più assillanti riguardano la circolazione. Di aprire grandi vie nuove, come aveva fatto Haussmann, non vi era da parlare: i terreni costano troppo cari e i bilanci sono troppo difficili da equilibrare. Sono stati soltanto ripresi taluni progetti del Haussmann rimasti in sospeso (completamento nel 1925 del Boulevard Haussmann); ma soprattutto si sono adottate misure particolari (moltiplicazione delle strade a direzione unica, punti obbligati d'attraversamento, regolazione degli stazionamenti per veicoli) e sviluppo della circolazione sotterranea, per cercar di rimediare alla congestione del traffico. Sono stati anche migliorati i collegamenti della capitale propriamente detta con i suoi sobborghi. La simbolica demolizione (1920-1925) del muro di cinta di Luigi Filippo fu il preludio al riconoscimento ufficiale d'una "regione parigina" dotata d'uno statuto urbano e per la quale sono allo studio, sotto la direzione dell'architetto H. Prost, progetti di sistemazione e d'estensione già preparati dall'architetto Bonnier.
In quanto all'architettura vera e propria, essa è passata, nell'ultimo cinquantennio, per molte vicende. Si ricorda, a questo proposito, che la legislazione sulle costruzioni assai rigorosa in Francia e specialmente il regolamento sull'edilizia parigina hanno almeno conservato alla città un certo carattere omogeneo, impedendole di diventare un campionario d'architetture. L'esposizione del 1889 vide il trionfo della costruzione metallica, con due opere particolarmente ardite: la Torre Eiffel e la Galleria delle macchine. Questa seconda è scomparsa e, qualunque ne sia stato il valore, non è da rimpiangere, perché mascherava, in fondo allo Champ-de-Mars, l'ammirevole prospettiva dell'École militaire. Il palazzo del Trocadéro (musei d'architettura comparata e d'etnografia) è un'altra eredità, meno felice, dell'esposizione del 1889. Invece l'esposizione del 1900 e gli anni ad essa prossimi videro una reazione della tendenza decorativa della quale sono frutto il Grand-Palais, il Petit-Palais e molte case private assai malamente impasticciate. Tuttavia agli anni che precedettero immediatamente la guerra mondiale Parigi deve uno dei suoi monumenti più belli, il Théâtre des Champs-Èlysées, capolavoro dei fratelli Perret, con la collaborazione del Bourdelle e di Maurice Denis.
Dal 1920, nell'architettura come nelle altre arti, le tendenze degli artisti e il favore del pubblico sono stati divisi tra due tendenze: una, che si può chiamare a buon diritto accademica perché i suoi principali rappresentanti appartengono all'Académie des beaux-arts, mira piuttosto all'abbondanza della decorazione che non alla logica della costruzione ed è paga quando ha disegnato una facciata armoniosa; l'altra, cui non si può dare nessun nome, si sforza di considerare in sé stessi i problemi da risolvere e di stabilire uno stretto accordo dell'edificio con la sua funzione e col suo ambiente. Il Cercle militaire (Lemaresquier) rappresenta assai bene la prima tendenza; mentre la seconda si onora anzitutto dei nomi dei fratelli Perret (la chiesa di Notre-Dame di Le Raincy, eretta da loro tra il 1921 e il 1923, è stata soprannominata "la Sainte-Chapelle del cemento armato"), di H. Sauvage (immobili della Rue des Amiraux), di Mallet-Stevens, di Roux-Spitz, di Charles Siclis (Théâtre des Mathurins e Théâtre Pigalle), ecc. Le Corbusier ha costruito a Parigi soltanto il padiglione svizzero della città universitaria e la casa-rifugio dell'Esercito della salvezza, entrambi nel 1933.
V, tavv. LXXXIX-CXII.
Bibl.: Fonti: G. Corrozet, La fleur des antiquitez... de Paris, Lione 1532; J. Dubreul, Théâtre des Antiquitez de Paris, Parigi 1612; Lamare, Traité de la Police, II, ivi 1705; Sauval, Histoire et recherche des antiquités de la ville de Paris, ivi 1724; Abbé Lebeuf, Histoire de la ville et du diocèse de Paris, ivi 1754-1758; Jaillot, Recherches critiques et topographiques sur la ville de Paris, 1772-75; Mercier, Tableau de Paris, ivi 1781.
Topografia, urbanesim: Franklin, Les anciens plans de Paris, Parigi 1751-1752; Berty, Topographie historique du Vieux Paris, voll. 3, ivi 1876-1882; 1885, 1887-97; F. Hoffbauer, Paris à travers les âges, ivi 1885; G. E. Haussmann, Mémoires, ivi 1891; P. Lavedan, Histoire de L'Urbanisme, I, ivi 1926; id., Les transformations de Paris aux XVIIe et XVIIIe siècle, in Annales de l'Université de Paris, 1930; A. Guérard, L'avenir de Paris, ivi 1930; A. Morizet, Du Vieux Paris au Paris Moderne, Parigi 1932; Atlas des plans de Paris, pubblicato dalla città di Parigi, ivi s. a.; M. Poète, Parigi, voll. 3, ivi s. a.
Monumenti: J. K. Huysmans, La Bièvre et Saint Séverin, Parigi 1890; L. Lambeau, L'Hôtel de Ville de Paris, ivi 1909; A. Boinet, Les édifices religieux de Paris, Moyen Âge, Renaissance, ivi 1910; J. Bayet, Les édifices religieux de Paris, XVIIe, XVIIIe, XIXe s., ivi 1910; F. G. De Pachtère, Paris à l'époque gallo-romaine, ivi 1912; Congrès archéologique de France, à Paris en 1919, ivi 1920; M. Aubert, Notre-Dame de Paris, ivi 1920; H. Lemonnier, Le Collège Mazarin et le Palais de l'Institut, ivi 1921; Abbé Brochard, Histoire de la Paroisse et de l'église Saint Laurent, ivi 1923; L. Hautecœur, Les grands Palais de France, le Louvre et les Tuileries, ivi 1923; Rochegude e Dumolin, Guide pratique à travers le Vieux Paris, ivi 1923; Ch. Langlois, Les hôtels de Clisson, Guise et Rohan-Soubise au Marais, ivi 1923; Les vieux hôtels de Paris (pubbl. della libreria Contet); G. Huisman, Pour comprendre les monuments de Paris, ivi 1925; L. Hautecœur, Histoire du Louvre, ivi 1928; D. Jalabert, La Cathédrale de Paris, ivi 1932; J. Dyer Spencer, Les vitraux de la Sainte-Chapelle, in Bull. Monumental, XCI (1932), pp. 333-407; P. du Colombier, Tableau du XXe siècle. Les arts, Parigi 1933; C. Terrasse, Notes sur la construction de l'église Saint Eustache, s. l. né a.; L. Dimier, L'Hôtel des Invalides, Parigi s. a.
Istituti di cultura e musei.
Istituzioni culturali. - Forse nessuna città al mondo offre un maggior numero e una maggior varietà d'istituzioni culturali. Molte di esse hanno una nobilissima e remota tradizione, e fanno di Parigi un centro di studî importantissimo, al quale accorrono studiosi da tutti i paesi europei ed extraeuropei.
L'origine dell'università di Parigi si deve cercare verso il 1150, quando i maestri liberi, cioè non appartenenti alla scuola del vescovo, si associarono per resistere alle pretese del cancelliere di Notre-Dame, che voleva monopolizzare l'insegnamento e sottometterli alla propria autorità.
I maestri liberi ottennero nel 1231 da papa Gregorio IX il privilegio costitutivo. L'organizzazione medievale dell'università di Parigi è simile da principio a quella dell'università di Bologna, poi se ne va discostando, ma non è possibile qui seguirne le vicende. Ora essa è costituita delle facoltà di diritto, medicina, scienze, lettere, farmacia; la facoltà di teologia cattolica fu soppressa nell'anno 1885, quella di teologia protestante nel 1905; a capo dell'università sta il rettore, a capo di ogni facoltà un decano; l'amministrazione dell'università spetta al Consiglio dell'università.
Nel Medioevo all'università era annesso un certo numero di collegi, in cui gli studenti vivevano in comune; dalla metà del sec. XIII questi collegi cominciarono a prendere il carattere d'istituti d'insegnamento; i corsi impartiti nei collegi assunsero sempre maggiore importanza e verso la metà del sec. XV sostituirono l'insegnamento pubblico dell'università. Molti collegi furono fondati e dotati da persone ricche e influenti per facilitare gli studî agli studenti poveri. Dei moltissimi parigini (ai primi del sec. XVI erano una cinquantina), i più importanti furono quello di Navarra (fondato nel 1304 da Giovanna, regina di Navarra e moglie del re di Francia Filippo il Bello, e chiuso nel 1792), la Sorbona e il Collège de France.
La Sorbona fu fondata nel 1257 da Roberto de Sorbon, canonico e cancelliere dell'università, per gli studenti e maestri di teologia poveri. Combattuta dapprincipio dagli ordini mendicanti ai quali, con i suoi insegnamenti di teologia, di filosofia scolastica e di casistica, faceva concorrenza, si affermò vigorosamente, ebbe una biblioteca assai importante per l'epoca, favorì l'introduzione della stampa, ospitando nel 1470 i primi stampatori. Quantunque la facoltà di teologia fosse distinta dalla Sorbona, sino dal 1516 le due istituzioni venivano scambiate e dal 1554 la facoltà cominciò a tenere le sue riunioni solenni alla Sorbona. Il card. Richelieu, che ne fu eletto proviseur, dal 1626 al 1628 eresse a sue spese con grande magnificenza gli edifici della Sorbona, che rivaleggiò con l'università e che fu centro del gallicanismo e, a un dato momento, profondamente giansenista. L'Assemblea legislativa soppresse il collegio il 18 agosto 1792, e l'edificio. dal 1801 al 1821 col nome di Musée des arts ospitò più di cento famiglie d'artisti. Finalmente nel 1821 vi ebbero posto le facoltà di teologia, di scienze e di lettere. Soppressa nel 1885 la facoltà di teologia, la Sorbona (completamente ricostruita tra il 1885 e il 1900) è ora la sede delle facoltà di lettere e di scienze e della loro biblioteca. Ospita inoltre l'École pratique de hautes études, creata nel 1862 da V. Dupuy per integrare con esercitazioni pratiche l'istruzione teorica e che è divenuta un centro di ricerche scientifiche libere senza alcun programma ufficiale, diviso nelle sezioni di matematiche, fisica e chimica, scienze naturali, scienze storiche e filosofiche, scienze religiose; e l'École nationale des chartes, istituita nel 1821 e riformata nel 1846, e che dopo tre anni di studî rilascia il certificato d'archivista-paleografo e prepara i bibliotecarî. Alla Sorbona si svolgono le grandi cerimonie universitarie.
Il Collège de France fu fondato da Francesco I nel 1530; vi si tengono corsi liberi, e che non dànno diritto ad alcun diploma, di perfezionamento dell'insegnamento universitario, raggruppati in tre sezioni: 1. scienze matematiche, fisiche e naturali; 2. scienze filosofiche e sociologiche; 3. scienze filosofiche e archeologiche.
L'École normale supérieure fu fondata, su proposta di J. Lakanal, per decreto della Convenzione nel 1794, e dal 1808 ha il compito di preparare i professori di tutte le materie per gl'istituti secondarî e superiori.
L'École spéciale des langues orientales vivantes fu creata nel 1795 per formare gl'interpreti del servizio diplomatico e consolare; fu riordinata nel 1914 ed è uno dei centri mondiali per lo studio della filologia orientale.
L'École nationale supérieure des beaux-arts fu fondata nel 1648 col titolo di École académique; il nome attuale le fu dato nel 1793, l'ordinamento presente data dal 1865; ha le sezioni di pittura e incisione al bulino, di scultura e incisione delle medaglie e delle pietre dure e di architettura; e prepara gli allievi ai diversi "concorsi di Roma":
Accanto a questa vi è anche l'École nationale des arts décoratifs, fondata nel 1765 e riorganizzata nel 1868, dalla quale escono gli artisti decoratori e i disegnatori industriali.
Il Conservatoire national de musique et de déclamation, fondato nel 1765 col titolo di Académie royale de chant, impartisce l'insegnamento del canto, della musica, dell'armonia, della composizione musicale, della declamazione, ecc.
