PARIGI
(XXVI, p. 331; App. II, II, p. 506; III, II, p. 365; IV, II, p. 736)
La città di P. rappresenta, da sempre, una delle principali regioni urbanizzate del mondo, uno dei massimi centri culturali, economici, decisionali e demografici del globo. Nel passato quindicennio il suo ruolo di ''città mondiale'' si è andato notevolmente rafforzando, anche se ad esso non è corrisposta un'analoga evoluzione in campo demografico. Si sono sensibilmente attenuati, infatti, i flussi migratori provenienti dalla provincia, mentre piuttosto elevata rimane la redistribuzione della popolazione all'interno del grande spazio metropolitano. Al censimento del 1990 l'area metropolitana parigina era accreditata di una popolazione superiore ai 9,3 milioni di ab., mentre quella del dipartimento di P. ammontava a 2.152.423 abitanti. Al censimento precedente (1982) il dipartimento parigino contava 2.176.243 ab., e l'area metropolitana 8,5 milioni di abitanti.
Dal 1977 la capitale ha di nuovo un sindaco (la carica era stata abolita nel 1871 dopo la Comune), coadiuvato − a partire dal 1982 −nella sua attività amministrativa dai consigli di arrondissement.
L'assetto produttivo dell'area metropolitana rimane tra i più avanzati del paese, anche se nel corso degli anni Ottanta si sono manifestati alcuni sintomi di rallentamento della crescita e alcune forme di delocalizzazione produttiva. Le industrie, attive in tutti i settori (stabilimenti metallurgici, meccanici, automobilistici, aeronautici, tessili, chimici, alimentari, dei mobili, dell'abbigliamento, editoriali, cinematografici, dei profumi), hanno registrato una diminuzione nell'occupazione, che ha pesato sulla crescita globale del numero degli attivi, mentre le attività terziarie (in particolare il terziario superiore) hanno conosciuto un ritmo di crescita sostenuto. Un'altra particolarità dell'economia regionale è l'elevato tasso di partecipazione femminile (47% contro il 37% della media nazionale); occorre notare come il lavoro femminile sia spesso meno qualificato di quello maschile, anche se non manca una tendenza da parte delle donne ad affermarsi sempre più nelle categorie dei professionisti e nei quadri superiori.
La distribuzione geografica delle industrie è lungi dall'essere omogenea: in linea di massima, all'interno della città sono concentrate attività di minori dimensioni ma ad alto contenuto tecnologico, mentre nella banlieue hanno sede le attività pesanti, che necessitano di grandi spazi.
Le comunicazioni urbane possono contare su una rete di strade spesso notevolmente ampie, che, tuttavia, non riescono a smaltire l'intenso traffico. Notevole è lo sviluppo delle ferrovie sotterranee: la metropolitana parigina si estende su una rete lunga circa 250 km. Per quanto riguarda le vie extraurbane, P. è altrettanto ben servita: la raggiungono 3 autostrade e 23 strade nazionali; 6 grandi stazioni ferroviarie mantengono le comunicazioni con altrettanti settori del territorio francese, e una linea ferroviaria corre attorno alla città, collegando tra loro i sobborghi. P. è, inoltre, centro di un capace sistema fluviale: sulle rive della Senna si succedono in P. e banlieue oltre 50 porti. Infine, la città è servita da tre aeroporti per i collegamenti nazionali, internazionali e intercontinentali (Orly, Le Bourget e Roissy-Charles-de-Gaulle), attraverso i quali transitano annualmente circa 45,3 milioni di passeggeri e 850.000 t di merci.
Bibl.: J. Beaujeu-Garnier, Atlas et géographie de la France moderne: la région parisienne, 2 voll., Parigi 1977; J. Steinberg, Les villes nouvelles d'Ile-de-France, ivi 1980; J. Bastié, Géographie du Grand Paris, ivi 1984; V. Rivière-Morel, Les activités tertiaires supérieures en Ile-de-France; définition et accaparement de l'espace, in L'information géographique, 50, 3 (1986), pp. 103-13; J. Bastié, La continuité de l'axe est-ouest dans le développement de Paris, in Régions, ville et aménagement, volume in onore di J. Beaujeu-Garnier, Parigi 1987, pp. 335-62; J. Cohen, Activités urbaines des années 80. Mutations de la géographie des emplois à Paris, in Géographie sociale, 11 (1991), pp. 161-70; F. Cribier, A. Kych, La migration de retraite des Parisiens. Une analyse de la propension au départ, in Population, 47 (1992), 3, pp. 677-718.
Architettura e Urbanistica. - In tema di pianificazione, il grande cambiamento che contraddistingue il periodo che qui interessa è la presenza, nuova per P., di due sistemi di potere: da un lato lo stato, con a capo il suo presidente Mitterrand; dall'altro la municipalità della capitale, istituita con le elezioni del 1977, con il suo sindaco Chirac. Prima di questa data, esistevano documenti urbanistici articolati − gli Schémas Directeurs (SD) e i Plans d'Occupation des Sols (POS) − che precisavano orientamenti e scelte di sviluppo; ma è soprattutto a partire dal triennio 1977-80, con la modifica di statuto di P., che l'architettura diviene per entrambi i livelli, centrale e locale, un motivo qualificante della politica e un terreno di confronto tra due trame d'intervento diverse e sovrapposte.
