PARILIE (o Palilie; Parilia o Palilia)
Nonostante l'ovvia derivazione da parĕre "partorire" già nota agli antichi, il nome di questa festa romana deriva da Pales dea della pastorizia, detta anche diva Palatua, che aveva un flamine (fl. Palatualis) e un'offerta sacrificale (Palatuar) proprî.
La dea Pales si trova concepita anche sotto forma maschile (Varr. in Serv., Ad Georg., III, 1): probabilmente i due formavano una coppia (cfr. Cacus-Caca, Pomo-Pomona) come sembra potersi dedurre dalla festa dei due Pali (Palibus II) che si trova registrata al 7 luglio nel Calendario anziate precesareo.
Comunque, le Parilie cadevano il 21 aprile e sono una delle feste più antiche e meglio documentate del rituale romano. Esse avevano un valore purificatorio e propiziatorio insieme per i pastori, per il bestiame e per i campi, e si svolgevano in campagna e in città.
In campagna all'alba il pastore adornava l'ingresso dell'ovile con rami di lauro, lustrava il gregge con acqua e con fumigazioni di zolfo e di piante resinose, offriva alla dea focacce e latte e volto ad oriente pregava tre volte la dea affinché fosse propizia alla mandra. Di sera poi si accendevano grandi fuochi che i pastori si divertivano a saltare (in origine rito purificatorio).
In città la festa coincideva con il Natale di Roma, certo a ricordo dell'antica organizzazione dei pastori sul Palatino. Ma anche qui ebbe carattere lustratorio e propiziatorio per la vegetazione e il bestiame, com'è dimostrato dal rito di gettare nel fuoco acceso sul Palatino le ceneri del feto vitulino bruciato nelle Fordicidie (v.), il sangue del cavallo immolato a Marte alle idi di ottobre (october equus) e fave. Le ceneri superstiti venivano poi sparse per i campi a scopo di fecondità. Delle cose gittate sul fuoco, le ceneri del feto vitulino e il sangue del cavallo d'ottobre avevano valore magico-fecondativo; e le fave, come legume sacro alle divinità ctonie, avevano un significato propiziatorio per la nuova germinazione che spuntava dalla terra. A questo rito partecipavano le vestali che recavano le ceneri del feto vitulino mescolate con il sangue del cavallo d'ottobre da esse raccolti e tenuti in serbo per questa festa.