L'École polytechnique fu fondata dalla Convenzione nel 1794, su proposta di G. Monge e di L. Carnot e riorganizzata nel 1852; vi si è ammessi per concorso tra i giovani muniti del diploma di baccellieri; dopo due anni di corso, i migliori allievi sono ripartiti tra varie scuole destinate a preparare i funzionarî per i diversi servizî tecnici statali: École d'application des manufactures de l'État (1860, tabacchi), École du génie maritime, des mines (1747), des ponts et chaussées (1747), des postes et télégraphes (1878), des eaux et forêts (1824; in Nancy), scuole da cui escono anche ingegneri specialisti; gli allievi non assegnati a queste scuole divengono sottotenenti dell'artiglieria o del genio militare.
Altre scuole superiori per l'insegnamento tecnico sono il Conservatoire national des arts et métiers, fondato dalla Convenzione nel 1794, che impartisce l'insegnamento delle matematiche e delle discipline fisiche, chimiche, economiche e giuridiche applicate all'industria; e l'École centrale des arts et manufactures, fondata nel 1829, da cui escono ingegneri civili. L'Institut national agronomique (1876) prepara professori di agronomia, candidati all'École nationale des eaux et forêts di Nancy, ingegneri agronomi; l'École nationale de la France d'outremer (già École coloniale; fondata nel 1885, riorganizzata nel 1927), divisa in una sezione indigena, che prepara ai servizî presso l'amministrazione coloniale dei rispettivi paesi i giovani indocinesi, africani e malgasci; una sezione di magistratura coloniale e una sezione dell'Africa settentrionale, dalla quale escono i funzionarî delle diverse amministrazioni africane; l'École supérieure de guerre (1878) per gli ufficiali dello Stato maggiore; l'École des hautes études commerciales, per i commercianti, gli agenti consolari, e gli addetti commerciali; le Écoles professionnelles de la Ville de Paris: Diderot (per la lavorazione del ferro), Boulle (per i mobilieri), Estienne (per gli stampatori), Dorian (ferro e legno), l'École municipale des arts appliqués, l'École municipale de physique et de chimie industrielles per ingegneri chimici e ingegneri fisici; l'École supérieure de la marine per gli ufficiali di Stato maggiore della marina; l'École d'application du génie maritime.
Accanto a queste e ad altre scuole superiori pubbliche, vi sono molte scuole "libere", di cui si possono accennare solo le più importanti. L'École libre de sciences politiques, fondata nel 1872, prepara alle carnere amministrative più importanti (diplomazia, Consiglio di stato, Corte dei conti, ministeri); il Collège libre de sciences sociales; l'École des hautes études sociales et internationales, fondata nel 1900, con cinque sezioni (sociale, di filosofia, giornalismo, studî internazionali, arte); l'École d'anthropologie; l'École spéciale d'architecture (1865); l'École supérieure d'électricité per ingegneri elettricisti; l'École Bréguet (1904) teorica e pratica di elettricità; l'École supérieure-d'aéronautique et de construction mécanique (1909) per ingegneri costruttori di aeroplani e aeronavi; l'Institut catholique, fondato nel 1876, dopo la soppressione della facoltà di teologia cattolica (con le facoltà di teologia, diritto canonico e filosofia, che rilasciano lauree, e le facoltà di diritto e lettere e la scuola superiore di scienze che preparano alle lauree universitarie); la Faculté libre de théologie protestante, fondata nel 1877, che dal 1906 sostituisce la facoltà dell'università soppressa nel 1905; ecc.
Di istituti superiori stranieri ci sono l'École roumaine en France; l'Institut russe (1922) con le facoltà di diritto, scienze e lettere; e il Pravoslavnyi Bogoslovskyj Institut (Istituto di teologia ortodossa) fondato nel 1925.
Parigi possiede una delle maggiori biblioteche del mondo, la Bibliothèque Nationale. La sua origine risale alle biblioteche che i re di Francia costituivano, ma che per lo più venivano disperse alla loro morte, come avvenne di quella di Carlo V, che nel 1373, contava 910 volumi. Luigi XII può essere considerato come il fondatore della biblioteca presente; egli fece trasportare nel suo castello di Blois i libri raccolti da Carlo VIII, ai quali aggiunse la biblioteca di Pavia, e altri libri. Francesco I portò tutto nel palazzo di Fontainebleau e l'affidò prima a G. Budé, poi a P. Duchâtel, i quali l'arricchirono di manoscritti orientali, greci e latini e di preziosi volumi a stampa; Enrico IV le donò 800 manoscritti, provenienti dall'eredità medicea, e la fece portare a Parigi, al Collegio di Clermont sulla Montagne Sainte-Geneviève. Dopo altri traslochi, nel 1761 la biblioteca, che era stata arricchita sotto i regni di Luigi XIV e XV con numerosi e preziosi acquisti e doni d'intere collezioni e biblioteche, fu portata in Rue de Richelieu, nell'Hôtel de Nevers, da dove non è più stata rimossa. La rivoluzione l'arricchì ancora di collezioni monastiche e stabilì nel 1793 l'obbligo del deposito legale d'un esemplare (più tardi due) di tutto quanto si stampa.
La Bibliothèque Nationale possiede quasi 4.500.000 volumi a stampa e 123.000 manoscritti: per numero di volumi a stampa la superano soltanto la Biblioteca di Leningrado e la Biblioteca Lenin di Mosca, che ha anche un numero quasi triplo di manoscritti. La stampa del catalogo alfabetico per autori fu iniziata nel 1897; nel 1933 se n'era pubblicato il 121° volume.
La Bibliothèque Nationale è divisa in quattro reparti: 1. stampati (4.500.000 voll.) e carte geografiche (300.000); 2. manoscritti (125.000 voll.) e pergamene; 3. stampe incise (3.000.000); 4. medaglie e monete (circa 250.000) e antichità.
La Bibliothèque de l'Arsenal fu fondata nel 1757 dal marchese M.-A.-R. de Paulmy d'Argenson, fu comprata nel 1785 dal conte d'Artois (poi Carlo X), che vi unì nel 1788 una parte della biblioteca del duca L.-C. de La Vallière; essa possiede 10.000 manoscritti, 1.070.000 volumi a stampa, circa 120.000 incisioni, una ricchissima collezione di codici miniati, una collezione quasi completa delle opere drammatiche pubblicate in Francia, una vasta raccolta di giornali e periodici, l'archivio della Bastiglia, un gran numero d'incunabuli (2500) e la più ampia raccolta di tutto il mondo di manoscritti e opere sull'alchimia e le scienze occulte.
La Bibliothèque Sainte-Geneviève ha 500.000 volumi, 4000 manoscritti, 20.000 stampe, tra le quali 10.000 sono ritratti; le sue collezioni più importanti sono quella di scritti teologici cattolici e protestanti, una magnifica raccolta di incunabuli (1250), collezioni di aldine ed elzeviri, una collezione dell'Imitazione di Cristo.
La Bibliothèque Mazarine, formata dal cardinale Mazzarino, che nel 1643 l'aprì al pubblico; essa ha 250.000 volumi, 5800 manoscriti, 1900 incunabuli e nel 1930 è stata aggregata alla Bibliothèque Nationale.
Le altre biblioteche pubbliche superano il centinaio, non contando le biblioteche popolari. Molte di esse sono di grandissimo valore o costituiscono collezioni importantissime: così la Bibliothèque d'art et d'archéologie de l'université de Paris (fondata nel 1909 da J. Doucet; 150.000 volumi, 15.000 manoscritti, 150.000 riproduzioni fotografiche); la Bibliothèque de la faculté de droit (fondata nel 1878; circa 200.000 volumi); la Bibliothèque de la faculté des lettres et des sciences (fondata nel 1765; 700.000 volumi, 130.000 tesi); la Bibliothèque de la faculté de médecine (fondata nel 1733; 475.000 libri tra i quali 260.000 tesi; 85 incunabuli); la Bibliothèque de la faculté de pharmacie (fondata nel 1570; 50.000 volumi, 10.000 opuscoli, 2000 tesi); quelle della Camera dei deputati (300.000 volumi) e del Senato (250.000 volumi); quella del Muséum d'histoire naturelle (350.000 volumi, 2000 manoscritti, 19.500 disegni originali, 2000 rami); quella dell'École no male supérieure (400.000 volumi); quella dell'École de langues orientales (90.000 volumi); quella dell'Union centrale des arts décoratifs (30.000 volumi, 800.000 incisioni e fotografie, 15.000 disegni); dell'École des beaux-arts (fond. 1869; 60.000 volumi, 500.000 fotografie e incisioni, 000 disegni); la Bibliothèque Forney, municipale d'arte e d'industria (fond. 1855; 28.000 volumi, 250.000 modelli); la Bibliothèque, Archives et Musée du Théâtre National de l'Opéra (fondata nel 1866 da Ch. Nuitter; 50.000 volumi di musica e costumi, 25.000 produzioni teatrali, 5000 libretti); la Bibliothéque et Archives de la Comédie-Française (fond. 1845; 15.000 opere a stampa, 9000 produzioni teatrali); la biblioteca dell'Institut catholique (180.000 volumi); la Bibliothèque de la Marine (fond. 1795; 250.000 volumi, 10.000 manoscritti); quella dell'École des mines (130.000 volumi, 20.000 opuscoli e carte); quella della Camera di commercio (fond. 1821; 80.000 volumi); quella dell'Alliance israélite universelle (fond. 1868; 40.000 volumi); la Bibliothèque finno-scandinave, annessa alla Bibliothèque Sainte-Geneviève (con 50.000 libri e opuscoli); la Bibljoteka Polska (fond. 1838; 100.000 volumi e stampe, 12.000 manoscritti e autografi, 45.000 incisioni, 1700 medaglie e monete); la Bibliothèque russe Tourguénev (fond. 1875; 60.000 volumi), ecc.
Degl'istituti scientifici non connessi con le università e le scuole superiori, il più noto è l'Institut Pasteur, fondato nel 1888 da L. Pasteur dedicato alle ricerche biologiche e alla sieroterapia. Meritano d'essere menzionati l'Institut du Radium (1912-1914) e la Fondation Curie; l'Institut de paléontologie humaine, fondato nel 1910 dal principe di Monaco; il Bureau des longitudes, fondato nel 1795 dalla Convenzione nazionale, che si occupa di astronomia e delle sue applicazioni alla geografia, alla navigazione e alla fisica del globo, e di meteorologia, con osservatorio meteorologico a Montsouris; il Service géographique de l'armée, riorganizzato nel 1882, che pubblica le carte topografiche della Francia, dell'Africa del Nord e del Levante; l'Institut hydrographique de la Marine; l'Institut océanographique, fondato dal principe di Monaco e inaugurato nel 1911; il Service de la carte géologique de la France (1835); l'Office national des recherches scientifiques, fondato nel 1915; l'Institut des recherches agronomiques, fondato nel 1921; l'Institut d'histoire, de géographie et d'économie urbaines de la Ville de Paris fondato nel 1917, con una biblioteca di 80.000 volumi e 19.000 carte; l'Observatoire national, istituito nel 1667-1671 (il parallelo della facciata meridionale 48°50′11″ N. dà la latitudine di Parigi, e il meridiano che divide in due l'edificio, 2°20′14″ E., è il meridiano di Parigi).
Accanto a queste istituzioni nazionali, Parigi è sede di numerosi organismi internazionali. L'Istituto internazionale di cooperazione intellettuale rappresenta l'organo esecutivo della Commissione internazionale della Società delle nazioni ed ha la missione di facilitare la collaborazione dei ministeri dell'istruzione, delle biblioteche, degli archivî, dei musei, di studiare le questioni culturali d'interesse internazionale, di collaborare alla protezione della proprietà artistica e letteraria, di facilitare gli scambî d'idee e le relazioni personali tra gli scienziati dei varî paesi. Questo istituto fu aperto il 1° novembre 1925.
Creato parimenti dalla Società delle nazioni nel 1926 è l'Office international des musées, connesso col precedente istituto; mentre è creazione della Francia l'Office national des universités et écoles françaises, fondato nel 1911 per facilitare le relazioni e lo scambio dei professori tra le università.
Istituti stranieri importanti sono l'European office of the Rockefeller Fondation e il Centre européen de la Dotation Carnegie pour la paix internationale, fondato nel 1911.
Nel 1875 fu fondato il Bureau international des poids et mesures, che vigila alla conservazione dei prototipi del metro e del chilogrammo, e si occupa di studî metrologici, termometrici, della fissazione dei metodi di misurazione geodetica, ecc.
L'Institut international du froid fu fondato in esecuzione d'una convenzione internazionale del 1920.