I grandi progetti del presidente, lanciati nel 1981, diventano immediatamente i grands travaux della capitale. La loro localizzazione è studiata in accordo con l'APUR (Atelier Parisien d'Urbanisme), in particolare per l'area abbandonata dalle officine Citroën a ovest e per quelle del futuro parco di Bercy e di Tolbiac (ex stazione merci) a est. In quest'ambito, le opere principali sono: la risistemazione del Grand Louvre e l'insediamento del Museo del 19° secolo nella stazione ferroviaria abbandonata d'Orsay, ristrutturata all'uopo (in centro); il parco della Villette con l'istituzione del Museo delle scienze, e della Città della musica (a nord); l'Arco della Défense (a ovest); il nuovo teatro d'Opera alla Bastille, la nuova sede del ministero delle Finanze, il Palais des Sports e la Très Grande Bibliothèque de France (a est). Ma il loro presupposto non è tanto un piano urbanistico generale di una più o meno individuata circoscrizione amministrativa, quanto la convinzione che la città si trasformi attraverso nuovi monumenti, capaci di divenire nodi di sviluppo e di energia. Basandosi su funzioni prevalentemente culturali e su una ricerca di grandeur, tali interventi si propongono di orientare il ruolo di metropoli mondiale che per P. si vuole perseguire. Formidabili strumenti di propaganda, soprattutto attraverso i concorsi internazionali, questi progetti hanno monopolizzato l'attenzione sulle trasformazioni della città, condizionato il dibattito e caratterizzato i modi e le procedure del fare architettonico in Francia.
I progetti del sindaco vogliono essere competitivi, come manifesto politico e come oggetto artistico, con quelli dello stato; sono conseguenti al rifiuto di Chirac d'organizzare l'Esposizione universale del 1989 a P. ma utilizzano come futuri poli per la città i siti che a questo fine erano stati prescelti. Il Plan de l'Est Parisien, lanciato nel 1983, si propone la valorizzazione dei sette arrondissements situati intorno al centro, nella fascia orientale, pari a poco meno della metà della superficie totale della città; esso comprende una cinquantina di operazioni di taglia molto diversa. Si spiega con i propositi di riequilibrio e di ricucitura che sottostanno alla revisione del Plan d'Occupation des Sols, ma anche con la relativa maggior disponibilità di terreno da questa parte della città (all'interno del perimetro segnato dal Boulevard Periphérique), data l'esistenza di zone industriali abbandonate, la relativa facilità di procedere alla demolizione di immobili, la presenza di un rilievo e di corsi d'acqua suscettibili di sfruttamento in fase di progetto. La conseguenza è un ribaltamento nelle logiche d'assegnazione prioritaria dei finanziamenti. La parte più importante del programma, avviato e già in parte realizzato, riguarda la residenza (20.000 abitazioni nuove, a conferma d'una politica di ripopolamento), ma anche le attività burocratiche (300.000 m2 di uffici) e industriali (200.000 m2 di locali per l'industria). Esso prevede inoltre la sistemazione di importanti spazi verdi (40 ha) e la valorizzazione di alcune zone naturali (Montmartre, Buttes Chaumont, il bacino della Villette, il canale di St. Martin); di luoghi storici (alcune celebri piazze, tra cui Place d'Italie con il progetto di K. Tange; le aree di Nation, République, Bastille; il cimitero di Père-Lachaise); la costruzione di molte attrezzature pubbliche (scuole, asili, palestre, piscine, conservatori).
In questi anni si sono moltiplicati, con i Programmes d'Architecture Nouvelle (PAN), i concorsi finalizzati alla ricerca di soluzioni tecniche e di sistemi costruttivi nuovi; hanno visto la partecipazione e l'emergere di una maggiore quantità di architetti giovani; si è investito nel rilancio delle Zones d'Aménagement Concerté (ZAC).
Mentre le Villes Nouvelles, la cui scelta aveva caratterizzato le politiche insediative degli anni Settanta, risultano oggi in buona parte realizzate, nella loro composizione e nei collegamenti rapidi con il Forum des Halles, se non per intero nelle dimensioni inizialmente previste, lo Schéma Directeur della Regione non sembra più adeguato a una politica globale del territorio.
Infatti, dopo la recente legge sul decentramento che attribuisce ai comuni nuovi poteri circa lo sviluppo delle loro agglomerazioni, la giustapposizione di politiche locali multiple, spesso tra loro contraddittorie, e di uno strumento urbanistico generale vecchio di oltre dieci anni alimenta le preoccupazioni e il dibattito urbanistico; il recente appello del gruppo ''75021'', le proposte degli urbanisti dell'APUR, l'unanime critica circa il ripiegamento della città su se stessa rivendicano l'opportunità di uno schema territoriale di sviluppo a largo raggio. Ma tutto ciò non costituisce ragione d'immobilismo: in un processo pragmatico, alcune idee-guida sembrano essere state applicate sistematicamente negli anni recenti alle realizzazioni municipali. Tra queste: un rispetto per la volumetria generale della città, con la creazione di quartieri nuovi piuttosto che l'inserimento di oggetti insoliti nel tessuto antico; la conservazione della continuità del fronte stradale e della logica dell'isolato, al cui interno riportare servizi e spazi verdi; l'importanza da attribuire alla qualità architettonica.
