PARIGI
. Famiglia fiorentina di artisti vissuti tra il sec. XVI e il XVII.
Alfonso, architetto, morto a Firenze il 9 ottobre 1590, cognato dell'Ammannati e suo scolaro, prosegue nel 1574, alla morte del Vasari, la fabbrica degli Uffizî, ha incarichi dalla corte medicea, lavora nel primo chiostro di S. Spirito e, in seguito, nel convento di S. Trinita. Giulio, suo figlio, morto a Firenze nel 1635, scenografo, incisore, matematico, scolaro del padre e del Buontalenti, tiene, come artista ufficiale dei granduchi, posizione importante nel variarsi del gusto nell'arte fiorentina d'allora. Come architetto, lavorando col Buontalenti a S. Trinita (1584 segg.), costruendo, probabilmente, l'atrio di S. Maria Nuova (1611-18), le Logge del Grano (1619), mostra di raccogliere dal maestro più che il senso fantasioso della decorazione, la sobrietà struttiva tradizionale nel Rinascimento fiorentino, non tocca dall'incipiente Barocco. Può così ampliare, senza alterarle, costruzioni precedenti, come il palazzo Pitti, nelle ali laterali compiute poi dal figlio Alfonso, la villa del Poggio Imperiale (dal 1621) in parti non ben precisate. Nella scenografia, dirigendo gli spettacoli del teatro mediceo, porta il senso del paese ampio, delicatamente pittorico che s'affermava nella contemporanea pittura. Tali i vasti sfondi marini o di campagna per la rappresentazione degli Argonauti, intermezzi dello spettacolo tenuto (1608) nelle nozze di Cosimo II. Riproducendo questi suoi ambienti scenografici in incisioni in rame (due sole eseguite da lui, le altre cinque dal Cantagallina) ne mette in rilievo l'atmosferica ampiezza, suhordinandole le figure ridotte a proporzioni minuscole. Si vale, a tale scopo, della tecnica a sottile tratteggio che già Antonio Tempesta aveva dedotta, a Roma, dai bolognesi, fissando così un tipo che sarà originalmente sviluppato dai frequentatori della scuola di geometria e d'arte da lui impiantata a Firenze: tra altri Remigio Cantagallina, il Bezzicaluve, poi il Callot che ne trae rinnovato impulso all'arguto naturalismo della sua arte. Prosegue l'attività del padre il figlio Alfonso (morto a Firenze il 17 ottobre 1656), compiendone le opere architettoniche del Poggio Imperiale e di Palazzo Pitti, riproducendo, in incisioni, gli scenarî della Tregedia di S. Orsola (rappresentata a Firenze agl'inizî del sec. XVI) e quelli della Flora (nelle nozze di Odoardo Farnese, 1628) in sei fogli da altri riferiti a Giulio.
Bibl.: F. Baldinucci, Notizie de' professori del disegno, ecc., 1681-1728, Firenze 1846, III, p. 119; IV, p. 122; V, p. 52; F. Milizia, Memorie degli architetti, ecc., II, Bassano 1785, pp. 65 e 144; A. Bartsch, Le peintre graveur, Würzburg 1920, XX, pp. 37 segg., 40 segg.; M. Marangoni, La villa del Poggio Imperiale, Firenze s. a., p. 79; V. Mariani, Storia della scenografia italiana, Firenze 1930, p. 56; C. Ricci, La scenografia italiana, Milano 1930; Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, XXVI, Lipsia 1932 (con bibl.).