Le Archives nationales risalgono all'anno 1789, quando l'Assemblea costituente decretò che fossero riuniti in un deposito centrale tutti gli atti dell'antico regime, storici e amministrativi, esistenti a Parigi. Vi è annesso un Musée paléographique et sigillographique, fondato nel 1867.
Commissioni scientifiche importanti sono quella del Vieux-Paris (fondata nel 1898 per la conservazione dei monumenti parigini); il Segretariato generale della Commissione internazionale delle scienze storiche; la Commission internationale des arts populaires (1928); il Comité international de publication des tables annuelles des constantes (1910); il Comité juridique international de l'aviation (1910); la Commission internationale de navigation aérienne (1922), ecc.
Il primo posto tra le accademie e le società scientifiche spetta a l'Institut de France, creato con l'articolo 298 della costituzione del 22 agosto 1795 (5 fruttidoro anno III) in sostituzione delle accademie soppresse nel 1793. L'Institut, secondo la legge del 3 brumaio anno IV (25 ottobre 1795) era composto di 144 membri più 24 associati stranieri, divisi in 3 classi: 1. di scienze fisiche e matematiche; 2. di scienze morali e politiche; 3. di letteratura e belle arti. Il decreto consolare del 3 piovoso anno XI (23 gennaio 1803) soppresse la 2ª classe e divise la 3ª in tre altre: lingua e letteratura francese, storia e letteratura antiche, belle arti, portando i membri a 174 più 24 associati stranieri. L'ordinanza reale del 21 marzo 1816 lo riordinò in 4 classi: Académie française, Académie des inscriptions et belles-lettres, Académie des sciences e Académie des beaux-arts. Con l'ordinanza reale del 26 ottobre 1832 vi fu aggiunta l'Académie des sciences morales et politiques. È questa l'organizzazione mantenutasi con piccole modificazioni sino ad ora.
Le cinque accademie sono le eredi di quelle fondate durante il sec. XVII, quantunque abbiano subito numerose modificazioni e interruzioni di attività. L'Académie française ha le sue più lontane origini nelle riunioni regolari di alcuni letterati in casa del loro confratello V. Conrart verso il 1629. Alcuni anni più tardi il card. Richelieu pensò di rendere ufficiali tali riunioni, in modo da costituire un'istituzione simile all'Accademia della Crusca, cosa che fu fatta con lettere patenti di Luigi XIII del gennaio 1635. Il numero dei membri fu successivamente di 28 e poi di 40 ("les 40 immortels"). Il principale scopo prefissole era di perfezionare la lingua francese: doveva perciò redigere un dizionario, una retorica, una poetica e una grammatica; ma soltanto il Dictionnaire fu condotto a fine (è in corso di pubblicazione l'8ª edizione), mentre le altre opere non furono neanche incominciate; solo nel 1932 fu pubblicata, su proposta di A. Hermant, la Grammaire de l'Académie française, che del resto suscitò vivissime polemiche.
L'Académie des inscriptions et belles-lettres fu fondata a cura di J.-B. Colbert nel 1663 col nome di Petite Académie. Nel 1701 Luigi XIV la riorganizzò, e le diede il titolo attuale nel 1716. Soppressa nel 1793, ricostituita sotto altro nome nel 1803, riebbe il vecchio nome solo nel 1816. Essa conta 40 membri, 10 accademici liberi, 12 associati stranieri, 40 corrispondenti stranieri e 30 corrispondenti francesi.
L'Académie des sciences deve parimenti la sua fondazione al Colbert, nel 1666, e fu riorganizzata nel 1699 e nel 1785. Essa conta oggi 68 accademici (2 segretarî perpetui e 6 membri per ognuna delle seguenti sezioni: geometria, meccanica, astronomia, geografia e navigazione, fisica generale, chimica, mineralogia, botanica, economia rurale, anatomia e zoologia, medicina e chirurgia), 10 accademici liberi, 6 accademici non residenti, 6 accademici per le applicazioni delle scienze all'industria, 12 associati stranieri e 116 corrispondenti francesi e stranieri.
L'Académie des beaux-arts fu fondata nel 1795 e riorganizzata nel 1816; essa conta 41 accademici, ripartiti in cinque sezioni: pittura (14), scultura (8), architettura (8), incisione (4), musica (6) e un segretario perpetuo, 10 accademici liberi, 10 associati stranieri, 50 corrispondenti francesi e stranieri.
L'Académie des sciences morales et politiques fu fondata nel 1795, soppressa da Napoleone nel 1803 e richiamata in vita nel 1832. Gli accademici sono 40 (8 per sezione: filosofia; morale; legislazione, diritto pubblico e giurisprudenza; economia politica, statistica e finanze; storia generale e filosofica), 10 accademici liberi, 10 associati stranieri e 60 corrispondenti.
Ogni accademia ha un segretario perpetuo, tranne quella delle scienze che ne ha due; ognuna tiene delle sedute separate; e soltanto il 25 ottobre d'ogni anno l'Institut tiene una seduta generale. In complesso l'Institut ha 229 posti di accademico, 40 di accademico libero, 44 di associato straniero, 6 di accademico non residente, 6 membri per la scienza applicata all'industria e 296 corrispondenti nazionali e stranieri; però il numero dei componenti è inferiore al totale (621) perché alcuni fanno parte di più di un'accademia.
L'Académie de médecine non fa parte dell'Institut; essa fu fondata nel 1820 e ha 100 membri in sei sezioni, 10 membri liberi, oltre agli associati e ai corrispondenti.
Inoltre nel 1928 fu fondata l'Académie internationale d'histoire des sciences, con un centro, 30 membri ordinarî e 50 corrispondenti.
Numerosissime società scientifiche sono raggruppate nella Conféderation des sociétés scientifiques françaises, costituita di quattro federazioni: delle società di chimica, di fisica, di scienze naturali e di scienze filosofiche, storiche, filologiche e giuridiche.
È impossibile elencarle tutte; si elencano le più importanti, con l'anno di fondazione: la Société chimique de France (1857); la Société astronomique de France (1887), con un suo osservatorio; la Société française de photographie (1854); la Société française de physique (1874); la Société nationale d'acclimatation (1854); la Société des américanistes (1895); la Société d'anthropologie de Paris (1859); l'Association française pour l'avancement des sciences (1864); la Société de biologie (1854); la Société entomologique de France (1832), la Société géologique de France (1830); la Société de mineralogie (1878); la Société préhistorique française (1904); la .ìociété zoologique de France (1876); la Société française de philosophie 1901); la Société française de psychologie (1901); la Société française d'ethnographie (1920); la Société de l'École des chartes (1839); la Société nationale des antiquaires de France (1803); la Société française d'archéologie (1834); la Société des études historiques (1833); la Société d'histoire moderne (1901); la Société de l'histoire de la réi. olution française (1888); la Société Ernest Renan (di storia delle religioni); la Société de linguistique de Paris (1864); l'Association Guillaume Budé (per la diffusione della cultura classica; 1918); la Société de linguistique romane (1925); la Socikté des anciens textes français (1875); la Société des études juives (1880); la Société de statistique de Paris (1860); la Société de législation comparée (1866); la Société des bibliophiles français (1820); la Société de géographie de Paris (1821); la Société asiatique (1822); la Société de l'histoire de France (1833); l'Académie des sciences coloniales (1922); la Sabretache (per la storia militare; 1893); la Société d'histoire ecclésiastique de la France (1914); la Société de l'histoire du protestantisme français (1852); la Société mathématique de France (1873); la Société de médecine de Paris (1796); la Société anatomique (1803); la Société nationale de chirurgie (1843); la Société de pharmacie de Paris (1803); l'Union internationale contre la tuberculose (1920); l'Institut métapsychique international (1919); la Ligue des Sociétés de la Croix-Rouge (1919); la Société des amis du Louvre (1897); la Société positiviste internationale (1848, da A. Comte); la Société de sociologie de Paris (1895); l'Institut international de sociologie (1893); la Société Alfred Binet (per lo studio della psicologia del fanciullo; 1900); l'Institut international de droit public (1927); l'Académie diplomatique internationale (1927); la Société d'économie sociale (1856); la Société des ingenieurs civils de France (1848); l'Académie des Goncourt (1896), che conferisce il premio istituito da E. de Goncourt; l'Alliance française (fond. nel 1883 per la diffusione della lingua e della cultura francese all'estero); l'Alliance israélite universelle (1860, per l'emancipazione e il progresso morale degl'Israeliti del mondo); il Groupe académique russe; l'Union académique russe, ecc.
Quasi tutte queste associazioni pubblicano bollettini, atti, riviste, memorie, spesso di eccezionale valore; molte possiedono biblioteche importantissime e collezioni di grandissimo pregio.
Musei. - Il Louvre, il più celebre dei musei francesi, contiene collezioni molto varie: antichità egizie, assire, greche, romane; sculture medievali e moderne; pitture medievali e moderne; mobili; un museo della marina. Occupa la maggior parte dell'antico Palais-Royal, che divide con il Ministero delle finanze. Il museo fu costituito per decreto dell'Assemblea costituente nel 1791; in realtà già nel 1775 il conte d'Angiviller, ultimo ministro delle Belle arti sotto la monarchia, aveva deciso di riunire nel Louvre le opere d'arte più pregevoli di proprietà della Corona. Infatti le collezioni reali costituiscono il nucleo iniziale del museo, regolarmente accresciute nel corso d'un secolo e mezzo da acquisti e doni. La sezione egizia, iniziata con la spedizione in Egitto del Bonaparte (1798-1802), comprende i maggiori risultati degli scavi dello Champollion e del Mariette. La sezione di antichità asiatiche contiene gli oggetti degli scavi compiuti in Assur, Ninive, Khorsabad e quelli riportati dalla missione Dieulafoy a Susa. Il museo greco-romano è stato in parte trasformato nel 1934 e alcuni suoi elementi (monumenti da Mileto e da Magnesia sul Meandro) sono stati messi felicemente in valore. Vi primeggiano per fama la Venere di Milo e la Vittoria di Samotracia. La sezione di sculture del Medioevo e del Rinascimento, anch'essa riordinata agli inizî del 1934, possiede fra le opere più importanti i due Schiavi di Michelangelo destinati al sepolcro di Giulio II e opere di Benvenuto Cellini, J. Goujon, G. Pilon. La sezione di scultura moderna ha opere del Coysevox, del Puget, del Coustou, di Houdon, del Chaudet, del Rude, di David d'Angers, del Barye, del Carpeaux, del Dalou. La sezione di pittura, ch'è la più importante, purtroppo non è ben collocata, sparsa in diversi fabbricati e piani del museo. La scuola italiana è rappresentata soprattutto dai maestri dei secoli XVI-XVII (Raffaello, Tiziano, Leonardo da Vinci, il Correggio, il Veronese, i Carracci, il Caravaggio); i secoli XIV e XV invece non vi hanno che alcuni capolavori, come la Madonna di Cimabue, l'Incoronazione della Vergine del Beato Angelico e gli affreschi di villa Lemmi del Botticelli, ecc. La raccolta dei dipinti fiamminghi e olandesi è molto ricca (Van Eyck, Van Dyck, Frans Hals, Rembrandt, ecc.): una sala speciale è stata dedicata alla magnifica serie di grandi tele del Rubens, provenienti dal Lussemburgo, con le storie di Maria de' Medici. Rispetto alla scuola francese, vi è dal 1904 una serie abbastanza importante di maestri primitivi; il sec. XVII è ben rappresentato, il XVIII piuttosto male, a cagione del cambiamento nel gusto provocato dal David nel momento in cui si andavano costituendo le collezioni. Il Louvre non avrebbe che un solo Watteau (Embarquement pour Cythère, proveniente dalle collezioni dell'antica Accademia reale), se non ci fosse stato il lascito Lacaze. Il sec. XIX è rappresentato compiutamente, e la collezione va ogni giorno arricchendosi; in questi ultimi anni è stata trasportata dal Lussemburgo al Louvre tutta la serie degli impressionisti. Le collezioni vere e proprie del Museo sono completate dalle donazioni di collezioni private che non sono ancora state disgregate e occupano sale speciali: collezione Lacaze (sec. XVII-XVIII), collezione Chauchard (sec. XIX francese), collezione Camondo (impressionisti).