D'altra parte, anche l'enorme aumento del bisogno di aree edificabili verificatosi nell'ultimo decennio gioca a favore dell'architettura. La mancanza di spazio, non solo nelle aree centrali, è alla base di un inarrestabile incremento dei prezzi del terreno, il quale per un verso ha portato all'aumento dei coefficienti di costruzione e delle densità massime consentite e all'alleggerimento della normativa, per un altro a conseguenze significative sul piano della qualità. Il costo di un progetto disegnato e firmato da un grande architetto, dell'uso di materiali pregiati e di buone finiture, è divenuto del tutto marginale (e quindi consentito, anzi appetibile per le imprese immobiliari) rispetto a quello dell'acquisto del terreno.
La P. degli anni Ottanta ha visto, dunque, un decennio di grandi trasformazioni e di grandi cantieri; ma la frenesia con cui questi sono stati avviati sembra essere stata dettata più da scadenze politiche, che da orientamenti generali di sviluppo. Quasi tutte le operazioni sono situate all'interno dei limiti ottocenteschi. Esse hanno comunque svolto un ruolo di catalizzatori di problemi relativi alla coesione, alla continuità e all'articolazione delle diverse parti della metropoli. Le realizzazioni delle reti stradali (traffico regionale veloce) e ferroviarie (nodi TGV) e la localizzazione delle stazioni aeroportuali (Roissy) definiscono una nuova virtuale cinta muraria della città.
Il programma Banlieus 89 lanciato da Mitterrand si è strutturato come una competizione aperta e tematizzata sulla questione della periferia: un concorso fra proposte progettuali avanzate da architetti, a tema relativamente libero, che si rivolgono alle amministrazioni periferiche e tramite queste all'autorità centrale (definizione di nuove procedure). Cinquanta progetti di ricucitura e ridefinizione di parti di città, per il tracciato di infrastrutture e trasporti pubblici, e per il riutilizzo di aree industriali dismesse, sono stati presentati nel 1984, e altri cinquanta nel 1985, e sono in buona parte in via di realizzazione. Vedi tav. f.t.
Bibl.: Paris-Projet, 19-20 (1980); 21-22 (1982); F. Chaslin, Les Paris de François Mitterrand, Parigi 1985; Banlieus 89, in Urbanistica, 79 (1985); Architectures Capitales, Paris 1979-1989, Parigi 1987; Paris: la ville et ses projets, a cura di J.-L. Cohen e B. Fortier, ivi 1988; Dossier Parigi, a cura di L. Miotto, in Spazio e Società, 44 (1988); Parigi, a cura di L. Bergeron, Bari 1989.
Beni culturali. - Nel corso degli anni Ottanta si è assistito a un'importante trasformazione della capitale francese, che si è venuta configurando come la città con la più alta concentrazione museale, luogo di un nuovo mecenatismo di stato e della sperimentazione di un progetto culturale e urbano di grande ambizione, imperniato su una politica dei beni culturali e, più in generale, sul significato che una tale politica assume rispetto alla città contemporanea. Dopo alcuni interventi episodici negli anni Settanta, un nuovo ciclo di lavori si è inaugurato con i Grands projets promossi nel 1982 dal presidente della Repubblica F. Mitterrand per la celebrazione del bicentenario della Rivoluzione del 1789. Eletto nel maggio 1981, Mitterrand pose al centro del suo mandato settennale (poi rinnovato) una nuova politica dei beni culturali a partire dalla ristrutturazione e dal potenziamento sostanziale del sistema museale di P.; la sua prima conferenza stampa fu dedicata al progetto di un Grand Louvre e al programma per l'Esposizione universale del 1989 (abbandonato poi nel 1984 a favore dell'impegno dei Grands projets). L'operazione, avviata nel febbraio-marzo 1982, prevedeva: la creazione di un Parco e di un Museo della scienza e della tecnica alla Villette; la costruzione di un nuovo teatro dell'Opera in sostituzione della stazione di Bastille; l'ampliamento del museo del Louvre con il trasferimento del ministero delle Finanze, che ne occupava una parte, nell'area di Bercy; la costruzione di un nuovo Centro congressi al Quai de Branly; l'operazione Tête-Défense, ossia il prolungamento di un asse storico della città e la costruzione di un nuovo quartiere per uffici con una grande attrezzatura pubblica. L'idea programmatica alla base del disegno complessivo era quella d'investire nei beni culturali rendendoli una voce di bilancio attiva per lo stato, ma insieme di promuoverne una presenza nuova e diffusa grazie a una loro maggiore accessibilità, non solo fisica; a questo fine il governo socialista ha chiesto, di volta in volta, nei bandi di concorso concezioni innovative che modificassero l'approccio tradizionale, rispondendo piuttosto a una cultura che sapesse farsi popolare e divenire così la forma di occupazione del tempo libero del 20° secolo.
