parita
parità Rapporto di uguaglianza o di equivalenza fra due o più variabili economiche. In particolare, la p. si applica per studiare la relazione tra variabili finanziarie internazionali, espressa per es. dai tassi di cambio e di interesse.
In un sistema monetario aureo (➔ gold standard), si chiama p. aurea il contenuto di oro fino di una moneta o valore in oro del biglietto fissato ufficialmente, che serve anche di base per la valutazione dei cambi con l’estero. Per p. monetaria si intende il rapporto fra i valori di due unità monetarie, di Paesi diversi, e quindi il livello di unità di una moneta in termini dell’altra. Quando il rapporto stesso risulta dalle leggi dei Paesi in cui hanno corso le monete, si parla allora di p. legale o teorica, che può essere intrinseca (detta anche p. di zecca), se fissata tenendo conto delle tolleranze ammesse, in base alla massa del metallo fino contenuto nelle due monete (se esse sono coniate nello stesso metallo), oppure estrinseca, se nel valore legale delle due monete si tiene conto anche del valore della lega e dei diritti di coniazione. La p. monetaria legale viene definita anche p. cambiaria teorica, in quanto ci si riferisce appunto a questa (sempre tenendo presente il cambio a vista) per valutare se il corso dei cambi sia alla pari, sopra o sotto la pari (➔ sotto la pari). La p. monetaria (o cambiaria) reale, pratica o commerciale può infatti scostarsi da quella teorica per effetto dell’eventuale aggio dell’oro nell’una e nell’altra piazza o in entrambe e anche in base al tempo necessario perché l’importo delle divise estere divenga disponibile sui mercati in cui sono pagabili.
Si parla di p. commerciale in taluni calcoli di arbitraggio miranti a determinare la via più conveniente per riscuotere un credito o pagare un debito in monete estere, attraverso operazioni di cambio diretto o indiretto. Il calcolo delle p. in questo senso è detto anche calcolo del pari a vista, o conteggio del listino della piazza calcolata nella piazza calcolatrice, intendendo per ‘piazza calcolatrice’ quella dell’operatore che fa il conteggio e per ‘piazza calcolata’ la piazza su cui si vuole estinguere un debito o accendere un credito, mentre l’eventuale piazza intermediaria si dice pensata, se le divise espresse nella moneta di detta piazza, che vengono usate per regolare l’operazione, sono negoziate nella piazza calcolatrice o in quella calcolata, oppure operante, se le suddette divise sono negoziate nella stessa piazza intermediaria.
La p. dei poteri d’acquisto (ingl. Purchasing Power Parity, PPP) indica il tasso di cambio di equilibrio tra le valute di due Stati come il rapporto tra i rispettivi livelli generali dei prezzi (p. dei poteri di acquisto assoluta). In questo caso il tasso di cambio rende indifferente comperare le merci nella valuta nazionale o in quella estera (assenza di arbitraggio). Secondo tale teoria, l’aumento dei prezzi interni di un Paese porta a una perdita di potere d’acquisto della moneta e, dunque, a un proporzionale deprezzamento del tasso di cambio. Ciò accade perché i consumatori interni troveranno più conveniente importare le merci dall’estero: si incrementa quindi la domanda di valuta estera, che si apprezza rispetto a quella nazionale, la quale specularmente si deprezza. Nella realtà, tale costruzione, pur con limiti di applicabilità, in particolare perché molti beni e servizi non sono commerciabili senza costo, rimane tuttavia utile per valutare le variazioni dei prezzi, soprattutto nel lungo periodo.
La condizione di p. dei tassi di interesse (ingl. interest parity condition) lega i tassi di interesse su attività finanziarie espresse in valute diverse. Nell’ipotesi di perfetta mobilità dei capitali, gli operatori sono disposti a detenere attività finanziarie denominate in valute diverse da quella nazionale. La p. si dirà coperta nel caso di agenti (avversi al rischio; ➔ avversione) che intendono coprirsi dal rischio di fluttuazioni future del tasso di cambio (tasso di cambio forward) attraverso operazioni di arbitraggio (per es. in valuta a termine); la p. sarà invece scoperta se si considerano operatori neutrali al rischio. Nel primo caso il differenziale fra i tassi di interesse dovrà essere pari al premio o sconto a termine; nel secondo, al tasso di deprezzamento atteso del cambio. Esemplificando, un individuo che intende investire i suoi euro in un mercato estero (per es. quello statunitense espresso in dollari) dovrà non solo confrontare i diversi tassi di interesse ma ponderare questo differenziale attraverso il tasso di cambio a pronti (spot; ➔ pronti contro termine) e quello a termine (➔ forward). Il primo serve per determinare quanti dollari si possono acquistare con gli euro per investire oggi negli USA; il secondo per l’operazione inversa, cioè quanti euro si possono acquistare con i dollari provenienti domani dall’investimento.
È detto valore di p. di un prestito emesso dallo Stato sotto la pari il valore del titolo in base al quale il frutto che lo Stato si impegna a pagare uguaglia in percentuale l’interesse corrente sul valore nominale. Il valore di p. non è pertanto da confondersi con il valore alla pari del titolo, che è invece quello nominale che lo Stato si obbliga a rimborsare.