Alle opere di artisti viventi sono consacrati due musei: il Lussemburgo alla scuola francese e il Jeu-de-Paume delle Tuileries alle scuole straniere, ma entrambi riescono insufficienti. Si progetta per l'esposizione internazionale del 1937 di erigere un museo disposto convenientemente, ove verrebbero sistemate queste collezioni. Tra gli altri musei sono particolarmente importanti quello di Cluny (nell'antica residenza degli abati di Cluny, del sec. XV), con mirabili raccolte di sculture e di oggetti del Medioevo e del Rinascimento; il Museo Jacquemart-André, ricco di dipinti e di sculture italiane; il museo Cernuschi, celebre per le collezioni d'arte dell'Estremo Oriente; il museo Guimet, sistematica raccolta di monumenti della religione e dell'arte dell'antico Egitto e dell'Oriente. Ricordiamo anche il museo del Trocadéro (calchi di sculture ed etnografia); quello degli Invalidi (armi, costumi militari, piante in rilievo); il museo Carnavalet (museo storico della città di Parigi); il museo del Petit-Palais (collezioni varie d'arte); il museo Rodin e quello di G. Moreau (opere dei due artisti), ecc.
Ogni anno a Parigi sono tenute numerose mostre: il Salon degli artisti francesi (maggio-giugno) rappresenta la tradizione accademica; ha una giuria esaminatrice e distribuisce premî. Il Salon de la Société nationale des beaux-arts, già innovatore, tende ora a confondersi sempre più con il primo; gli artisti più vivaci lo hanno abbandonato nel 1923 per fondare il Salon detto delle Tuileries, perché il primo anno espose sullo spiazzo delle Tuileries. Il Salon d'autunno (ottobre), fondato nel 1903 da Frantz Jourdain, segnò l'inizio della migliore parte dell'arte francese contemporaneȧ; i suoi primi animatori furono M. Denis, il Desvallières, il Rodin. Il Salon degli Indipendenti (febbraio-marzo), aperto a tutti, anche ai dilettanti meno dotati, senza giuria d'ammissione (basta pagarvi il proprio posto, le opere vi sono classificate in ordine alfabetico), ha permesso agli elementi più avanzati della pittura francese e della "Scuola di Parigi" di prodursi: e agli "Indipendenti" appunto apparvero nel 1903 i Fauves. In questi Salons, a cui ogni anno si aggiungono numerose mostre particolari, gli artisti stranieri uguagliano per numero i francesi, e generalmente si appassionano per le tendenze più estreme e i tentativi più audaci.
Vita musicale.
Tracce d'una vita musicale particolarmente attiva non si trovano a Parigi anteriormente al sec. XII; ma in tale epoca la città giunge a fama di grande centro intellettuale e nelle sue scuole affluirono studenti da tutti i paesi, in numero quasi uguale a quello della popolazione.
La musica, che fa parte del quadrivium degli studî scientifici, durante i secoli XII e XIII compie a Parigi immensi progressi specialmente nel campo della teoria: ivi professava infatti la maggior parte dei grandi teorici di quel tempo. Nella schola annessa alla grande chiesa della Vergine (ricostruita verso la fine del sec. XII col nome di Notre-Dame) si compì la rivoluzione artistica che doveva dare al mondo la polifonia misurata. Leonino e il suo successore Perotino il Grande fondarono una scuola di polifonisti che a poco a poco insegnò a tutta l'Europa i principî dell'Ars antiqua. Fu da Parigi che questo vasto movimento s'irradiò su tutta l'Europa.
Durante i tre secoli successivi la vita musicale di Parigi non si può dire che differisca da quella delle altre grandi città europee. Nel Medioevo essa ebbe i suoi cantori girovaghi, i suoi menestrelli, ecc., che empivano di musiche la strada e si facevano ascoltare anche nelle case private. Essi formavano la Confrérie de Saint-Julien des ménétriers e contavano tra loro autentici virtuosi: nel sec. XIV Guillebert de Metz celebra con entusiasmo parecchi di tali menestrelli e afferma che "grande chose étoit alors de Paris".
Ingressi di re, matrimonî principeschi offrivano occasioni a feste magnifiche nei secoli XV e XVI. Durante il Rinascimento i re dimoravano soprattutto nei loro castelli in Turenna o a Fontainebleau e tenevano presso di sé i musicisti della loro cappella privata e della loro camera. Tuttavia la Sainte-Chapelle du Palais, fondata da S. Luigi, ebbe una serie di maestri di cappella, della quale fecero parte musicisti illustri al servizio del re. Nel 1570 il poeta Jean-Antoine de Baïf e il musicista Thibaut de Courville fondarono un'Accademia di musica e di poesia che godette la protezione di Carlo IX e di Enrico III. Questa accademia, evidentemente ispirata da quelle italiane, si preoccupò di ritrovare il segreto della musica antica e di unire, col vincolo della metrica, la poesia, la musica e la danza. Come venticinque anni più tardi nella Camerata del conte Bardi, poeti, musicisti, liutisti, coreografi e umanisti tentarono di ricostruire la tragedia greca con i suoi cori cantati e danzati e il modo, caduto in oblio, di cantare versi accompagnandosi con la lira. Da questi tentativi sorsero due forme nuove che ebbero larga eco: il balletto di corte e l'aria di corte (monodica con accompagnamento di liuto). Tutte le domeniche i membri dell'Accademia si riunivano per due ore nella casa del Baïf, nel Faubourg Saint-Marcel, per ascoltarvi concerti di "musica misurata all'antica" e per assistere a saggi di danze regolate sui metri dei versi e della musica. L'ingresso nella sala era vietato durante l'esecuzione dei pezzi e gli ascoltatori dovevano mantenersi "le plus coy qu'il leur serait possible". Le prove avevano luogo tutti i giorni e queste sedute si possono considerare i primi concerti veri e proprî dati a Parigi.
Nel sec. XVII i balletti di corte danzati dal re a ogni carnevale costituivano spettacoli lirici rappresentati dinnanzi a folle enormi di cortigiani, di borghesi e anche di gente del popolo che, a forza di pazienza, riuscivano a entrare nel salone del Petit-Bourbon capace di 3000 spettatori, o nel salone del Louvre. Talvolta il re danzava il suo balletto due e perfino tre volte nella medesima serata, come accadde nel 1632 per il balletto dello Château de Bicêtre, eseguito al Louvre, all'Arsenal e, infine, al municipio per le borghesi di Parigi. Cori, assoli, intermezzi per gli strumenti a fiato e "entrate di liuti" si alternavano con le arie di danza suonate dai 24 violini del re (violini sta qui per archi). Questi spettacoli rimasero in onore fino alla creazione dell'opera francese per merito di G. B. Lulli nel 1672.
Nelle memorie del tempo si parla spesso di concerti eseguiti in case private: vi si suonavano il clavicembalo e la viola, vi si cantavano arie francesi e, talvolta, spagnole e italiane. In queste ultime eccellevano M.lle de la Barre e Anna Bergerotti, mentre Michel Lambert, M. lle Hilaire Dupuis, M.lle Raymond ebbero rinomanza per il loro modo di cantare arie francesi, ornandole di delicati ricami. Per tutta la prima metà del sec. XVII, all'infuori delle danze eseguite nei balletti e nei balli, fu apprezzata unicamente la musica di carattere intimo, di Boësset, Gaultier, Hémon, Chambonnières, La Barre. Quest'ultimo, Pierre de la Barre, organista del re, diede tra il 1640 e il 1655 concerti pubblici a pagamento in casa propria, nei quali fu possibile ascoltare i più illustri musicisti del tempo. Diede concerti anche il grande clavicembalista Chambonnières, e il vecchio D'Assoucy, di ritorno dall'Italia, fece attaccare per le strade di Parigi gli annunzî dei suoi "concerti cromatici".
Durante il governo del Mazzarino furono rappresentate a Parigi parecchie opere italiane, specie l'Orfeo di Luigi Rossi, Le nozze di Peleo del Caproli, l'Egisto, il Serse e l'Ercole amante del Cavalli. Queste opere produssero profonda impressione sui musicisti, ma il pubblico vi si annoiava e preferì i balletti.
Doveva toccare al Lulli di convertire i Parigini al dramma musicale. A cominciare dal 1672 l'opera produsse a Parigi una vera febbre musicale, di cui il Saint-Evremond si fece beffe nella sua commedia Les Opéras. L'Accademia reale di musica diede rappresentazioni tre volte la settimana per tutto l'anno e la folla si stipava nella sala del Palais-Royal per assistere a opere come Cadmus, Atys, Isis, Amadis, Roland o Armide del Lulli. Da tutta la provincia si accorreva per godere quegli spettacoli magnifici che facevano disertare gli spettacoli di tragedia e di commedia. Quivi si tentò di reagire, rappresentando lavori con musica di scena; ma il Lulli riuscì a far loro interdire l'uso di più di due voci nonché dei violini. Gazzette e memorie segnalano un pullulare di concerti dati regolarmente, a giorni fissi da musicisti illustri, quali Louis de Mollier, Sainte-Colombe, Forqueray, M.lle Certain, Gallot, ecc.
Dal sec. XVI Parigi divenne uno dei principali centri europei per le edizioni musicali. La casa Ballard detenne il privilegio esclusivo di stampare musica: chi avesse voluto evitare il suo tramite, avrebbe dovuto fare incidere le proprie opere o diffonderle tra il pubblico manoscritte. Questo ultimo procedimento fu meno usato che in Italia e dalla stamperia del Ballard uscì un numero considerevole di airs de cour, canzoni a ballo, chansons à boire, arie per una voce sola a due parti, pezzi strumentali, arie serie e festive, mottetti e anche arie e mottetti italiani. Questi ultimi ebbero grande voga verso la fine del sec. XVII e nella prima metà del XVIII. Molte composizioni italiane furono cantate nella chiesa dei teatini, dove nel 1685 era maestro di cappella Paolo Lorenzani, presso i gesuiti e nei concerti spirituali istituiti dal Mathieu, curato di Saint-André-des-Arcs.
Si diffuse la moda delle cantate e sonate, dapprima italiane, poi composte da maestri francesi secondo la struttura e il modello di quelle di Luigi Rossi, Bononcini, Alessandro Scarlatti, Corelli e Bassani. Gli amatori si riunivano in numerosi cenacoli per ascoltarle. Nel 1725 il musicista André Danican Philidor fondò a Parigi la prima impresa di concerti pubblici a pagamento, detta dei Concerts Spirituels, la quale per più di 60 anni fu, insieme con l'Accademia reale di musica, il centro della vita musicale francese. Nella Sala degli Svizzeri al palazzo delle Tuileries si davano concerti dalle 6 alle 8 tutti i giorni in cui le solennità religiose interrompevano le rappresentazioni teatrali dell'opera. Obbligati a non far eseguire nessun estratto d'opera e nessuna aria su parole francesi gli organizzatori furono indotti a far largo posto alla musica strumentale. Nel programma del primo concerto figurò un concerto del Corelli tra due mottetti del La Lande. In queste riunioni brillarono illustri virtuosi del violino, francesi e piemontesi, quali Leclair, Guignon, Somis, Gaviniés. Dal 1727 fu ammessa la musica profana e furono eseguite numerose cantate. Nei giorni di feste religiose si cantavano mottetti; il mercoledì o il sabato, musica francese. Dal 1734 al 1747 la direzione di questi concerti venne affidata dall'Accademia di musica al Mouret. Tornando al concetto primitivo, si eseguirono solo mottetti e opere strumentali. Dopo il 1748 il Royer, rimasto fedele a questo programma, rivelò nel 1753 lo Stabat del Pergolesi, che da allora fu cantato ogni venerdì santo, e dotò la sala di grandi organi. Nel 1750 l'orchestra aveva 39 esecutori; i soli e i cori erano affidati a 48 tra cantori e cantatrici. In questo insieme brillavano gl'Italiani, specie l'evirato Caffarelli nel 1753 e il violinista Pugnani nell'anno successivo. L'istituzione fu poi diretta successivamente da Mondonville e Dauvergne e infine da Gossec.
I Concerts spirituels ebbero importanza fondamentale nella storia della musica strumentale francese; essi attiravano il gran pubblico, mentre concerti diversi consentivano alla parte più colta della società di gustare le opere più recenti delle scuole di Francia, d'Italia e talora di Germania. Sotto la reggenza e il regno di Luigi XV i concerti, dapprima mensili, poi bisettimanali, del finanziere Crozat; quelli del Concert italien, che, riservati a un ristretto numero di ricchi sottoscrittori, si tenevano due volte la settimana in una sala del Louvre e poi delle Tuileries, e nei quali brillò nel 1724 la famosa Cuzzoni; i concerti dei Mélophilites, finanziati dal principe di Conti, e infine un gran numero d'altri concerti tenuti a giorni fissi presso musicisti, come il Clérambault, o presso amatori, come M.lle de Maes o il duca d'Aumont, attestano l'intensità della vita musicale di quel tempo. Il popolo non vi prendeva nessuna parte e poteva solo il 24 agosto, vigilia della festa del re, godere il concerto, seguito da fuochi d'artificio, che l'Accademia di musica offriva nei giardini delle Tuileries.