Il programma di Mitterrand era elaborato alla luce di un'illustre esperienza precedente che, come dimostrano i progetti successivamente presentati ai diversi concorsi, ha assunto il significato di pietra miliare nella trasformazione della concezione museale: il Centre national d'art et de culture Georges Pompidou, inaugurato nel 1977 nell'area Beaubourg (architetti R. Piano e R. Rogers).
Il Centro si pone come elemento di rottura rispetto all'offerta museale di P. fino a quel momento, costituita principalmente dal Louvre e dai Grand et Petit Palais, e in generale rispetto al tipo di museo consolidato dalla tradizione. Pensato come una 'macchina' che lascia trasparire tutte le parti di cui si compone e denuda la sua ossatura e gli elementi tecnici e funzionali, il Centro contrappone alla vecchia concezione di deposito del patrimonio artistico, per una fruizione puramente contemplativa, quella di uno strumento operativo. Celebrato da alcuni come un vero laboratorio sperimentale, il Beaubourg interpreta per la prima volta il museo come luogo di cultura e insieme di divertimento. Superando la separazione dei 'generi', esso presenta l'arte contemporanea, cui è destinato, in tutte le sue espressioni, dalla pittura e dalla scultura al design, all'architettura, alla creazione industriale, alla fotografia, al teatro, alla danza, alla musica, al libro. Ritenuto inizialmente sovradimensionato (circa 1.000.000 m3), pensato per un pubblico di 5000 visitatori al giorno, già nel 1977 aveva registrato un'affluenza giornaliera di 20÷25.000 persone. Oggi la necessità di lavori di ristrutturazione testimonia anche il suo successo con 25÷28.000 persone al giorno, 1500 dipendenti contro i 200 previsti, molti uffici trasferiti in tre palazzi del quartiere, la Biblioteca a scaffale aperto di 1.000.000 di volumi consultata quotidianamente da migliaia di persone, il Museo nazionale d'arte moderna passato da 7000 a 30.000 opere, in gran parte conservate nei magazzini. Nel 1994 il presidente del Centro, F. Barré, ha presentato un piano (con un preventivo di spesa pari a 115 miliardi di lire) per la sua radicale ristrutturazione, con la chiusura temporanea tra il 1996 e il 1997 e la riorganizzazione delle funzioni. Contemporaneamente l'amministrazione comunale si è impegnata in un progetto relativo a una sua più salda integrazione nel quartiere: sarà ridisegnata la piazza, ridefiniti gli accessi, ingranditi i parcheggi, demolito e ricostruito l'atelier consacrato alle sculture di C. Brancusi.
La strada aperta dal Beaubourg ha spinto verso un ripensamento del ''contenitore'', delle sue funzioni e, complessivamente, del significato del bene culturale: ripensamento verso uno spazio più flessibile, di un servizio pubblico destinato alla comunicazione e all'elaborazione della cultura per un tipo di fruitore nuovo, potenzialmente abituale, verso una maggiore integrazione con lo spazio urbano cui si apre con la sua estensione all'aperto, e verso un'immagine resa più accattivante e confortevole anche attraverso un'offerta diversificata di servizi. Tuttavia se il Beaubourg ha messo in crisi un modello forse inadeguato, ha subito mostrato anche nuove carenze: otto anni dopo, il riallestimento del Museo nazionale d'arte moderna al quarto piano del Centro (sistemazione interna di G. Aulenti, P. Castiglioni e I. Rota) è il primo tentativo di ridefinire una concezione che si era dimostrata impraticabile. L'allestimento iniziale con la sua ricercata neutralità, intesa come rinuncia alla monumentalità dell'architettura che lasciasse posto all'opera con grandi spazi aperti (in realtà ben presto chiusi e suddivisi per esigenze di funzionamento), aveva negato un posto speciale per l'arte, esposta indifferentemente assieme a tutti gli altri oggetti della creazione umana. Nella nuova sistemazione, invece, le opere vengono allestite in spazi delimitati e formalmente definiti che intendono ristabilire un rapporto di scala tra opera e spazio, come nell'atelier di un artista. In questo percorso di aggiustamenti si palesano le premesse della ricerca che ha caratterizzato gli anni Ottanta attorno al museo, ai suoi contenuti, alla sua architettura e ai criteri d'allestimento e di fruizione dei beni culturali.
Il programma di Mitterrand aveva anche ereditato un vecchio progetto relativo alla conservazione e al recupero della dismessa stazione ferroviaria d'Orsay. L'edificio, opera dell'architetto V. Laloux del 1898, venne salvato dalla demolizione nel 1973 su iniziativa del presidente della Repubblica G. Pompidou che lo dichiarò monument historique. Il progetto per la destinazione a museo si sviluppa lungo l'arco di tre presidenze (vincitore del concorso per inviti, nel 1976, è il gruppo ACT, mentre G. Aulenti vince il concorso per la sistemazione degli interni nel 1980) ed è accompagnato da un acceso dibattito sul modo in cui il museo può diventare un monumento culturale attivo. L'idea sviluppata è quella del ''museo nel museo'': in mostra cioè non sono soltanto gli oggetti museali ma anche l'edificio in quanto bene architettonico coevo, interpretato con il rifacimento di stucchi e colori ottocenteschi e un allestimento che vuole comprendere nel percorso anche l'architettura. È Mitterrand ad attribuirgli un ruolo specifico definendone i limiti cronologici fra il 1848 e il 1914, collocandolo cioè tra il Louvre che abbraccia la produzione artistica fino all'Ottocento e il Beaubourg che copre il Novecento.