A corte si ascoltavano, ai Concerts de la reine, soprattutto frammenti d'opere e mottetti. Luigi XV si recava a teatro e si curava poco di altre manifestazioni. Tuttavia sulla scena dei Petits-Cabinets M. me de Pompadour faceva talvolta cantare Concerts spirituels tra le rappresentazioni di piccole opere.
Il fermier général La Pouplinière adorava la musica. I concerti che egli dava nel suo palazzo contribuirono molto all'evoluzione della musica francese, perché dopo essere stato gran protettore di Rameau, egli chiamò a Parigi illustri musicisti stranieri di cui fece eseguire le opere, creando così un centro internazionale in cui si elaborò la lingua musicale classica della fine del sec. XVIII. Johann Stamitz diresse i proprî concerti sinfonici e consigliò il La Pouplinière a far venire dalla Germania cori e suonatori di clarinetto. Le sinfonie di Stamitz e di Gossec contribuirono così alla diffusione del nuovo stile sinfonico. Fin dal 1764 nei suoi programmi figurarono sinfonie di Haydn, Boccherini, Cambini, J. Ch. Bach, Stamitz e Toeschi.
È a Parigi che furono incise e pubblicate le opere di quasi tutti i grandi compositori stranieri. Gluck vi diede in luce nel 1763 il suo Orfeo ed Euridice; Corelli, Vivaldi, Händel, Scarlatti e una quantità d'altri maestri italiani e tedeschi furono editi da Boivin e Leclerc, grandi specialisti per l'incisione della musica strumentale.
Quando nel 1763 e nel 1777 venne a Parigi, Mozart vi trovò numerosi compatrioti. A Parigi furono pubblicate le sue prime opere ed è già stata messa in rilievo l'importanza che per la sua formazione ebbe quel soggiorno in un centro artistico in cui s'incontravano tante correnti dello spirito europeo.
Tra le società di concerti in cui s'affermarono le tendenze nuove della scuola premozartiana, bisogna anehe citare: il Concert des amateurs, fondato nel 1769 da Gossec; il Concert de la Loge Olympique, fondato nel 1781, per il quale Haydn compose sei sinfonie e che fu spesso diretto da G.B. Viotti; i concerti della Société académique des enfants d'Apollon, e le sedute della Société du Concert d'émulation. Anche i salotti furono centri artistici di grande importanza. I melomani si davano convegno a preferenza presso il principe di Conti e il conte d'Albaret.
Durante questo periodo l'opera attraversò crisi che furono chiamate rivoluzioni. L'entrata in scena di Rameau con Hippolyte et Aricie nel 1733, provocò una prima "guerra musicale". I partigiani del Lulli rimproveravano al Rameau la sua armonia "bizzarra" e troppo sapiente; ma lullisti e ramisti non tardarono a fare lega contro il nemico comune: l'opera buffa, importata a Parigi nel 1753. Basta La serva padrona con i suoi due personaggi per far crollare tutto il maestoso apparato della "tragedia in musica"; la querelle des bouffons appassionò la folla degli amatori, e libelli e opuscoli si moltiplicarono. F. M. Grimm e J.-J. Rousseau parteciparono attivamente a queste battaglie artistiche, nelle quali il re proteggeva i Francesi e la regina Maria Antonietta gli stranieri, quali Gluck, Piccinni, Sacchini. A ogni rappresentazione delle loro opere scoppiavano violente controversie, e così la vita musicale conservò fino alla vigilia della rivoluzione un carattere appassionato.
Nonostante le sovvenzioni regie, la gestione dell'Accademia di musica non costituiva un buon affare e i direttori fallivano spesso, perché dalla fine del sec. XVII i piccoli teatri della Foire avevano cominciato a farle attiva concorrenza. Vi si rappresentavano commedie in cui erano intercalate dapprima delle canzoni, poi delle ariette sempre più sviluppate. Le rappresentazioni della Serva padrona nel 1753 determinarono la moda delle opéras-comiques francesi. In questo genere ebbero fama, di volta in volta, J.-J. Rousseau, Dauvergne, Philidor, Monsigny, Grétry, Dalayrac. Nel 1789 il Viotti, associato al parrucchiere della regina, Léonard, riunì una compagnia d'opera buffa che esordì al teatro delle Tuileries con Le vicende amorose dei Tritto e poi si trasferì al teatro Feydeau costruito appositamente. Un'altra compagnia italiana diede nel 1801 rappresentazioni d'opera al Teatro Olympique nella Rue de la Victoire, mentre la Comédie-Italienne, che dal 1783 recitava alla Sala Favart, divenne nel 1793 il Théâtre de l'Opéra-Comique national. Nel 1801 questa compagnia si fuse con quella del teatro Feydeau, dove fino al 1829 diede rappresentazioni d'opere comiche.
Come si vede, la rivoluzione non interruppe le rappresentazioni di opera. E trionfò il genere larmoyant. Méhul e Lesueur, con Piccinni e Sacchini, seguiti poco dopo da Salieri, Spontini, Cherubini, Berton e Boïeldieu furono gli autori più apprezzati, prima che cominciasse il regno di Rossini, di Auber e di Hérold. Si rappresentarono spesso balletti ispirati all'antichità e all'ideologia rivoluzionaria, nei quali il ballerino Vestris trionfò come già in passato dinnanzi alle platee aristocratiche.
Napoleone I amò l'opera italiana e la favorì. Sotto la Restaurazione vi fu grande emulazione tra l'opera francese, alimentata peraltro sopra tutto da compositori stranieri, e l'opera italiana.
È curioso notare che nonostante la decadenza profonda dell'arte musicale francese in quell'epoca, Parigi rimase il centro artistico dell'Europa, come fu constatato da tutti: da Stendhal nel 1823 e da Wagner vent'anni più tardi. Tutti i grandi artisti si recarono a cercare a Parigi la consacrazione del loro ingegno, e i teatri parigini furono, come i concerti orchestrali, rinomati dappertutto.
Lo scoppio della rivoluzione aveva messo fine ai concerti aristocratici; diede invece origine a grandi feste popolari con gigantesco allestimento scenico, durante le quali si producevano cantate maestose, eseguite da centinaia di coristi e composte da Gossec, da Méhul, da Lesueur, fornitori ufficiali di queste musiche "civiche" che spiegano tanta parte della poetica d'Hector Berlioz.
Verso la fine dell'Impero e sotto la Restaurazione si riprese, in cerchie ristrette, a coltivare la musica da camera. Il Baillot formò un quartetto che rivelò ai Parigini le composizioni da camera di Haydn, Mozart e Beethoven, mentre quest'ultimo era ancora vivo. Il pubblico s'interessò anche vivamente ai quintetti di Boccherini e di Reicha, ai quartetti di Onslow e di Cherubini. Il Baillot suscitò emuli: nel 1833 Théophile Tilmant fondò un'altra associazione di musica da camera; infine nel 1850 P.-A. Chevillard, con Alard, Dancla e Croisilles, formò un quartetto celebre. Nel 1855 apparve il quartetto Armingaud, di cui faceva parte E. Lalo; nel 1862, il quartetto Charles Lamoureux; nel 1863, la Société des Quatuors français.
Dal 1860 La Trompette, società d'amatori, tenne importanti sedute di musica da camera, frequentate da un numeroso pubblico mondano. Il quale però s'interessava soprattutto alle esibizioni di virtuosi in voga fin da quando Liszt, Chopin, Thalberg e Kalkbrenner, Paganini e Ch. de Bériot facevano riempire di folle entusiaste le sale dell'Opéra, del Théâtre des Italiens, del Pleyel e dell'Erard.
Prima del 1815 Habeneck aveva diretto le esercitazioni dell'orchestra formata dagli allievi del Conservatorio; poco dopo aveva diretto dei Concerts spirituels, nei quali era fatto largo posto alla musica sinfonica, sicché egli ne aveva approfittato per presentare delle sinfonie di Beethoven allora sconosciute in Francia, e per le quali provava una vera passione. Nel 1828 lo stesso Habeneck ottenne dal governo che fosse istituita la Société des concerts du Conservatoire, che continuò a dare concerti nell'ammirevole sala costruita nel 1806. Fu questo il tempio dell'arte classica e le sue esecuzioni ebbero immenso prestigio in tutta l'Europa. Wagner confessò di avere avuto a Parigi la rivelazione della IX Sinfonia, che non aveva mai fino allora ben compreso.
All'infuori delle sedute del Conservatorio, non vi erano a Parigi regolari concerti orchestrali. Quando un compositore voleva presentare le proprie opere, doveva prendere in affitto la sala del Conservatorio o quella dell'Opéra, reclutando un'orchestra e facendo appello al pubblico. Così fece per tutta la vita il Berlioz. I tentativi di concerti regolari non riuscirono: citiamo i Concerts historiques di F.-J. Fétis nel 1832-33 e l'Union musicale di Manera nel 1854.
Nel 1851 il Pasdeloup fondò la Société des jeunes artistes du Conservatoire e nel 1861 i Concerts populaires de musique classique, che furono tenuti al Cirque d'hiver e che esercitarono un influsso benefico sulla formazione del gusto del pubblico, al quale rivelarono numerose opere di Wagner, di Berlioz e di giovani musicisti francesi.
Mentre si veniva destando l'interesse del pubblico per le forme della musica sinfonica, l'opera continuava a tenere il posto d'onore. In seguito a incendî o altri disastri (come l'assassinio del duca di Berry nel 1821) l'Accademia di musica mutò frequentemente di sala prima di stabilirsi nella Rue Le Pelletier. Questa istituzione possedeva la più bella compagnia dell'Europa, con Nourrit, Dupré, la Falcon, la Cinti-Damoreau e Sioltz i quali trionfavano in un repertorio di grandi opere: La Muette de Portici, Guglielmo Tell, Robert le Diable, La Juive, Les Huguenots, Le prophète, Faust, ecc.
L'opera era frequentata da un gran pubblico mondano che teneva salotto nei palchi e che smetteva di conversare solo al momento di ascoltare le grandi arie e di osservare il balletto. Ben diverso era invece il pubblico del Théatre des Italiens: che le sue rappresentazioni si tenessero all'Odéon (1801), alla Sala Favart, alla Sala Louvois, o alla Sala Ventadour (1841) le esecuzioni avevano luogo tre volte la settimana e un pubblico elegante e intenditore seguiva con attenzione gli spettacoli in cui brillavano gli artisti più illustri: la Pasta, le sorelle Grisi, la Malibran, Enrichetta Sonntag, Jenny Lind, Rubini, Tamburini, Lablache, Galli, Mario, ecc. Il repertorio era composto soprattutto da opere di Rossini, Bellini, Donizetti e, dal 1848 al 1870, da melodrammi di Verdi.
Durante questo periodo l'opera comica non fece che vegetare, non ostante le opere di Boïeldieu, Auber, Hérold, Adam che si rappresentavano. Il teatro dell'Opéra-Comique lasciò nel 1829 la Sala Feydeau per la Sala Ventadour che dovette poi cedere al Théatre des Italiens, installandosi in Piazza della Borsa. L'opera comica era frequentata da un pubblico di borghesi e di piccoli commercianti; ma gli affari andarono così male, che nel 1831 si registrò un introito di 59 franchi nonostante il successo di Zampa di Hérold.
Dal 1851 al 1870 il Théâtre . Lyrique fece concorrenza a tutti tre i teatri suddetti, senza peraltro riuscire a coprire le spese. Vi furono rappresentate tanto opere di Mozart, Weber, Rossini, Bellini, Verdi, quanto opere comiche di Boïeldieu, Adam, Grisar; vi furono messe in scena Mireille e Roméo et Giuliette di Gounod, Les Troyens di Berlioz, ecc.
Nel 1871 il mutamento di regime politico coincise con profonde modificazioni della vita musicale. Sotto la repubblica il Théâtre des Italiens, nonostante un tentativo infelice (1872-79) per farlo rivivere, scomparve. come il Théâtre Lyrique.
Trionfò invece l'Académie nationale de musbque (Opéra). Dopo che nel 1873 la sala della Rue Le Pelletier rimase distrutta da un incendio, Charles Garnier costruì il sontuoso edificio che chiude la prospettiva della nuova strada allora aperta da Haussmann e che forma una cornice magnifica al repertorio del Grand-Opéra. Il teatro si presta bene al complicato apparato scenico dei drammi di Wagner, ma è assai meno adatto per le opere moderne francesi di carattere meno pomposo, le quali, salvo pochi melodrammi di tipo tradizionale, come Samson et Dalila di Saint-Saëns, emigrarono all'Opéra-Comique.
Dopo la guerra del 1870 quest'ultimo teatro, nonostante l'incomodità della nuova sala che nel 1898 sostituì la Sala Favart incendiatasi nel 1887, divenne uno dei centri artistici più attivi. Per esso il Bizet scrisse la Carmen e il Massenet quasi tutte le sue opere; ugualmente per esso E. Lalo compose Le roi d'Ys, G. Charpentier Louise, C. Debussy Pelléas et Mélisande, P. Dukas Ariane et Barbe-Bleue, M. Ravel L'heure espagnole, G. Fauré Pénélope, ecc.
Dal 1914 tanto l'Opéra-Comique quanto l'Opéra attraversano un periodo difficile. Attualmente (1934) si parla di fonderli e non si sa con quali provvedimenti fronteggiare gli enormi deficit delle loro gestioni. Nel 1914 venne inaugurato il magnifico Théâtre des Champs-Élysées, costruito dai fratelli Perret e decorato dal Bourdelle e da Maurice Denis. Ma il tentativo di Gabriel Astruc per farne un teatro lirico permanente fallì dopo poche rappresentazioni e finora la sala è servita soltanto per gli spettacoli delle compagnie di passaggio: balli russi, stagioni wagneriane o italiane, opere di Mozart, ecc.
Il Théâtre Pigalle, proprietà del barone Henri de Rotschild e dotato d'un macchinario unico al mondo, dal tempo della sua costruzione (1930) è servito solo per rappresentazioni d'operette, come La chauve-souris (Die Fledermaus di J. Strauss) con messinscena di M. Reinhardt (1933), salvo pochi tentativi infelici di opere.
Parigi possiede un teatro municipale, la Gaité Lyrique, dove si dànno soprattutto opere comiche e operette, e al medesimo repertorio si dedica, dal 1933, anche il teatro de la Porte Saint-Martin. Attualmente il Mogador e il Marigny sono i due teatri più in voga per le operette nuove. Si nota nel pubblico un disinteressamento per il melodramma e per il dramma lirico.
Ne risultano, per i teatri lirici, difficoltà di natura finanziaria e artistica. Tuttavia essi dispongono ancora di orchestre di prim'ordine e di eccellenti compagnie. Il corpo di ballo dell'Opéra è ancora, nel campo tradizionale, il primo d'Europa. Dal 1914 il Teatro dell'Opéra è amministrato da Jacques Rouché e ha come primo direttore d'orchestra Philippe Gaubert, il quale dirige anche l'orchestra della Société des concerts du Conservatoire.
Dopo la guerra del 1870 la musica sinfonica ebbe grande impulso. Nel 1871 venne fondata la Société Nationale che rivelò le opere di C. Saint-Saëns, di C. Frank, G. Fauré, V. d'Indy, C. Debussy ed E. Chausson. Nel 1909 un gruppo dissidente, capeggiato da Ravel e Florent Schmitt creò la Société musicale indépendante, i cui concerti misero in valore a preferenza le opere della scuola detta impressionista. Del periodo successivo alla guerra mondiale sono da ricordare la sezione francese della Società internazionale di musica contemporanea, che diede alcuni concerti di musica internazionale; i Concerts de la Revue musicale (1921-1928) che rivelarono numerose opere di musica da camera francesi e straniere; i Concerts Wiener e i Concerts Delgrange.
Sono anche da citare i gruppi di musica da camera, come il Quartetto Capet (1903-1928); il Trio Cortot, Thibaud, Casals, resosi celebre in tutto il mondo; i quartetti Poulet e Hewitt che durarono pochi anni, Parent, Calvet, Krettly; la Société des instruments à vent, fondata dal Taffanel nel 1879 e che dal 1917 è diretta da René Le Roy; la Société moderne d'instruments à vent di Louis Fleury (1895-1926). Inoltre: Société des instruments anciens, di H. Casadesus (1901); Musique d'autrefois (Le Cerf e M.lle Thibault); Violes et clavecins, di Macon, ecc.
Si veniva intanto affermando il gusto per la musica sinfonica. Nel 1873 Édouard Colonne fondò l'Association artistique, che da allora non ha mai cessato di dare concerti orchestrali ogni domenica al teatro dello Châtelet (dal 1920, nei pomeriggi di sabato). Il Colonne si fece una specialitȧ della musica di Berlioz e rivelò numerosi maestri francesi contemporanei. Nel 1910 gli succedette Gabriel Pierné a cui è successo Paul Paray. Nel 1881 Charles Lamoureux fondò i concerti orchestrali che dal 1897 portano il suo nome. Egli si dedicò specialmente a far conoscere l'opera di Wagner; gli succedette il genero Camille Chevillard che si specializzò nel repertorio wagneriano. Dal 1920 questi concerti sono stati diretti successivamente da Paul Paray e da Albert Wolff. Nel 1918 il direttore d'orchestra Rhenc-Baton, con l'appoggio d'un mecenate fece rivivere i concerti Pasdeloup al Cirque d'hiver. In seguito questi concerti emigrarono al Théatre des Champs-Élysées e da poco tempo all'Opéra-Comique. L'eminente direttore ha ceduto la direzione a Inghelbrecht e poi a Albert Wolff. Nel maggio 1928. venne fondata l'Orchestre symphonique de Paris, dapprima diretta da Alired Cortot, Ansermet e Fourestier, poi, dall'aprile 1929, da Pierre Monteux. Il Cortot continua peraltro a dirigere parecchi concerti ogni anno.
Sono anche da menzionare i Concerts Siohan, nei quali è fatto largo posto alla musica corale, e i Concerts Poulet, vissuti solo pochi anni. Infine è da deplorare la recente cessazione dei magninci Concerts Straram fondati nel 1926, alla morte del loro creatore (1933) dànno solo pochi concerti sotto la direzione di grandi maestri stranieri, tra i quali A. Toscanini. A differenza da tutti gli altri, non erano tenuti la domenica, ma il giovedì sera.
Questi concerti ebbero parte importantissima nella vita artistica di Parigi e rivelarono una quantità di opere nuove di musicisti francesi e stranieri. I Concerts privés dell'École normale de musique, la cui piccola orchestra è diretta da A. Cortot, presentano vivo interesse per la composizione dei programmi, in cui figurano a preferenza opere antiche o moderne poco note.
L'abbondanza dei concerti a Parigi è grande: dal 1926 al 1933 si possono contare fino a dieci cicli paralleli di musica sinfonica che durano tutta una stagione, a prescindere dai concerti straordinarî e dalla moltitudine di esibizioni di singoli artisti. In taluni casi si sono avuti fino a cento tra concerti d'assieme e solisticí in una medesima settimana. Naturalmente tale grande numero di manifestazioni musicali produce, fra gli altri inconvenienti, quello di esecuzioni affcettate, nonostante la presenza di strumentisti di eccezionale capacità e ingegno; e quello di far presentare di rado opere che siano estranee al repertorio corrente. Affinché questi complessi orchestrali rendano secondo le loro possibilità, occorre la venuta a Parigi di qualche grande maestro straniero: in simili concerti di gala, diretti da Toscanini, Furtwängler, Walter, Kleiber, si possono apprezzare le doti ammirevoli delle grandi orchestre parigine.
Dopo la guerra mondiale ha luogo a Parigi in ogni primavera una grande stagione musicale: in maggio e giugno virtuosi di. tutti i paesi si recano a Parigi per darvi i loro concerti individuali. Dal 1911 al 1929 la grande attrattiva di queste stagioni fu costituita dalle rappresentazioni dei balli russi di S. P. Diaghilev (Diagilev) che presentavano ogni anno importanti novità musicali e coreografiche. Parecchie compagnie tentano, attualmente, di raccoglierne l'eredità. D'altra parte Ida Rubinstein allestisce quasi ogni anno all'Opéra fastosi spettacoli su spartiti inediti, composti per la sua compagnia da Stravinskij, Ravel, Honegger, Florent Schmitt, ecc. Infine sono da ricordare i balli svedesi, che dal 1922 al 1926 allestirono una quantità d'opere moderne.
Nonostante la durezza della crisi, Parigi rimane un centro musicale di grande interesse, tanto per la fama di cui è circondata la scuola musicale francese contemporanea, quanto per la posizione geografica, che fa convergere. verso la città tutte le correnti artistiche d'Europa, richiamandovi molti grandi musicisti, compositori e interpreti da tutte le nazioni.
L'insegnamento della musica viene impartito a Parigi in varî istituti nazionali o privati, tra cui più celebre e importante rimane il Conservatoire de musique et déclamation. Nel 1784 fu istituita un'École royale de chant, con lo scopo di formare elementi adatti tanto per l'Accademia di musica, quanto per la Musique du roi. Questa scuola venne soppressa nel 1795. Nel 1789 il Seirette fondò l'École de la musique de la Garde nationale, la quale, dopo varie vicende, divenne per decreto della Convenzione del 3 agosto 1795 il Conservatoire de musique. Nel corso degli anni esso subì numerose trasformazioni. Gli alunni vi sono accolti in seguito a un esame preliminare e lasciano l'istituto dopo avere partecipato a parecchi concorsi nei quali possono conseguire premî che assicurano loro importanti vantaggi. L'insegnamento è gratuito e vi sono soltanto alunni esterni.
L'École normale de musique, fondata nel 1920 dal Cortot e amministrata da André Mangeot, è soprattutto una scuola di pianoforte, ma vi s'insegnano anche tutte le discipline dell'arte musicale. Essa è scuola privata e a pagamento, dotata d'un certo numero di borse di studio per gli allievi poveri e meritevoli.
La Schola cantorum, fondata da Charles Bordes nel 1896, ebbe un periodo di grande fioritura sotto la direzione di Vincent d'Indy, sopra tutto per il contrappunto e la composizione, insegnati dal d'Indy stesso e da Albert Roussel. La morte del d'Indy ha rallentato ma non sospeso l'attività dell'istituto.
L'École de musique religieuse, fondata dal Niedermeyer nel 1853, aveva soprattutto lo scopo di formare degli organisti, e l'insegnamento vi era fondato sullo studio della musica antica. Vi insegnò anche il SaintSaëns e dalla scuola sono usciti musicisti illustri, come Gabriel Fauré. È notevole però che questo istituto abbia educato nel medesimo tempo oltre che numerosi organisti anche compositori che poi si volsero all'operetta: A. Messager, Ch. Lecocq, Claude Terrasse, ecc. Privata d'una sovvenzione governativa, la scuola sopravvive in forma molto ridotta.
A Parigi si pubblicano parecchi periodici musicali. Il più importante è la Revue musicale fondata da F.-J. Fétis nel 1827: dopo essersi fusa con la Gazette musicale, fu fatta rivivere nel 1901 da Romain Rolland e J. Combarieu; nel 1911 si fuse con la Revue musicale S. I. M. dell'Ecorcheville e infine nel 1920 fu ripresa sotto la forma attuale da Henry Prunières. La Société française de Musicologie ha per organo un bollettino trimestrale: La Revue de musicologie. Esistono anche parecchie riviste di musica e giornali d'informazione, quali Le Ménestrel, il Monde musical (redatto da un punto di vista pedagogico), il Courrier musical, il Guide du Concert, la Semaine à Paris, ecc.
Vita teatrale.