Il Museo d'Orsay si caratterizza come l'anti-Beaubourg per molte ragioni: deciso taglio cronologico, riferimento alla cultura francese, rapporto con lo spazio urbano, riscoperta della funzione museale su altri presupposti. Il segnale innovativo è nell'elaborazione a più livelli del programma museografico: accanto alla rappresentazione della cultura istituzionale si evoca e propone il problema dei conflitti culturali, dell'incidenza dei grandi movimenti ideologici, politici e sociali sulle forme artistiche. Il progetto espositivo prevede che le opere siano contestualizzate, in quanto oggetti e prodotti dal significato storico e socio-culturale; l'approccio all'opera d'arte è quindi mediato dal quadro del patrimonio storico e culturale di cui è parte e soltanto all'interno del quale essa si rende pienamente comprensibile; questi aspetti sono curati con materiali di documentazione, ''muri di immagini'', didascalie a scopo didattico e audiovisivi disposti lungo il percorso a evocare un periodo segnato dai fenomeni dell'industrializzazione e dell'urbanizzazione. Se una delle ragioni iniziali del Museo d'Orsay era quella di riunire la collezione degli Impressionisti dispersa tra diverse sedi, esso, negli anni, è finito per diventare un importante luogo di esposizione e di raccolta museografica, relativo a un periodo straordinariamente ricco delle arti in Francia e, insieme, di attiva riflessione storico-artistica intorno ai temi della letteratura, della pittura, della scultura, dell'architettura e della fotografia. Oltre all'esposizione della collezione, l'attività, curata dai qualificati dipartimenti interni, comprende grandi mostre monografiche e tematiche, realizzate con la collaborazione di vari studiosi e delle maggiori istituzioni internazionali; esposizioni dossier, dedicate all'approfondimento temporaneo di alcuni temi; cicli di conferenze con interventi di storici delle arti e della letteratura. Grazie a questa forma di permanente attività culturale, che accanto a grandi mostre dal richiamo internazionale svolge un'attività continuativa e non effimera documentata da voluminosi cataloghi, brevi fascicoli e da un quaderno annuale, 48-14, il Museo d'Orsay ha definito una propria fisionomia, proponendosi alla città anche come luogo di ripensamento della sua storia, della P. capitale del 19° secolo.
A inaugurare la campagna di lavori promossa dal governo socialista, è stata la ristrutturazione dell'area della Villette a nord-est di P.: un investimento economico e culturale di grande portata (su una superficie di 55 ha) che si è avviato con il concorso per la creazione di un Parco di 30 ha, il cui slogan era "alla Villette un'idea per ogni filo d'erba". Si è trattato di un concorso internazionale sottoposto al giudizio di una giuria internazionale: una formula nuova e comune a quasi tutti i Grands projets, che con questi concorsi a grande partecipazione hanno proposto all'attenzione del mondo P. in quanto centro di elaborazione di nuove idee sulla gestione e sulla valorizzazione dei beni culturali, nonché luogo di realizzazione dei nuovi monumenti dell'architettura contemporanea. Si è così messo in moto un processo destinato ad autoalimentarsi: i progetti per il Parco della Villette divengono una mostra al Centro Pompidou, la cui grande esposizione Paris-Moscou del 1979 suggerisce a sua volta l'idea di ricostruire nel nuovo Parco il padiglione del costruttivista russo K. Mel'nikov. Questa mostra, parte di un ciclo inaugurato con Paris-New York nel 1977 e dedicato dal suo curatore, P. Hulten, alle relazioni tra cultura artistica francese e altri centri della produzione artistica contemporanea, mette in evidenza il ruolo di alcuni importanti programmi espositivi nel proporre, per la prima volta in Occidente o in Europa, la visione di materiali originali e la ricostruzione di fenomeni culturali complessi. Il concorso per il Parco della Villette si presenta come l'occasione per riflettere sul rapporto tra architettura e paesaggio, dopo i parchi ottocenteschi creati da G.-E. Haussmann, e per proporne un nuovo modello più integrato alla città contemporanea, anziché alternativo alla vita urbana, il cui elemento caratterizzante non sia più propriamente la natura, ma nuovamente la cultura. È scelta la risposta di B. Tschumi che interpreta l'idea di un centro culturale all'aperto realizzando una passeggiata architettonica con oggetti neo-costruttivisti, folies dalle diverse funzioni (bar, belvedere, punto di informazioni, ecc.). Alla Villette, di cui diventa simbolo la grande sfera geodetica, nel corso di un decennio si realizza un complesso composto da: la Cité des Sciences et de l'Industrie, la Cité de la Musique, il tendone Zénith per la musica pop.
Il primo di questi progetti è il Museo della scienza e della tecnica (terminato nel 1986, arch. A. Fainsilber, costo pari a 340 miliardi di lire), costruito sull'area dei vecchi macelli, molto discusso tanto per il suo aspetto high-tech quanto per l'interpretazione esasperatamente ludica della cultura scientifica. Il secondo riguarda la nuova sede del Conservatorio nazionale (concorso del 1984, realizzazione ultimata nel 1991, arch. Ch. de Portzamparc), ribattezzato Città della Musica, che apre al pubblico un'istituzione tradizionalmente chiusa, in un quartiere periferico e popolare, con la creazione di un museo dell'insegnamento musicale, una sala per concerti, spazi per lo shopping musicale. Occupa una superficie di 40.000 m2, con 180 aule insonorizzate, destinate a 1500 studenti e 200 professori. Dal punto di vista programmatico, esso si inserisce in un progetto intenzionato a rendere alla portata del grande pubblico la musica sovvenzionata dallo stato, colta ed elitaria. Nella stessa linea si pone la costruzione del nuovo teatro dell'Opera nella piazza della Bastille (arch. C. Ott, 1989), con superficie di 100.000 m2, al cui concorso indetto nel 1983 hanno partecipato ben 1700 architetti di tutto il mondo con 744 progetti consegnati.
Il progetto per l'area della Défense è la ripresa di una vecchia idea che fin dal 1931 prevedeva il proseguimento della via trionfale che dal Louvre e dall'arco napoleonico apre una prospettiva verso ovest attraverso i giardini delle Tuileries, piazza della Concorde e gli Champs Elysées, culminando nella piazza dell'Etoile. Il progetto si colloca all'interno del programma sui beni culturali, più che per la sua destinazione funzionale, per il suo valore complessivo: in questo caso è l'asse urbano, definitosi come una permanenza significativa nella storia della città, a essere inteso come bene da tutelare e valorizzare. Con tale intenzione di continuità viene premiato il progetto simbolico di una Grande-Arche (concorso del 1982 per un Centro internazionale della comunicazione e per due ministeri, su una superficie complessiva di 150.000 m2, realizzazione terminata nel 1990 con l'inaugurazione dell'Arche, arch. O. von Spreckelsen), un grande cubo tutto di vetro, vuoto al centro, che diviene la testa di un asse urbano che partendo dall'Etoile prosegue attraverso l'avenue Charles De Gaulle fino alla grande Esplanade e alla Grande-Arche, lungo un percorso di 8 km in cui si dipanano tre secoli di progettazione dello spazio urbano.
Quanto al progetto per il Grand Louvre, esso si è sviluppato per tappe fino al completamento nel 1993. Ne è stato parte il trasferimento del ministero delle Finanze in un grande edificio-ponte a Bercy, nell'area est di P. (architetti P. Chemetov e B. Huidobro, superficie costruita 225.000 m2, per 4500 funzionari, costo 2 miliardi di franchi francesi), che ha reso disponibile la superficie complessiva del Louvre per l'allestimento di nuove sale espositive.
Commissionata direttamente allo studio degli architetti I.M. Pei e M. Macary, la ristrutturazione del Louvre è iniziata con la realizzazione di una grande hall sotterranea di accoglienza e smistamento, corredata da servizi di ristoro e libreria, e la cui parte alta emerge dal sottosuolo della corte del Louvre, in cui la hall è collocata, sotto forma di una piramide di vetro. Due fazioni si sono fronteggiate sull'opportunità di questo intervento: dal momento in cui la Pyramide di Pei è stata presentata alla Commission supérieure des Monuments historiques (gennaio 1984), la ''guerra della piramide'' ha opposto una fazione ''modernista'', già sarcastica sul rifacimento dell'architettura di Laloux a Orsay, a una fazione ''conservazionista'' che aveva osteggiato la ''raffineria'' di Beaubourg. Dopo la Piramide (1989), è stata realizzata un'estensione di 6 ha nel sottosuolo per l'accoglienza, un grande parcheggio, una stazione per i pullman e una galleria di negozi illuminata da una piramide rovesciata. Oggetto di contestazione in realtà non è stata solo la scelta formale di una piramide che pretenderebbe di essere trasparente e si frappone all'asse tra palazzo e giardino, quanto la volontà del ''Principe'' Mitterrand di lasciare un'orma faraonica nella capitale anche nel suo luogo più simbolico. Nel novembre 1993 è stata inaugurata l'ala Richelieu ristrutturata (progetto museografico di I.M. Pei per le sezioni di antichità orientale, islamica e di pittura; di M. Macary per la scultura; di J.-M. Wilmotte per gli oggetti artistici).
L'ultimo tra i Grands projets a essere realizzato e che ha creato nuove perplessità è la Très Grande Bibliothèque de France, ridenominata TGB (sulla falsariga dei TGV, i treni ad alta velocità, simbolo di una tecnologia avanzata di grande prestigio) e destinata a diventare la nuova sede della Bibliothèque Nationale. Si tratta di un edificio da costruirsi nell'area est di P., dal costo di 4 miliardi di franchi francesi, progettato per ricevere 6000 ricercatori e lettori, immagazzinare tra i 4 e i 10 milioni di libri, nello spirito di una messa in comune dei diversi campi della conoscenza, utilizzando la più moderna tecnologia. La conclusione dei lavori è prevista per la fine del 1996.