Spettacoli teatrali veri e proprî non furono dati a Parigi prima del sec. XV, quando la Confraternita della Passione cominciò a rappresentare regolarmente sacri misteri all'Ospedale della Trinità (1402-1539) e quindi all'Hôtel de Flandre (1539-1543) e all'Hôtel de Bourgogne (1543-1548)
La lunga serie di teatri e di spettacoli profani di cui Parigí fu particolarmente ricca durante gli ultimi quattro secoli venne iniziata nel 1588 dalla compagnia de Les Comédiens ordinaires du roi all'Hôtel de Bourgogne. Sorsero poi uno dopo l'altro il Théâtre du Marais (1600), La Comédie-Italienne (1653), il Théâtre du Palais-Royal, particolarmente noto perché vi recitò regolarmente Molière, l'Opéra (1671), La ComédieFrançaise (1680), l'Opéra-Comique (1752), l'Odéon (1782) e molti altri di minore importanza. Il decreto dell'8 agosto 1807 ridusse il numero dei teatri parigini a sette e, sopprimendo gli altri, lasciò solo in vita: l'Opéra, l'Opéra-Comique, La Comédie-Française, l'Odéon, il Théâtre de la Gaité, il Théâtre des Varietés e l'Ambigu. Il regime di libertà assoluta per i teatri non fu ristabilito che nel 1864 durante il Secondo Impero. Alcuni teatri, come Le Gymnase, il Théatre de la Porte-Saint-Martin, il Théatre de la Renaissance datano tuttavia dall'epoca della Restaurazione (1814-1830). Attualmente vi sono a Parigi 46 teatri, senza contare quelli adibiti a spettacoli di varietà o trasformati in cinematografi, e i teatri dei sobborghi. Di particolare importanza per gli spettacoli d'arte moderna è fra questi il Théâtre des Champs-Élysées, che oltre alla sala maggiore ne ha due minori usate generalmente per le rappresentazioni dette "d'avanguardia" e il sontuoso Théâtre Pigalle, fatto costruire recentemente dal barone H. de Rothschild.
Uno dei più vecchi e gloriosi teatri parigini fu quello della Comédie-Italienne, fusosi dopo tre secoli di vita con l'Opéra-Comique, il secondo teatro di musica sovvenzionato dallo stato. La prima compagnia italiana si recò in Francia nel 1570 durante il regno di Carlo IX. A questa prima, che conobbe un grande suecesso, numerose altre fecero seguito. Esse recitarono dapprima commedie italiane, poi commedie francesi e più tardi commedie musicali, come La serva padrona, La finta cameriera, ecc., che segnarono appunto l'inizio della cosiddetta opéra-comique. Il teatro dell'Opéra-Comique è situato nella Rue Favart ed è stato ricostruito nel 1898, dopo che un terribile incendio che costò la vita a molti spettatori ebbe distrutto quello precedente nel 1887.
La celebre Comédie-Française o (Théâtre Français), fu costituita nel 1680 quando Luigi XIV ordinò la fusione della compagnia dell'Hôtel de Bourgogne con quella del Théatre Guénégaud. La Comédie-Francaise è nota come la Maison de Molière, quantunque Molière, morto nel 1673, non abbia mai potuto recitarvi, ma tanto egli per la commedia quanto Pierre Corneille per la tragedia sono i veri numi tutelari del teatro che ha conosciuto, recitando le loro opere, i suoi primi trionfi. Sono note le parole di Napoleone: "Le Théâtre Français est la gloire de la France, l'Opéra n'en est que la vanité". Nel 1689 la Comédie-Française si stabilì in una sala della Rue des Fossés-Saint-Germain, iniziando i suoi spettacoli con una recita di Phèdre di Racine e del Médecin malgré lui di Molière. Ivi rimase fino al 1770 e vi diede le prime rappresentazioni di quasi tutte le tragedie di Voltaire. Dal 1782 e durante il tormentato periodo della rivoluzione, che minacciò più volte la sua esistenza, la Comédie-Française si trovò nella sede dell'attuale Théâtre de l'Odéon, dove fu data la prima di Le mariage de Figaro di Beaumarchais e dove esordì pure il grande attore Talma. Nel 1802 Napoleone ordinò il suo trasferimento nel complesso di edifici del Palais-Royal, dove essa ancora si trova. Oltre a Talma è d'uopo citare fra gli attori più celebri che vi recitarono: Mounet-Sully e Coquelin, fra le attrici M.lle Georges, Agar, Rachel "la regina della tragedia", Sarah Bernhardt e Cécile Sorel. Fra i lavori più celebri che vi ebbero il battesimo ricordiamo: le tragedie di Corneille (Le Cid, Cinna, Les Horaces, ecc.) e quelle del Racine (Phèdre, Bérénice, Britannicus, Bajazet, ecc.), le tragedie di Voltaire, le commedie di Marivaux e di Beaumarchais, i drammi di Victor Hugo (Hernani, Marion Delorme, Marie Tudor, ecc.) le commedìe di Alfred de Musset (On ne badine pas avec l'amour, Les Caprices de Marianne, ecc.), Chatterton di Alfred de Vigny, L'Ami Fritz de Erckmann-Chatrian, e poi i lavori di Alexandre Dumas, padre e figlio, quelli di Sandeau, di Meilhac e Halévy, ecc. Fra gli autori rappresentati nel dopoguerra ricordiamo: Le Tombeau sous l'Arc de Triomphe di Paul Raynal, che provocò disordini d'ordine politico, Martine di Jean-Jacques Bernard e le commedie di Paul Géraldy.
L'Odéon è il secondo teatro di stato per la prosa. Esso ebbe i suoi inizî durante la rivoluzione, in seguito a dissensi sorti fra i membri della Comédie-Française. Fu il commediografo e attore Picard che dopo molteplici avventure riuscì a sistemare definitivamente nel 1816 la situazione del Théâtre de l'Odéon facendolo ammettere fra i teatri sovvenzionati dallo stato. La sede attuale venne inaugurata ufficialmente nel 1819 con Les Vêpres Siciliens di Casimir Delavigne. Essa si trova nel teatro costruito nel 1782 per la Comedie-Française sul posto dove una volta sorgeva il palazzo Condé. L'Odéon godette d'una grande reputazione durante l'epoca del romanticismo. Tuttora esso conta nel suo repertorio drammi di Victor Hugo, Alfred de Vigny, François Coppé, Victorien Sardou, Henry Becque, ecc.
Fra i teatri più importanti degli ultimi cinquant'anni ricordiamo: il Théâtre Libre, creato nel 1887 da André Antoine allo scopo di rappresentare i lavori moderni per ragioni d'indole extra-artistica esclusi dai teatri ufficiali. Il Théâtre Libre costituì come repertorio, come allestimento scenico e come recitazione una violenta reazione contro la Comédie-Française. Esso significò il trionfo del realismo e del naturalismo nel campo teatrale. Alphonse Daudet, Zola, Edmond de Goncourt, H. Céard, L. Hennique e altri vi diedero i loro drammi. Più tardi vi fu rappresentato qualche dramma simbolista di Villiers de l'Isle-Adam, e alcuni lavori di Ibsen. Il Théâtre Libre ora Théâtre Antoine, può essere considerato il primo teatro "d'avanguardia". Esso servì d'esempio ai molti teatri di avanguardia creati più tardi a Berlino, a Vienna, a Mosca, a Londra e altrove.
Come reazione al realismo troppo acceso del Théâtre Libre sorse nel 1893 il Théâtre de l'Œuvre, sotto l'impulso di Lugné-Poë, Camille Mauclar e Vuillard. Esso combatté una campagna a favore dei simbolisti, rappresentando fra gli altri i lavori di Bataille, Henri de Régnier, Maurice Maeterlinck, Émile Verhaeren, Samain, e quelli di molti stranieri allora ignoti in Francia come Oscar Wilde, Strindberg, Hauptmann, Gor′kij, D'Annunzio.
Molto più tardi (1913), per iniziativa di Jacques Copeau, che ne fu il direttore, e di altri, sorse il piccolo Théâtre du Vieux Colombier. Essò godette d'una larga rinomanza pur non riuscendo mai ad avere una forma stabile. Accanto a lavori d'autori francesi e stranieri giovani e giovanissimi, Copeau rappresentò con grande successo tragedie di Shakespeare. Durante la guerra e specie nel dopoguerra l'arte teatrale francese è andata rapidamente decadendo.
Un ultimo tentativo per reagire contro la voga delle "riviste teatrali" e delle pochades di dubbio gusto che da anni imperversano sui teatri dei boulevards, fu quello dei registi Gaston Baty, Georges Pitoeff, Louis Jouvet e Charles Dullin i quali costituirono il cosiddetto "cartello dei quattro".
Bibl.: Etienne e Mortainville, Histoire du Théâtre Franåais, Parigi 1802, voll. 4; J. Bonnassies, La Comédie-Franåaise (histoire administrative), ivi 1874; Frères Parfaict, Histoire de l'Ancien Théâtre Italien, ivi 1753; E. Campardon, Les Comédiens du Roi de la Troupe Italienne, ivi 1880, voll. 2; L. Moland, Molière et la Comédie Italienne, ivi 1867; Almanach des Théâtres de Paris, oltre a moltissime monografie sui teatri dei secoli XVIII e XIX.
Trattati, congressi e convenzioni.
Fra i molti trattati e congressi che furono firmati o ebbero luogo a Parigi, si ricordano solo i più importanti, dell'epoca moderna.
Trattato del 1763. - A Parigi il 10 febbraio 1763 veniva firmato il primo dei due trattati di pace che posero fine alla guerra dei Sette anni (l'altro trattato fra l'imperatrice d'Austria e Federico II di Prussia fu firmato il 15 febbraio 1763 a Hubertusburg; v.). Esso fu concluso tra la Francia, l'Inghilterra, la Spagna e il Portogallo. La Francia cedette all'Inghilterra in America il Canada, la Nuova Scozia, l'isola del Capo Bretone; ottenne le isole di Saint-Pierre e Miquelon, di Belle-Île, della Martinica, della Guadalupa, di Marie Galante, di Santa Lucia, una parte della Nuova Orléans (l'altra con la Luisiana rimaneva alla Spagna). In Africa, l'Inghilterra ottenne la costa del Sénégal, gli stabilimenti di San Luigi, di Pador, di Galam. Nelle Indie la Francia ritenne solo gli stabilimenti di Mahé, Pondichéry, Chandernagore, Karikal e Yanaon: tutto il resto rimase sotto l'influenza inglese. L'Inghilterra inoltre riebbe l'isola di Minorca nel Mediterraneo. Il trattato segnò pertanto il definitivo trionfo inglese nelle colonie.
Trattato del 1783. - Fu firmato il 3 settembre 1783 fra l'Inghilterra e le sue antiche tredici Colonie Unite d'America. Per esso l'Inghilterra riconosceva l'indipendenza degli Stati Uniti d'America, ponendo fine alla guerra iniziatasi nel 1776.
Trattato del 1803. - Fu concluso il 30 aprile 1803 tra la Francia e gli Stati Uniti: per esso la prima delle due potenze cedeva alla seconda la Luisiana, nell'America Settentrionale, di cui era venuta in possesso, ottenendola dalla Spagna, il 21 marzo 1801. Come compenso per la cessione, gli Stati Uniti pagavano alla Francia 60 milioni di franchi.
Trattato del 1810. - Fu concluso il 16 marzo 1810 tra Napoleone I e il fratello Luigi re d'Olanda: per esso non solo l'Olanda, accettando le disposizioni del blocco continentale, rompeva ogni rapporto commerciale con l'Inghilterra, non solo truppe francesi venivano stanziate in Olanda per far osservare il blocco, ma il re d'Olanda cedeva al fratello il Brabante olandese, la Zelanda, parte della Gheldria. Conseguenza di questo trattato, dannosissimo agl'interessi olandesi, fu, poco più tardi, il 1° luglio, l'abdicazione di Luigi dal trono d'Olanda, con conseguente annessione dell'Olanda alla Francia (9 luglio).
Trattato del 1814. - Un primo trattato, concluso l'11 aprile 1814 tra Napoleone, l'Austria, la Prussia e la Russia, stabiliva la rinuncia al trono francese di Napoleone, che otteneva l'isola d'Elba. Il secondo, e più importante trattato, fu firmato il 30 maggio, tra i rappresentanti della Francia (ora nuovamente governata da Luigi XVIII) e quelli delle potenze alleate (Austria, Inghilterra, Russia e Prussia). Esso assicurava alla Francia i confini del 1° gennaio 1792, con accrescimenti territoriali nei dipartimenti di Jemmapes, di Sambre-et-Meuse, della Mosella, della Saar, del Monte Bianco (qui Chambéry e Annecy passavano alla Francia). L'Olanda, ricostituita in stato indipendente, veniva ridata alla casa di Orange; gli stati tedeschi, sciolti dai vincoli imposti loro da Napoleone, tornavano alla situazione del 1804; la Svizzera tornava ad essere repubblica indipendente. L'Inghilterra otteneva Malta, Tobago, Santa Lucia. Per completare e precisare il trattato, le potenze contraenti s'impegnavano a inviare loro plenipotenziarî a Vienna.