Il progetto prescelto (arch. D. Perrault) ripropone l'idea base dell'intera politica mitterrandiana dei beni culturali, cioè una forma di valorizzazione che sceglie l'architettura come mostra di sé e rappresentazione della propria immagine: una cittadella delimitata da quattro torri trasparenti e illuminate di notte, alte 100 m, dove saranno immagazzinati i volumi, che in questo modo risulteranno ''esposti'' al pubblico della città. Ciò che ha generato la maggiore opposizione è il rovesciamento dei criteri tradizionali dato che, mentre le sale di lettura sono disposte sotto la piastra che unisce le torri e sono illuminate da un cortile interno sotto il livello stradale, la collocazione dei libri in involucri di vetro comporta seri problemi di conservazione, con un monitoraggio della temperatura, dell'umidità e della luce che, data la presenza di pareti di vetro, diventa estremamente complesso, perfino arduo.
A questa ridefinizione del volto di P. e della sua offerta culturale hanno contribuito alcuni progetti dell'amministrazione cittadina che, a seguito delle modifiche istituzionali del 1977, è rappresentata da un sindaco di Parigi. L'occasione del passaggio di consegne per le questioni di competenza comunale è stata il progetto per l'area delle Halles, i vecchi mercati realizzati al tempo di Napoleone iii e trasferiti, dopo lunghe discussioni, nel 1969 a Rungis. Dopo la demolizione dei padiglioni in ferro dell'architetto ottocentesco V.-L. Baltard, che invano si è tentato di scongiurare, è stato realizzato un Forum, centro polivalente per attività commerciali e con annesse strutture pubbliche, che si estende quasi completamente nel sottosuolo, lasciando a livello del piano stradale un enorme vuoto centrale. Progetti relativi ai beni culturali di competenza dell'amministrazione comunale di J. Chirac comprendono anche la creazione del Centre d'information, de documentation et d'exposition d'urbanisme al Pavillon de l'Arsenal (800 m2), che ospita una documentazione incentrata su diversi aspetti di attualità urbana, ha allestito una serie di mostre e ha promosso la pubblicazione di alcune coedizioni dedicate a temi in vario modo connessi alla città di Parigi.
Al quadro multiforme della politica e dell'offerta culturale della città partecipa la ristrutturazione di altre sedi di musei e istituzioni quali il Jeu-de-Paume con la creazione di una Galleria nazionale d'arte contemporanea per esposizioni temporanee (arch. A. Stinco, 1991), il Museo Picasso, il Museo Rodin, e inoltre la nuova sede per le Archives Nationales e per le Archives de Paris. In particolare, relativamente agli archivi, il Plan Patrimoine, cioè il piano statale di gestione dei beni culturali, ha previsto nuovi strumenti per evitarne la dispersione e la privatizzazione, per es. coinvolgendo altre istituzioni nella loro catalogazione, restauro e valorizzazione (è questo il caso degli archivi degli architetti cui collabora l'Institut Français d'Architecture). Contribuisce ancora a questo complesso quadro di iniziative statali e comunali la creazione dell'Institut du Monde Arabe (arch. J. Nouvel, P. Soria, G. Lezène, Architecture Studio, 1987) e quella futura di un Centro di cultura americana (su progetto dell'arch. F.O. Gehry). Promotrici di attività espositive sono anche le Mairies dei diversi arrondissements che hanno presentato piccole mostre su alcuni temi o su alcuni architetti al fine di diffondere una coscienza del patrimonio urbano. Inoltre hanno rinnovato la loro immagine anche luoghi consolidati come il Grand Palais, che per la grande retrospettiva di H. Toulouse-Lautrec ha realizzato, per es., un grande foyer temporaneo nella corte d'onore davanti al palazzo.
La difficile coabitazione a P. di due forti poteri, peraltro antagonisti, il governo Mitterrand da un lato e l'amministrazione di destra di Chirac dall'altro, ha portato a una mancata integrazione tra i progetti dello stato e della città, come anche tra i Grands projets e le opportunità offerte dal contesto circostante, chiudendoli piuttosto nel loro perimetro di cittadelle che dialogano tra loro a una scala più estesa. D'altra parte questa rivalità ha spinto la Ville de Paris a farsi promotrice di nuovi interventi, in qualche caso declinando diversamente alcune esperienze precedenti, come la realizzazione nel 15° arrondissement del Parc Citroën, che interpreta il parco come luogo di attività ginniche, ludiche e di relax, e comprende anche una Cité des artistes.