Trattato del 1815. - Fu firmato il 20 novembre 1815 tra la Francia da una parte e l'Inghilterra, l'Austria, la Prussia e la Russia dall'altra. Reso necessario per gli eventi seguiti tra il marzo e il giugno del 1815 (ritorno di Napoleone in Francia e nuova guerra contro gli Alleati), esso rappresentò per la Francia un notevole peggioramento di fronte al trattato del 30 maggio 1814. La Francia dovette infatti cedere Philippeville, Marienburg, Bouillon, Sarrelouis, Landau, Annecy e Chambéry (che tornarono al re di Sardegna), ritornando sostanzialmente alle frontiere del 1790; sottomettersi al pagamento di un'indennità di guerra per quei tempi assai gravosa (più di un miliardo, in realtà, anche se la cifra nominale era stata fissata in 700 milioni); e, soprattutto, accettare per cinque anni (poi ridotti a 3) lo stanziamento di 150.000 soldati stranieri a spese francesi, nei dipartimenti dell'est e del nord-est.
Lo stesso giorno furono firmate varie altre convenzioni speciali. Poco tempo prima, il 26 settembre 1815, pure a Parigi era stata conclusa la Santa Alleanza fra i sovrani di Russia, Prussia e Austria (v. alleanza, santa). Ora il 20 novembre, sempre a Parigi, le tre potenze suddette firmarono con l'Inghilterra un altro trattato, in sé indipendente dal trattato della Santa Alleanza, non solo confermando la volontà di salvaguardare il trattato con la Francia, ma altresì stabilendo di radunarsi ogni tanto a congresso per provvedere di comune accordo alla tranquillità dell'Europa.
Congresso e trattato del 1856. - Congresso e trattato che posero termine alla cosiddetta guerra di Crimea del 1853-1855. Dopo l'espugnazione di Sebastopoli (8 settembre 1855), Napoleone III desiderava ardentemente la pace: ne fece scrivere dal Seebach, ministro sassone a Parigi, al Nesselrode; ne fece parlare a Vienna dal Morny al Gorčakov. La Russia, che presto doveva sentire salvo il suo onore militare con la presa di Kars in Armenia (25 novembre), non era aliena dal venire a trattative. Ma l'Austria non permise che si negoziasse la pace senza di essa, propose la sua mediazione e firmò con la Francia un memorandum impegnativo per agire di concerto (14 novembre). L'Inghilterra però voleva continuare la guerra, allearsi con la Svezia, attaccare Kronštadt, prostrare completamente la Russia, e Napoleone III fu costretto ad esporre direttamente per scritto alla Regina Vittoria le complicazioni disastrose per l'assetto europeo del proseguimento delle operazioni militari (22 novembre). L'Inghilterra allora cedette e il 16 dicembre fu inviato un ultimatum alla Russia. Lo zar Alessandro II tentò di far ritirare dall'Austria la condizione della cessione d'una striscia della Bessarabia al principato di Moldavia, ma l'Austria tenne duro ed egli dovette capitolare completamente (16 gennaio 1856). Il 1° febbraio a Vienna la Russia accettò formalmente tutte le condizioni poste dai vincitori e si fissò un congresso a Parigi da riunire entro tre settimane.
Il congresso di Parigi s'iniziò il 25 febbraio. Vi parteciparono i rappresentanti delle potenze belligeranti: Francia (Walewski e Bourqueney), Inghilterra (Clarendon e Cowley), Russia (Orlov e Brunnow), Turchia (Ali pascià e Mehmed Djemil bey), Sardegna (Cavour e Villamarina), e Austria (Buol e Hübner), che con la sua mediazione armata aveva deciso la pace. In un secondo momento (10 marzo), quando si trattò di rinnovare la convenzione degli Stretti del 1841, fu invitata anche la Prussia, che era stata una delle firmatarie di quella convenzione, e dal 18 marzo intervennero al congresso anche i plenipotenziarî prussiani von Manteuffel e von Hatzfeld.
Tra l'Inghilterra e l'Austria, che volevano abusare della vittoria, da un lato, e la Russia, che s'irrigidiva nella resistenza dall'altro, la Francia rappresentò mirabilmente la parte di mediatrice e seppe acquistarsi l'amicizia della Russia senza spezzare i suoi legami con l'Inghilterra. In ogni questione la Francia, pur contentando formalmente le potenze alleate, cercò di alleviare gli aggravî che si volevano addossare alla Russia. La Russia cedette una striscia della Bessarabia, ma fu la minore quantità di terra possibile; essa dovette distruggere le fortificazioni delle isole Åland nel Baltico, ma caddero i progetti inglesi d'uno stato autonomo della Circassia e della neutralizzazione del Mar d'Azov. Ma l'atto più importante del congresso, dal punto di vista politico e giuridico, fu l'ammissione della Turchia nel diritto pubblico e nel concerto d'Europa. Fin dal Cinquecento le potenze europee avevano avuto trattati e convenzioni con la Turchia, ma mai la Turchia era stata considerata come avente la stessa personalità giuridica degli altri stati cristiani. A Parigi tutte le potenze s'impegnarono a rispettare l'indipendenza e l'integrità dell'impero ottomano, che divennero un dogma della diplomazia europea nella questione d'Oriente fino alla rivoluzione giovane turca del luglio 1908. Intanto però la Turchia era stata ammessa nel concerto europeo in quanto il sultano, in seguito alle pressioni franco-inglesi, aveva emanato, il 18 febbraio 1856, un Khaṭṭ-i humāyūn per riaffermare i principi della Carta di Gulkhāneh del 1841: libertà di culto per qualsiasi comunità religiosa, ammissione ai pubblici uffici di tutti i sudditi dell'impero senza distinzione di razza e di culto. Era caduto, quindi, il vecchio stato ottomano, fondato sul Corano e sulla superiorità assoluta del popolo turco e si affermavano, almeno sulla carta, i principî politici europei. I diplomatici russi avrebbero voluto che nel trattato esplicitamente risultasse che ammettevano la Turchia nel concerto europeo a condizione che essa seguisse francamente tale politica di riforme, ma questo patto ledeva la piena sovranità e indipendenza del sultano e apriva l'adito al continuo intervento delle potenze.
Il Walewski quindi trovò una formula conciliativa, con la quale le potenze constatavano l'alto valore della comunicazione del sultano sulle riforme che egli spontaneamente si era deciso ad iniziare, ma dichiaravano solennemente che in nessun caso essa dava loro il diritto di mescolarsi nelle faccende interne dell'impero ottomano.
Se l'Inghilterra caldeggiò e seguì, senza riserve e senza restrizioni mentali, il dogma dell'integrità dell'impero turco, Napoleone III invece cercò di realizzare anche le aspirazioni delle nazionalità balcaniche. Avrebbe egli voluto l'unione dei principati di Valacchia e di Moldavia, ma l'Austria, la Turchia e l'Inghilterra si opposero e la questione fu rinviata: si creò una commissione internazionale, che avrebbe fatto delle proposte concrete per la futura organizzazione dei principati, mentre il sultano avrebbe convocato due assemblee di notabili, una per la Valacchia, l'altra per la Moldavia, per esprimere i voti delle popolazioni. In ogni caso l'Austria s'impegnava a sgombrare i Principati: ogni ulteriore ingrandimento di potenze europee nei Balcani era stroncato e faticosamente si affermava la necessità di creare stati di secondo ordine per neutralizzare gli appetiti dei grandi stati. Un altro passo decisivo verso la piena indipendenza fecero la Serbia e il Montenegro: la Serbia restò sotto l'alta sovranità della Porta, ma i diritti, di cui godeva, furono posti sotto la garanzia delle potenze; la Turchia dichiarò di considerare sempre parte integrante dell'impero il Montenegro, ma fece noto che nulla avrebbe compiuto per ledere la sua indipendenza di fatto.
Alla navigazione sul Danubio vennero applicati i principî proclamati nel congresso di Vienna circa la navigazione nei grandi fiumi interstatali: piena libertà senza impedimenti di pedaggi e di diritti doganali. Vennero create due commissioni: una internazionale per i lavori da farsi sul delta per facilitare la navigazione, l'altra degli stati rivieraschi per il regolamento della navigazione fluviale.
Venne confermata la convenzione di Londra del 10 luglio 1841 sugli Stretti e venne estesa al Mar Nero. In quest'ultima estensione l'aggravio più umiliante lo dovette subire la Russia: essa s'impegnava a non avere più sul Mar Nero arsenali e flotte. Una convenzione particolare russo-turca regolò le dimensioni e il numero del loro naviglio.
Tutti i deliberati del congresso di Parigi furono condensati in un trattato firmato il 30 marzo. Napoleone III avrebbe voluto che il congresso di Parigi operasse una revisione dei trattati del 1815 e fin dalla vigilia del congresso ispirò in tale senso un'intensa attività giornalistica e pubblicistica. Ma non poté far altro che far esaminare l'8 aprile quei problemi europei che potevano divenire cause di nuove complicazioni. S'incominciò dalla Grecia: la Francia e l'Inghilterra annunziarono il ritiro delle loro truppe dal Pireo, che avevano occupato dal 1854, e l'Austria accolse con gioia l'annuncio. Si passò poi a parlare dello stato pontificio: il Walewski disse che la Francia era pronta a ritirare le sue truppe, ma accennò all'occupazione austriaca delle Legazioni. Clarendon l'appoggiò con calore, tuonando contro le malefatte del governo papale. Allora intervenne il Cavour con un'eloquente requisitoria contro l'Austria, che, occupando permanentemente le Legazioni, turbava l'equilibrio italiano e violava quegli stessi trattati del 1815, di cui si era fatta paladina. Era la prima volta che la diplomazia d'uno stato italiano in un pubblico congresso si facesse vindice delle aspirazioni nazionali contro lo straniero: le parole di Cavour ebbero una ripercussione morale immensa in Italia e in Europa. Ma le discussioni del congresso non ebbero alcun effetto immediato pratico: l'austriaco Buol dichiarò di non avere istruzioni in proposito e nulla fecero le potenze contro l'Austria. Anche nello stigmatizzare l'azione di governo del re di Napoli Ferdinando II, il Walewski e Clarendon si trovarono d'accordo, ma il re di Napoli seppe approfittare delle gelosie delle due potenze e poté non fare alcun caso dei loro fierissimi moniti. Dove però il Walewski e il Clarendon cominciarono apertamente a divergere tra loro fu nella questione del Belgio: il primo denunciò nel Belgio un focolare di anarchia e di rivoluzione, ma il secondo fece tali e tante riserve che nessun monito poté spiccare il congresso contro il governo belga. Della Polonia, per riguardo alla Russia, Napoleone III non fece far motto.
Allarmate da questo sintomatico silenzio, l'Inghilterra e l'Austria obbligarono la Francia a firmare un trattato segreto (15 aprile), col quale le tre potenze s'impegnavano a considerare come un casus belli ogni rottura del trattato di Parigi e a garantire contro la Russia l'integrità della Turchia. Ma questo non impedì alla Francia d'intrattenere con la Russia quelle relazioni cordiali, che furono un coefficiente prezioso al buon successo della guerra d'Italia del 1859.
Convenzione del 1864. - Firmata il 15 settembre 1864 tra la Francia e il regno d'Italia, stabiliva che entro due anni le truppe francesi avrebbero abbandonato Roma e lo Stato pontificio; e in un articolo dapprima tenuto segreto, che il governo italiano avrebbe trasferito la capitale da Torino a Firenze (v. settembre, convenzione di).
Trattato del 1898. - Firmato il 10 dicembre 1898 fra gli Stati Uniti e la Spagna, pose termine alla guerra fra le due potenze e segnò il tracollo della potenza coloniale spagnola. La Spagna cedeva infatti alla repubblica nordamericana le isole di Portorico e di Guam, e tutto l'arcipelago delle Filippine, ottenendone il compenso di 20 milioni di dollari: e rinunziava definitivamente alla sua sovranità sull'isola di Cuba.
Trattato del 1928. - Con questo trattato in tre soli articoli, firmato a Parigi il 27 agosto 1928 tra i rappresentanti degli Stati Uniti, Inghilterra, Francia, Germania, Italia, Giappone, Belgio, Polonia e Cecoslovacchia, ratificato poi da quasi tutti gli stati europei ed extraeuropei e più comunemente noto come "Patto Briand-Kellogg", dal nome dei due uomini di stato, francese il primo, nordamericano il secondo, che ne presero l'iniziativa, si è inteso "porre la guerra fuori legge". Dopo avere solennemente dichiarato di condannare il ricorso alla guerra come mezzo per definire rapporti internazionali, le alte parti contraenti s'impegnano a non cercare alle controversie che possono sorgere fra loro altra soluzione all'infuori della soluzione pacifica.
Per la conferenza della pace del 1919, v. Versailles.