Una serie di interventi ha posto dagli inizi degli anni Novanta il problema di come tutta l'operazione di ''socialismo culturale'' che è alla base dei Grands projets, per come è stata messa a punto da Mitterrand e dal suo ministro della Cultura J. Lang, possa alla fine rischiare di ridurre la fruizione dei beni culturali a puro oggetto di consumo. E ciò attraverso una loro progressiva perdita di significato a profitto dell'aspetto più spettacolare e ludico, in una sorta di risposta alla francese al mondo di Disneyland, in cui il patrimonio storico, artistico, scientifico, musicale, bibliografico diventerebbe addirittura una specie di vettore di regressione mentale. L'appello a un'''ecologia'' del patrimonio, per combattere il suo snaturamento, coinvolge tanto l'aspetto architettonico e dell'allestimento, quanto il programma di un'ultima ondata di mostre basate più sull'offerta quantitativa dei pezzi o sulla sponsorizzazione che non su un nuovo taglio critico e scientifico e su un programma culturale di ampio respiro. Ed è sensazione diffusa che neppure un'istituzione celebre e solida come la Bibliothèque Nationale vada esente da queste cadute se, accanto a eventi scientificamente importanti, ha ospitato alcune disinvolte esposizioni ''chiavi in mano'' in cui gli oggetti esposti sembravano altrettanti elementi di una suggestiva messa in scena. Sullo stesso contestato versante di un allestimento scenico e monumentale sembrerebbe dirigersi anche il Louvre, con ricostruzioni suggestive ma non proprio rigorose (è il caso del salone di Sargon ii che mette insieme materiali di provenienza e valore diverso: pezzi originali, un calco ottocentesco e un calco eseguito nel 1991, offerto da una sponsorizzazione). Quest'idea dell'allestimento dei beni culturali come forma di spettacolo deve far riflettere su un'estrema conseguenza della loro valorizzazione: cioè quella di divenire tappa obbligata di un crescente turismo culturale di massa che, muovendosi sulla scia e sul richiamo dei grandi eventi, renda la fruizione dei beni culturali un atto rituale e superficiale. Tuttavia la politica culturale attuata a P. ha avuto la forza di riaccendere il ruolo artistico internazionale della città e l'efficiente e ravvicinata realizzazione dei progetti ha offerto un'impareggiabile occasione di aprire un intenso dibattito internazionale su tali questioni.
Gli interventi nel campo dei beni culturali possono essere letti anche da un punto di vista urbanistico: essi nel loro complesso hanno infatti creato un nuovo insieme di punti di riferimento urbani, con un inedito significato di monumentalità. Se viste su una pianta della città, queste operazioni risultano puntiformi; ma se viste alla scala delle relazioni urbane, esse presentano una particolare enfasi simbolica per la loro grande dimensione, per l'impatto visivo pur nella diversità di scelte formali, e insieme per il disegno programmatico che le sottende. Da una parte, una sorta di nuovo stile ufficiale sembra configurarsi nel privilegiare metallo, grandi pannelli a specchio, vetro-camera, linee sghembe, forme pure (la sfera, il quadrato, la piramide), definendo dal punto di vista architettonico quello che è stato chiamato un ''high-tech alla francese''. Dall'altra, la valorizzazione dei beni culturali, intesa come tutela attiva del patrimonio e come stimolo della produzione culturale contemporanea, è stata pensata nella sua capacità di ripercuotersi in modificazioni nella città: per rivitalizzare alcune aree, incentivare nuove attività, qualificare zone periferiche e marginali. In questo senso la politica dei beni culturali è anche una politica urbanistica; la localizzazione di attività museali e culturali in aree decentrate da ristrutturare è fondata sul presupposto che esse possano funzionare da magnete capace di catalizzare un rinnovamento qualitativo dell'area. È il caso degli interventi promossi con il proposito di riequilibrare l'area est, per cui la localizzazione della TGB va vista nel contesto urbano in cui sono stati realizzati il Palais des sports e il ministero di Bercy. L'operazione alla Villette risulta altrettanto strategica se si pensa che a margine vengono successivamente ad addossarsi interventi di altro tipo, come le case popolari progettate da A. Rossi. Dopo i Grands travaux di Haussmann nella seconda metà dell'Ottocento, i Grands projets di Mitterrand si pongono come un nuovo tipo di trasformazione urbana, basata piuttosto che su demolizioni e ricuciture, sulla ridefinizione formale e funzionale di un pezzo di città attraverso oggetti architettonici di uso collettivo, capaci di intessere relazioni urbane di ampio raggio. E la funzione collettiva per eccellenza della città contemporanea è quella culturale: questo è il programma attuato a P. tra gli anni Settanta e Novanta, che allude a una concezione complessa e molteplice del significato dei beni culturali, della loro fruizione e della controversa ''valorizzazione'' che può esserne fatta. Vedi tav. f.t.
Bibl.: Sul dibattito intorno a questi temi cfr. le riviste L'Architecture d'Aujourd'hui (in part., 253, ottobre 1987; 291, febbraio 1994), Revue de l'Art (84, 1989; 94, 1991; 101, 1993), Domus (566, gennaio 1977; 575, ottobre 1977; 679, gennaio 1987; 703, marzo 1989), Casabella (481, luglio-agosto 1982; 490, aprile 1983; 545, aprile 1988; 560, settembre 1989; 564, gennaio 1990; 611, aprile 1994). Cfr. inoltre F. Chaslin, Les Paris de François Mitterrand, Parigi 1985; Paris: la ville et ses projets, a cura J.L. Cohen e B. Fortier, ivi 1988; L. Bergeron, Parigi. Il mito di una capitale, Torino 1993.